Francesco Faà di Bruno, lo scienziato che a Torino costruì la torre dell’orologio per evitare che i lavoratori venissero ingannati sull’orario
Francesco Faà di Bruno era un personaggio eclettico: nobile, soldato, matematico. Ha provato a sanare le ingiustizie della sua epoca, l’Ottocento
Tra i tanti tesori nascosti che Torino custodisce c’è la poco conosciuta casa museo Francesco Faà di Bruno, residenza di un personaggio eclettico: nobile, soldato, matematico, astronomo, architetto, ingegnere, musicista, professore universitario, teologo e religioso. Faà di Bruno ha dedicato gran parte del suo impegno alle donne in difficoltà. Non è certamente semplice riassumere in poche righe una vita tanto complessa e ricca di avvenimenti. Un uomo che sembra essersi tuffato nella storia dell’Ottocento, cogliendone il grande spirito di innovazione e provando a sanare le ingiustizie della sua epoca. «L’istruirmi e l’essere utile altrui sono i cardini della mia felicità», a questa massima il nostro protagonista rimarrà fedele per tutta la vita.
Ultimo di dodici figli di una famigli aristocratica, Francesco nasce ad Alessandria il 29 marzo 1825. Fin dalla più tenera età dimostra la sua passione per lo studio della scienza e per la musica. Su consiglio di una zia materna decide di iscriversi all’Accademia militare di Torino, frequentata in quegli anni dai rampolli di corte. Non particolarmente portato per le arti militari si distingue nelle materie scientifiche come la fisica, la matematica e la topografia. Uomo di fede, approfitta delle pause dallo studio per frequentare l’oratorio fondato da don Bosco di cui diviene amico. Il 23 marzo del 1848 arriva la chiamata alle armi, Carlo Alberto dichiara la guerra all’Austria e Francesco parte per il fronte. In battaglia conosce Vittorio Emanuele II che, terminata la guerra, non si sarebbe dimenticato di quel suo ufficiale tanto colto. Il re chiede a Francesco di diventare precettore dei suoi figli. Il giovane accetta con entusiasmo ma, non ritenendo la sua preparazione ancora sufficiente, chiede di andare a Parigi per perfezionare i suoi studi.
Alla Sorbona conosce le menti più brillanti dell’epoca e ottiene il dottorato in Matematica e in Astronomia. Ma non è solo l’università a segnare il suo futuro. A Parigi conosce la Società di San Vincenzo, fondata da Federico Ozanam, che si occupa dei diseredati della città e da quelle attività sarà ispirato. Rientrato a Torino il promesso incarico da precettore non gli viene confermato. Libero da quell’impegno ufficiale decide di dedicarsi a tempo pieno alle sue due grandi passioni: lo studio e l’aiuto ai più bisognosi. A Torino, come a Parigi, ci sono in quegli anni delle grandi sacche di povertà. Francesco pensa in modo particolare alle donne. Il Borgo San Donato era conosciuto come il «Borgo dei Dannati», per l’estrema povertà della sua popolazione.
È lì che Francesco decide di acquistare una proprietà, nei pressi del Canale Valentino, per farne la sede della sua Opera di Santa Zita. Inaugurata il 2 febbraio 1859 l’istituzione caritatevole era destinata alle giovani diseredate che provenivano dalla campagna o dai ceti più umili cittadini. Il suo intento era: «preparare le future domestiche ai loro compiti specifici, collocarle presso buone famiglie, assisterle moralmente e religiosamente, accoglierle nei periodi di eventuale disoccupazione e durante la vecchiaia». Le ragazze imparano e sono impegnate in vari mestieri. Nel 1863 Faà di Bruno, approfittando della presenza del vicino torrente, progetta e inaugura una grande lavanderia, una fabbrica modello «corredata d’ogni comodità per lavare ad ogni stagione senza inconvenienti». Vengono impiegate stabilmente sessanta ragazze che utilizzano macchinari per lavare e asciugare, inventati dallo stesso Faà di Bruno. Il nostro protagonista era infatti un uomo di grande ingegno.
Scrive numerose pubblicazioni di matematica, fonda una tipografia, un emporio cattolico e si inventa un’innovativa «Biblioteca Mutua circolante». Anche grazie alla nuova rete ferroviaria Faà di Bruno spedisce, agli abbonati che ne fanno richiesta, volumi in tutta la Penisola. Inventa uno scrittoio per non vedenti. La sua opera architettonica più importante è però sicuramente il campanile, costruito accanto alla chiesa, che lui stesso progetta. Una costruzione, di 75 metri di altezza con una base quadrata di 5 metri, che sfida le leggi della fisica. Trentadue colonne di ghisa, archi e mattoni che reggono otto campane e un orologio. Nel campanile, oggi visitabile, Francesco attrezza anche un piccolo osservatorio astronomico. Quell’opera aveva pure un valore sociale perché il suo inventore voleva evitare che le lavoratrici e i lavoratori venissero ingannati sull’orario di lavoro.
Francesco Faà di Bruno è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988. Tra i volontari del museo c’è il pronipote Alessandro Faà di Bruno che ricorda: «I miei antenati erano molto stupiti del fatto che Francesco dedicasse la sua vita agli ultimi. Il mio prozio, oltre a essere stato un uomo di fede, è stato uno scienziato e un militare, un abbinamento molto raro da trovare. Grande matematico, la sua particolarità per quell’epoca è stata quella di saper abbinare la scienza e la fede. Ma, accompagnando le visite, mi sembra di capire che sia più conosciuto all’estero». Nemo profeta in patria.