LA SOCIETÀ DI SAN GIULIANO
Notizie & commenti dalla Società di Mutuo Soccorso di San Giuliano Vecchio (Alessandria).
Fondata il 10 dicembre 1876.
Riconosciuta giuridicamente il 17 marzo 1896.
mercoledì 7 novembre 2012
I prigionieri italiani della guerra ’15-’18 a Mauthausen.
Occupandoci delle vicende della 1^ guerra mondiale, si è incontrato un aspetto di essa sul quale pochi o nessuno si sofferma: i prigionieri italiani in mano agli austriaci.
E’ un caso che ci riguarda anche da vicino e diremo perché.
E’ un caso che ci riguarda anche da vicino e diremo perché.
E’ quindi una delle pagine meno conosciute di quella guerra che bisogna far conoscere. Complessivamente nel corso del conflitto i militari italiani internati nei campi di concentramento dell’Impero austro-ungarico ed in Germania furono circa 600.000, dei quali quasi la metà catturati nelle giornate della rotta di Caporetto. Nel 1920, a conclusione dei suoi lavori la Commissione d’inchiesta sulle violazioni dei diritti delle genti commesse dal nemico, fornì i dati sul numero di prigionieri italiani caduti in mano agli eserciti austroungarico e tedesco. L’Italia al fronte inviò un esercito composto da 4.200.000 uomini, i prigionieri furono 600.000, di cui 300.000 solo dopo Caporetto. E’ un numero molto alto (uno su sette), altre nazioni alleate (Francia e Inghilterra) ebbero un numero di prigionieri di gran lunga inferiore e si deve tener conto che l’Italia combatté un anno in meno degli altri. Gli italiani morti nei campi di prigionia furono 100.000, anche in questo caso si registrò un numero molto alto di vittime (quasi il doppio di inglesi e francesi) e la Commissione avvertì che questo dato non era affatto certo. La morte dei soldati italiani nei campi di prigionia fu causata dalla fame e dal freddo, a questo si aggiunsero malattie epidemiche come il tifo. Su un opuscolo pubblicato in più lingue e intitolato “La prigionia degli italiani in Austria”, edito nella primavera del 1918 e scritto da un ufficiale siciliano, Attilio Loyola, rimpatriato e forse invalido permanente, troviamo alcune fotografie (sono queste, ai lati) che mostrano la condizione dei prigionieri italiani al loro arrivo in patria in seguito a scambi gestiti dalla Croce Rossa Internazionale.


Oggi la verità storica è stata stabilita e si è spezzato quel velo di omertà che ha avvolto una pagina assai poco edificante della storia italiana. Uno dei campi di prigionia austrici dove numerosissimi italiani furono reclusi è quello di Mauthausen.
Mauthausen è il nome di una ridente, pulita e tranquilla, cittadina austriaca adagiata lungo il corso del Danubio. Tuttavia Mauthausen è anche per molti, anzi per troppi, un nome tristemente famoso che rievoca un passato lugubre e tenebroso. Tutti ricordano che durante la seconda guerra vi era un campo di prigionia tedesco dove si perpetrarono gli orrori dell’eccidio nazista. Ma che quasi 30 anni prima di quella immane tragedia umana, Mauthausen fosse stato sede di un campo di prigionia durante il primo conflitto mondiale, è cosa poco nota. Sempre lì altre migliaia di prigionieri di guerra vi conobbero la fame, gli stenti, la degradazione fisica e morale e maledissero quel nome nel ricordo della casa lontana. Appena scoppiato il conflitto Francia ed Inghilterra deliberarono di inviare ai loro concittadini prigionieri quantità sufficienti di cibo per integrare la povera dieta a cui erano sottoposti (le calorie a disposizione non superavano le 1.000). Lo stesso fecero a favore dei prigionieri Russi e Serbi per le difficoltà che già attanagliavano questi paesi. La legislazione che regolava questo status era quella dell’Aja (1899-1907) che prevedeva per il prigioniero vitto, alloggio, uno stipendio ed esenzione dai lavori. Per gli ufficiali era persino prevista, sulla parola, la libertà di uscire dai campi. Ma l’Italia non accettò questa clausola. Durante l’intero conflitto, tra il giovane regno d’Italia e il millenario Impero austroungarico, caddero in mano austriaca circa 600.000 prigionieri italiani; di questi la commissione accertò la morte di oltre 100.000. La quasi totalità dei morti si contava fra la truppa, 1 su 6, mentre fra gli ufficiali si scendeva ad 1 su 15. I prigionieri di guerra italiani furono destinati a Theresienstadt in Moravia a Raabs, a Pilsen in Slesia, a Praga in Ungheria, perfino in Bulgaria, ma soprattutto, per l’appunto, a Mauthausen dove era stato allestito un grande campo di concentramento perché gli austriaci erano ottimisti sull’andamento del conflitto; essi pensavano che avrebbero fatto molti prigionieri e avevano per tempo attrezzato una struttura adeguata a riceverli. Il campo sorse dove poi fu fatto edificare, in pietra, il lager nazista, tuttavia nel 1915 non aveva praticamente nulla in comune con quello munito di sinistre costruzioni, di camere a gas e di forni crematori che avrebbero conosciuto i deportati di mezza Europa, ma non era per questo meno opprimente.
