Bar Baleta

BAR BALETA

Il Bar Baleta era un posto, anzi era “il posto”. Da Baleta tutti conoscevano il tuo nome, però ci aggiungevano sempre “coglione!”.
Se uno deve chiedere “cos’era Baleta”, non lo capirà mai.
Aperto nel 1929, una sorta di sberleffo alla Grande Crisi, fu chiuso nel 1991. Il Bar Baleta, passò di padre in figlio come in un reame. Era un piccolo bar con una grande sala dedicata al gioco delle carte, una saletta flipper e un’ampia sala dalle basse volte a padiglione, con pilastri in granito e piccole finestre ad arco che davano su un vicolo, che ricordava più una catacomba pagana che una sala con cinque biliardi.
I flipper erano le colonne d’Ercole per i nuovi arrivati, che col tempo acquisivano il diritto di passare ai biliardi.
L’aristocrazia stava nel bar ed in sala carte. Non esisteva un telefono, tranne quello a gettoni che non poteva ricevere e le donne, garbatamente, non erano ammesse; ed a quei tempi non esistevano i cellulari.
In più c’erano due ingressi in due diverse vie: una sorta di porto franco, una Tortuga in pieno centro.
Lì nascevano cacce al tesoro, tornei di tennis e di calcio, nonché la recita del 25 dicembre, che, al Teatro Comunale di Alessandria, scatenava fenomeni di bagarinaggio che neanche la finale dei Mondiali di calcio riuscì a tanto.
Lì è nata e morta l’Alessandrinità, un misto di umorismo, pigrizia, cattiveria e disincanto.
L’ultimo proprietario, Gino, era soprannominato, ingiustamente, “l’Ebreo” perchè, come dire… non aveva le mani bucate, ecco, ma era -e, per fortuna, è-persona di altissima statura morale, grande cultura e raro senso dell’umorismo.
E’ ovvio che, quando uno ha a che fare con centinaia di clienti al giorno per cinquantanni, debba stare un po’ attento ai conti.
Gino aveva la capacità ultraterrena di resuscitare ritagli di focaccia e fette di pan carrè che avevano visto giorni migliori e di trasformarli in toast deliziosi, nonchè la faccia di servire “tre ciliegie” sotto spirito al prezzo di tre belon ; forse è per questi motivi che in alcune biografie non autorizzate si è guadagnato l’appellativo semitico.
Ma soprattutto perchè Gino aveva il Libro Nero.

Quella specie di Neconomicon era un quaderno in cui l’importo dei crediti poteva tranquillamente risanare il bilancio di alcuni stati.
Alcuni facevano segnare per comodità, altri per cronica mancanza fondi; quindi “alcuni” provvedevano periodicamente a spianare il gobbo, mentre agli “altri” bisognava sollecitare più volte la cosa.
Beh, raramente nella mia vita ho visto persone offendersi così: cominciavano col controllare minuziosamente ogni voce, una consumazione sì ed una no dicevano “questa doveva offrirmela il tale”, poi disconoscevano la paternità di una focaccina e “tre ciliegie” e finivano in un crescendo rossiniano di “Ebreo di merda!…”, “Non mi vedi più!…” e porte che sbattevano.
Salvo tornare dopo qualche giorno di noia mortale, nel vicolo, a fare due parole con chi entrava ed usciva, prendere Gino da una parte e dargli qualcosa per “…cominciare a scalare”.
Ma si dichiaravano ancora offesissimi.
Una volta un cliente, anonimo perchè già tornato, si è trasferito in Polinesia, niente meno, lasciando un conto chilometrico; alla domanda “…ma dov’è che è andato Tizio?”, Gino rispondeva signorilmente “Sicuro non a Pago Pago…”, e mai una parola maligna o rancorosa.

Il più offeso del mondo è stato l’Uomo Pera.
Conseguito il diploma di scuola media inferiore presso un istituto privato, ha tirato i remi in barca e dall’età di 15 anni non ha più strappato una paglia.
Il padre ci ha messo qualche anno per capire l’indole del figlio, ma realizzata la cosa ha chiuso i rubinetti, come Putin, e l’Uomo Pera si è ucrainizzato a morte.
A vent’anni riusciva a camolare qualche mille lire a mamma e nonni, ma spesso girava con cento lire in tasca, più spesso neanche quelle.
E quindi faceva segnare da Baleta.
Quando la misura era colma, Gino insisteva un po’ di volte -e l’Uomo Pera si offendeva- poi telefonava al padre che, tra un “…non gli dia più niente!” e una serie di madonne, spianava il gobbo.

Una volta, forse a causa del rimbambimento senile di una nonna, l’uomo Pera si presenta con diecimila lire in tasca!
“Gino, una focaccina…”
“Pear Man, il piatto piange…”
“Cazzo vuoi, ebreo di merda… Toh, sei contento? Posso pagartene dieci!” e gli molla il deca.
“Focaccina in arrivo…”
L’Uomo Pera se la gusta e si avvicina alla cassa per il resto; Gino estrae il Libro Nero, fa due conti e tira una riga su una minima parte della pagina, corrispondente a diecimila lire: “E’ una goccia nel mare, ma apprezzo la buona volontà…”
L’Uomo Pera si è sentito come Paperon De’ Paperoni quando trovava il deposito vuoto a causa della Banda Bassotti: ha imprecato, inveito, insultato, minacciato.
Ma soprattutto si è offeso.
Sono passati 25 anni, ma mi sa che è ancora offeso adesso.
By Giuliano AbateBar Baleta 2