Gita domenicale da Alessandria verso Novi sulla strada di Spinetta.

Sulla piana di Marengo. “…Si scrivevano per sognare. Si cercavano perché il mondo là fuori era vasto ed incerto, coi suoi spazi vuoti e i silenzi. E metteva inquietudine. Si scrivevano con impazienza trepida e rispettosa per avere risposte che arrivavano dopo giorni o mesi. Che talvolta non arrivavano mai…” Strada per Marengo, inverno 1944. Tardo pomeriggio. Il ragazzo ha appoggiato la pesante bicicletta alla balaustra del ponte e continua ad andare su e giù. Cerca di darsi un contegno fingendosi interessato alla Bormida ed ai barconi galleggianti imprigionati dal ghiaccio. Poco prima una folata di vento gli ha fatto volare via il cappello. Non c’è stato più nulla da fare se non quella di rassegnarsi a vederlo dibattersi sempre più velocemente nei mulinelli tra i piloni e poi sparire miseramente nella fredda acqua gelida. Per fortuna in quel momento, nessuno passava ad accrescere la sua vergogna con una bella risata. Un Borsalino nuovo di zecca regalatogli per la promozione come ingresso nel mondo del lavoro e degli adulti. A casa ne sentirà delle belle… Ma ora non ha tempo per pensare a queste cose. Altre preoccupazioni attanagliano il suo animo. Ad esempio: la tardata comparsa sulla scena, di una certa ragazzetta, ”cerchez la femme”, la cui immagine non gli esce più dalla mente: da quando quei due occhi lucenti come ‘kriss’ lo han trafitto a morte. La loro ambasciatrice e proprietaria a quest’ora dovrebbe essere già passata salutandolo con un sorriso ed uno di quegli sguardi che non sai mai se sia di scherno o di invito ad attaccare discorso. Due piccole onde, in cui il nostro giovane è miseramente annegato dal giorno in cui l’ha vista. Come il suo cappello. E’ successo da quando ha incominciato con regolarità a recarsi in città per il nuovo lavoro. Ormai conosce i suoi orari e cerca di essere sempre al momento giusto su quel pezzo di strada che come un colpo di spada dal castello di Marengo, porta ad Alessandria. Uno stradone così lungo quando uno è solo a pedalare la mattina di buon’ora se piove o nevica, oppure sotto il freddo pungiglione della ‘scarnebbia’ che trapassa il giornale sotto il maglione: fin dentro le ossa, che reclamano il tepore delle coltri scaldate dal ‘prete’. E che sono, ahimè, solo un ricordo. Ma ora qualcosa è cambiato. Le persone arrivano all’improvviso nella nostra vita. Alcune per restare a lungo, altre meno. Ma tutte per misurare qualcosa di noi ed aumentare il nostro grado di emozione, tant’è che ci domandiamo spesso dove siano state fino a quel momento e come mai non le avessimo notate prima. Adesso sua madre si stupisce di non doverlo più chiamare al mattino a gran voce: esasperata e costretta a spruzzargli sul viso lo scopino del camino intinto nel secchio. Un sistema che in genere ha il potere di catapultarlo dal letto come un fulmine. Adesso lui non vede l’ora di essere su quel circuito internazionale: lo sguardo rivolto verso quel di Bosco Marengo da dove la vede arrivare tutte le mattine con le sue due amiche, insieme a tanti altri abitanti dei paesi vicini. Una moltitudine umana variegata che pedala di fretta, persa nei propri pensieri ed affari. Quasi di corsa e col patema d’animo perché c’è la guerra. Son tempi bui ed infami. Anche per gli innamorati. Ed ora si sta facendo scuro… Le giornate si sono fatte corte. Fra poco il coprifuoco scatterà e sarà tutto più complicato. Di notte girano pattuglie e squadracce di vari e sfumati colori, che non vanno troppo per il sottile nell’aprire il fuoco su tutto quello che si muove. E non starebbero certo ad ascoltare con indulgenza le imberbi giustificazioni di un giovane innamorato, che non ha testa di schierarsi né coi nibelunghi, né con la perfida Albione. In quest’ultimo lungo anno di guerra i bombardamenti notturni, gli attentati ed i rastrellamenti, son divenuti più frequenti e rabbiosi dopo che il Re se n’è scappato a Brindisi. E poi di notte c’è l’incubo di ‘Pipetto’, il caccia notturno che passando a bassa quota all’improvviso, mitraglia tutto quel che brilla. Meglio la ‘scarnebbia’ o le notti senza luna. Ma oggi è una giornata particolare. Si vedono le Alpi e gli Appennini talmente è limpido. Se non fosse per i cumuli di neve sporca lungo la strada e qualche