Alessandria, città fondata dai Templari di cui tutti si sono dimenticati

850 anni: Alessandria, città fondata dai Templari di cui tutti si sono dimenticati

di Andrea Guenna – Alessandria è stata fondata il 3 maggio 1168. Almeno, questo dice la tradizione. Restano da capire i tempi, i modi e soprattutto il motivo per i quali sia stato costituito un Comune fortificato chiamato Alessandria. Dovrebbe essere questo infatti il leitmotiv dei festeggiamenti che, stando a quanto s’è visto, sono piuttosto loffi, simili più ad una sagra da paese che a quello che dovrebbero essere, cioè una serie di manifestazioni ad alto livello, molto celebrative, culturali e di ampio respiro, in grado di catturare la curiosità anche di chi abita altrove. Non è così, in quanto per ora, a parte qualche cin cin, si sono visti solo dei politici in passerella.
Tutto è iniziato giovedì 3 maggio mattina con la messa nella chiesa di Santa Maria di Castello (anche qui: chi è Maria e perché Castello?) che esisteva già prima della fondazione della città. La Santa Messa è stata officiata dal vescovo Guido Gallese che ha detto: “Siamo eredi di questa storia che fa di Alessandria un luogo stretto tra i fiumi e in una grande pianura. Ricco di connessioni con le altre città fin dall’antichità”. Perché Gallese ha posto l’accento sul fatto che Alessandria è “un luogo stretto tra i fiumi”?
Le domande che attendono risposta sono essenzialmente quattro: perché è stata “fondata” una città che in pratica esisteva già? Perché l’hanno chiamata Alessandria? Perché la chiesa più antica è dedicata a Maria (Maddalena?) e ad un castello? Perché la città è stata piazzata fra due fiumi?
Ma ce n’è una quinta e si rifà al Broletto, cioè a Palatium Vetus, il primo municipio della città, che custodisce (speriamo non l’abbiano distrutta) una pietra bianca a forma di scudo con una croce rossa dipinta sopra. È chiaramente un simbolo, ma cosa significa?
Di queste cinque domande non si è fatto cenno nel consiglio comunale aperto che si è tenuto proprio al Broletto, a dimostrazione che i nostri reggitori non conoscono la vera storia di Alessandria. Ad eccezione del sindaco Gianfranco Cuttica di Revigliasco che la conosce, ma forse ha paura di raccontarla temendo di essere preso per visionario, preferendo accettare – obtorto collo – la favoletta di Gagliaudo con annessi e connessi.

Così scrisse Guido Manzone
L’indimenticabile Guido Manzone ha scritto in proposito (articolo d’archivio del 21 luglio 2015): “Quando i nostri antenati decisero di mettere per iscritto la storia di Alessandria, per avarizia o per necessità, diedero l’incarico, secondo l’uso dei tempi, ad un chierico di passaggio di cui si è perso il nome. Poiché la mercede era poca non presero sicuramente un “letterato” di gran fama, come Pietro l’Aretino che scriveva bene e aveva fantasia, ma costava caro, a cui dobbiamo le vite e i miracoli di moltissimi santi italiani. Il furbo scriba alessandrino, sicuramente fidando sull’ignoranza dei committenti, copiò alla lettera la storia della lontana Berlino avendo solo l’accuratezza di sostituire il nome del fiume Tanaro a quello della Sprea. E così il santo protettore di Alessandria è San Giorgio, ovviamente intento ad uccidere un povero drago che non c’entrava nulla, l’animale totemico, simbolo cittadino fu l’orso e, come giunta, tanto per dare una spolverata di gloria, vi aggiunse anche la storia dell’assedio della città con Gagliaudo, la sua mucca, gli alessandrini che soffrivano la fame e l’annessa furbizia contadina che permette di sopperire all’insufficienza delle armi. Anche in questo caso non fece molta fatica. In Italia le città che hanno una storia simile sono 36 con una sola differenza: il povero animale destinato ad essere sventrato per fare vedere che era alimentato con grano era di volta in volta una mucca, un asino, un cavallo e persino delle oche o delle anitre. Federico Barbarossa, che era un grandissimo imperatore, viaggiava con due storici al seguito i quali sicuramente propendevano per il partito imperiale ma favolette per sudditi citrulli non ne scrivevano e dicevano come stavano le cose. Poiché dalle nebbie del Medio Evo siamo emersi da tempo, sarebbe opportuno si cominciasse a scrivere la Storia autentica della città. Il farlo potrebbe aiutare la nostra classe di potere a capire che la furbizia è l’arte dei miserabili (Grecia insegna) e, alla distanza, il gestire il potere con l’inganno e la menzogna rende poco”.

