Quando vinceva il Quadrilatero

Quando vinceva il Quadrilatero

Tra 1910 e il 1930 il calcio italiano annoverava quattro squadre piemontesi capaci di contendere al Genoa “britannico”, Juventus, Torino, Inter e Milan il primato nazionale. Erano i club del cosiddetto Quadrilatero: Pro Vercelli (7 scudetti), Casale (1 scudetto), Alessandria e Novara.

Le squadre del Piemonte orientale Pro Vercelli, Casale, Alessandria e Novara tra il 1912 e il 1929 formarono il leggendario Quadrilatero.
Dopo l’epopea del Genoa e la scuola britannica di Spensley, esso fu la migliore espressione del calcio dell’inizio secolo XX. Per molti giovani del Piemonte orientale la memoria scolastica del quadrilatero del calcio avrebbe oscurato quello storico, il famoso sistema difensivo austriaco delle fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnago e Verona i cui vertici erano compresi tra Mincio, Po e Adige, fortino dal 1815 al 1866 che fece argine inespugnabile alle azioni degli eroi risorgimentali garantendo i rifornimenti nel lombardo-veneto. Unendo i quattro poli tra Alessandria, Casale, Novara e Pro Vercelli fu formato, dai cantori del calcio dei pionieri, il secondo quadrilatero che, pur storicamente meno nobile di quello austro-ungarico, fu altrettanto leggendario e difficile da espugnare per gli avversari sportivi. Non a caso il giornalista e disegnatore Carlo Bergoglio (il famoso Carlin) alla fine degli anni Venti diede forma come simboli delle squadre, come accadeva in quel tempo, di metafore zoomorfiche; con l’eccezione del Novara, attribuì ai vercellesi l’appellativo di “Leoni”, l’”Orso grigio” il simbolo dell’Alessandria e il ringhioso “Cinghiale” l’emblema del Casale. Ancora oggi le storie delle quattro squadre piemontesi sono una miniera di eventi, personaggi e aneddoti che meritano di essere raccontati. Cercare di ripercorrere per sommi capi, con molte lacune ma tanta passione un’epopea come quella del quadrilatero non è stato difficile. Sono storie vere, non favole o leggende, realizzate attraverso l’impegno di giovani calciatori. Corsa, sudore, palloni di cuoio legati con lo spago, terreni impolverati, pubblico a bordo campo, trasferte in bicicletta, formano la miscela “magica” che ha contribuito all’epopea della “provincia” che fino all’avvento definitivo dei grandi club metropolitani, ha potuto vincere e divertire. Il movimento calcistico del Piemonte orientale fu “fucina” di campioni del calcio nazionale tra i quali, Milano, Ara, Ardissone, Rosetta, Piola, Caligaris, Barbesino, Monzeglio, Baloncieri, Banchero, Ferrari, Rava, Bertolini, Meneghetti, Reynaudi. In particolare le sfide incrociate tra le quattro rivali restano un momento di grande rivalità sportiva e popolare ancora oggi molto sentito. Il derby alessandrino tra grigi e nerostellati è sicuramente il più acceso ancora oggi e la sfida tra Pro Vercelli e Novara, classica ritornata, dopo decenni, nel campionato di serie B 2012-2013. Un evento per le due città. Solo coloro che hanno vissuto, vivono e vivranno in quelle realtà, dentro una storia familiare e collettiva, possono comprendere quali emozioni possano suscitare l’ingresso in campo dei colori delle rispettive squadre, le vittorie e le sconfitte dei propri ragazzi. Gianni Brera, maestro di giornalismo, descrisse le radici storiche delle sfide del quadrilatero: “Vercelli e Casale fanno parte del cosiddetto quadrilatero pedatorio piemontese, che comprende anche Novara ed Alessandria. La regione è di ethos composito…… Per quando si riferisce al nerbo e alla bellezza (in senso morfologico) siamo al miglior livello italiano, ma non stupisce che il calcio tecnicamente più valido si giochi ad Alessandria, dove l’ibridazione etnica è più recente, e anche a occhio nudo è possibile rilevare una maggior aitanza della gente comune. Per essere composito, l’etnos del quadrilatero giustifica avversioni municipali che la dicono lunga sul carattere di questi padani. Il calcio offre magnifici pretesti a faide collettive e ricorrenti. Scendere sul campo di questa o di quella città significa essere pronti a qualsiasi conseguenza, non escluso il ricovero in ospedale”.