FUMARE NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE. O NO? Written by Cichinisio

FUMARE NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE. O NO?

Written by Cichinisio

tifo1

26/01/2016

Dall’Olimpico di Torino – Martedì, Torino, poco dopo le sette di sera, fumo una sigaretta sul marciapiede fuori dello stadio Olimpico prima di affrontare il calvario delle code alle biglietterie e agli accessi per assistere ad Alessandria – Milan, andata di semifinale Timcup. Guardo affascinato il brulicare di mandrogni che conosci di vista, magari non sai il loro nome, dove abitano, cosa fanno nella vita ma è indiscutibilmente gente della mia gente, che vive nel mio territorio, respira l’aria che respiro, mangia gli stessi cibi che mangio io, si veste nei negozi che conosco, legge i giornali che leggo pure io e ama i luoghi dove vive come li amo io. Ma senza dirlo, senza farsene accorgere perché sono mandrogni come me: disincantati, un po’ cinici, irriverenti. Poi le sirene delle Volanti della Polizia coi loro lampeggianti blu mi arrivano alle spalle. Mi volto e vedo sopraggiungere il primo bus granturismo che porta i tifosi grigi allo stadio: è bianco, lussuoso con un carico di umano entusiasmo, porta ragazze e ragazzi che salutano, che ammiccano sorridenti: “Ci sono anch’io stasera, come potevo mancare”? Ma quel mostro bianco è solo la testa del drago, lungo chilometri, carrozzato di vetri fumé e lamiere scintillanti, animale post atomico che porta migliaia di alessandrini che vogliono la stessa cosa: stringersi fra loro e stringersi intorno ai ragazzi di Gregucci. Le difficoltà sul lavoro, i piccoli litigi familiari, i problemi di alcuni e la fatica di vivere di altri, il dissesto e la tua città che non è come la vorresti, a volte neppure la vita è quella che avevi sognato, ma in quel viaggio ovattato di un giorno qualunque, in quei cento chilometri che separano il Ponte Meier dallo stadio sabaudo tutto è più lontano. Quasi che i problemi condivisi con quelli come te per un po’ rimangono fuori dal pullman, dallo stadio, dalla tua anima. Sono  mandrogni come te e li riconosci al volo, sono tanti, più di quelli che pensavi e quando parlano dicono cose che già conosci, citano luoghi familiari usando la cadenza che riconosceresti fra mille. Ho tentato di spiegare cosa sia, almeno per me, il senso d’appartenenza e, se non è questo, ci va molto vicino. Lì, solo, a fumare su un marciapiede, mi è bastato vedere quel corteo di pullman carichi della stessa gioia per capire quanto sono, quanto siamo fortunati a sentirci, magari solo tre volte nella nostra vita, parte di una comunità che sente, che si nutre e che vive le stesse emozioni. Poi lo stadio, la partita, il ritorno su quell’autostrada percorsa mille volte ma stavolta occupata da tre serpentoni di auto che tornano a casa: tutto bello, tutto bene, tutto organizzato. Ma se la partita mi ha riempito il cuore i ventimila mandrogni arrivati a Torino invece il cuore me lo hanno spezzato per la gioia. Grazie, grazie agli alessandrini, e grazie a tutti quelli che hanno reso possibile un evento come questo.

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