Dialët Lissandrén – Dizionario Alessandrino – Italiano

Dialët Lissandrén

Dizionario Alessandrino – Italiano

in collaborazione con @Redazione Blogal

 

A

A, a, prima lettera dell’alfabeto. Come prepos. nel dat. (a Carü ), nei compl. di stato e moto a luogo (a Milòn ), di tempo (a trei bot ) ecc. Così pure in espressioni idiomatiche (a balunsà, a priassà = a sassate; a bon patt =economico; a bòta = economico; a brass =a braccio, improvvisato; a brùs = rasente, molto presso; a bùcci fermi = a fatto compiuto; a campòn-ni duppi =a tutta lena; [mangè] a crèpa pònssa = mangiare a crepa pancia) . Si premette poi alla prima persona del verbo, sia singolare che plurale (mei a parl; noi a parluma ).

abandunè (v. tr.). abbandonare. Anche rifl. abandunèss = abbandonarsi

abasta – abastònsa. abbastanza, sufficientemente, quanto basta. # a n’ho a basta : ne ho abbastanza.

abazù – abazùr.(s. f. [dal franc. abat-jour]). paralume.

abcde. (anche come s. ind.). abc (le prime lettere dell’alfabeto), e per est. abbecedario, primo libro di lettura # u sa gnònca lési ant l’abecedé : [è tanto ignorante che] non sa neppure leggere l’alfabeto.

abelinà cfr. ambelinà

abeté (agg.). stupido, sciocco, ebete (anche beté).

abituà. (v. tr.) abituare. Anche rifl. abituèss, abituarsi

absògn. (s. m.) bisogno, necessità. # a jò d’absògn = ho bisogno

abunamént. (s.m.) abbonamento, pagamento globale anticipato e ridotto di un servizio impartito nel tempo. # abunamént d’l’autobus, du trenu, d’la television, del balòn (per il campionato di calcio)

abundònt. (agg.). abbondante, in grande quantità. # in piatt’ bundont d’amnèstra = un piatto abbondante di minestra

aburdè (v. tr.) abbordare, affrontare, provocare lo scontro fisico o verbale. # a l’ho’ burdà e a j’ho dicc cul cui andava = l’ho abbordato e gli ho detto ciò che gli spettava.

acmensè (v. tr. e intr.). incominciare, dare inizio. # l’acménsa adèss = inizia adesso.

acséi (avv.). così, in tal maniera. S’usa dire ‘csei ‘csei per significare così così, mediocremente. # e ‘csei, t’ei andacc a stè véja = e così, sei andato ad abitare altrove; l’è ‘ndacia acséi = è andata così.

acsidassè (avv.). molto, assai. # un ha acsidassè = ne ha molto.

acssàn [dal franc.accent]. accento, pronuncia. * Fig. modo di parlare. # l’è u sò acsàn = è il suo vocabolario.

acumpagnatùr (s. m.). accompagnatore

ad (prep.). equivale all’italiano di in tutte le accezioni. # in mügg ad foji = un mucchio di foglie. Spesso in aferesi ‘d; così in certe espressioni idiom.. che riportiamo di seguito:


 

d ji’Ort. del quartiere Orti.

d ra bàsa, dell’Italia meridionale.

d rar (anche drar), di rado.

‘d rif o ‘d raf, di riffe o di raffe, in qualunque modo, a qualunque costo.

‘d sbiaz – ‘d sbiez, a sghembo, a sghimbescio, obliquamente.

‘d travèrs, di traverso, obliquamente.

[nov] ‘d trenca, nuovo affatto (di trinca).

‘d vis, d’avviso; [éssi ‘d vis], avere opinione.


 

adàcc (agg. anche in funz. di part. pass.). accorto. # am nà son adàcc = me ne sono accorto

adanà cfr. danà

adazi (avv.). adagio, piano.

adèss (avv.). adesso, ora.

adiü (escl.[dal franc. adieu]). addio ; espressione di saluto, di rammarico, di rimpianto.

admòn (avv.). domani, nel giorno immediatamente seguente al presente . # admòn a mezdì = domani a mezzogiorno; admòn da sira = domani sera.

adré (adréra) (avv. e prep.). dietro.

adritüra (avv.). addirittura

aeruplòn (s. m.). aeroplano, aereo.

afè (s. m.). affare # a l’è ün brütt afè = è un brutto affare; prupon-ni in afè = proporre un affare.

afé (s. f.). fiele, cistifellea.

afruntè (v. tr.). affrontare # a l’ho ‘fruntà d’ brütt = l’ho affrontato a muso duro, decisamente.

agremòn (s. m.[dal franc.agrement ]). riguardo. # a j’o facc in agremòn = gli ho usato un riguardo, l’ho favorito.

agügia (s. f.). ago, asticciuola d’acciaio appuntita da un lato e fornita dall’altro di un foro attraverso il quale si fa passare il filo per cucire. # passmi la gügia = passami l’ago.

agügià (s. f.). gugliata, quantità di filo che s’infila nella cruna dell’ago per cucire. # am son dacc un’agügià = mi son punto con l’ago, mi son fatto un rammendo.

agügiòn (s. m.). spillo, pezzo di filo metallico che ha una punta a un’estremità, e una capocchia dall’altra; serve ad appuntare velo, fazzoletto od altro, specialmente nell’abbigliamento donnesco. *Spillome, ago da lana

agùst (s. m.). agosto, ottavo mese dell’anno.

aimön (agg.). tenero. * aimön ‘mé la seida = morbido come la seta

àj (s. m.). aglio, agrume dell’orto, con ingrossamento presso la radice, come la cipolla, il quale chiamasi capo, composto non di spoglia ma di spicchi distinti, coperti ciascuno da un invoglio liscio e duro, e tutti da un invoglio fogliaceo. Capo d’aglio , spicchio d’aglio, fronda d’aglio (testa d’àj, spì d’àj).

ajassòn (s. m.). callo, tumoretto coriaceo che apparisce ai piedi per continuata pressione. Anche ogg pulén (occhio pollino).

ajò (s. m.). ramarro, specie di lucerta, la cui parte superiore è verde, e l’inferiore gialla.

aliàm (s. m.). letame, paglia infracidita sotto le bestie e mescolata col loro sterco.

aliamèra (s. f.) dove si accumula il letame, letamaio.

almön (agg.). tedesco. Anche tudësc – tëdësc.

alön (inter. [dal franc. allons]). animo, fatevi coraggio.

alògg (s.m.) alloggio, appartamento.

alséja (s. f.). bucato, imbiancatura di panni lini, fatta con cenere ed acqua bollente messavi sopra.

alvà, alvaja (part. pass. di alvè). alzato(a) # a l’è alvaja sù = si è alzata. *allevato(a) # a l’ho alvaja mei = l’ho allevata io.

alvè (v. tr.). allevare. *sollevare.

alvén (s. m.). lupino, seme amarissimo della pianta leguminosa omonima.

am (pron. pers. di 1^ per., caso dat.). mi # tei t’am piazi = mi piaci.

amàndula (s. f.). mandorla; frutto del mandorlo, cioè il seme di esso.

amàr (agg.). amaro . # a l’è amar ‘me u tossic = è amaro come il fiele.

amb- amp- anc- sono il corrispettivo dell’italiano imb- inc- come componenti di voci verbali o di aggettivi. Spesso il signif. di questi è ricavabile dall’it. con la semplice sostit. del prefisso (amb-astì = imb-astire). Per questa ragione li abbiamo omessi tutti, salvo quelli che hanno significato diverso pur se forma assonante tra l’it. e il dial. Questi ultimi sono invece registrati secondo normale ordine alfabetico.

ambalinà (agg.) impallinato * Fig. éssi ambalinà= essere convinto e non disponibile al confronto.

ambalsmà (v. tr.). imbalsamare. * Usato sopratt. il p. pass ambalsmà, col sign. -Fig.- di tonto, stranito, poco accorto.

ambarchè1 (v. tr.). imbarcare. * Molto usato il rifl. ambarchèss =imbarcarsi, salire su una nave. Ma anche intraprendere una difficile impresa. A volte ambarchèss Fig. = andare in barca, andare a catafascio. # u s’è ‘mbarcà = è caduto rovinosamente.

ambarchè2 (v. tr.). accatastare, fare una pila (soprattutto di mattoni, legna ecc.)

ambariàg (agg.). ubriaco, chi per aver bevuto troppo va vacillando ed ha la mente offuscata. Anche ciuc.

ambarlifè (v. tr.). imbrattare, sporcare. # finì ‘d mangè l’era tüt ambarlüfà = dopo il pasto era tutto sporco.

ambasmà – ambalsmà (agg. [da un improb. part. pass.]). addormentato, rincretinito.

ambàsta (s. f.). sessitura, ritreppio. E’ una ripiegatura orizzontale della sottana, che si cuce nel vestito specialmente delle ragazze che sono in sul crescere e così pure in altre robe, come tende o simili che si vogliono accorciare senza tagliarle. Cucitura lunga usata dal sarto per unire i lembi in modo provvisorio.

ambastì (v. tr.). imbastire. Cucire con punti lunghi per tenere unite, in modo provvisorio, le varie parti di un abito. *Fig. Si dice di chi abbia i muscoli intorpiditi.