I Templari e la loro città
E allora provo io a raccontare quella che è una storia non troppo nascosta per cui basta cercare nei posti giusti e si trova tutto.
Si viene a sapere che, quando la città non esisteva ancora, e cioè prima del 1164, nel punto geometrico in cui sorge l’attuale centro urbano c’era una magione (da cui il cognome lombardo-alessandrino Maggioni) templare annessa alla commenda di Santa Margherita, detta la Streppona (o Sterpona – da cui il cognome alessandrino Sterpone), o anche detta la Margariota, che si ergeva dove oggi c’è l’incrocio tra corso Cento Cannoni e via XXIV Maggio, praticamente in Piazza Valfrè. Alle sue dipendenze v’erano due case “fuori le mura”, ancora in piedi, chiamate rispettivamente “della Torre” e “del Tempio”. La seconda, detta anche “la Masone”, che accoglieva i pellegrini, si trova oggi lungo la provinciale che, partendo dall’incrocio con la statale che va da Alessandria ad Asti, porta a Moncalvo. Continuando per altri cinquecento metri, dopo aver voltato a destra, imboccata la strada Torrevecchia, ed aver superato il cavalcavia sull’autostrada, si raggiunge una seconda cascina che un tempo fu la casa templare “della Torre”, che era il convento dove alloggiavano i fraticavalieri, che faceva parte di una magione (o mansione) suburbana situata nella piana di San Michele. Dentro le mura di Alessandria v’era anche una seconda magione templare, quella di San Giovanni Decollato, situata in una traversa di Via Vochieri, dalla parte del Tanaro (nella foto il campanile nel cortile – ristrutturato nel ‘700 – che è ancora in piedi). Se si esclude la magione più antica, la Sterpona, oggi demolita, tutte le altre ci sono ancora.

Gli Umiliati protetti dai Templari
La storia ci insegna (historia docet) che solo i Templari – tra il XII e il XIV secolo – potevano accogliere nelle loro case gli scomunicati e i fuorilegge più in generale, ai quali solo i Poveri Cavalieri di Cristo potevano dare cristiana sepoltura. Ebbene, quando è stato costruito il parcheggio di Via Parma – siamo nei primi anni 2000 – i muratori, scavando per le fondamenta, hanno trovato una necropoli medioevale piuttosto grande, cogli scheletri ben allineati uno accanto all’altro. Ebbene quella, in epoca templare, era proprio l’area della magione Margariota.
Quella necropoli era probabilmente di eretici scomunicati, alla stregua degli umiliati il cui ordine religioso era inviso al papato in quanto predicava la povertà e denunciava la rilassatezza dei costumi diffusa nella Chiesa. Erano specializzati nella lavorazione della lana ed erano presenti a Milano, in alcuni centri dell’Emilia ma, soprattutto, ad Alessandria che fu per loro la città di elezione. E proprio nella nostra città fu realizzata una delle prime applicazioni dell’energia idraulica che faceva funzionare le loro macchine mentre erano ospiti dei Templari. Per quelle macchine serviva molta acqua per far girare i mulini (Bormida e Tanaro) mentre per i Templari i due fiumi confluenti erano anche una difesa naturale in caso di attacco.

