I giocatori dell’Alessandria calcio: Franco (Ciccio) Marescalco

MARESCALCO (2)MARESCALCO (4)Marescalco ha appena segnato e si appresta a correre sotto la Curva NordCICCIO MARESCALCO (2) CICCIO MARESCALCO (3) Ciccio MarescalcoIL BOMBER CICCIO MARESCALCOFRANCO (CICCIO) MARESCALCO

I Fantastici 4 - Marescalco, Camolese, Scarrone, Manueli.
I Fantastici 4 – Marescalco, Camolese, Scarrone, Manueli.

 Sono rari i casi di giocatori che riescono a lasciare un segno indelebile in una stagione. Spesso ci vuole più di qualche anno per rimanere nel cuore di una città e dei propri tifosi. Il metro di valutazione diventa il tempo vissuto con le persone del posto che imparano ad apprezzare anche l’uomo oltre che il professionista.

A meno che non ti chiami Franco Marescalco e fai innamorare il popolo alessandrino con le tue prodezze. E’ bastata una stagione, una sola per divenire “Ciccio gol” e rimanere negli annali del club piemontese.

Ad Alessandria il nome di Ciccio Marescalco fa sobbalzare chi ha il grigio dentro di sé. Correva la stagione 1984/85 e nella città che ha dato il là alla carriera di un grande campione come Gianni Rivera, arriva questa punta ambidestra. Campionato di C2. Tempi diversi, ma il pallone aveva sempre lo stesso fascino maledetto. Arrivato per segnare: per questo è stato ingaggiato. I numeri dicevano che era adatto. D’altronde un tempo agli attaccanti non era richiesto altro: solo far gol e portare gioia per i tifosi e punti per la squadra. Adesso devono fare di tutto e nei ritagli di tempo anche buttarla dentro.

Ciccio inizia a segnare e ogni volta che lo fa, cerca quei ragazzi che assiepano la Curva Nord. Si crea un feeling particolare con loro. Lui parla dal campo a suon di marcature. Ogni volta lo sguardo finisce verso di loro. Come una madre che cerca il figlio in mezzo alla folla e lo trova sempre. Si crea un’alchimia particolare tra Ciccio gol e la curva dove ribolle il cuore passionale della tifoseria dell’Alessandria. Alla fine diventa un amore condito da 19 reti.

Ormai Ciccio ha lasciato il calcio e l’ha fatto per obbligo non per altri motivi. Proprietario di una cartolibreria, vive ormai a Città Sant’Angelo in provincia di Pescara. Però la voglia di farsi la sua sgambatina ancora non l’ha persa. Calciatori si nasce e non lo si dimentica mai: quasi come iniziare a camminare da bambini. Il Dna è quello e da lì non si scappa. E con le vecchie glorie del Pescara quel manto erboso ancora lo fa tornare ragazzino. Il calcio come divertimento, un tempo come professione.

Ciccio, parliamo subito del piatto forte: Alessandria.

“Ancora oggi quando mi capita di vedere qualche video su internet di quella stagione, mi emoziono e un groppo in gola vuoi non vuoi si forma. Stiamo parlando di quasi trent’anni fa. Tu pensa che il gol di Tardelli al mondiale di Spagna 1982 mi fa quasi piangere, quindi tu pensa quando mi rivedo con quella casacca addosso cosa provo”.

Un amore viscerale in meno di una stagione.

“Fu qualcosa di molto bello. Mi hanno voluto bene perchè facevo ciò che a loro piaceva: gol. Quando un giocatore si comporta bene e rispetta l’ambiente che gli ruota intorno, non può non lasciare un bel ricordo e conservarlo a suo modo dentro di sé”.

La tua carriera da come ci raccontavi inizia da giovanissimo.

“Vero! Avevo sedici anni e giocavo nel Rapallo Ruantes nel 1969/70, squadra ligure nel campionato di C1. Erano anni ruggenti: ero giovanissimo e la voglia di giocare non mi mancava mai. Avrei giocato anche di notte. Ricordo che l’allenatore si chiamava Lamanna, era brasiliano e mi disse: guarda che domenica giochi tu. Io non ci credevo. Giocavo ancora con gli Allievi – neanche con la Juniores – ma con la squadra più piccola. Avevo segnato qualcosa come 40 reti la stagione precedente”.