ambàtsi (v. rifl.). imbattersi.

ambavachè (v. tr.) cfr. ambavusè

ambavusè (v, tr.). scombavare, imbrattar di bava.

ambecil (agg.). imbecille, debole di mente, stupido. Anche imbecil.

ambelinà (part. pass., ma sempre usato come agg.). stupido, sciocco.

ambibì (part. pass., ma sempre usato come agg.). inzuppato. * Figuratamente, fortemente persuaso di un’opinione, portato per una cosa. Si dice anche di persona boriosa, piena di sè . # a l’è bel e ‘mbibì = è borioso

ambissurè (v. tr.). imbussolare; mettere nel bossolo, nell’urna.

ambranà (part. pass., ma sempre usato come agg.[forse dal gergo mil.]). Tonto, impacciato, che non è in grado di districarsi da sè.

ambròi (s. m.). imbroglio, disordine, confusione di cose. # is afari l’è ammà ün ambròi = quella cosa è solo un impiccio.

ambruchè (v. tr.). inchiodare. * Imberciare, dar nel segno; in questo caso si dice: un n’ambroca nent jeün-na = non ne indovina una.

ambrujà (part. pass. usato come agg.). impacciato, che non sa come operare, come muoversi.

ambrujè (v. tr.). Imbrogliare. * Confondere.

ambrujòn (agg. e s.). imbroglione, intrigante.

ambrunì (v. intr.). imbrunire, annottare. # ant l’ambrunÏ = sul far della sera, sull’annottare

ambrüschìss (v. rifl.). imbruschirsi, diventar acido. * Si usa anche per divenir freddo, parlandosi di tempo, di aria. # U temp u s’è ambrüschì = l’aria si è fatta fredda.

ambuchè (v. tr.). imboccare, imbeccare. * imbucare. # ambuchè ‘n maravi = imboccare un malato * ambuchè ‘na lëtra = imbucare una lettera.

ambuchì (part. pass. usato come agg.). bocconi, con la pancia verso terra

ambulunè (v. tr.). imbullonare.

ambunì (v. tr.). attirare con lo sfoggio di un’eloquenza ciarlatanesca. # u l’ha ambunì e u s’è cunvint = gli ha presentato la cosa in modo tale che siè convinto.

amburè (v. tr.). ingolfare.

amburgnì (v. tr.). accecare, privar della vista. # u sù ant’i ogg u l’ha ‘mburgnì = il sole negli occhi l’ha accecato.

ambuscà (part. pass. sostant. [dal gergo mil.]). Imboscato, sottrattosi al servizio di leva. In senso gen. significa sottrattosi ai propri obblighi.

ambusur>turtaró

ambuzmà>anfargià

amé (s. m.). miele, sostanza dolcissima liquida che le api depongono nelle cellette dei loro favi. # dùss ‘me l’amé = dolce come il miele.

amìtt (s. m. eccl.) amitto, è un panno di lino con due lunghi nastri, che il Sacerdote ponesi sugli omeri e che si lega davanti quando si veste per dir la Messa.

amiz (agg e s.). amico, animato da amicizia. # l’è ‘n mé amiz = è un amico mio.

ammaginè (v. tr.). immaginare.

ammagnanè (v. tr. [rifer. al magnòn, il caderaio, e alla sua proverbiale sporcizia]. sporcare, soprattutto di morchia o di fuliggine. # t’éi tüt ammagnanà = sei tutto sozzo.

ammagunè (v. tr.; ma quasi sempre il p. pass ammagunà). rattristato, dispiaciuto. Anche dei bambini che fanno il broncio e stanno per piangere.

ammurbè (v.tr.) ammorbare, diffondere cattivo odore. * che immòrb! = che odore!

amnè (v. tr. [dal franc. mener]. condurre, menare, guidare. # amnè ra pulénta = mescolarla mentre cuoce (ma anche Fig. condurre le trattative come si vuole); u t’ha dàcc in còn da ‘mnè = ti ha affibbiato un onere inutile (lett. un cane da menare a spasso, ma con senso di inutilità dell’operazione).

amnì (v. intr.irr. [cfr. decl. a parte]). venire. # l’è amnì a cà tardi = è rincasato tardi. * Non pare debba esser considerato voce di amnì il ven = costa. L’espress. quònt ch’el vén? = quanto costa? è prob. retaggio del lat. quanti venit?.

amnestròn (s. m.). minestrone, minestra di pasta o riso con molte verdure. * Fig. si dice anche di cose diverse messe insieme.

amp- > amb-

ampèss (avv.). (da) molto tempo. # a l’è ‘mpèss ch’ a t’ho vist = è molto tempo che non ti vedo.

ampgnè (v. tr.). Impegnare, portare in pegno. # a j’ho ‘mpgnà i lanssò al Mont ‘d Pietà = ho impegnato le lenzuola al Monte di Pietà * Rifl. ampgnèss = impegnarsi # u s’è ‘mpgnà e ui l’ha facia = si è impegnato e c’è riuscito.

ampinì (v. tr.). riempire.

ampigià (agg.) pidocchioso

amplisè (v. tr.). impiallicciare, operazione dei falegnami.

ampréndi (v. tr. [dal franc. apprendre]). imparare.

ampruvìz (agg.). improvviso.

ampusìbil – ampusìbu (agg.). impossibile, inattuabile.

ampuvrè (v. tr.). impolverare, cosparsgere di polvere. Ovvio il rifl. ampuvrèss.

amrón-amlón (s. m.). melone, mellone, popone; frutto cucurbitaceo ovale, talora rotondo, a scorza sovente ronchiosa, per lo più solcata a spicchi accennati solamente nella parte esteriore di essa, con polpa per lo più giallo-rossigna sodetta, fragrante, dolcissima. Mangiasi crudo.

amssé (s. m. [dal franc. messieur]). avo, avolo, nonno, padre del padre o della madre. * suocero, il padre della moglie o del marito.

amssón (s.m.) periodo della mietitura

amssonè – amssunè (v. intr.). spigolare, racccogliere le spighe lasciate addietro dai mietitori.

amssurià (s. f.) forbiciata, taglio fatto con le forbici.

amssüria (s.f.) falce per tagliare il grano.

amssüriòt (s.m.) falcetto per tagliare l’erba.

àmora – àmura. (s. f.). fiasco, ampolla. * Accr.amuròn = fiascone.

amùr (s. m.). amore, sentimento di affetto vivo, profondo, per qualcuno o per qualcosa.

amusò (s. m.). amo, strumento di acciaio, uncinato per piglier pesci.

an1 (prep.). in # an cà = in casa; an Dom = in Duomo; ma anche an brassëtta = a braccetto; an scòssa = in grembo. * Se è seguito da un articolo o da un pron. pers. si cangia in ant. # ant u stomi = nello stomaco; ant ra vita = nella vita; ant mei = in me.

an2 (pref. negativo [forse equivalente il franc ne). non . # an vig antseun = non vedo alcuno; an pòss pü = non posso più.

anän (avv.). avanti. # va ‘nän = va avanti, cammina.

anarculòn (avv.) a ritroso, dicesi di chi in vettura siede colla schiena verso i cavalli.

anc- > amb-

änca – ancaséi (avv.). pure, anche. # porta ancaséi tò fiò= porta anche tuo figlio.

ancagnèss (v. rifl.). innamoratrsi violentemente, con forte attrattiva anche sessuale.

ancagninèss (v. rifl.). accanirsi, come cane arrabbiato.

ancalèssi (v. rifl.). osare, aver ardire. # am son nenta ancalà a parlè = non mi sono permesso di parlare.

ancaminè (v. tr.). avviare.

ancantà (evidente p. pass. ma usato come agg.). rimbambito, imbranato, come situaz. permanente o anche solo temporanea.

ancarnè [ar castagni] (espr. idiom.). castrare le castagne.

ancarpiunè (v. tr.). mettere in carpione, sotto aceto, # pëss an carpion = pesci in carpione; cutlëtti an carpion = bistecche in carpione.

ancartè. (v.tr.). incartare, avvolgere. * Trasl. = battere per vendetta, malignità o simili.

ancastrè (v. tr.). connettere una cosa all’altra saldamente, cacciare dentro. * Fig. precludere qualsiasi via di scampo.

ancasè (v.tr)). incassare. Il p. pass. ancasè vale incassato o incazzato, a seconda del contesto in cui tale denominazione viene usata. # a son propi ancasà = sono proprio arrabbiato, incazzato; a j’ho ancasà ‘na… = ho incassato una…

ancaséi (avv.). anche.

ancasèss (v. rifl.). arrabbiarsi, incazzarsi. Per il p. pass > ancasè.

ancatramà (part. pass. usato come agg.). coperto con il catrame. * si dice anche di persona alticcia, ubriaca.

ancatramè (v. tr.). coprire con catrame, asfaltare. # ancatramè ‘na strà = asfaltare una strada.

anciavè (part. pass. usato come agg.). sotto chiave.

anciüua-anciùa (s. f.). acciuga, piccolo pesce di mare, che fresco si mangia fritto; salato col capo spiccato mandasi in barili, a mangiarsi per lo più, crudo o per condimento.

anciuchè (v. tr.). ubriacare.

anciudè (v. tr.). inchiodare.

