IL PONTE TANARO: UN’ANTICA PRESENZA PER UNIRE LA CITTA’

il Ponte coperto in un disegno dell'ingegner Patrucco, 1625 (Archivio di Stato di Torino).
il Ponte coperto in un disegno dell’ingegner Patrucco, 1625 (Archivio di Stato di Torino).

 

il ponte di legno, sec. XIII, "Codex Astensis"
il ponte di legno, sec. XIII, “Codex Astensis”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PONTE TANARO: UN’ANTICA PRESENZA PER UNIRE LA CITTA’

 

L'antico ponte coperto sul Tanaro in un dipinto di Giovanni Patrone (Camera di Commercio di Alessandria).
L’antico ponte coperto sul Tanaro in un dipinto di Giovanni Patrone (Camera di Commercio di Alessandria).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ponte è fin dall’epoca della fondazione elemento basilare e insostituibile per Alessandria. Era l’unica via di comunicazione tra la città e l’antico Borgoglio, tra la città e tutti i territori posti al di là del Tanaro. Le vicende del ponte sul Tanaro sono complesse, essendo stato distrutto e ricostruito più volte nel corso dei secoli. Una puntuale e precisa ricerca sul tema è stata realizzata da Nicola Vassallo con il saggio “Un’antica presenza nella storia alessandrina: il ponte sul Tanaro”, pubblicato su “Rassegna economica” n. 4 del 1995. Il primo documento in cui si fa riferimento al ponte risale al 1184 ed è un atto con cui l’imperatore, accogliendo la città sotto la sua protezione, si riserva la riscossione del pedaggio. Questa riscossione diventò successivamente oggetto di transazione tra i signori che ebbero il dominio sul territorio. Nel 1286 da un atto notarile risulta che Alessandria poteva già da qualche tempo disporre a suo piacere del ponte, al punto da potere cedere la riscossione del pedaggio a un privato in cambio di un credito che quest’ultimo vantava verso il Comune. Anche i Visconti lasciarono poi la riscossione del pedaggio al Comune. Questa importante conquista da parte della città è confermata anche da un capitolo degli Statuti del 1297 nel quale si stabiliva che sul ponte non poteva essere riscosso altro pedaggio all’infuori di quello municipale. Per tutto il periodo comunale fino al Trecento la riscossione dei pedaggi fu svolta dagli Umiliati. Questo potente ordine soprintendeva anche alle acque pubbliche. Tra l’altro, realizzarono anche un canale di irrigazione, deviandolo dalla Bormida nel territorio di Gamalero. Il ponte all’epoca consisteva di una semplice passerella di legno. Soltanto nel 1450 fu deciso di realizzare un ponte in muratura. Il duca Francesco Sforza concesse agli alessandrini per tre anni il dazio della scannatura (cioè dei macelli) per impiegare gli introiti nella costruzione del primo ponte in pietra della città. Il progetto fu approvato dal magister Pietro Barchino. Sovraintendeva ai lavori in qualità di commissario ducale Abramo de Ardiciis. La costruzione dell’opera però incontrò tantissimi problemi. Il Tanaro con le sue piene provocò nel 1463 il crollo della parte già costruita del ponte, nel 1485-86 distrusse ben quattro arcate. Soltanto sul finire del secolo il magister Bonifacio di Solero, subentrato nel 1472 al precedente impresario, riuscì a portare a termine l’opera. Anche nel Cinquecento, però, il ponte dovette sottostare alla dura legge della furia delle acque. Già nel 1509 risultava aver subito nuovi danni. Il 13 agosto 1542 due arcate furono distrutte e nel 1569 ci furono i danni di una nuova esondazione. Nel 1574 iniziarono i lavori per la ricostruzione. L’appalto andò prima a Francesco Cattaneo, che rinunciò, e poi al milanese Francesco Saracco. Dopo il 1574 sono documentati, come riferisce nel suo studio Nicola Vassallo, ritardi nell’esecuzione dell’opera e lunghe controversie con l’appaltatore. Nel 1584 una nuova piena distrusse un terzo di quanto era stato ricostruito. Nel 1588 finalmente il ponte era stato completato. Il collaudo fu svolto dall’ingegner Roberto Clerici. Tra il 1603 e il 1604 nuovi lavori furono necessari per riparare il pavimento e la copertura del ponte (il ponte infatti era coperto). I lavori furono tenuti sotto la guida dell’impresario Pietro Ciceri di Milano. Il collaudo fu svolto dall’ingegner Tolomeo Rinaldi. Ciceri avrebbe lavorato ancora al ponte di Alessandria alcuni anni dopo per porre rimedio ai danni causati nel 1618 dal passaggio delle artiglierie. Nel 1707 il ponte risultava crollato. Il principe Eugenio di Savoia affidò all’ingegner Giacomo Soleri il compitò di redarre un progetto per la ricostruzione. Nel 1709 veniva nuovamente distrutto dal Tanaro. Si optò per la ricostruzione in legno anziché in muratura e la direzione dei lavori andò all’impresario Sebastiano Fongi. Nel 1731 il ponte era stato ricostruito ma non tutti erano d’accordo con questa soluzione. Nuove proposte venivano avanzate per rifarlo in muratura. Nel 1746 venne fatto saltare in aria, a scopo difensivo, dal presidio sabaudo in Cittadella. Nel 1751 un primo progetto di rifacimento fu approntato dall’architetto Domenico Caselli, a cui in Alessandria si devono la costruzione dell’Ospedale Ss. Antonio e Biagio e del Cimitero Urbano. Tra il 1774 e il 1776 il ponte venne ricostruito in cotto su progetto dell’ingegner Gianotti. Nel 1780 era stata completata anche la copertura. In epoca napoleonica furono rinforzate le arcate e venne creato un passaggio protetto su progetto dell’ingegner Chasseloup. Il 2 agosto 1848 la copertura fu abbattuta dai militari. Infine tra non poche polemiche, nel 1889 iniziò la costruzione dell’attuale (fino a pochi anni fa, n.d.r.) ponte. Il Comune comunque non cambiò la propria decisione. Il nuovo ponte venne inaugurato il 18 dicembre 1891.

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