Ottobre 2015 – CHIUDE LA LIBRERIA GUTENBERG DI ALESSANDRIA.

12106949_10207735193839116_6909676010934176813_n

Ultima settimana per la storica Libreria Gutenberg.

CHIUDE LA LIBRERIA GUTENBERG DI ALESSANDRIA. Chiude la libreria di Gepi Ferrando. Definitivamente. Il 24 ottobre sarà l’ultimo giorno di apertura. Chiunque abbia frequentato o appena conosciuto questa fantastica libreria, faccia un salto ad accaparrassi un ultimo libro. (c’è uno sconto speciale del 50%). O vada anche solo a dare una semplice occhiata ma abbastanza intensa da poterla fermare nel ricordo; non sarà un ricordo qualunque. Quella libreria fa parte della storia di Alessandria. E anche se non è molto alessandrino celebrare il passato, bisognerebbe incominciare a farlo. Da qui, per esempio. Dalla libreria di Gepi.
Provo un senso di abbandono. In questi casi aiuta entrare in contatto con la comunità che ci circonda.

VORREI INVITARE CHIUNQUE NE ABBIA VOGLIA, A PARLARE DI UN LIBRO che le/gli ricorda la Libreria Gutenberg di Via Carlo Caniggia, 20.

Eccomi qui a parlare del mio libro.
La foto qui sotto – per me bellissima – l’ha scattata a Gepi Riccardo Massola e fa parte di una serie di foto raccolte in un libro uscito nel 1987 dal titolo 0131 alessandrini per immagini (Edizioni Amnesia): “Né i migliori (o i peggiori) o più importanti o meritevoli o rappresentativi (o, più, rappresentanti)”. In apertura c’è una importante e ancora attuale presentazione di Nuccio Lodato sul carattere degli alessandrini. Scrive Lodato: “Tutte le vicende di singoli raccontate da immagini montate ai limiti del fotodinamico da Massola, possono concorrere…a restituire l’immagine complessiva di una comunità, dei suoi interessi, delle sue attività, delle sue tradizioni, del suo substrato culturale e sociale. Dei suoi entusiasmi e delle sue spinte.” Sembra che parli di una città vera, che ha un consistente passato e un promettente futuro. Dove è finita quella città?
Il sentimento di malinconia che provo per la chiusura della libreria Gutenberg ha a che fare con gran parte delle cose che, in questa città, finiscono. Che Gepi Ferrando potesse smettere di fare il libraio, dopo tanti anni di lavoro, stava nelle cose. Ma che la libreria non abbia trovato un successore, un seguace attivo, un raccoglitore della sapienza, delle memorie, del mestiere di Gepi è un vero peccato. Mi fa male. Mi fa male anche non poter essere io a farmi passare il suo testimone.
Per le librerie, si sà, è un destino comune in molte città italiane. Qualche tempo fa a Venezia ho scoperto che hanno chiuso il 70% delle librerie storiche. Venezia quindi non ha più molti libri e ha perso tanti librai, ma di certo non ha perso la sua storia. Chi potrebbe dire, di Venezia, che non trova tracce della sua esistenza? Difficile invece dire la stessa cosa di Alessandria che continua a dimenticarsi, a scordarsi di sé, a lasciarsi andare. Questa libreria ha un grande valore storico e culturale.
Tra gli alessandrini ricordati nel libro, vi cito alcuni nomi che erano anche per me abbastanza conosciuti nonostante allora io avessi ancora 18 anni. Angioletta Firpo, Mario Fallini, Dino Molinari, Paolo Zoccola, Erica Boffi, Emma Camagna, Giuliana Callegari, Ernesto Ferrero, Gianni Coscia, Otello Vanni, Maurizio Contato, Cesarino Fissore, Roberto Cotroneo, Franco Capone, Claudio Zarri, Franco Ferrari, Delmo Maestri, Ugo Boccassi, Celestino Cercenà…E poi c’è la foto della ciminiera Borsalino abbattuta nel 1987, l’anno di pubblicazione del libro. Nuccio Lodato che aveva assistito come tanti alessandrini a quello straordinario evento poté stupirsi di vederla resistere ad ogni costo all’abbattimento. “Non voleva venire giù: ha resistito finché ha potuto e si sono messi a lavorarla, e di brutto, ai fianchi, e ancora si è permessa di far saltare come fili di refe alcuni tra i cavi d’acciaio che l’imprigionavano trascinandola alla rovina, un po’ come riusciva a fare Moby Dick con gli arpioni delle baleniere di Achab. E anche una volta privata del punto di consistenza, ha ancora pateticamente ed eroicamente cercato di cadere in piedi, restando integra fin dove e fin quando ha potuto.”
Per me la libreria Guteneberg è stata un rifugio e un varco. Un luogo dove ho imparato tante cose. Dove ho anche solo ascoltato le chiacchiere o i discorsi degli alessandrini più grandi di me che andavano a trovare Gepi. D’inverno, spesso sotto la pioggia, curvato dentro il giubbotto, mi fermavo davanti alla vetrina più grande, con un assaggio delle novità. Entrato, assaltavo il banco della saggistica, e poi quello della letteratura italiana e internazionale. Sugli scaffali sfilavo i libri ancora catalogati per editore. All’angolo a destra e in fondo cercavo le ultime pubblicazioni sul cinema. Dopo aver fatto le mie scelte, sempre al di sopra delle mie possibilità economiche, chiedevo a Gepi se alcuni poteva tenermeli da parte. Lui dalla cassa si sporgeva e li metteva sopra allo scaffale a fianco dell’ingresso. Mi piaceva molto quello scaffale. Ero curioso di sapere cosa mettevano da parte gli altri lettori, gli altri “malati” di libri…
Io non permetterò che la libreria Gutenberg cada come la ciminiera Borsalino senza un mio saluto. Voglio esserci a vederla cadere in piedi!