anciuè (s. m.). acciugaio, venditore di acciughe.

anciurgnè (v: tr.). assordare facendo gran fracasso.

ancò (avv.[dal lat. hic hodie]). oggi, in questo giorno. # d’ancò a dmön = da un giorno all’altro.

ancrënna (s. f.). tacca, segno fatto nel legno con coltello. * incrinatura.

ancruzià -ancruziè (v. tr.). incrociare, mettere una cosa sull’altra a forma di croce.

ancùra (avv.). ancora. # a na vot ancùra? = ne vuoi ancora?

andaròri (s. f. pl.). dande. Due striscie di panno, di gallone o d’altro, fermate una per parte dietro a ciascuna spalla, al gonnellino del bambino, ovvero a una larga fascia che ne cinge la vita. Colle dande lo si va sorreggendo per avvezzarlo a reggersi da sè e camminare.

andè (v. intr.). andare. # andè a Mëssa = andare a Messa. * Fig. in molte espressioni: andè ant i tuten = non riuscire più a dominare la situazione, essere sopraffatto dagli avvenimenti; andè d’malàsim = andar su doglia, quasi di malanimo. Dicesi del camminare a stento e con dolore per istrettezza delle calzamenta. Così pure per calli, per unghie incarnate o per altro malore che altri abbia ai piedi. Andèss a fè lvè ‘d part = dicesi del recarsi le donne alla Chiesa, la prima volta dopo il parto, per ricevervi la benedizione del sacerdote.

andéira (s. f.). andatura, modo di camminare.

andò – andònda (avv. di stato e di moto [dallo spagn.donde]). dove, in qual luogo. # andò ca suma? = dove siamo?

andré – andréra. (avv.). indietro. # lasè ‘ndréra = tralasciare, dimenticare; va ‘ndré1 = va indietro!

andrumentè (v. tr. e rifl. andrumentèss). addormentare, addormentarsi. # u s’è ‘ndrumentà ‘me ‘na masnà = si è addormentato come un bambino.

andusì (v. tr.). addolcire, imbonire, render dolce.

ané (s. m.). anello, cerchietto di metallo o d’altro che si porta in dito per ornamento. # ané ‘d brilònt = anello di brillanti.

anfanghèsi (v. rifl.). inzaccherarsi, impillaccherarsi. Imbrattarsi di zàcchere, di pillacchere di fango. # am son anfangà da cap a pé = mi sono infangato da capo a piedi.

anfargèssi (v. rifl.). Infreddarsi, scarmanare, prendere, per freddo patito, alcun catarro di testa, per lo più con tosse

anfargià (agg.) raffreddato

anfargiù-anfergiù (s. m.). infreddatura, scarmana, male di chi siasi infreddato. # am son pià u l’anfargiù = mi sono preso il raffreddore. *> scarman-na.

anfatuà (p. pass. usato come agg.) infatuato, per lo più nella costr. essi anfatuà d’jeun = amarlo assai, trovar tutto bello ciò che fa.

anfeitè (v. tr.). conciare, ridurre le pelli e le cuoia ad uso di vesti.

anflinè (v. tr.). dare una lezione, punire, umiliare.

anfuarè (v. tr.). arrovemtare, infiammare. * Anche Fig. #éssi anfuarà = essere infiammato per un’idea.

anfularmè (v. tr.). infervorare, eccitare.

anfùtsi (v. rifl.). non curarsi, non darsi fastidio di nulla.

angambarèssi (v. rifl.). incespicare, inciampare, incontrar cosa che impedisce al piede il cammino.

angancè (v. tr.). agganciare, anche in modo figurato. # u s’è lassà ‘ngancé = si è lasciato convincere.

angavgnè (v. tr.). aggrovigliare, sia realmente che figurativamente. #Testa angavgnàja = uomo dalle idee aggrovigliate.

angermà (agg.) tonto

angrusì (v. tr. e intr.). ingrossare.

angüria (s. f.). cocòmero, frutto esteriormente simile alla zucca, rotondo, a buccia verde e liscia, semi neri o rossicci, polpa rossa, solla, acquosissima, sdolcinata.

angurd (agg.) ingordo

angùssa (s. f.). angoscia. * Fig. fretta, precipitazione.

aniè (v. intr.). annegare.

animëtta (s. f.). palla: è un quadrato di tela lino ben insaldata, che serve a coprire il calice nel tempo della Messa allorquando non s’usa la paténa.

anlardè (v. tr.). ungere, sporcare. (anche Fig.).

anlùra (avv.). allora.

ànma (s. f.). anima, spirito vitale. * parte interiore del bottone, di certi frutti ecc.

anmà – ammà – ammàchi (avv.). solo, solamente. # el custa ammà sent liri = costa solo cento lire.

anmürè (v. tr.). murare, chiudere con muro una porta ecc.

anmantlèssi (v. rifl.). intabarrarsi, ammantellarsi, coprirsi di mantello.

ann (s. m.; plur. ani). anno, spazio di dodici mesi. A volte anche il singolare -soprattutto quando usato con i numer., prende la forma ani

annamurà(p, pass. usato come agg. e sost.). innamorato.

ànnia (s. f.). anitra, uccello acquatico. Dimin. anniòt, anitrino, anitroccolo

anrè (agg.) vitigno nerello.

anròt (s. m.). agnellotto(i), cibo fatto di pasta ripiena di carne tritata, mista con altri ingredienti, che si cuoce in brodo per farne minestra. Piatto tipicamente piemontese, ora è consumato preferibilmente asciutto, condito con sugo di stufato.

ans (prep.). su. #ans ra tòula = sulla tavola; ans u süùff = sulla fronte. * Fig. ans ar quattr’agùgi = attillatamente.

ansavunè (v. tr.). insaponare, lavare con il sapone. Si dice anche dell’elogiare in modo esagerato.

ansén (s.m.) uncino.

ansèma (avv.). insieme. # anduma veja ansËma = andiamo via insieme.

ansighè (v. tr.). aizzare, istigare.

ansrì1 (v. tr.). inserire. * Nell’acc. dei potatori: innestare.

ansrì2 (agg.). rauco, che ha voce bassa, aspra. *Parlandosi di pianta vale innestato.

ansüma (avv. e come prep. ansüma a). su, sopra.

ansupìss (v. rifl). assopirsi; * il p. pass, usato come agg. ansupì= assopito, leggermente addormentato.

ansustè (v. tr.[da un’ ipot. di trattar con le suste?]). picchiare violentemente.

ant (prep.) in *>an

antajèsni (v. rifl.). accorgersene, avvedersene, venire al conoscimento di una cosa.

antarduà (agg.). ottuso, poco agile mentalmente.

anteressà (agg.). interessato. * Fig. éssi anteresà = essere parco nello spendere.

antivist (agg.). cauto. # stè antivist = star all’erta.

antònt (avv.). intanto.

antusiè (v. tr.). Attossicare, avvelenare, intossicare.

äntra -òntra (s. f.). imposta. Legname connesso in piano, e che, girevole sui cardini, chiude l’apertura di porta, uscio o finestra. Dicesi a due bande se è divisa in due parti, separatamente ingangherata nei due stipiti.

antracùla – an cùla (avv.). in quel mentre

antrè (v. intr.). entrare.

antré (agg.). intiero, che non manca di nessuna parte. *Fig. sciocco, goffo, ignorante.

antrighè (v. tr.). intrigare, metter nei pasticci.

antrüchè (v. intr.). urtare, dar dentro di forza, inciampare.

anuìss . (agg.). aguzzo, se la punta fu fatta dall’arte; acuto, se essa è naturale come nelle spine. # andè ans l’anuìss = avventurarsi in difficili elucubrazioni.

anvéci (avv.). invece.

anvelenà (agg.) avvelenato # l’è bèl e anvenà = è arrabbiatissimo.

anvèr (prep.). verso, in quella direzione. # andè ‘nvèr a cà = andar verso casa.

anversè (v. tr.). rovesciare. Voltar sottossopra, far cadere a rovescio.

anvèrta – anvèrtia (s. f.) rimboccatura.

anvertià (v. tr.). rimboccare; è quell’arrovesciare il lenzuolo sopra le coperte del letto nel prepararlo; e nonchè di lenzuolo, dicesi anche di altri panni, di maniche di camicie, o di vestito, o altra cosa simile. # anvertièss ar mannji = rimboccarsi le maniche.

anvidè1 (v. tr.). avvitare.

anvidè2 (v. tr.). invitare.

anvisch (agg.). acceso

anvischè (v. tr.). accendere. # anvischè ‘r fò = accendere il fuoco.

anvùd (s. m.). nipote, figlio del fratello o della sorella.

anvudèssi (v. rifl.). votarsi, dedicarsi, promettere con voto.

anzégn (s. m.). ordigno, strumento qualsiasi meccanico per varie operazioni. *Fig. opera artificiosamente fatta

anzën (pron. e agg. indef.). nessuno . # u jè ‘mnì anzën = non è venuto nessuno.

apartamént (s. m.). appartamento, alloggio.

apolët (s. f.). spalline, ornamento che portano sulle spalle i militari.

aparenssa (s. f.) apparenza.

après [a] (prep.; avv. più propr. d’après [è il franc. après]). appresso, vicino. # vén après a me = vieni con me.