Mandrogne, ovvero il Mandrino della Rosa
Sappiamo che l’esoterismo templare ha influenzato sia la Massoneria che i Rosacroce. E proprio i Rosacroce dai Templari hanno ereditato la simbologia della Rosa e della Spina, nel senso che la Rosa è un luogo dove è conservata una reliquia e la Spina è la spada che la difende. Ebene “spina” in provenzale – ma anche in francese – si dice mandrin che si pronuncia mandron (con la o afona), da cui mandrogno e Mandrogne in dialetto. Quindi Mandrogne potrebbe essere stata la “capitale” militare della Fraschéta che era l’area di addestramento dei Templari e il campo di concentramento dei prigionieri fatti da loro in Terrasanta. E di che prigionieri si trattava? Di arabi e di ebrei e, a San Giuliano Vecchio, proprio in Fraschéta, esistono ancora le Contrade dei Mori (arabi) e degli Ebrei. Il santuario, le cui tracce sono scomparse, poteva custodire reliquie che i Poveri Cavalieri di Cristo avevano preso in Terrasanta.
Per quanto riguarda la spina, non era solo declinato in mandrin, ma anche accoppiato e agglutinato ad altri termini come Spinetta Marengo, Spigno Monferrato, Castelspina, ecc. Ma la spina è un mandrino e non dimentichiamo che a Frugarolo c’è la frazione Mandrino, e non è raro in Alessandria il cognome Mandrini.
Non appare pertanto un caso che i mandrogni siano sempre stati degli abilissimi allevatori di cavalli e degli astuti mercanti, famosi in tutto il mondo, in quanto discendenti di quei deportati arabi ed ebrei finiti in Fraschéta tra il XII ed il XIV secolo.

Re di Gerusalemme e cavalieri alessandrini
Non è tutto perché, leggendo le carte, si viene anche a sapere che alcuni nostri conterranei avessero raggiunto i gradi più elevati del Sovrano Militare Ordine del Tempio (che esiste ancora oggi ed ha sede proprio ad Alessandria) e qualcuno addirittura la carica di re di Gerusalemme, come Giovanni di Brienne, fratello di Baliano d’Ibelin, marito di Maria del Monferrato, figlia di Corrado del Monferrato ed Isabella.
Giovanni proveniva dalla Champagne, dove era a capo di un piccolo feudo, e fu nominato re di Gerusalemme nel 1210.
Intanto Maria Comnena Paleologa, rimasta vedova di Amalrico I di Lusignano, si risposò con Baliano d’Ibelin, fratello di Giovanni di Brienne, iniziatore della casata dei Bagliano di Alessandria.

La fine dei Templari e i Trotti
Nel 1314 fu soppresso l’antico Ordine dei Templari che continuò a lavorare in segreto (il confratello Dante Alighieri continuò a frequentare i Capitoli Templari dopo la soppressione dell’Ordine che a Firenze divenne la Compagnia dei Fedeli d’Amore – “Amor che move il Sole e tutte l’altre stelle”) e i precettori di Alessandria dovettero cambiar vita. Erano i trottin, termine che in provenzale, e anche in francese arcaico, indicava e indica coloro che fanno le commissioni, gli amministratori, cioè i Templari amministrativi. Ebbene i trottin di Alessandria furono “assunti” dal Signore di Milano Gian Galeazzo Visconti, che aveva molti possedimenti qui da noi, nominandoli amministratori dei suoi beni.
Il primo trottin al servizio del Visconti era un tale Franceschino che poi prese il cognome De Trottis, da cui l’attuale Trotti tipico della nostra città. Acquisì un fondo a sud di Alessandria e lì si trasferì proprio nell’anno dello scioglimento dell’antico Ordine. Lasciò la magione di San Giovanni Decollato per rifugiarsi in campagna nella magione rurale della torre di Casal Cermelli oggi nel Comune di Frugarolo (nella foto a sinistra).

