La Fontanella dei Giardini [Un tuffo nel passato]
di Tony Frisina.
Molte volte – per non dire quasi sempre – le cartoline suggeriscono fatti o eventi che ci legano ai luoghi rappresentati.
Analizzando quelle più antiche si può studiare l’Alessandria che – purtroppo – non abbiamo potuto conoscere ed è interessante poter effettuare raffronti con la città di oggi.
Devo ammettere che dalla comparazione delle immagini del passato con il presente – anche a non voler essere nostalgici del nostro passato – la città di oggi ne esce tristemente sconfitta sotto ogni profilo.
Un secolo e più è trascorso da quando le tabaccherie e le cartolerie incominciavano a commissionare le cartoline ai fotografi, alle tipografie e alle case editrici specializzate; questo nuovo mezzo postale permetteva di mantenere in contatto ognuno con il resto del mondo.
In questi cent’anni moltissime cose sono cambiate nella nostra città come in (quasi) tutte quelle d’Italia e forse del mondo.
Alessandria si è evoluta ma purtroppo ha anche subìto due guerre. La Prima Guerra disastrosa per aver preteso un tributo enorme in termini di vite umane; la Seconda Guerra, oltre a rapire la vita a tanti giovani alessandrini, è stata nefasta anche per la città e per i suoi abitanti. Terribili bombardamenti hanno devastato strade, fabbriche, palazzi e moltissime sono state le vittime innocenti di questa stupida barbarie.
Un’alluvione tremenda, molto dopo, ha ghermito diverse persone ed inoltre è stata causa di parecchie (troppe) trasformazioni nel tessuto urbano.
Infine non dobbiamo dimenticare i palazzinari che nel corso degli anni ’50 e ’60 (ma anche prima e dopo questo periodo) si sono arricchiti a scapito della maggioranza dei cittadini e della città stessa.
Ma non è questo il tema della chiacchierata di oggi e quindi sospendo subito per entrare nell’argomento della puntata.
Le cartoline relativamente recenti – mi riferisco proprio a quelle risalenti agli anni ’50 e ’60 – sono fonti inesauribili di ricordi che mi legano a fatti ed episodi capitati proprio nei luoghi raffigurati dalle immagini.
Una cartolina dei giardini pubblici, stampata verso la fine degli anni ’50 mi ricorda un fatto molto personale.
La storia si svolge intorno all’anno 1960.
Era una bellissima sera d’estate, una di quelle sere in cui si avverte ancora la calura della giornata e non basta il buio delle ore notturne per far abbassare a livelli accettabili la colonnina del termometro.
Con grande gioia, proprio in quella passeggiata notturna con mamma e papà, ai giardini pubblici incontravo un mio compagno della prima classe elementare appena terminata, Guglielmino Bovone.
Era a passeggio con la mamma e subito dopo l’incontro lui ed io ci siamo messi a giocare scorrazzando per i vialetti che a quei tempi erano di terra battuta. Non ricordo più per quale ragione avessimo incominciato a cercare le pigne delle conifere.
Ad un certo punto, accanto alla fontanella circolare, quella che fino a qualche anno fa si trovava a poca distanza dal Monumento ai Caduti, (anche questa stupidamente eliminata dall’amministrazione comunale) si è presentata al mio cervello un’idea balzana: far fare un bagno al mio amico nell’acqua bassa di quella vasca.
Devo confessare che sin da piccolo non ho mai avuto un carattere turbolento o vivace e mai sono stato dispettoso o irriverente con adulti e con bambini, specialmente con i miei amici e compagni di scuola. Anzi, ero piuttosto schivo, timido e un poco riservato (l’esatto contrario di quel che sento di essere nei tempi attuali).
Con la scusa di mostrargli una inesistente pigna l’avevo attirato vicino al cordolo circolare che racchiudeva l’acqua zampillante da un tubicino posto intorno ad un vecchio albero che proprio dal centro di quella vasca si ergeva.
Fu un attimo… una bella spinta e zac! Guglielmino finiva a mollo…
L’acqua era profonda appena una spanna, ma il mio amico si era rialzato completamente fradicio; non è difficile immaginare come fosse grondante.
Ricordo con tanto affetto quel mio caro amico a cui, a parte lo scherzo, ho voluto veramente un mondo di bene. Si era risollevato dalla vasca senza astio, senza rancore o turbamento, come se la cosa non fosse successa a lui (e nemmeno ad altri).
Dopo aver giocato ancora un poco tornammo nel vialetto dove, discorrendo amabilmente, sua mamma ed i miei genitori ci aspettavano.
Ricordo che la genitrice di Guglielmino, mettendogli una mano sulla testa avesse esclamato: Madòna, Guglielmino… t’ei tücc südà!!!
Lui, ancora somigliante ad un pulcino appena nato, aveva ascoltato la constatazione materna, che voleva essere anche un rimbrotto, senza batter ciglio e senza dare alcuna risposta.
Ricordo che tutte le volte che nel corso della vita l’ho incontrato, qualunque fosse l’argomento della chiacchierata, mi sembrava di osservare sul suo volto uno sguardo triste. Non sono mai riuscito a spiegarmene la ragione.
Dalle pagine de Il Piccolo dell’ultimo venerdì di Luglio ho appreso la triste notizia che Guglielmino se n’è andato. Questa volta è stato lui a farci un pessimo scherzo… Ci ha lasciati silenziosamente.
A Guglielmino, caro compagno delle elementari, a quel bambino dagli occhi tristi, voglio dedicare questa pagina, con tutto l’affetto che ho sempre nutrito per lui.