apsì (part. pass. usato come agg.). aggranchiato. # avei i dì apsì = Non poter far pepe, non potere per freddo riunire le punte delle cinque dita della mano.

aptìt (s.m.) appetito, desiderio di cibo.

aqua (s. f.). acqua. # aqua còuda = acqua calda; aqua gazaia = acqua gassata.

aquaròn (s. m.). acquazzone, pioggia veemente di poca durata.

ar (art.). il; le. Nel dialetto alessandrino tien luogo di un doppio articolo determinativo, cioè di il singolare, e si prepone ai nomi maschili comincianti per b, c (duro), f, g (duro), m, p q v, e si dice perciò: ar medich = il medico, ar gat = il gatto. Esso tiene pure il luogo di le plurale e si prepone ai nomi femminili comincianti per qualsiasi consonante, e si dice perciò: ar dòni = le donne, ar caròtuli = le carote. Se però questi cominciano per vocale, fra l’articolo e il nome si frappone un j’ e perciò si dice: ar j’anmi = le anime, ar j’erbi = le pure alla terza persona maschile singolare dei verbi comincianti per le sopraindicate otto consonanti; perciò si dice: lù ar parla = egli parla; lù ar creja = egli grida.erbe. Ar si premette

àra (s. f.). ala, parte del corpo degli uccelli, cui serve per volare. * Fig. àra dar capè: tesa.

arabìch [testa d’]. (espr. idiom.). capocchio, testardo, bizzarro, balordo.

arbanèla (s. f.) cfr. àmora.

àrbi (s. m.). tinozza, bigoncia.

arbiòn (s. m. di solito plur.). piselli, legumi verdicci, globosi, a pianta scadente e a viticci.

arborénti – arburénti (s. m. pl. [contr. di erbe olenti ]). prezzemolo, pianta, le cui foglie aromatiche servono per dar odore e sapore alle vivande.

arburèla (s.f.) arborella, piccolo pesce d’acqua dolce.

arcacè ra bala ‘r vul (espr. idiom.). Dare un calcio al volo alla palla

arcarcòüra (anche quatacòr) (s. m.). pesarolo, incubo. Denominazioni equivalenti quando sono adoperate per esprimere certa affannosa oppressione che talora nel sonno si sente al petto da chi dorme supino come se fosse gravato da un gran peso.

arcausè (v. tr.). rincalzare, mettere attorno a erbe, a pianticelle, della terra od altro per fortificarne la vegetazione.

arciciòcch cfr. articiòcch

arciüss (s.m.) puzzo, cattivo odore di biancheria sporca.

arcòva (s. f.). alcova, voce proveniente dall’arabo, usitatissima in tutta l’Italia, per dire quella separazione fatta in un lato di una stanza, con tramezzo di muro, o di tavole, con ampio arco, da potersi velare con tenda per tenervi il letto appartato.

ardì(v.tr.) ardire, osare # stè ardì = stare pronto, vigile.

ardrisè (v. tr.). dar sesto, mettere in ordine, assestare. Si trova pure dè ardriss, dè partì a la cà.

ardùbia (s. f.). rimboccatura, l’atto del rimboccare, e la cosa stessa rimboccata.

ardubbiè (v. tr.). raddoppiare; aumentare del doppio.

arèsca (s. f.). lisca, spina del pesce.

arfacia (s. f.). rifacimento, giunta. # dè l’arfacia = dar la giunta.

arfiaiè (v. intr.). rifiatare, tirare il fiato.

arfilè (v. tr.). rifilare.

arfüdè (v. tr.). rifiutare, non accettare.

arfulè (v.tr.) ammaccare

argnàss (s. m.). nanerottolo, cazzatello.

argnüfè (v. tr. e intr.). storcere il naso. A volte tr. con acc. dell’ogg. int. # l’argnüfa u nàz = arriccia il naso.

argòi (s. m.). presunzione, opinione di valere di più che non si vale; fiducia smodata di potere più che non si può, arroganza.

arià (s. f.). retata.

ariàda (s. f.). risata. # u s’è facc ‘nariada = si è fatto una risata.

ariànna [du lecc] (s. f.). vicolo del letto, dicesi in alcuni luoghi d’Italia quell’anditino, o spazio stretto, che è tra la sponda del letto e il non lontano muro della camera, oppure tra letto e letto, quando ve ne sono due o più, gli uni accanto agli altri, come negli ospedali.

ariond (agg.). rotondo. * Fig. u s’è facc ariond = si è rempito le tasche o la pancia.

ariondèla (s. f.). malva, erba nota.

ariòn-na (s.f.) varco, piccolo passaggio precario.

arionzè (v. tr.). ritondare, dar forma rotonda.

arléja (s. f.). idea superstiziosa.

arlogè – arlugè (s. m.). orologiaio, chi vende ed aggiusta orologi.

arlòri (s. m.). orologio, ordigno di varie sorta, a sole, a ruote, a pendolo, che misura ed indica le ore: se da tasca, dicesi più propriamento oriuolo, e nel dialetto mùstra.

arlùcchia (s. f.). reliquia, qualunque parte avanzi di un santo dopo la sua morte

armàri (s. m.). armadio; guardaroba.

arméli (s. f. pl.). semi o granelli, parte del vegetale che contiene in sù gli elementi di altro vegetale simile a quello che li produsse.

arménta (s. f.). spazzatura, ciò che si toglie via dal pavimento nello spazzarlo.

armentaròra-amentaròla (s. f.). cassetta da spazzatura, recipiente quadrangolare di legno, latta, a tre sole sponde basse, verticali, le due opposte, triangolari, quella di mezzo, quadrangolare, e a questa è fermato verticalmente un lungo manico verticale di legno. Con la granata vi si fa entrar la spazzatura di una o più stanze, per trasportarla altrove.

armognà – armugnà (s. m.). albicocca, frutto or naturalizzato in Europa, a nocciòlo, di colore e sapore poco dissimile dalla pésca, ma di minore grossezza, e la cui buccia non è mai tormentosa, come in alcune pésche.

armói (s.m.) ammollo

armüscc (s. m.). miscuglio; pasticcio.

armüs’cè -armüs’cè (v. tr.). mescolare, rimestare, mettere insieme confusamente. # armus’cè ar carti = scozzare le carte.

arnéis (s. m.). arnese. * Fig. cfr. aruabi.

arnuvè (v. tr.). rinnovare. # arnuvè la vestimenta = inaugurare l’abito nuovo.

aròst (s. m.). arrosto. # tonta füm e poc aròst = tanto fumo e poco arrosto.

arpatén (s. m.). rigattiere.

arpatèra (s. f.). rigattiera, donna che compra e rivende roba usata.

arpulì (v.tr.) ripulire

arruitèssi (v. rifl.). avvoltolarsi, avvolgersi, dimenarsi come fa il maiale nel brago.

arsanèss (v. rifl.). risanarsi, ricuperare la sanità.

arsentìssi (v. rifl.). risentirsi, offendersi *sentir dolore a qualche tendine per isforzo fatto. # ant u sforss am son arsentì = nello sforzo ho sentito dolore.

arsién (s. m.) segatore, colui che esercita il mestiere di segar toppi di alberi per ridurli in panconi, assi piane, correnti e altri legnami da lavoro.

arsión (s.f.) sega usata a quattro mani

arsiüm (s. m.). segatura, quei tritoli che si staccano dal legname nel segarlo.

arsòrt (s. m. [dal franc. ressort]). molla.

arsurè (v. tr.). risuolare, rimetter nuova suola alle scarpe o stivali. # arsurè ‘r scarpi = risuolare le scarpe.

artaj [botega d’] (s. m. pl.). bottega di pizzicagnolo, dove si vande pane, farina, fagiuoli ecc.

articiòcch – arciciòcch (s. m. [dal franc. artichaut ]).carciofo, pianta della famiglia della cardiacee, il cui fiore si mangia sì cotto, come crudo.

artréta [di soldà]. (s. f.). ritirata [dei soldati].

artrusè – artrussà(v. tr.). acconciare, parlando di pollo o altro simile volatile; oltre che vale collettivamente sbuzzarlo, pelarlo ecc. significa più specialmente quel ripiegargli il collo, restringergli le membra, sì che non sembri in atto di volare. * Fig. éssi mal artrusà = essere male in arnese, mal vestito.

aruàbi (s. m.). marmocchio, ragazzino, soldo di cacio.

asgagési (v. tr.). affrettarsi. # asgagti ch a jò presia =sbrigati che ho premura.

arvëdsi (form. avverb [dal verbo]). arrivederci. * Fig. vale per introdurre un ironico paragone (pari all’it. figurarsi o simili): # ‘s l’è brüta ista, arvëdsi cula! = se è brutta questa figurati quella!

arvendaròra (s. f.). trecca, rivendùgliola, fruttaròla, rivenditrice di ortaggi, frutta.

arvéndi (v. tr.). rivendere, vender di nuovo.

arzentè (v. tr.). risciacquare; rigovernare, parlandosi di stoviglie

arzóra (s.f.) quartiere, rione della città, sito.

asicürasiòn (s. f.). assicurazione. # avéi l’asicürasiòn ans ra vita = avere l’assicurazione sulla vita.

asidént. (s. m.). accidente. # c’ut amniss ‘n asidént = ti venisse un accidente.

asió (s. m.). zarlo, ruzzo, gran voglia di scherzare.

asistént (agg., ma anche sostantivato). assistente.

asnéi – aznéi (s. m.). acino; ciascuno dei granelli d’uva di figura globosa e ovale, l’unione dei quali sul raspo forma il grappolo; nell’acino si trovano i vinacciuoli, che sono i semi della vite. Gli acini, quando s’è tolto il vino, diconsi vinacce.

asnén- aznén (s. m. dim.). asinello, piccolo asino.

asàl1 (s. m.). assale, quella grossa spranga di ferro, o anche di legno, trasversale, nelle cui lisce estremità come in un asse girano le due ruote di una vettura qualunque.

asàl2 (s. m.). acciaio ferro temprato.

asëtta (s. f.dimin.). assicella.

assëtta (s. f.). piccola matassa. # assëtta ‘d seida = matassina di seta.

astéla. (s. f.) pezzo di legna da ardere, lungo ma non rotondo, parte del fusto di pianta spaccata.

asu-azu (s. m.). asino. (anche fig.) # ‘t bati ‘n asu u dventa ‘n mü = Batti un asino diventa un mulo, a significare che nessuna punizione può cambiare il carattere.

atfora (avv.). di fuori, all’esterno. # a vag atfora = vado fuori.

