LE PRIME FAMIGLIE DI ALESSANDRIA E L’EREDITA’ LONGOBARDA DI GAMONDIO AD ALESSANDRIA

Le famiglie che, ancor prima della nascita di Alessandria, accorsero da varie città italiane nei borghi attorno al Tanaro, sono un'ottantina. Molti di questi nomi sono diffusi ancora oggi in Alessandria. Ecco l'elenco: Famiglie che vennero da Quargnento: I Sacchi, Cuttica, Guarachi, Guasta. Da Solero: I Guaschi, Angelleri, Grattarola, Villavecchia, Gallia. Da Oviglio: I Delpozzo, Lanzavecchia, Rossi, Gorreta. Da Gamondio: I Trotti, Boidi, Farra, Picchi, Canteri, Lamborizi, Mussa, Moccagata, Gambacorti, Conti, Astuti, Prati, Milani, Trucchi, Guastamoglie, Gafurri, Spandonari, Negri, Ferrari, Panizza, Amichi, Rivalta, Lorgna, Clavesani, Longhi, Migli, Pellizzoni, Barberi. Da Marengo: I Gambarini Da Milano: I Belloni, Carelli, Confalonieri, Grassi, Litta, Mantelli, Sacchi, Scotti, Colli, Ardizzoni, Piatti, Braschi, Scarabozzi, Scaravaggi, Botta, Bossi, Ghilini. Da Genova: I Bianchi, Borghi, Bottazzi, Ferrari, Grilli, Muzii, Porzi, Porzelli, Squarzafichi. L'eredità longobarda di Gamondio ad Alessandria La città é nata per opera di Gamondio, la corte regia fondata nel VI secolo d. C. tra Bormida e Orba dai Longobardi, nel momento in cui il console Emanuele Boidi, per contrastare il marchese di Monferrato, induce nel 1168 d.C i Gamondiesi a trasferirsi nel sito tra Tanaro e Bormida, aggregando primaditutto Bergoglio, Rovereto e Marengo. Ecco alcune delle testimonianze longobarde che si devono faticosamente scovare in Alessandria. Si sa che Santa Maria di Castello presenta pluristratificazioni edilizie, la prima corrisponde al VI secolo, quando i Longobardi a Rovereto disponevano la corte regia. E' noto che nei pressi del museo di Marengo c'é la torre di Teodolinda, nel 590 d.C. regina longobarda, che sposa prima Autari poi, rimasta vedova, Agilulfo, e convince quest'ultimo, con l'aiuto di Papa Gregorio Magno, a convertire in massa al Cattolicesimo il proprio popolo, seguace di Ario. Era stata scelta proprio da loro questa corte regia come residenza, e nel 700 d.C. il re Cuniberto, che vi passava la villeggiatura, dilettandosi con la caccia nella Silva Urba, indusse la moglie Ermelinda a seguirlo, per poi tornare di notte nel palazzo reale di Pavia, per congiungersi con la romana Teodote, giovane dalla lunga e bionda capigliatura, rinchiusa poi nel monastero a lei intitolato ( gossip da "Novella 2000" dell'epoca di Paolo Diacono). Nella chiesetta del Cimitero accanto alla statua del citato Papa Gregorio I si trova quella di San Baudolino, il Santo Patrono di Alessandria, vissuto all'epoca del re Liutprando, il cui regno é il più lungo, e durante il quale l'Arte raggiunge i massimi livelli, tanto che si può parlare di "Renescenza liutprandea". All'eremita, abitante a Foro, il suddetto re mandò i suoi ambasciatori, perché attraverso le sue facoltà divinatorie salvasse il nipote, Anfuso, ferito durante una partita di caccia. Come li vide arrivare il religioso li anticipò, affermando di sapere la ragione che li aveva spinti al suo cospetto, ma di non potere fare più nulla, perché nel frattempo il giovane era morto, confermando le capacità profetiche, del tutto realistiche. Nelle Sale d'Arte alessandrine é deposto, con altre sculture coeve, uno splendido capitello, indiscutibilmente di fattura longobarda, ma ahimé datato, non si sa bene perché, XIII secolo anziché VIII (qui occorre assolutamente porvi rimedio). Il pezzo, proveniente dal duomo costruito nel 1170 e demolito nel 1800 da Napoleone per ottenere lo spazio per la piazza d'armi, riporta sagome zoomorfe e fitomorfe, che secondo lo stile peculiare degli esecutori ricorre nei dettagli a figure geometriche e a particolari minuti incisi. Gli animali, disposti su due lati, esprimono la dualità della natura umana, combattuta da odio e amore, in relazione alla cattiveria e alla bontà. E che dire dello stemma, proprio della città con croce rossa su fondo bianco e scritta latina, sormontato da corona turrita e sorretto da due grifoni, animali mitici, qui rappresentati con testa e ali d'aquila e corpo e coda di leoni, banditi dall'iconografia dal Concilio di Trento , avendo eliminato le figure mitologiche dall'agiografia cristiana?! I Longobardi ricorrevano alla loro raffigurazione, assimilata dalla Grecia orientaleggiante, realizzando creature derivate dall'unione di più animali sia terrestri, leoni, serpenti sia dei cieli, come i rapaci, simboli di demoni o di divinità nefaste, aspetti che non corrispondono più alla nostra cultura. Di emblemi simili se ne trovano in altre parti d'Italia, ad es. Genova, suggellando l'incisività della dominazione longobarda nella penisola Questo simbolo é stato trasferito ad Alessandria proprio da Gamondio, lasciando al vecchio centro, divenuto Castellacium, quello con tre torri sovrastate da corona tra rami d'alloro.
