La distruzione di Bergoglio

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La distruzione di Bergoglio
Nel 1728 Vittorio Amedeo II ordina la distruzione del quartiere di Borgoglio per realizzare una cittadella a difesa del regno. Il sito individuato è quello del borgo fortificato oltre Tanaro; la scelta è fortemente condizionata dalla vicinanza dei corsi d’acqua: da una parte il fiume e dall’altra parte, a occidente, il braccio di «Tanaro morto». Sono barriere difensive naturali sfruttate a proprio favore dal progettista e usate come proprie alleate. Borgoglio all’inizio del Settecento è abitato da circa 4.000 persone ed ospita edifici pubblici, chiese e case. Il sistema difensivo della città si rivela complesso ma obsoleto, da adeguare in tempi brevi «alla moderna»; vengono predisposti interventi di «minima» all’intero circuito bastionato prevedendo una spesa considerevole di L. 52.000; tuttavia pare necessario agli ingegneri sabaudi predisporre un progetto innovativo. Il quartiere di Borgoglio, fortificato e isolato dalla città, può diventare la base per una controffensiva, oltre a prestare rifugio per militari ammutinati e insorti. La decisione di distruggerlo è motivata da una commistione di scelte strategico-militari e questioni di ordine pubblico. Le opere difensive, di primaria importanza per i Savoia, causano la cancellazione di Borgoglio e gli abitanti sono costretti a trovare una nuova sistemazione in città o nelle campagne limitrofe. Gli edifici non vengono completamente abbattuti; la demolizione è parziale, le case sono riadattate e viene proposto un parziale risarcimento per i proprietari sfollati. La struttura, sopravvissuta ai primi lavori di realizzazione della cittadella, condizionerà fortemente tutto lo sviluppo edilizio della seconda metà del Settecento della piazzaforte. Negli anni Venti del Settecento all’interno di Borgoglio sono ospitati numerosi edifici religiosi (sono undici solo le chiese). Requisiti, abbattuti o solo fortemente rimaneggiati, sono forzatamente lasciati dal clero che trasferisce i titoli oltre il Tanaro, all’interno della città chiusa dalle mura, accorpandoli con quelli preesistenti nei quartieri urbani di Gamondio, Marengo, Rovereto, oppure destinandoli a edifici di nuova costruzione. L’ospedale di Sant’Antonio in Borgoglio e altri edifici annessi fungeranno da caserme sino alla seconda metà del Settecento, quando subiranno una profonda trasformazione.

In collaborazione con Alessandria850.