àter (agg. ; femm. atra). altro

atùr (avv. e – nella formula atùr a- prep.). attorno # girè atùr al prublema = non risolvere il problema.

auiss > anuiss.

aulipè (v.tr.) avvolgere, involgere

ausinè-auzinè (v.tr.) avvicinare

auturità (s. f.). autorità, chi è investito di poteri direttivi.

auréi (v tr. serv.). volere, desiderare. # aurei fèsla ben = voler passarsela bene.

ausén-auzén (agg e avv.). vicino.

ausinè-auzinè (v. tr.). avvicinare.

autumòbil (s. f.). automobile.

avari > starcè (agg). avaro.

avéi (v. tr. e ausil.). avere. # avéi d’absogn = abbisognare. * Fig. avéi el fén ans la casén-na = avere una sistemazione economica di tutto rispetto. Aver accumulato i propri risparmi; avei ‘l mass an mòn = dominare la situazione, essere in vantaggio sull’avversario.

avgiàja (s. f.). vecchiaia.

aviò (s.m.). stimolo, pungolo, ralla, bastone con punta all’un dei capi per pungere i buoi onde farli affrettare.

aviòra (s. f.). viola mammola.

avioré (s. m.). violacciocche, fiore rosso o giallo o screziato bianco.

avìsch > anvìsch.

aviz (s. m.). avviso

avizès (v. rifl). ricordarsi. # avizti = ricordati.

avlü (s. m.). velluto. # braji d’avlü = pantaloni di velluto.

avnì (v. intr.). venire > amnì

avséia (s. f.). vescica, borsa muscolare membranosa, destinata a ricevere l’orina dagli ureteri e ad espellerla quando se ne sente aggravata. E’ pure un gonfiamento di pelle cagionato da scottature. # avseia d’ l’ afé= cistifellea, borsa del fiele.

avstì (s. m.). vestito, vestimenta. # avstì arfàcc = rifatto, che fu ricucito in altra forma, sì che comparisce diverso da quel che era; avstì camulà = intignato, ovvero roso dalle tignole; avstì ch’ar va stiv = vestito giusto alla vita, che cioè non è né largo né stretto, ma combacia bene alla vita; avstì ch’uss taja tütt = che si recide, e dicesi di quello che per lungo uso, o per men buona qualità della stoffa, si rompe nelle pieghe; avstì da strénzi = da strettire, cioé da ricucirsi per renderlo meno largo; avstì da tucc i dì = giornaliero, che si porta tutti i giorni, che è meno buono degli altri che si hanno; avstì früst = logoro, rifinito, e che per lungo uso è ridotto a non potersi più portare; avstì liss (liz)= ragnato, che, cioè, per lunga portatura s’è fatto trasparente in più luoghi; avstì rangià = rassettato, che fu raccomodato; avstì taconà (arciapà- arciapatà) = rattoppato, rappezzato, quello cui furono rimessi i pezzi o la toppa. * Esiste poi avstì come part. pass. # avstì chmé ‘n bumbunén = vestito in modo elegante, paragonabile alla confezione di una caramella.

avstìss (v. rifl.). vestirsi. # avstiss da döll = vestire il bruno, o a bruno, indossare vestimento nero o d’altro colore riputato lugubre, che si porta alcun tempo per onoranza di prossimo parente recentemente morto; avstìss d’ra festa = vestirsi bene, il meglio possibile.

avucat (s. m.). avvocato. # avucat difensur = avvocato difensore; avucat del còuzi pèrsi = colui che difende posizioni o teorie insostenibili, già perse in partenza.

azì (s. m.).aceto, vino diventato agro per effetto di una particolare fermentazione, o spontanea, o procurata ad arte.

B

B, b, seconda lettera dell’alfabeto.

babàciu (s. m.). pagliaccio; burattino. Anche Fig., quindi con sign. di uomo di scarsa credibilità.

babi (s. m.). rospo, animaletto simile alla rana, di color cinerino gialliccio. * babi sëcc = foruncolo. # và a ranè di babi = togliti dai piedi; andè ant el babi = andar nei pasticci, impapocchiarsi.

babiàss (s.m.) grosso rospo. Fig. babbeo.

babisëc (s.m.) foruncolo

babòcc (s. m.). barbone (propriamente can babòcc = can barbone).

babòna [panatéra] (s. f.) – babunòn (s. m.; accr. del prec.). piattola, piattone, insetto grosso come un grillo, nero e schiacciato, vago della farina.

baciuà (s.f.) zampino di maiale conciato in aceto, dorato e fritto.

bagàgi (s. m. [dal franc. bagage]). bagaglio, ciò che si porta appresso un viaggiatore pedestre.

bagasa (s. f.). meretrice, prostituta, donna che vende il suo corpo in cambio di denaro od altro.

bagè. (v. intr.). sbadigliare, è fare quell’azione quasi involontaria, per cui si apre o talora si spalanca la bocca ritirando il fiato profondamente, poi rimandandolo fuori con impeto, non senza accompagnamento di voce inarticolata e anche modulata in stucchevole cantilena, i quali modi i più riguardosi, e che vi pongono un po’ di mente, sanno evitare.

bagna (s. f.). intinto, la parte umida, grasso, burro od olio, nella quale è cotta una vivanda soda; nel che l’intinto differisce dalla salsa. # bagna còuda = intingolo tipico piemontese costituito da un amalgama di olio, acciughe ed aglio.

bagnanàz (s. m.). bevanda frizzante, in modo particolare il bicchiere d’acqua in cui era stata sciolta una porzione di magnesia bisurata effervescente (le cui bollicine -appunto- bagnavano il naso).

bagnëtt (s. m. dimin di bagna). bagnetto, savore, savoretto, denominazione generica di una specie di salsa, sapida appetitosa, che servesi fredda in piattino separato, affinchè ciascuno se ne ponga ad arbitrio sul proprio tondo, per intingervi i bocconi del lesso, dell’arrosto od altro. Così il savore differisce dall’intinto e ambedue dalla salsa. Il savore fassi di varie robe tritate e mescolate, come a dire noci, ovvero prezzemolo, capperi, aglio, acciughe, agro, olio ecc.

bagnùr (s. m.[dal franc. baignoire ]). tinozza, vaso cupo di rame, di latta, di cotto o di marmo, talora anche di legno, in cui è contenuta l’acqua ad uso di bagnarsi. Anche annaffiatoio per fiori.

baiëtt (s. m.). militare, soldato, specialmente recluta. # fè ‘l baiëtt = prestare servizio di leva.

bal (s. m. inv.) ballo. * bal a palchëtt = ballo a palchetto. Nelle sagre di paese costituiva la principale attrazione. Il ballo a palchetto era formato da un impiantito di legno sul quale le coppie si esibivano in danze popolari ed il tetto era costituito da un tendone simile a quello dei circhi equestri.

bala (s. f. [femm. bali]). palla. * Fig. panzana, racconto incredibile o palesemente falso.

balada (s. f.). ballata, componimento lirico di tono popolare collegato con la danza e col canto.

balandròn (s. m.). perditempo.

balè (v. tr. e intr.). ballare, danzare.

balén (s. m.) – balen-na (s. f.) balëta (s. f.; tutti dimin. di bala). pallina, pallino ; nel gioco delle bocce: boccino.

baléngo (agg.) pazzoide, mezzo matto, che fa azioni imprevedibili.

balerén (agg. e s. m. ). ballerino, danzatore.

baliàgi (s. m.). baliatico, la pattuita mercede che si dà alla balia.

baloccèbaluccè (v. intr.). tentennare, non essere ben fermo; parlandosi di denti, dicesi quello smuoversi che essi fanno prima di uscire interamente fuori dal loro alvéolo.

balòn (s. m.). pallone. * Per antonomasia, in Alessandria, il gioco del calcio. #fanatic del balòn = fanatico per il gioco del calcio.