I Templari fra Frugarolo e Casal Cermelli
Cambiò vita, si sposò, ebbe dei figli ed accettò la protezione di Gian Galeazzo Visconti. Paola Guglielmotti scrive: “Nel caso dei Trotti i Visconti consentono che procedano proprio ad un irrobustimento in senso patrimoniale, che di fatto permette loro di esercitare una signoria di tipo fondiario nell’area immediatamente a sud di Alessandria (…)Il tramite decisivo –  continua la Guglielmotti - è la riqualificazione professionale di Andreino, implicita nell’appartenenza al ceto cavalleresco, che assume anch’essa qualità dinastica”.
La Magione della Torre, in seguito alla confisca dei beni dei Templari, passò in proprietà agli Ospitalieri (Cavalieri di Malta), ma i trottin, entrando nell’ordine di Malta, ne ottennero l’usufrutto. Ne modificarono la struttura elevando una loggia oltre il terzo piano e fecero affrescare la stanza sottostante con il ciclo cavalleresco di re Artù. Un ciclo prettamente templare ancorché tratti d’un amore profano (cioè del cuore e non della mente) sconosciuto ai Templari che, essendo monaci, avevano fatto voto di castità. Tuttavia l’amore cantato da Chrétien de Troyes ha diverse chiavi di lettura fra cui quella allegorica, simbolica, che ne fa un amore puro, ideale, perfetto, impastato di fede e coraggio, permeato dal più elevato sentimento di abbandono a Dio, nobilitato da un’eccezionale fermezza di carattere, per cui si può ragionevolmente scrivere d’un amore templare.
Anche quelli che ormai si chiamavano Trotti, quindi, scampati alla tragedia che aveva travolto i loro fratelli francesi, presero moglie e misero su famiglia realizzando quella che era stata fino allora solo un’allegoria, un romanzo, e facendo sì che il ciclo arturiano di Chrétien de Troyes prendesse corpo divenendo regola nuova per coloro che un tempo avevano fatto voto di castità. Un voto sciolto definitivamente ed alchemicamente tra le fiamme, quelle che avvolsero ineluttabilmente anche l’ultimo Maestro Generale dei Templari (dell’antico Ordine) Jaques de Molay.
Lo stesso Andreino Trotti, verso la fine del XIV secolo, quando i sinistri bagliori dei roghi che avevano distrutto i Templari si spensero anche nel ricordo, fece dipingere il ciclo arturiano nella stanza rettangolare sotto la nuova loggia della magione Torre di Casalcermelli. Si tratta di un affresco straordinario, unico nel suo genere, miracolosamente salvato e momentaneamente sistemato nell’ex ospedale militare di via Cavour in Alessandria proprio dall’attuale sindaco di Alessandria, che è un Templare dell’obbedienza (irregolare) Gamba ‘d Pernis, e che allora agì in qualità di assessore alla cultura della Provincia di Alessandria.

Sono troppe le coincidenze
Quando la Sindone scomparve dalla Terrasanta, gran precettore del Sovrano Militare Ordine del Tempio era il novese Guglielmo Rolando. E non pare una coincidenza che Alessandria, così chiamata in onore del papa Alessandro III, sia stata rifondata dai Templari nel 1168 – dopo che era stata messa sù da Guglielmo del Monferrato alleato del Barbarossa – divenendo una piazza di primaria importanza dell’Ordine (nella foto a destra un particolare del quadro del Pogliaghi intitolato “La Fondazione di Alessandria” dove si vede un Templare in piedi con lo scudo crociato in pugno).
È una coincidenza che sui gonfaloni dei Comuni di Alessandria, Novi, Gavi, Genova, campeggi la croce dei Templari?
È una coincidenza che nei dialetti novese e genovese, il grande fazzoletto usato dalle massaie per contenere il pane fresco, il mandilu o mandilon, che è anche simbolo popolare di approvvigionamento di cibo nel senso di Provvidenza, si chiami esattamente come veniva chiamata la Sindone in Medio Oriente, cioè mandilon o mandilyon?
E ancora, è una coincidenza che in Fraschéta vi fosse una rete di vie francigene minori difese da magioni templari, quasi a disegnare una trama intrecciata in modo tale da costituire un articolato quanto impenetrabile presidio, come una serie di spine a difesa della rosa, ovvero della Sindone?
E non può essere un’altra coincidenza il fatto che molti toponimi del Basso Piemonte, della Fraschéta e del Monferrato si rifacciano alla simbologia della rosa e della spina.
Ma non basta, perché non sembra essere una coincidenza che a Novi, nel XII secolo, esistesse la cavalleria, quando la cavalleria era rappresentata, in Europa, solo dai Templari.
E allora, mi direte, andiamo a vedere se ci sono stati Templari della nostra terra.
Eccone alcuni: Luigi di Acqui è riunito nella mansione di Piacenza il 12 febbraio 1268; Oberto di Acqui rappresenta l’Ordine nel palazzo comunale di Torino il 1° giugno 1208; Giovanni di Alessandria è precettore a Moncalieri; Giacomo di Alessandria presiede la mansione di Piacenza il 12 febbraio 1268; Guglielmo di Alessandria è nominato precettore della mansione di Modena il 17 novembre 1270; Tommaso di Asti è riunito a Piacenza per l’elezione a sindaco e procuratore della magione di Piacenza del confratello frate Bianco; Rubeo Guglielmo di Alessandria, precettore dell’Ordine alla fine del 1200.