lembo di fiume ghiacciato, parrebbe primavera. Ad un tratto nel controluce rosso del sole, sceso alle spalle della città infuocata, gli pare di scorgere tre figurette allegre che pedalano con allegria, come se la guerra per loro non esistesse e come se il gorgogliare delle loro risa avesse il potere di cancellare dalla lavagna nera, la cappa soffocante di quel conflitto interminabile. Il giovine cerca di darsi un contegno e si rimette in sella lentamente. Fra un po’ lo raggiungeranno e con una risata smaschereranno tutti i suoi trucchi. Perché le donne in questo sono imbattibili. Ti sanno leggere dentro prima ancora che tu abbia pensato di commettere qualcosa. Se almeno lei fosse sola, potrebbe pensare di affiancarla e di rivolgerle parola... Una volta che lui era sul curvone dei ‘Gelindo’ aveva scorto la sua inconfondibile figura pedalare verso la città. Allora aveva affrettato il ritmo, ma lei aveva abbassato la levetta del cambio sulla ‘volata’ cambiando passo ed andatura: aumentando le distanze in breve tempo. Capendo l’antifona, egli aveva rinunciato, parafrasando la malcelata sufficienza della volpe e dell’uva non appetibile. (‘Non dum matura est’) Per non subire l’ umiliazione di essere distanziato, anzi stracciato da una donna. Ma è giusto spezzare una lancia a suo favore, osservando che non poteva esserci storia contro l’ultimo grido della tecnologia dell’epoca: una superleggera assemblata con tubi ‘Columbus’ e cambio ‘Campagnolo’ a tre rapporti. Mentre la sua bici è un mastodontico cimelio della ‘Grande Guerra’. Un catafalco coi cerchioni di legno che una volta, mentre scendeva giù dalla discesa dei Giovi con suo padre, una domenica di gran levataccia che erano andati alle colonie marine del Fascio a trovare la sorellina più piccola i cerchioni ad un certo punto del ‘ripidone’ avevano incominciato a fumare minacciosamente e si erano dovuti fermare a spegnerli prima con l’acqua della borraccia, poi con quella dei loro corpi. Perché il legno una volta scaldato non lo raffreddi tanto facilmente. Bando alle distrazioni: stanno arrivando!.. Ora dovrà inventarsi una scusa per attaccar bottone ed un’altra migliore, per accompagnarla verso il suo paese se le cose si mettono bene. Ma come se ancora una volta gli leggesse nel pensiero, è lei a rivolgergli la parola evitandogli un’ ennesima entrata maldestra sulla scena. Come poi tornerà a casa molto tardi e senza il cappello, è un problema secondario. Per ora gli basta essere lì a pedalare su quel tratto di strada che attimo dopo attimo, sfila via sotto le ruote delle biciclette animato da vita propria. Come un nastro di carta forata di quei congegni musicali che lo hanno sempre affascinato da bambino nelle fiere. Così quel giorno disfa le sue maglie apposta per lui in un breve assaggio di eternità, affinché incredulo lo possa afferrare.  Il clima di incertezza terrena degli uomini, non lo riguarda. In questo momento tutto è come deve essere. Vent’anni, una strada diritta davanti, ed una ragazza al proprio fianco. *****  Molte volte mentre vado al lavoro, il cellulare squilla. Alla inevitabile domanda circa la mia posizione fisica (GPS), mi accorgo spesso di rispondere di essere sulla Piana di Marengo. O avanti, o indietro. Così mi sono domandato quanto tempo della vita un abitante della Fraschetta spenda, in senso non venale, per tutto questo andirivieni giornaliero (recidivo, se dimentica qualche commissione importante) che lo porta nel corso della sua esistenza a stemperare sull’asfalto tonnellate di caucciù, carburante ed energie. Ho cercato dunque di immaginare come potesse essere questa strada che esiste da quando esistono gli insediamenti palafitticoli divenuti poi una città; verso la quale hanno camminato uomini sparsi in orde barbariche e poi in eserciti regolari. Da quelli rinascimentali, agli austriaci ottocenteschi che facevano rimpiattino con Napoleone ed i briganti. E dopo i fascisti coi tedeschi, i partigiani cogli yankees. La polvere della Storia si è posata su quella strada ignara, per secoli. Finché un giorno siamo arrivati noi: Comici e spaventati guerrieri. Cavie dentro ad una gabbietta con le ruote. Condannati ad un pendolarismo compulsivo che ci lascia spossati sempre nel medesimo punto di un girone dantesco, dove tutto quel che si vede è la macchina che ci precede. Mentre una volta il viaggio era un tuffo nell’umanità, perché su quella banchina di cemento passava il mondo. Bastava sedersi lì ad aspettare. Si incrociavano sguardi, nascevano storie fatte a volte solo di parole. Così diverse dai messaggini che i ragazzi si scambiano sui cellulari, infarciti di frasi così esplicite e condite da adamitiche pose che turberebbero quelle ragazze di un tempo ancora oggi e che farebbero arrossire forse, anche le loro sleali rivali in amore: le ‘cocotte’.  