Rievocazione della Battaglia di Marengo del 14 giugno 2000 [Lisòndria tra Tani e Burmia]

Rievocazione della Battaglia di Marengo del 14 giugno 2000 [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti
Napoleone fu il primo, pochi anni dopo quella vera, a rievocare la battaglia di Marengo. Lo fece nel 1805, quando tornò in Italia per essere incoronato Re d’Italia. «Arriva sulla piana in provincia di Alessandria e ricrea lo scontro, rimette in campo le sue truppe. Quindi quelle reali che aveva con sé».
Lo racconta Massimo Zonca dell’Associazione napoleonica d’Italia, dottore di ricerca in Storia moderna. E lo fa utilizzando effettivamente come figuranti migliaia di soldati veri e curando personalmente la regia, seduto con i vari ufficiali, quelli ancora vivi, reduci della battaglia di cinque anni prima, su di una tribuna con la moglie Giuseppina nei pressi del villaggio di Marengo.

Per quella battaglia furono impiegati, da parte francese, 28 mila uomini e 30 cannoni, 7 mila furono le perdite francesi fra morti, feriti e dispersi. Da parte austriaca vennero impiegati 31 mila uomini e 100 cannoni, le perdite si contarono in 6 mila fra morti e feriti, furono 8 mila i prigionieri austriaci e 40 i cannoni persi dagli austriaci. Fu una vera carneficina al punto che per molto tempo dopo la fine di quella battaglia, arando il terreno dei capi di battaglia vennero alla luce non solo armi, divise, fucili e quant’altro ma anche i resti dei numerosi dispersi da ambo le parti.
Una seconda replica, certamente più modesta e incruenta dell’originalema ugualmente spettacolare, per ricordare il bicentenario, si tenne nuovamente a Marengo, questa volta il 14 giugno 2000, con centinaia (non più migliaia) di figuranti e fu anche questa spettacolare, soprattutto se si considera che in questa seconda rappresentazione anche la pioggia, ad un certo punto, rese oltremodo realistica la scena della battaglia anzi, qualcuno sottolineò che quella pioggia improvvvisa e fuori programma replicava realisticamente quanto effettivamente accadde il 14 giugno del 1800.
La pioggia infatti aveva reso viscido e acquitrinoso il terreno e i figuranti con le loro divise e i costumi delle vivandiere imbrattate di fango resero oltremodo realistica la scena che si svolgeva sotto i loro occhi.
Dopo di allora vi furono altre rievocazioni ma nessuna è mai più riuscita ad eguagliare quella del giugno 2000, insomma uno spettacolo difficilmente ripetibile (causa le arcinote difficoltà finanziarie dell’epoca in cui viviamo) quello realizzato 19 anni fa sulla piana di Marengo.
Foto tratte da Radiogold
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Bonaparte a Marengo
 
Si racconta – scrisse Piero Angiolini nel 1955 – che a Marengo, dopo il ritorno al Quartiere Generale in Torre Garofoli, di Dessaix con tre mezze brigate di truppa fresca, Bonaparte tenuto consiglio e disposto il piano di contrattacco sul nemico che già cantava vittoria, abbia poi percorso le nuove linee ricomposte, rincorando i soldati con le seguenti parole: “Abbiamo indietreggiato abbastanza; ricordate che io ho l’abitudine di dormire sul campo di battaglia!”
Effettivamente allora e per un secolo ancora, tutte le battaglie si decisero al calar del sole: al crepuscolo il vincitore manteneva il campo contrastato, mentre il vinto si ritirava avvilito e dolorante.
Sia verità o leggenda l’incoraggiamento suddetto, sta di fatto che la notte del 14 giugno 1800, Bonaparte a battaglia finita, dormì proprio a Torre Garofoli, mentre Melas era rientrato in Alessandria a meditare sulla sconfitta e sulla richiesta di armistizio che avvenne l’indomani stesso, consacrando quindi l’avvenimento di Marengo tra i più grandi fatti della storia. Da rilevare che Bonaparte era giunto a Torre Garofoli il giorno 13 giugno, senza trovare traccia alcuna di Melas, nascosto in Alessandria; lo ritenne anzi sulla strada di Genova, ciò che spiega l’invio di Dessaix verso Novi.
Già aveva avvisato di ritornare a Voghera lo stesso giorno 13; ma un improvviso ingrossamento dello Scrivia lo trattenne a Torre Garofoli e fu la sua fortuna! Sono note le alterne vicende di Marengo, battaglia perduta a l mattino, ripresa e vinta al pomeriggio; tutte le scuole di guerra di ogni Nazione hanno poi studiato ogni fase dell’incontro in rapporto alle forze impiegate e alle armi in dotazione; lo stesso Napoleone, quando già era Imperatore, fece ripetere nel 1805 sul campo stesso ogni movimento a guisa di grande manovra militare! E’ interessante esaminare a distanza di tanti anni, le armi e gli armamenti in gioco a Marengo.
L’armamento della fanteria consisteva ancora nel fucile Mod. 1777, senza alcun mirino, ma già provvisto di attacco per baionetta; portata utile di tiro 150 metri; dotazione 50 colpi per fantaccino. I cannoni erano divisi in tre calibri in rapporto al peso della palla rotonda: 4, 8, 12, gettata utila da 600a 1000 metri; dotazione 300 colpi per cannone!
 
Per quanto invece riguarda gli armati, sappiamo che Bonaparte disponeva di 30.000 uomini così divisi: tre corpi a piedi e precisamente: Victor, subito battuto tra Pederbona e la Stortigliona e costretta a ritirarsi in disordine verso San Giuliano; Lannes che lotta strenuamente a Castelceriolo per tutta la mattinata e che infine ripiega pure su San Giuliano; Dessaix che al mattino si dirige verso Novi, ma ritorna in campo alle ore 15 in tempo ancora per riaccendere la battaglia sino alla vittoria.
Un corpo di Cavalleria era comandato da Murat, mentre la Gran Guardia composta di granatieri e cacciatori a cavallo erano agli ordini dello stesso Bonaparte. Complessivamente otto divisioni, oltre al parco di artiglieria, 700 uomini circa. La tattica di combattimento è necessariamente collegata alle possibilità delle armi e al valore degli uomini; gli avversari contendenti dovevano trovarsi ben in vista gli uni agli altri e di regola, esauriti i colpi, il combattimento avveniva all’arma bianca. La fanteria si presentava su tre ranghi: il primo sparava in ginocchio, il secondo sparava in piedi, mentre il terzo ricaricava le armi! All’inizio di ogni azione la cavalleria con le sue evoluzioni copriva l’artiglieria che prendeva posizione; di regola la fanteria aveva posto tra batteria e batteria mentre ai lati si metteva poi la cavalleria pronta occorrendo, a caricare.
Sino a trecento metri il fuoco dei fucili era a volontà; al raccorciarsi delle distanze le trombe suonavano la carica e al rullo dei tamburi le fanterie partivano all’assalto in posizione affiancata, ignorandosi ancora l’ordine sparso. Così si è svolta la famosa battaglia tanto cara a Napoleone che ancora rammemorava Marengo a S. Elena. Il grande “Signore delle Battaglie” come fu chiamato, non immaginava certo che cento anni dopo i soldati, costretti pe mesi e mesi nelle trincee, avrebbero eguagliato le talpe. Ahimè! Più tardi ancora questa povera umanità doveva conoscere i bombardamenti indiscriminati e, nuovissimo strumento di distruzione, la bomba atomica!