Son tornati i baracconi!
di Tony Frisina
Con questa esclamazione, con questa frase pronunciata quasi con un grido, ci si aggiornava e ci si informava tra ragazzi – all’epoca della mia giovinezza – quando si veniva a conoscenza dell’arrivo di questa carovana del divertimento.
I baracconi – per noi alessandrini e forse anche per i ragazzi di altre zone del Piemonte o dell’Italia – non sono altro che le giostre o, per dirla in maniera meno poetica, il Luna Park. Quest’ultima espressione mai è stata nostra, alessandrina intendo; con quest’ultima definizione si toglierebbe ai baracconi mandrogni l’aura, l’anima, l’emozione racchiusa nella semplice espressione locale.
Per i ragazzi alessandrini (quelli delle vecchie generazioni intendo) le giostre sono e resteranno sempre definite baracconi o, per dirla nella nostra lingua, i baracon.
Dopo questo breve preambolo occorre specificare che le giostre, per i ragazzi del secolo scorso e fino alla fine degli anni Settanta (in Aprile, durante il periodo della Fiera di San Giorgio), animavano la nostra centrale Piasa Savon-na con i loro divertimenti, in una bolgia incredibile e con decine di motivi musicali in simultanea; Piazza Savona, per chi ancora non avesse capito, è conosciuta (da un centinaio di anni ormai…) con il nome dell’eroe dei due mondi: Giuseppe Garibaldi.
Dopo qualche peregrinare, verso la fine degli anni ‘70 le giostre sono state relegate in una minuscola porzione della piazza d’armi.
Probabilmente oggi il numero di attrazioni è maggiore rispetto a quello delle giostre che animavano il centro cittadino; la vastità del luogo nella nuova ubicazione però è talmente esagerata da far apparire meno abbondante la quantità di giostre, di baracon che oggi tornano ad allietare i pomeriggi e le serate di coloro che vogliono approfittare di questo sano (ed un po’ costoso) divertimento.
Oggi però voglio parlare in particolare della cartolina che lascia dare una sbirciata alle giostre nella loro vecchia e certamente più comoda sede. (1) Ci troviamo sotto i portici di Piazza Guglielmo Marconi in una giornata primaverile di fine anni ’30.
La didascalia fa riferimento a un altro nome: indica i Portici largo della Vittoria. Infatti la denominazione di questo luogo, di questa piazza, è da poco stata assunta. In molte altre cartoline, ancor più vecchie di questa, la toponomastica di questo slargo fa quasi sempre riferimento a Via della Vittoria ed a Via Felice Cavallotti. (Due strade che sboccano proprio qui).
A questo proposito occorre fare una specifica. Via della Vittoria sta ad abbreviare il titolo completo della strada che è Via San Giacomo della Vittoria; mentre riguardo la denominazione Via Felice Cavallotti corre l’obbligo spiegare che in realtà si tratti della strada alla quale, in epoca successiva, è stato imposto il nome preso in prestito dalla chiesa omonima, presente nella stessa strada e che ancor oggi viene usato: Via San Lorenzo (2).
Il fascino che si provava nel percorrere Corso Roma – la nostra vasca (3) – e poi, svoltando gli ultimi metri di porticato, nel vedere i nostri baracon, è cosa ben difficile da spiegare. Eccoli! Erano lì ad aspettare una ventata di giovinezza, la spensieratezza dei ragazzotti e degli studenti che – magari con i compiti ancora da fare – sentivano il richiamo di questo luogo magico; una sorta di Paese dei Balocchi di collodiana memoria.
Lì tutto il mondo reale terminava.
La piazza in terra battuta, su cui stazionavano i baracconi, era un luogo incantato; era un mondo magico seppure nelle giornate di vento si alzava un polverone tale da non lasciar vedere alcunché e nelle giornate piovose – che da noi ad Aprile sono sempre numerose – si trasformava in un mare di fango… Anche quella era la magia dei baracon.
Le giornate di sole del tiepido Aprile, presso le giostre, riservavano mille sorprese. I baracconi erano belli in qualunque maniera, sia che si andasse sulle giostre, sia godendo del divertimento di chi aveva qualche lira in più e si poteva permettere di girare ancora, quando altri avevano già finito le scorte…
Gli ormoni di quei ragazzi erano vieppiù sollecitati dalla presenza costante di centinaia di ragazze che subivano – anche più dei maschietti – il fascino ed il richiamo delle musiche, dei colori, del frastuono e del divertimento di questo circo delle meraviglie e ricco di fenomeni… da baraccone.
Ragazze di ogni ceto sociale, da sole o con mamma e papà, affollavano – in relazione all’età – la giostra preferita. Certe sbarbine, che fino all’anno prima gustavano cavalcare un destriero sulla giostra della nonna, quella con magnifici cavalli bianchi che oscillavano appesi a pali cromati dai riflessi d’oro, improvvisamente sentivano un’attrazione irresistibile per il tunnel dell’amore: una sorta di autodromo dove una decina di carrozze scivolava in tondo a ritmo forsennato – su un binario altalenante – e con musiche ad alto volume. Ad un certo punto un tendone copriva il serpentone di carrozze, nascondendo gli occupanti e le loro faccende agli occhi dei curiosi.