I personaggi della narrazione sono immaginari. Pur facendo riferimenti a persone precise sono una summa di aneddoti, raccolti in tanti anni passati ad ascoltare i racconti dei grandi. Storie ed episodi comici o tragici che mi vengono in mente nei momenti più impensati. La storia dei cerchioni che prendevano fuoco ad esempio, me l’ha raccontata mio nonno quando con suo cugino la domenica mattina partiva alla volta di Genova, alle colonie del fascio a trovare sua figlia, mia madre. E’ una cosa che mi ha sempre fatto una grande impressione pensare come uomini non più giovanissimi per gli standard dell’epoca - erano già oltre i quaranta- potessero nell’unico giorno di riposo che il Signore concedeva loro, dopo i campi ed il cottimo di notte allo zuccherificio, trovare ancora la forza di salire su quelle biciclette che erano esattamente come ho descritto, per andare fino al mare passando dai Giovi attraverso strade polverose. Tant’è che quando arrivavano, mia madre ricorda che dovevano subito ripartire per essere di ritorno prima dell’oscurità per accudire le bestie e tutto il resto. Perché il lavoro della campagna non sta mai fermo. L’idea di raccogliere queste cose in un racconto è nata da una serie di epifanie telefoniche che terminerò di illustrare un’altra sera, perché ora si è fatto tardi e la spiegazione sta diventando lunga quasi più del racconto stesso. Son stato però costretto a ravvivare un poco le cose per i più piccini laggiù in fondo alla greppia, che si stavano addormentando dopo tutto questo gran parlare di Amore. Perchè si sa, loro preferirebbero che si parlasse di pirati, possibilmente feroci e cattivi. Privi di tutte quelle frivole sdolcinatezze, indegne di un vero pirata che si rispetti  .  .( Gita domenicale da Alessandria verso Novi sulla strada di Spinetta. ) .
Sulla piana di Marengo.<br />“…Si scrivevano per sognare. Si cercavano perché il mondo là fuori era vasto ed incerto, coi suoi spazi vuoti e i silenzi. E metteva inquietudine. Si scrivevano con impazienza trepida e rispettosa per avere risposte che arrivavano dopo giorni o mesi. Che talvolta non arrivavano mai…”
Strada per Marengo, inverno 1944. Tardo pomeriggio.
Il ragazzo ha appoggiato la pesante bicicletta alla balaustra del ponte e continua ad andare su e giù. Cerca di darsi un contegno fingendosi interessato alla Bormida ed ai barconi galleggianti imprigionati dal ghiaccio. Poco prima una folata di vento gli ha fatto volare via il cappello. Non c’è stato più nulla da fare se non quella di rassegnarsi a vederlo dibattersi sempre più velocemente nei mulinelli tra i piloni e poi sparire miseramente nella fredda acqua gelida. Per fortuna in quel momento, nessuno passava ad accrescere la sua vergogna con una bella risata. Un Borsalino nuovo di zecca regalatogli per la promozione come ingresso nel mondo del lavoro e degli adulti. A casa ne sentirà delle belle… Ma ora non ha tempo per pensare a queste cose. Altre preoccupazioni attanagliano il suo animo. Ad esempio: la tardata comparsa sulla scena, di una certa ragazzetta, ”cerchez la femme”, la cui immagine non gli esce più dalla mente: da quando quei due occhi lucenti come ‘kriss’ lo han trafitto a morte. La loro ambasciatrice e proprietaria a quest’ora dovrebbe essere già passata salutandolo con un sorriso ed uno di quegli sguardi che non sai mai se sia di scherno o di invito ad attaccare discorso. Due piccole onde, in cui il nostro giovane è miseramente annegato dal giorno in cui l’ha vista. Come il suo cappello. E’ successo da quando ha incominciato con regolarità a recarsi in città per il nuovo lavoro. Ormai conosce i suoi orari e cerca di essere sempre al momento giusto su quel pezzo di strada che come un colpo di spada dal castello di Marengo, porta ad Alessandria. Uno stradone così