NOI CHE SIAMO NATI, E CRESCIUTI, AD ALESSANDRIA

NOI CHE SIAMO NATI, E CRESCIUTI, AD ALESSANDRIA

di Carla Reschia271_001 (2)Noi che siamo nati, e cresciuti, ad Alessandria, anche se lontani, ne portiamo il ricordo, e la nostalgia, in ogni gesto, in ogni pensiero. In ogni parola detta con quello strano accento, con quella erre gutturale e gracidante che riconosciamo all’istante, fra mille, quando incontriamo un concittadino. Nell’ironia amara, lieve e disincantata che ci allevia i momenti più tetri, nel sorriso sarcastico che ci spunta, nostro malgrado, quando la commozione rischia di farci naufragare nelle nostre lacrime. Perché noi di Alessandria amiamo e ci commuoviamo, sì, ma per cose strane: l’odore della nebbia e del fiume, l’umidità greve dell’afa che invade la piana, la foschia che già all’inizio dell’estate preannuncia l’autunno, la Luna d’agosto rossa e greve sui campi di stoppie al ritorno da una sagra, il tedio dell’inverno cupo e grigio rischiarato solo dal bagliore delle nevicate, il sollievo di una gita in Riviera o di una serata a fare le derapate in auto sulla neve fresca, la promessa illusoria della primavera con le sue ore di luce e il suo profumo di gemme.
Non sappiamo di venire da una terra difficile.Ci pare naturale morire di freddo d’inverno e maledire il caldo d’estate: se non succede ne sentiamo la mancanza. Una mancanza ancestrale e inspiegabile, la stessa che ci fa riconoscere nel vento l’odore di foglie bruciate che, fin dalla nostra infanzia, annuncia l’autunno. Fin da bambini prendiamo in uggia quel cielo per lo più grigio, quei filari di pioppi che tagliano una pianura infinita, quelle distese di galaverna e di gelo, quella luce azzurrina delle tv accese che d’inverno è l’unica compagnia sui viali infiniti delle circonvallazioni. Pensiamo che bisogna andare via, via lontano, come nella canzone di Baglioni. E se lo facciamo, per caso, per scelta, per errore, ogni notte torniamo in sogno a ripercorrere quei viali. E ne siamo felici. Per un momento.