Le famiglie che, ancor prima della nascita di Alessandria, accorsero da varie città italiane nei borghi attorno al Tanaro, sono un’ottantina. Molti di questi nomi sono diffusi ancora oggi in Alessandria. Ecco l’elenco:<br />Famiglie che vennero da Quargnento: I Sacchi, Cuttica, Guarachi, Guasta.
Da Solero: I Guaschi, Angelleri, Grattarola, Villavecchia, Gallia.
Da Oviglio: I Delpozzo, Lanzavecchia, Rossi, Gorreta.
Da Gamondio: I Trotti, Boidi, Farra, Picchi, Canteri, Lamborizi, Mussa, Moccagata, Gambacorti, Conti, Astuti, Prati, Milani, Trucchi, Guastamoglie, Gafurri, Spandonari, Negri, Ferrari, Panizza, Amichi, Rivalta, Lorgna, Clavesani, Longhi, Migli, Pellizzoni, Barberi.
Da Marengo: I Gambarini
Da Milano: I Belloni, Carelli, Confalonieri, Grassi, Litta, Mantelli, Sacchi, Scotti, Colli, Ardizzoni, Piatti, Braschi, Scarabozzi, Scaravaggi, Botta, Bossi, Ghilini.
Da Genova: I Bianchi, Borghi, Bottazzi, Ferrari, Grilli, Muzii, Porzi, Porzelli, Squarzafichi.                                       
L’eredità longobarda di Gamondio ad Alessandria             
La città é nata per opera di Gamondio, la corte regia fondata nel VI secolo d. C. tra Bormida e Orba dai Longobardi, nel momento in cui il console Emanuele Boidi, per contrastare il marchese di Monferrato, induce nel 1168 d.C i Gamondiesi a trasferirsi nel sito tra Tanaro e Bormida, aggregando primaditutto Bergoglio, Rovereto e Marengo.
Ecco alcune delle testimonianze longobarde che si devono faticosamente scovare in Alessandria.
Si sa che Santa Maria di Castello presenta pluristratificazioni edilizie, la prima corrisponde al VI secolo, quando i Longobardi a Rovereto disponevano la corte regia.
E’ noto che nei pressi del museo di Marengo c’é la torre di Teodolinda, nel 590 d.C. regina longobarda, che sposa prima Autari poi, rimasta vedova, Agilulfo, e convince quest’ultimo, con l’aiuto di Papa Gregorio Magno, a convertire in massa al Cattolicesimo il proprio popolo, seguace di Ario. Era stata scelta proprio da loro questa corte regia come residenza, e nel 700 d.C. il re Cuniberto, che vi passava la villeggiatura, dilettandosi con la caccia nella Silva Urba, indusse la moglie Ermelinda a seguirlo, per poi tornare di notte nel palazzo reale di Pavia, per congiungersi con la romana Teodote, giovane dalla lunga e bionda capigliatura, rinchiusa poi nel monastero a lei intitolato ( gossip da “Novella 2000” dell’epoca di Paolo Diacono).
Nella chiesetta del Cimitero accanto alla statua del citato Papa Gregorio I si trova quella di San Baudolino, il Santo Patrono di Alessandria, vissuto all’epoca del re Liutprando, il cui regno é il più lungo, e durante il quale l’Arte raggiunge i massimi livelli, tanto che si può parlare di “Renescenza liutprandea”. All’eremita, abitante a Foro, il suddetto re mandò i suoi ambasciatori, perché attraverso le sue facoltà divinatorie salvasse il nipote, Anfuso, ferito durante una partita di caccia. Come li vide arrivare il religioso li anticipò, affermando di sapere la ragione che li aveva spinti al suo cospetto, ma di non potere fare più nulla, perché nel frattempo il giovane era morto, confermando le capacità profetiche, del tutto realistiche.
Nelle Sale d’Arte alessandrine é deposto, con altre sculture coeve, uno splendido capitello, indiscutibilmente di fattura longobarda, ma ahimé datato, non si sa bene perché, XIII secolo anziché VIII (qui occorre assolutamente porvi rimedio). Il pezzo, proveniente dal duomo costruito nel 1170 e demolito nel 1800 da Napoleone per ottenere lo spazio per la piazza d’armi, riporta sagome zoomorfe e fitomorfe, che secondo lo stile peculiare degli esecutori ricorre nei dettagli a figure geometriche e a particolari minuti incisi. Gli animali, disposti su due lati, esprimono la dualità della natura umana, combattuta da odio e amore, in relazione alla cattiveria e alla bontà.
E che dire dello stemma, proprio della città con croce rossa su fondo bianco e scritta latina, sormontato da corona turrita e sorretto da due grifoni, animali mitici, qui rappresentati con testa e ali d’aquila e corpo e coda di leoni, banditi dall’iconografia dal Concilio di Trento , avendo eliminato le figure mitologiche dall’agiografia cristiana?! I Longobardi ricorrevano alla loro raffigurazione, assimilata dalla Grecia orientaleggiante, realizzando creature derivate dall’unione di più animali sia terrestri, leoni, serpenti sia dei cieli, come i rapaci, simboli di demoni o di divinità nefaste, aspetti che non corrispondono più alla nostra cultura. Di emblemi simili se ne trovano in altre parti d’Italia, ad es. Genova, suggellando l’incisività della dominazione longobarda nella penisola
Questo simbolo é stato trasferito ad Alessandria proprio da Gamondio, lasciando al vecchio centro, divenuto Castellacium, quello con tre torri sovrastate da corona tra rami d’alloro.