balòns-balònz (s. m.) ciottolo, grosso sasso rotolato dalla corrente dei fiumi. * Sasso da battere: è una pietra, per lo più di serpentina, sopra la quale, tenuta sulle ginocchia, il calzolaio col martello batte le suola per addensarle e rassodarle.

balòss (agg. e s. m. [dal gr. kobalos]. birbone, uomo cattivo.

balosadabalusada (s. f.). birboneria, cattiva azione.

balëta (s. f.). pallottola. # balëta ‘d sucher = zolletta di zucchero. * Fig. Vègg balòta = vecchio barbogio.

balsänna (s. f ). pedana, quella lista di roba meno fine che si cuce intorno alla banda interna e da piede al vestito da donna e alla sottana de’ preti per rinforzo e preservazione da pronto logoramento.

balùrd (agg. e s. m.). balordo, non sano di mente. Nel dialetto alessandrino si intende persona poco seria e capace anche di azioni violente.

balurdòn (s. m.). svenimento, giramento di capo, perdita di controllo. # ut e’l tacà ‘l balurdòn? = sei impazzito?

balusada (s. f.) > balosada.

banchén-na > bònc

banchëtt > bònc

bandò (s.m.[dal franc. bandeau]). cuffia da notte.

banfè (v. intr.). respirare, alitare. *Fig. # an ho gnönca banfà = non ho detto parola.

bara (s.f.) carro a fodo piatto

baracà (p. pass. sempre usato come agg.). indisposto, affetto da leggera indisposizione.

barachén (s. m.). pentolino. # barachén di suldà = gavetta, gamella.

baravàl (s.m.) cappello

barbabúch (s. m.). barba di becco, erba che si mangia cotta.

barbarén (s. m.). mento, parte della faccia situata sotto il labbro inferiore.

barbé (s.m.). barbiere, chi fa mestiere di radere altrui la barba.

barbè (v. tr.). troncare. # barbè’r gheti a jeun = farlo fuori; barbarla ad uno, accorciargliela.

barbìz (s. m.). baffi, basette, mustacchi e mustacci, quella parte della barba che è sopra il labbro superiore.

barbizén (s. m. dim.). baffetti. Anche chi porti baffi, soprattutto se con ostentazione.

barbòtt (agg. e s. m.). balbettante, colui che tartaglia.

barbutè (v. tr. e intr.). brontolare, barbottare.

barca 1 (s. f.). barca.

barca 2 (s. f.). copia, gran quantità. * A volte i due concetti -del lemma presente e del precedente- si fondono in un unico concetto: ‘na barcà (quindi il contenuto di una barca) ‘d ròba.

barchi! (escl.). caspita, capperi e sim.

bardèli (s.f.) bretelle

barèla (s. f.). vassoio, tavola o asse quadrato di pochi palmi di lato, senza sponde, sulla quale il manovale trasporta sul capo la calcina al muratore. Questa maniera di trasporto esige che la calcina sia alquanto soda; altrimenti si porta colla secchia e tenuta sulla spalla.

barët (s. m. dim.). piccolo bar, locale pubblico di piccole dimensioni.

bargé (s. m.[femm. bargéra]). lattivendolo, lattaio, colui che vende latte di mucca o panna.

bargnìf (s. m.). Eufemismo per la personific. del diavolo.

bargnòca (s. f.). bernoccolo, pèsca, quel bernoccolo enfiato talora rosso, talora livido che è effetto di percossa in qualsiasi parte del corpo.

bargnòli (s.m.) bacche di biancospino

barìculi (s. m. pl. [scherzoso]). occhiali. # büt-ti ‘l bariculi = mettiti gli occhiali.

barilòt (s.m.) barilotto, piccola botticella portatile.

barlichè (v. tr.). leccare, lappare; godersi.

barnà (s. f.). cruscata, mescolanza di crusca.

barnàssbernass (s. m.). paletta, piccola, pala, cioè arnese di ferro, coll’estremità inferiore allungata e piana, con basse sponde laterali, acconcia a prender bragia o cenere.

barnëtta (s. f.). truogolo, mangiatoia per maiali.

barsàch (s. m.). zaino dei soldati. * Per estens. qualunque peso oneroso; ma anche qualunque carico mal combinato.

bartavéla (s. f.). loquacità; * Per estens. chiaccherone. #amnè la bartavéla = ciaramellare.

bartèli (s. f. pl.). stracche, bretelle, due striscie per lo più di passamano (garòn), ciascuna da potersi allungare e raccorciare mediante una fibbia, e che si portano ad armacollo abbottonate alla parte anteriore e posteriore della serra dei calzoni per tenerli su quando non vanno stretti alla vita. Le loro estremità sogliono essere di pelle addoppiata con entro più fila di saltaleone perchè molleggino a modo dei laccetti elastici.

bartò (s. m.). caschetto, per una specie di traslato soglion chiamare un berretto con visiera e soggòlo (grumetta)

barzachén (s. m.). pagnotta.

barzelëta (s. f.). barzelletta, storiella spiritosa che fa ridere.

basén (s. m.). bacinella, catino.

basinè (v. tr.). umettare, lavare una piaga.

bàsla. (s. f.). catino, vaso di terra cotta che serve per lavare stoviglie, pulire gli attrezzi di cucina, risciacquare l’erbe ecc.

baslëtta (s. f.). bazza, mento un po’ allungato e arricciato.

bass (agg.[femm. basa] e avv.). basso. # vulè bass = star con i piedi per terra, esser concreti. * Fig. bass ad col ad pé = lett .basso di collo del piede, tale cioè da sopportare anche scarpe con tomaia poco estesa. * Fig. Si dice, come traslato, di persona col cervello lento, poco elastico.

battajè [a nus] (v. intr.). abbacchiare le noci, è battere con bacchio, o pertica, le noci sull’albero, per farle cadere a terra e coglierle. Dicesi anche di alcune altre frutta, come mandorle, mele ecc.

bastòn (s. m.). bastone. # bastòn dar piligrén = bordone * baston del pajè = stollo, palo grosso e lungo che tiensi nel mezzo del pagliaio, al quale serve d’appoggio.

bastén-na (s.f.) pancia # a vag a ‘mpìnim ra bastén-na = vado a mangiare

bàsu (s. m.). bìlico, (nel bucchero, bastone alquanto arcuato, col quale si portano sulle spalle due secchi o cesta, l’una davanti, l’altra di dietro.

batacàna (agg. e s. indecl.). pelandrone, fannullone.

batòcc (s. m.). battacchio della campana.

bataréja (s. f.) [‘d cüsen-na]. arnesi di cucina, batteria di cucina.

bàti (v. tr.). battere, picchiare * Fig. bàti ra cana o bàti la droga= non aver voglia di far nulla; bàti ‘r brochëtti = batter le gazzette, fortemente tremare pel freddo.

batibùs (s. m.). tafferuglio, baruffa.

batsuà (s. m. pl. [dal franc. bas de soie]). peducci, piede di maiale fritto.

batú (s. m.). confratello, membro di una confraternita di disciplinati.

batùzu (agg.) pelandrone, ma anche poco accorto; téi propi in batuzu!= ti sei fatto mettere nel sacco!

baudëta ??????????

baurè – bourè – baulè (v. intr.). abbaiare # el boura semper = si dice anche di persona che grida o litiga continuamente.

bavarò (s. m.). bavaglino. * bavarò dar masnà, bavaglio, e più comunemente bavaglino, pannolino legato al collo del bambino e pendentegli allargato sul petto. Scempio e lunghetto, il bavaglino preserva il gonnellino dall’imbrodolarsi quando al bambino si dà la pappa, o che questi comincia a mangiarla da sè; addoppiato od anche imbottito e trapuntato gli si fa portare abitualmente per impedirgli di scombavarsi i sottoposti panni, specialmente nel tempo della dentizione. * bavarò – bavarot ‘dra toga, facciule, diconsi quelle fettuccie bianche, o nere con orlatura bianca, che pendono pel dinanzi del collo degli avvocati e dei giudici quando sono in tribunale vestiti di toga, o dei dottori di teologia.

bavëtta (s. f.). maschera, faccia finta con che uno si copre la propria per non essere riconosciuto. Anche viso poco gradevole allo sguardo.

bavùs (agg.). bavoso.

baz (s. m.). bacio. Dimin. bazen = bacetto. Dispr. Bàza pìli = servile

bèc 1 (s. m.). becco, guaina cornea prominente che costituisce l’estremità della bocca degli uccelli e di altri animali. * Fig. anche per l’uomo, ad indicare bocca o sim. # t’hai ün bel bèc = hai un bel becco, ad indicare una richiesta esagerata.

bèc 2 (agg.). corrnuto, tradito in amore. # a l’ha facc bèc = lo ha cornificato, tradito.

béchè (v. tr.). beccare, ferire col becco. * Fig. sorprendere in flagrante.

bécia (s. f.). pecora.

béivi (v. tr. e intr.). bere. # el bèiv ‘me na spugna = beve come una spugna.

bèl 1 (agg. ; femm. bèla). bello.

bèl 2 (avv. con sign. pari ad un limitato superl.). abbastanza, un bèl po’. # bèla piòn = piano-piano, senza fretta.