Nascevano forse proprio lì, ai baracconi, i primi amori di bambine che tanto bambine non erano più e che improvvisamente passavano dai giochi innocenti con bambole e bambolotti a giochi meno casti e con giocattoli forse… un po’ più pericolosi (o da maneggiare con cura).
Sandro Locardi, il poeta dialettale di cui sono stato amico fraterno fino alla fine dei suoi giorni, mi raccontava i suoi baracconi e ricordava come decine o centinaia di servette e di militari in libera uscita riempissero ogni angolo e ogni giostra di questo parco dei divertimenti. Qualche strofa è anche testimone di quei suoi racconti. (4) Le ragazze amavano andare sulla giostra pé ‘n t’èl cü (quella con i seggiolini agganciati alle catene e che ruotavano ad una certa velocità) e godevano in maniera inverosimile nel farsi dare vivaci spinte – in genere dal maschio di turno – per andare sempre più in alto, alla ricerca e alla conquista del magico fiocco che regalava loro un giro supplementare sulla giostra stessa.
Durante gli anni ‘60 e ‘70 le ragazze non avevano ancora l’abitudine (per nostra fortuna) di indossare i pantaloni e quindi per tutti gli astanti lo spettacolo, oltre a quello più complessivo delle giostre, era assicurato. Poco importava se nella foga del lancio una gonna saliva troppo oppure una mutandina faceva capolino per una frazione di secondo. Erano troppo acute e vive le emozioni e le sensazioni che il vorticoso andare della giostra trasmetteva loro, per dover prendere in considerazione quei piccoli, insignificanti particolari. Se poi i ragazzi si riempivano gli occhi di celestiali visioni… buon per loro. Forse andavano ai baracconi esattamente con quel proposito.
Dopo le proteste degli anni scorsi il Luna Park in Piazza d’Armi – Anche quest’anno, come è ormai antica tradizione, la grande Fiera di San Giorgio sarà allietata, e non soltanto per la gioia dei bambini, dalla presenza dei baracconi. Le giostre sono arrivate, quasi alla chetichella, già alla vigilia di Pasqua e fanno da corollario a tutta la manifestazione fieristica. Per la verità, in questi ultimi anni non sono stati troppo idilliaci i rapporti tra Alessandria ed i baracconisti e qualcuno ricorderà le manifestazioni clamorose di qualche tempo fa.
All’origine delle proteste la decisione di allontanare le attrazioni del parco dei divertimenti di piazza Garibaldi, loro sede abituale, per relegarle in periferia. Il primo anno le speranze di poter comunque fare un buon incasso naufragarono nel fango di un prato di corso IV Novembre ed allora le autorità si presero a cuore il problema di questa gente che vive offrendo agli altri momenti di evasione e divertimento. Come nuova sede fu indicata Piazza Divina Provvidenza e la concomitanza della Fiera di San Giorgio con il periodo della loro permanenza fece sì che le casse tornassero a riempirsi.
Quest’anno il parco dei divertimenti ha subito un nuovo spostamento ed è stato collocato nella ex Piazza d’Armi: diciamo subito che l’innovazione è positiva, in quanto l’area a disposizione è maggiore ed è stato altresì scongiurato il pericolo di fango in caso di pioggia, mediante ghiaia cosparsa sul terreno; inoltre esistono buone possibilità per parcheggiare le auto.
Roberto Scagliotti
[Stampa Sera – Mercoledì 23 aprile 1980]
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[1] Sotto il profilo puramente poetico e sul filo della nostalgia le giostre in Piazza Savona – o Garibaldi che dir si voglia – rappresentano una sorta di romantica memoria difficilmente cancellabile dalla mente di chi ha potuto vivere tali emozioni in quegli anni lontani. Occorre riconoscere però che il frastuono che questo luogo di divertimento portava in città per quasi un mese disturbava moltissimo tutti gli abitanti dei palazzi prospicienti la piazza e i luoghi limitrofi.
[2] Fino alla Seconda Guerra Mondiale esisteva ad Alessandria il Viale Regina Margherita. Poi due tratti della stessa strada ha avuto due diverse denominazioni: Corso Felice Cavallotti e Corso Virginia Marini. La vecchia Via Felice Cavallotti, come dicevo, è diventata poi Via San Lorenzo.
[3] Con il termine vasca gli alessandrini, soprattutto i più giovani, hanno sempre fatto riferimento a Corso Roma, non tanto per definire il luogo ma piuttosto per indicare la via del passeggio con annessi la passeggiata ed il relativo cazzeggio. Si trovano testimonianze di questo termine e con lo stesso significato solo a partire dal 1960. Si usava nelle espressioni “andare in vasca” e “fare una vasca”.
[4] Oltre a Sandro Locardi occorre ricordare il poeta dialettale Andrea Canestri che, nei confronti dei baracconi e della Fiera di San Giorgio, aveva composto più di una lirica.