Mauthausen è il nome di una ridente, pulita e tranquilla, cittadina austriaca adagiata lungo il corso del Danubio. Tuttavia Mauthausen è anche per molti, anzi per troppi, un nome tristemente famoso che rievoca un passato lugubre e tenebroso. Tutti ricordano che durante la seconda guerra vi era un campo di prigionia tedesco dove si perpetrarono gli orrori dell’eccidio nazista. Ma che quasi 30 anni prima di quella immane tragedia umana, Mauthausen fosse stato sede di un campo di prigionia durante il primo conflitto mondiale, è cosa poco nota. Sempre lì altre migliaia di prigionieri di guerra vi conobbero la fame, gli stenti, la degradazione fisica e morale e maledissero quel nome nel ricordo della casa lontana. Appena scoppiato il conflitto Francia ed Inghilterra deliberarono di inviare ai loro concittadini prigionieri quantità sufficienti di cibo per integrare la povera dieta a cui erano sottoposti (le calorie a disposizione non superavano le 1.000). Lo stesso fecero a favore dei prigionieri Russi e Serbi per le difficoltà che già attanagliavano questi paesi. La legislazione che regolava questo status era quella dell’Aja (1899-1907) che prevedeva per il prigioniero vitto, alloggio, uno stipendio ed esenzione dai lavori. Per gli ufficiali era persino prevista, sulla parola, la libertà di uscire dai campi. Ma l’Italia non accettò questa clausola. Durante l’intero conflitto, tra il giovane regno d’Italia e il millenario Impero austroungarico, caddero in mano austriaca circa 600.000 prigionieri italiani; di questi la commissione accertò la morte di oltre 100.000. La quasi totalità dei morti si contava fra la truppa, 1 su 6, mentre fra gli ufficiali si scendeva ad 1 su 15. I prigionieri di guerra italiani furono destinati a Theresienstadt in Moravia a Raabs, a Pilsen in Slesia, a Praga in Ungheria, perfino in Bulgaria, ma soprattutto, per l’appunto, a Mauthausen dove era stato allestito un grande campo di concentramento perché gli austriaci erano ottimisti sull’andamento del conflitto; essi pensavano che avrebbero fatto molti prigionieri e avevano per tempo attrezzato una struttura adeguata a riceverli. Il campo sorse dove poi fu fatto edificare, in pietra, il lager nazista, tuttavia nel 1915 non aveva praticamente nulla in comune con quello munito di sinistre costruzioni, di camere a gas e di forni crematori che avrebbero conosciuto i deportati di mezza Europa, ma non era per questo meno opprimente.

Fra questi documenti c’è una lettera scritta alla moglie da un soldato del nostro S. Giuliano: Angelo Piccinini, del 48° Rgt, prigioniero di guerra a Mauthausen, matr. 72986. Era il nonno del nostro Socio Rino Piccinini che tutti chiamiamo, per il suo servizio in posta, “il postino”, appunto. Non pubblichiamo tutta la lettera (ma solo il frontespizio con l’indizzo del destinatario: la moglie; e la parte del mittente) perché vi sono considerazioni famigliari, basti però dire – a conferma di quanto detto prima – che Angelo scrive “o ricevuto un pacco di pane da casa ma è tutto mufito. Fallo più piccolo che grosso ci si muffa tutto…” .
Si noti nel frontespizio la scritta a stampa: k.u.k. Kriegsgefangenenlager: “imperial-regio campo di prigionieri di guerra – Mauthausen” dove lager suona in modo così orribile e spaventoso.
Finita la guerra, i nostri prigionieri, al loro ritorno in Italia (a piedi) finirono in altri campi di concentramento dove subirono un’inchiesta penale. In una riunione segreta del Consiglio del Governo col Comando Supremo era balenata l’idea di inviare in Africa buona parte dei prigionieri per disintossicarli! Ma fortunatamente ciò non avvenne.
Il soldato Piccinini Angelo morì poi nel 1922 a causa di quanto aveva dovuto subire e fu considerato a tutti gli effetti “caduto di guerra”.
Si noti nel frontespizio la scritta a stampa: k.u.k. Kriegsgefangenenlager: “imperial-regio campo di prigionieri di guerra – Mauthausen” dove lager suona in modo così orribile e spaventoso.
Finita la guerra, i nostri prigionieri, al loro ritorno in Italia (a piedi) finirono in altri campi di concentramento dove subirono un’inchiesta penale. In una riunione segreta del Consiglio del Governo col Comando Supremo era balenata l’idea di inviare in Africa buona parte dei prigionieri per disintossicarli! Ma fortunatamente ciò non avvenne.
Il soldato Piccinini Angelo morì poi nel 1922 a causa di quanto aveva dovuto subire e fu considerato a tutti gli effetti “caduto di guerra”.
A distanza di quasi cento anni questi documenti nella loro semplicità lanciano ancora con forza intatta il loro grido: un grido che viene da Mauthausen contro la guerra, quando da Mauthausen era ancora possibile pensare di scrivere a casa.