belacòuda-belécalda (s. f.; lett. bella calda, dal grido con cui i venditori propagandano la loro merce). farinata, piatto composto da farina di ceci e acqua, cotta al forno possibilmente a legna.

belinà (s. f.). Si dice per intendere una cosa sciocca. Deriva dal genovese belino, che indica il membro umano o animale. # a l’è ‘na belinà = è una stupidaggine.

bén (avv. ma anche s. indecl.). bene. # at voi bén = ti voglio bene.

benpensònt (agg. e sost.). conformista, colui che pensa nella maniera reputata più giusta dalla maggioranza.

bergamén (s.m.) colui che accudisce la stalla, bergamino.

bergamén-na (s.f.) bergamina, stalla per manzi.

bërlarò (s. m.). zangola, vaso di legno, stretto e alto, leggermente conico, in cui si fa il burro con lungo dibattersi la panna.

bërli (s. f. pl.) [‘d crava]. feci di capra o pecora, dalla caratteristica forma sferica.

bernardén (s. m. indecl.). rovinacci, mattoni non interi, o già stati adoperati, ma tutt’ora servibili nella più parte dei monumenti.

bèrta (s. f.). gazza, uccello dal piumaggio nero e bianco, coda lunga, becco e piedi neri, ha l’abitudine di raccogliere e nascondere oggetti lucenti. * Fig. a la berta! = stai fresco! (negazione per non raccogliere l’invito).

beté. > abeté.

bërla (s. f.). celia, burla.

bésla (s.f.) porta sale in legno che si riponeva nel camino

bianch > bionc

bianchén (s. m.). imbianchino.

biaràva (s. f.[dal franc. betterave]). barbabietola, pianta annuale dalla cui radice, di colore rossiccio, buona a mangiarsi cotta, si estrae zucchero.

bibén (s.m.) tacchino.

bibinéra (s.f.) pentola per cuocere il tacchino

bicér (s. m.). bicchiere. # ün bicér ‘d vén = un bicchiere di vino.

bicerén (s. m. pl.) [per l’illuminasión]. nicchi.

biciulón (s.m.) = sfilatino di pane

biciclëta (s. f.) (anche l’abbr. bici). bicicletta. Da notarsi -cancèll spregiativo: bicicletta malandata.

bicocchén (s. m.). papalina, calottino da prete.

biéla (s.f.) contenitore di terra per il lievito.

bigàtt (s. m.). baco da seta. * bigattón: bacaccio, il baco morto nel bozzolo, e che, dopo la trattura, si getta via.

bigòt (agg.) bigotto, colui che bada all’aspetto convenzionale a scapito di quello spirituale.

bindé (s. m.).fettuccia, nastro di seta. * Fig. anche brandelli . # fè a bindé = sbrindellare, lacerare.

biné (agg. e sost.). gemello, binato, nato insieme ad un altro in un sol parto.

biònc -bianc- bianch (agg.). bianco, colore risultante dalla sintesi dei sette colori dell’iride. # biònc ‘mé la fioca = bianco come la neve; carta biònca = avere carta bianca* Fig. bianch d’l’óv = albume, quella materia semiliquida, viscosa, bianco-gialliccia, trasparente, che involve il tuorlo, e che nel cuocersi diventa soda, opaca e bianchissima; andè ‘n biònc = andare in bianco, non concludere nulla con una ragazza.

bisbiàda (s. f.). bisbiglio, mormorio, pissi-pissi.

biròcc (s.m.) barroccio, carro a due o quattro ruote per trasportare materiali

biscócc (s. m.). ànseri, vecchioni, castagne prima lessate in acqua, fatte poi disseccare nel seccatojo: sono serbevoli, e mangiansi senz’altra cottura; chiamati vecchioni perchè la loro buccia rimane grinzosa.

bìssa (s. f.). biscia, serpente. # bìsa d’acqua = biscia d’acqua, bìsa scudlèra: tartaruga, animale terrestre e marittimo munito di un guscio osseo durissimo entro il quale per la sua difesa si rannicchia.

bisecùl (s. m.). lisciapiante, pezzo di bozzolo bislungo, quadrangolare, talora un po’ ingrossato ai due capi dove sono le morcie, cioè certe riprese, scalini o intaccature con le quali fregando forte, si liscia il margine del suolo e del tacco, dopo che è stato tagliato col trincetto.

bìsura 1(s. f.) [pr’ i sold]. salvadanaio, vasetto emisferico di terracotta, senz’altra bocca che una fessura per cui si fanno passare uno per volta i denari, da non potersi facilmente ritorre, se non col rompere il vaso.

bìsura 2 (s. f.) [dar róvi]. boccola, cerchio di metallo, con cui si riveste per di dentro il mozzo delle ruote dei carri.

bìsura 3 (s. f.) [dra porta]. bussola, antiporta.

biùt (agg.). nudo, senza vesti indosso.

bìza (s. f.). vento freddo, brezza, rovajo.

bizù (s. m. [dal franc. bijou ]. gemma, vezzo, cosa preziosa. * Anche Fig. # a l’è propi ‘n bizù = è proprio una bellezza.

blaga (s. f.). millanteria, vanto esagerato non disgiunto da parole arroganti.

blaghè (v. intr.). vantarsi.

blëssa (s. f.). bellezza. #a l’è na blëssa = è una bellezza; a stag ch’l’è na blëssa = sto proprio bene.

blëtt (s.m.) belletto, cipria, sorta di polvere compatta usata per colorire il volto.

bleu (agg.). azzuolo, turchino

blinòt (agg. vezz. di >bel). bellino, grazioso.

blòch (s. m.). blocco. # an blòch = in blocco, in massa, tutt’insieme.

blucchèblocchè (v. tr.). bloccare, fermare, arrestare.

bluz (s. f.[dal franc. blouse ]). camiciotto, veste di tela colorata, che arriva tutt’al più al ginocchio, che indossano specialmente i cocchieri e gli operaj mentre lavorano.

(s. m.). bue, toro castrato e domato, che attaccasi ai carri edall’aratro.

bocè > bucè

boción (s. m.). taverna, bettola.

boéta (s. f. [dal franc. boîte ]). stagnuolo, scatola da tabacco.

bógg (s. m.). buco, fóro. # bógg dra ciav = toppa, buco per cui entra la chiave nella serratura: dicesi anche scudetto. Toppa dicesi pure l’intiera serratura; bógg dar gatt =cattajuola, buca che si fa da basso, nell’imposta di alcuni usci, acciocchè il gatto ne abbia sempre libero il passaggio per andare a caccia di topi; bógg di causëtt = buco, piccola apertura nella calza prodotta da rottura di una o di poche maglie.

bógia (s. f.). buca # sta ‘tent a sa bógia = stai attento a quel buco.

bón (agg. femm. bón-na). buono . # bón güst = buon gusto. # avéi ‘l bón güst ad tazi = avere il buon gusto di tacere. *Fig.: bón patt [a]. economico # vendi a bón patt = vendere a buon prezzo. * Fig. bón-na, riferito a una donna o ragazza, è forma -per vero poco elegante- per bella fisicamente, decisamente attrente.

bòn aptìt (formula di augurio) buon appetito # anche s.m.; essere di buon appetito.

bon-bonbumbón (s. m. indecl.). caramella.

bònc (s. m.). banco, sia nell’accezione di banco di scuola sia in quella di banco del mercato o del negozio. # bònc da mazlè = banco di macellaio.

bònca 1 (s. f.). panca, sedile. # sèt-ti ans ra bònca =siediti sulla panca* Dim. 1 banchén-na, più specificatamente come panchina da giardino. *Dim 2 banchétt = banchetto, bancarella. # a l’ha ‘n banchétt an piasa = gestisce una bancarella di mercato.

bònca 2 (s. f.). banca, istituto di credito.

bòndì (s.m.) buongiorno

bònza (s. f.). bigoncia, in modo particolare quella attrezzata per il trasporto del letame, per la svuotatura dei pozzi neri ecc.

bòrd (s. m.). bordo, orlo.

bordà>burdà

borèlaburèla > portè.

borìch > burìch

bòsc (s. m.). bosco. * Trasl. legna

bòtt (s.m.) botto, forte colpo, ma anche tocco, inteso come ora solare. Un bòt = un tocco, ossia l’una. Un bòt e mèz= l’una e trenta

bòta (s. f.). botta, colpo. # dèi ‘na bòta = fare un prezzo a occhio, globalmente. * Fig. # a bòta = a cottimo, a prezzo stabilito. * Pl. bòti = botte, atto di menar le mani.

botonèrabottonèra > butunéra.

bourè (v. intr.). abbaiare, verso del cane. # el boura semper = si dice di persona che grida o litica continuamente.

bóz (agg.). acerbo, immaturo, dicesi di frutta non ancor giunta a maturezza.

bragalè (v. intr.). schiamazzare, parlare molto forte. * Trasl. dicesi anche di persona che parla a sproposito, fuori luogo.

bragè (v. intr.). gridare, schiamazzare, esprimersi ad alta voce.

braghëta (s.f.) patta dei pantaloni maschili.

brajamòla (agg.). Molto lento nelle azioni, come chi abbia impaccio da calzoni allentati.

bràji (s. f.). pantaloni, brache. # purtè l bràji ‘n cà = essere il padrone di casa, come tradizionalmente l’uomo (In senso ironico, di donna che comanda il marito).