lungo quando uno è solo a pedalare la mattina di buon’ora se piove o nevica, oppure sotto il freddo pungiglione della ‘scarnebbia’ che trapassa il giornale sotto il maglione: fin dentro le ossa, che reclamano il tepore delle coltri scaldate dal ‘prete’. E che sono, ahimè, solo un ricordo. Ma ora qualcosa è cambiato. Le persone arrivano all’improvviso nella nostra vita. Alcune per restare a lungo, altre meno. Ma tutte per misurare qualcosa di noi ed aumentare il nostro grado di emozione, tant’è che ci domandiamo spesso dove siano state fino a quel momento e come mai non le avessimo notate prima. Adesso sua madre si stupisce di non doverlo più chiamare al mattino a gran voce: esasperata e costretta a spruzzargli sul viso lo scopino del camino intinto nel secchio. Un sistema che in genere ha il potere di catapultarlo dal letto come un fulmine. Adesso lui non vede l’ora di essere su quel circuito internazionale: lo sguardo rivolto verso quel di Bosco Marengo da dove la vede arrivare tutte le mattine con le sue due amiche, insieme a tanti altri abitanti dei paesi vicini. Una moltitudine umana variegata che pedala di fretta, persa nei propri pensieri ed affari. Quasi di corsa e col patema d’animo perché c’è la guerra. Son tempi bui ed infami. Anche per gli innamorati. Ed ora si sta facendo scuro… Le giornate si sono fatte corte. Fra poco il coprifuoco scatterà e sarà tutto più complicato. Di notte girano pattuglie e squadracce di vari e sfumati colori, che non vanno troppo per il sottile nell’aprire il fuoco su tutto quello che si muove. E non starebbero certo ad ascoltare con indulgenza le imberbi giustificazioni di un giovane innamorato, che non ha testa di schierarsi né coi nibelunghi, né con la perfida Albione. In quest’ultimo lungo anno di guerra i bombardamenti notturni, gli attentati ed i rastrellamenti, son divenuti più frequenti e rabbiosi dopo che il Re se n’è scappato a Brindisi. E poi di notte c’è l’incubo di ‘Pipetto’, il caccia notturno che passando a bassa quota all’improvviso, mitraglia tutto quel che brilla. Meglio la ‘scarnebbia’ o le notti senza luna. Ma oggi è una giornata particolare. Si vedono le Alpi e gli Appennini talmente è limpido. Se non fosse per i cumuli di neve sporca lungo la strada e qualche lembo di fiume ghiacciato, parrebbe primavera.
Ad un tratto nel controluce rosso del sole, sceso alle spalle della città infuocata, gli pare di scorgere tre figurette allegre che pedalano con allegria, come se la guerra per loro non esistesse e come se il gorgogliare delle loro risa avesse il potere di cancellare dalla lavagna nera, la cappa soffocante di quel conflitto interminabile. Il giovine cerca di darsi un contegno e si rimette in sella lentamente. Fra un po’ lo raggiungeranno e con una risata smaschereranno tutti i suoi trucchi. Perché le donne in questo sono imbattibili. Ti sanno leggere dentro prima ancora che tu abbia pensato di commettere qualcosa. Se almeno lei fosse sola, potrebbe pensare di affiancarla e di rivolgerle parola… Una volta che lui era sul curvone dei ‘Gelindo’ aveva scorto la sua inconfondibile figura pedalare verso la città. Allora aveva affrettato il ritmo, ma lei aveva abbassato la levetta del cambio sulla ‘volata’ cambiando passo ed andatura: aumentando le distanze in breve tempo. Capendo l’antifona, egli aveva rinunciato, parafrasando la malcelata sufficienza della volpe e dell’uva non appetibile. (‘Non dum matura est’) Per non subire l’ umiliazione di essere distanziato, anzi stracciato da una donna. Ma è giusto spezzare una lancia a suo favore, osservando che non poteva esserci storia contro l’ultimo grido della tecnologia dell’epoca: una superleggera assemblata con tubi ‘Columbus’ e cambio ‘Campagnolo’ a tre rapporti. Mentre la sua bici è un mastodontico cimelio della ‘Grande Guerra’. Un catafalco coi cerchioni di legno che una volta, mentre scendeva giù dalla discesa dei Giovi con suo padre, una domenica di gran levataccia che erano andati alle colonie marine del Fascio a trovare la sorellina più piccola i cerchioni ad un certo punto del ‘ripidone’ avevano incominciato a fumare minacciosamente e si erano dovuti fermare a spegnerli prima con l’acqua della borraccia, poi con quella dei loro corpi. Perché il legno una volta scaldato non lo raffreddi tanto facilmente.