I Templari e il Barbarossa
Nel 1159 il Conclave elesse Papa Alessandro III, ma i cardinali legati all’imperatore Federico Barbarossa riunirono un loro conclave nel quale elesseo Papa Vittore IV. Era lo scisma e i Templari non esitarono a schierarsi con Alessandro III. Indizi molto forti e numerosi ci dicono che fortificarono i borghi alessandrini riunendoli in un unico Comune fondato, appunto, il 3 maggio del 1168, diedero vita alla Lega Lombarda e insegnarono ai Padani ad usare il Carroccio, una sorta di veicolo blindato per il trasporto delle truppe e per la difesa.
Il simbolo di battaglia, ovviamente, era lo scudo crociato che è rimasto il simbolo del gonfalone di molte città del Nord, Alessandria compresa.
Come sappiamo nel Broletto cittadino dovrebbe esserci ancora una pietra bianca a forma di scudo con una croce rossa dipinta sopra, risalente al 1168, con la quale i Templari avrebbero apposto la loro firma alla fondazione di Alessandria.
Con la pace di Costanza del 1183, Federico Barbarossa fu costretto a riconoscere l’autorità dei Comuni dell’Italia settentrionale. Questa svolta fu determinata principalmente dai Templari che, scendendo in campo contro di lui, lo sconfissero e lo costrinsero ad accettare le loro condizioni. Furono anche gli artefici della proliferazione dei Comuni che si costituirono, soprattutto nell’Italia settentrionale, come governi cittadini autonomi, e furono dominati dalle corporazioni professionali che organizzarono l’emergente classe borghese. Il Comune assunse negli anni tre tipi di forma di governo e, precisamente: consolare (XI-Xll secolo), podestarile (XIII secolo), e quella del “Capitano del popolo” (XIV secolo).

Santa Maria di Castello
Maria Maddalena (in verità si chiamava Miriam) è stata la donna più vicina a Gesù, colei che diceva agli apostoli cosa dovevano fare, colei che ha visto il Cristo Risorto. La venerazione dei Templari per la Maddalena è nota e il Castello cui è intitolata la chiesa di Santa Maria di Castello ad Alessandria indica molto probabilmente la magione più importante della città, cioè quella della Maddalena, una magione di cui la chiesa rimasta in piedi faceva parte.
Un ritratto molto bello di Maria Maddalena (o Maria di Magdala) è quello che ci riportano Anne e Daniel Meurois-Givaudan dalle loro letture delle cronache dell’Akasha, così ricca di amore e sapienza. Ella è consapevole che solo le donne rappresentano un ponte permanente fra il mondo delle forze vitali e il nostro, capaci di assorbire dall’aria, ad ogni istante della vita, grandi quantità di energie sottili, e di orientarle liberandosi ad ogni lunazione delle sue ceneri. Il corpo di una donna più di ogni altro corpo può condensare forze capaci di aprire la materia e di trasformarla, così la Maddalena è anche una potente guaritrice dedita allo studio degli oli e alla ricerca dell’olio sacro.
Probabilmente Miriam era un’essena come esseni erano Giovanni Battista e lo stesso Gesù, studiò da sacerdotessa di Iside, poi fu al seguito di Gesù di villaggio in villaggio, quindi predicatrice in Palestina e poi esule in Francia. Una donna che cammina sulla terra di luogo in luogo, ma sa anche fermarsi a meditare, una donna del Tempio di Salomone.

Questa era la storia di Alessandria da raccontare e rendere pubblica.
La nostra città sarebbe stata piacevolmente invasa da turisti, curiosi di passeggiare per le vie della citta fondata dai Templari, per la gioia dei nostri commercianti.
Le Tv avrebbero sgomitato per registrare servizi e interviste.
No, i nostri reggitori organizzano sfilate, spettacoli pirotecnici, sagre, feste, convegni frusti e friggono salamini.

https://www.alessandriaoggi.info/sito/2018/05/07/850-anni-alessandria-citta-fondata-dai-templari-di-cui-tutti-si-sono-dimenticati/?fbclid=IwAR2UjhH22a3lVMKbsVjWpY8Q5Fzs0kFlbopLXfu9XVN4frvRCGbUNcTt-Q4