Ricordi l’esordio?

“Contro Giancarlo Antognoni. Lui è classe 1954 come me. Giocava nella squadra dell’Asti e la partita finì 2-4 per loro. Segnammo entrambi una doppietta, ma la mia valse a poco. E da lì ha avuto inizio la mia carriera da giocatore”.

Nella tua carriera da bomber di razza hai segnato sempre tanto, ma vorremmo che tu ti descriva per far comprendere alle giovani generazioni che attaccante eri.

“Non ero molto alto: 1,74 ma sapevo battermi bene con i difensori di un tempo. Perchè quelli erano assassini mica giocatori!”.

Ti riferisci alle marcature?

“Certo! Accidenti: certi colpi prendevo. E lì dovevi essere bravo non solo tecnicamente. Se ci sai fare con il pallone hai già un vantaggio rispetto al difensore, ma se non sai abituarti a certi “trattamenti” devi cambiare mestiere. Oggi è tutto più facile. Il gioco a zona favorisce l’attaccante ed io quando Sacchi arrivò a rivoluzionare la mentalità italiana, trovai giovamento da questo cambio di modo di giocare. Ero a fine carriera e sparai i miei ultimi colpi. La zona è un tipo di gioco intelligente perchè se sai muoverti negli spazi – un po come faceva Inzaghi – fai caterve di gol”.

Con Ciccio si parla di tutto e in particolare di come sia cambiato realmente il ruolo dell’attaccante. Non esistono più gli attaccanti di una volta.

“Sono d’accordo con te. Un tempo dovevi fare di tutto: dal difensore all’attaccante, mentre oggi i movimenti sono ormai quasi sempre uguali. Anche la punta come la intendo io – come me per capirci – non esiste più. Tu prendi ad esempio l’Under 21. Gabbiadini, Insigne, Immobile non sono prime punte. C’è solo Mattia Destro che è realmente un attaccante. Ma poi un altro ruolo che si è perso completamente ormai è il trequartista. Giocatori come Zidane, Maradona, Platini o lo stesso Antognoni. Questi erano giocatori che ti portavano in porta o ti accendevano la partita con una giocata. Oggi invece l’attaccante deve fare movimenti per le mezze punte o per gli inserimenti di centrocampisti e difensori”.

Non si salta più l’uomo ormai.

“Assolutamente no! Bruttissima come cosa. La magia del calcio è anche un dribbling con il difensore che va a farfalle. Non si punta più il centrale difensivo, ma si va direttamente in porta eludendo il fuorigioco. Uno come Inzaghi ci ha costruito una carriera su questo aspetto”.

Torniamo a parlare di Alessandria. Dicono in molti che tu hai fatto il gol del secolo in maglia grigia: contro il Venezia.

“Lo so lo so. Ma credo che il gol più bello l’ho fatto alla Pro Patria. Su una punzione la palla arriva a Marchini che a palombella (oggi si chiamerebbe a cucchiaio) me la da in profondità. Io la controllo di sinistro e con il destro la piazzo sul palo del portiere. Quello si – ancora oggi – mi sembra il gol più bello cha io ho fatto in carriera”.

Ma ad Alessandria torni ogni tanto?

“Quando posso, sempre molto volentieri. La scorsa stagione in occasione del centenario dei grigi ero lì ed è sempre un emozione importante essere lì”.

Cosa senti ad entrare sul manto erboso del “Moccagatta”?

“Bella sensazione. Poi c’è un aneddoto che voglio raccontarti. Quando si doveva entrare in campo, ero solito entrare dalla parte sinistra e non destra. E quando mettevo piede sul campo mi facevo otto croci sulla gamba sinistra”.

www.youtube.com/watch?v=wL2IX5xtFys (video dei gol di Ciccio Marescalco con la maglia dell’Alessandria)