Bando alle distrazioni: stanno arrivando!.. Ora dovrà inventarsi una scusa per attaccar bottone ed un’altra migliore, per accompagnarla verso il suo paese se le cose si mettono bene. Ma come se ancora una volta gli leggesse nel pensiero, è lei a rivolgergli la parola evitandogli un’ ennesima entrata maldestra sulla scena. Come poi tornerà a casa molto tardi e senza il cappello, è un problema secondario. Per ora gli basta essere lì a pedalare su quel tratto di strada che attimo dopo attimo, sfila via sotto le ruote delle biciclette animato da vita propria. Come un nastro di carta forata di quei congegni musicali che lo hanno sempre affascinato da bambino nelle fiere. Così quel giorno disfa le sue maglie apposta per lui in un breve assaggio di eternità, affinché incredulo lo possa afferrare.
Il clima di incertezza terrena degli uomini, non lo riguarda. In questo momento tutto è come deve essere. Vent’anni, una strada diritta davanti, ed una ragazza al proprio fianco.
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Molte volte mentre vado al lavoro, il cellulare squilla. Alla inevitabile domanda circa la mia posizione fisica (GPS), mi accorgo spesso di rispondere di essere sulla Piana di Marengo. O avanti, o indietro. Così mi sono domandato quanto tempo della vita un abitante della Fraschetta spenda, in senso non venale, per tutto questo andirivieni giornaliero (recidivo, se dimentica qualche commissione importante) che lo porta nel corso della sua esistenza a stemperare sull’asfalto tonnellate di caucciù, carburante ed energie. Ho cercato dunque di immaginare come potesse essere questa strada che esiste da quando esistono gli insediamenti palafitticoli divenuti poi una città; verso la quale hanno camminato uomini sparsi in orde barbariche e poi in eserciti regolari. Da quelli rinascimentali, agli austriaci ottocenteschi che facevano rimpiattino con Napoleone ed i briganti. E dopo i fascisti coi tedeschi, i partigiani cogli yankees. La polvere della Storia si è posata su quella strada ignara, per secoli. Finché un giorno siamo arrivati noi: Comici e spaventati guerrieri. Cavie dentro ad una gabbietta con le ruote. Condannati ad un pendolarismo compulsivo che ci lascia spossati sempre nel medesimo punto di un girone dantesco, dove tutto quel che si vede è la macchina che ci precede. Mentre una volta il viaggio era un tuffo nell’umanità, perché su quella banchina di cemento passava il mondo. Bastava sedersi lì ad aspettare. Si incrociavano sguardi, nascevano storie fatte a volte solo di parole. Così diverse dai messaggini che i ragazzi si scambiano sui cellulari, infarciti di frasi così esplicite e condite da adamitiche pose che turberebbero quelle ragazze di un tempo ancora oggi e che farebbero arrossire forse, anche le loro sleali rivali in amore: le ‘cocotte’.
I personaggi della narrazione sono immaginari. Pur facendo riferimenti a persone precise sono una summa di aneddoti, raccolti in tanti anni passati ad ascoltare i racconti dei grandi. Storie ed episodi comici o tragici che mi vengono in mente nei momenti più impensati. La storia dei cerchioni che prendevano fuoco ad esempio, me l’ha raccontata mio nonno quando con suo cugino la domenica mattina partiva alla volta di Genova, alle colonie del fascio a trovare sua figlia, mia madre. E’ una cosa che mi ha sempre fatto una grande impressione pensare come uomini non più giovanissimi per gli standard dell’epoca – erano già oltre i quaranta- potessero nell’unico giorno di riposo che il Signore concedeva loro, dopo i campi ed il cottimo di notte allo zuccherificio, trovare ancora la forza di salire su quelle biciclette che erano esattamente come ho descritto, per andare fino al mare passando dai Giovi attraverso strade polverose. Tant’è che quando arrivavano, mia madre ricorda che dovevano subito ripartire per essere di ritorno prima dell’oscurità per accudire le bestie e tutto il resto. Perché il lavoro della campagna non sta mai fermo. L’idea di raccogliere queste cose in un racconto è nata da una serie di epifanie telefoniche che terminerò di illustrare un’altra sera, perché ora si è fatto tardi e la spiegazione sta diventando lunga quasi più del racconto stesso. Son stato però costretto a ravvivare un poco le cose per i più piccini laggiù in fondo alla greppia, che si stavano addormentando dopo tutto questo gran parlare di Amore. Perchè si sa, loro preferirebbero che si parlasse di pirati, possibilmente feroci e cattivi. Privi di tutte quelle frivole sdolcinatezze, indegne di un vero pirata che si rispetti
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.( Gita domenicale da Alessandria verso Novi sulla strada di Spinetta. ) .