brancà (s. f.). pizzico, piccola presa. * Fig. piccolo gruppo. # ‘na brancà d’amìz = un gruppetto di amici.

branchè (v. tr.) afferrare, abbrancare. * Anche scherz. per arrestare, mettere in prigione, onde i fradé Branca sono i Carabinieri (che vanno a due a due).

brandì (v. tr.). prendere con foga, brandire. # a j’ho brandì ‘ra scuva e… = ho afferrato una scopa e…

brandnà (s.f.) catena e ganci del camino della cucina che servono per appendervi il paiolo o altro.

bràndo (s. m.). mossa. # essi ‘n brando = essere sulle mosse.

brasè (v. tr.). abbracciare, gesto affettuoso tra amici, parenti e amanti.

brass (s. m.). braccio, membro del corpo umano che incomincia dalla spalla e termina alla mano. # avéi ‘l bras long = essere influenti

brav (agg.). bravo, di buona indole, incapace di compiere una cattiva azione.

braza (s. f.). brace. # slarghè ra braza = sbraciare, allargare la bragia, affinchè meglio s’accenda, o l’accesa mandi più calore. Sbraciar il caldano, il veggio, ecc. Si sbracia pure il fuoco del camino sotto la legna, perchè piglino più aria. e meglio ardano.

brazèra (s. f.). caldàno, braciere, largo vaso a basse sponde, per lo più di rame o di ferro, con due maniglie pendenti, o fisse, ovvero con un’asta di ferro, la quale, fermata nel centro del fondo, sorge verticale e termina in occhio; in questo secondo caso il caldàno si trasporta sospeso a un uncino, di una bacchetta di ferro. Serve a tenervi brace accesa per riscaldare, e per iscaldarsi. Suol anche farsi entro una forte incassatura di legno da tenersi in bottega.

bréch (s.m.) diligenza, mezzo di trasporto trainato dai cavalli.

brèn (s. m.). ciocca di capelli. # pièss pr’i brèn = accapigliarsi.

brendnà (s. f.). alare, arnese di ferro che nel focolare tien sollevate le legne, affinchè prendano più aria, meglio ardano.

brënn (s. m.). crusca, buccia di biade macinate separata dalla farina.

brénta (s.f.) contenitore in legno da portare a tracolla per trasportare l’uva. Serve anche come unità di misura; 50 litri.

bric 1 (s. m.). bricco. # el bric der cafè = il bricco del caffè.

bric 2 (s. m.). colle, poggio, piccolo monte, che fa parte della colina. * Fig. luogo solitario e poco civile. # el ven zu d’an si bric = ha modi rozzi e villani.

brichëtt (s. m.indecl.). fiammiferi volcanici, diconsi quelli la cui cima solforata è ricoperta di una mistura, accendibile col solo fregarli bruscamente contro un corpo aspro e duro. E sonvene di due varietà: negli uni la mistura è composta di fosforo, di solfo polverizzato, di clorato di potassa, e di un po’ di minio, intrisi con acqua di gomma. Questi fiammiferi sono rossi: il fregamento li accende con scoppiettìo. In quelli della seconda varietà la mistura è quasi la stessa, se non che al clorato di potassa è sostituito il nitrato di piombo, e al minio, la polvere di carbone. Questi fiammiferi volcanici sono neri, e nell’accendersi, per fregamento, mandano un soffio e sibilo senza scoppiettare.

brìccula (s. f.)[d’j ort]. mazzacavallo, specie di altalena, per attingere acqua dalla cisterna, o da pozzo poco profondo, o che non abbia lettuccio. Usasi particolarmente negli orti per innaffiarli. L’artifizio consiste in una forte pertica bilicata e imperniata in cima di un trave, o di un palo biforcato, piantato verticalmente in terra; a un’estremità della pertica è pendente un bastone, e a questo la secchia che si tuffa nell’acqua, per riempirnela, e si solleva agevolmente per l’aiuto del contrappeso formato all’opposta estremità della pertica.

brigna (s. f.). prugna, susina, frutto del susino, polpato, sugoso, con nocciolo e pelle liscia e sottile. * Fig. (e volg.). conno, organo femminile; per trasl. donna appariscente.

brignùz (agg.) donnaiolo, voglioso di donne.

brigulén (s. m.). bigodino, diavolino, pezzo di fil di ferro fasciato di cotone, sul quale si avvolgono di notte le ciocche di capelli.

brigulòt s. m.). ragazzino accaldato e discinto.

brilè (v. intr.). brillare, luccicare.

bró (s. m.). brodo, acqua in cui siansi cotte sostanze animali, e che serve d’alimento. # bró ch’ l’ ha j ógg = brodo che ha le scandelle.

bròc (s. m.). rozza, brutto e cattivo cavallo. * Fig. di sportivo poco abile: brocco.

bròca (s. f.). bulletta, piccolo chiodo a gran cappello # Dim. bruchëta.

brocà (s. m.). broccato, tocco, stoffa intessuta di seta, oro e argento

brodè (v. tr.[dal franc. broder]). ricamare, Ë quasi dipingere coll’ago fiori, foglie, figure ed altri ornamenti con fili di varia natura, come metallo, seta, lana e altro di un solo o pi? colori.

brònda 1 (s. f.). branda, letto militare.

brònda 2 (s. f.). acquavite, grappa.

bròid (s. m. pl.). sanguinaccio, pezzi di budello, riempiuti di sangue d’animale, per lo più di porco, mescolato talora con altri ingredienti e condito d’aromi. Mangiasi soffritto in padella.

bròss (s. f.) [dal franc. broche ]). spillone, è uno spillo lunghetto con capocchia grossa, e talora, in luogo di essa, una gemma, una rosetta di diamanti, un largo musaico, un cammeo, od altro simile prezioso ornamento. Serve alle signore per appuntarsi sul davanti del petto lo sciallo od altra cosa simile.

bruchén (s. m.). scarpa accollata, quella che sale molto sul dorso del piede.

brudlèra (s.f.) brodaglia, brodo lungo e insipido.

brunzén (s.m.) pentola in bronzo fuso.

brunzén-na (s.f.) bronzina, sostegno in bronzo che permette la lubrificazione dell’albero del motore evitando in tal modo la fusione per attrito.

brùs-brùz (s. m.) cacio forte impastato con droghe.

brús-brüz (s. m., spesso nella forma udur ‘d brús). odore di abbruciaticcio. * Fig. alcunchè come rischio. # a l’è andàcc a brús ‘d perdi u trenu = poco mancò che perdesse il treno.

brüzatà (agg.) abbruciaticcio

brüsacór-brüzacór (s. m.). piròsi, bruciore che dallo stomaco si propaga lungo l’esofago fino alla gola.

brúsc (agg. a volte sost.). brusco, acido, dicesi di sapore che abbia molto di piccante.

brúsè-brüzè. (v. tr. e intr.). ardere, bruciare, in senso neutro dicesi di combustibile attualmente infuocato, per lo più con fiamma. * Fig. # brúsè ‘l pajón = fuggire lasciando nelle peste gli altri.

brutè (v. intr.). sbocconcellare, per un certo verso dicesi dell’andar mangiando alcuni bocconi ininterrottamente.

brútt (agg. – femm. brúta). brutto. # brúta figúra = brutta figura; dicesi anche di persona poco raccomandabile. * brútt e bón = pasticca così definita perchè di sapore gradevole, ma non di bell’aspetto.

brütù (s. m. e f.). bruttone, sia al maschile che al femminile.

brü-uà (s. f.). insalata di cavolo crudo condito con bagna cauda.

brü-uè (v. tr.). afferrare al volo, anche con violenza. * Fig. nel senso di soffriggere.

buàssa (s.f.) sterco bovino

buàta (s. f.). pupattola, bambola, figurina umana, vestita da donna, gradito ed utile trastullo alle bambine, anche già fatte grandicelle, perchè imparino a vestirla, a pettinarla, a variamente ornarla.

buca (s. f.). bocca.

bucaróra (s. f.). ragade, erpete labbiale, pustoletta che viene agli angoli della bocca.

buchétt (s. m. [dal franc. bouquet ]. mazzo di fiori.

bùccia (s. f.). boccia. * Fig. bùcci fèrmi = gioco fatto, momento di ripensamento. # l’è méi parlèn a bùcci fermi = è meglio parlarne a giochi fatti, quando tutto è ben delineato.

bucè (v. tr.) bocciare , sia in senso sportivo (al gioco delle bòcce), sia in senso scolastico o addirittura elettorale.

bución (s.f.) osteria di infimo ordine.

bucònt (agg.). abboccato, si dice di vino tendente al dolce, amabile.

buéla (s. f.). budella, soprattutto animali; ma spesso al plur. buéli anche ad indicare quelle umane, soprattutto in senso spregiativo. # vujè l’ buéli = svuotarsi.

bùfa (s.f.) polmone del manzo # dàm in tòch ad bùfa per i gàtt = dammi un pezzo di polmone per i gatti.

bufè (v. tr.). prendere, acchiappare.

büfé (s. m. [dal franc. buffet]). credenza.

büfè (v.tr.) soffiare

buffén (s. m.). manovale, propriamente quel lavorante che serve il muratore, cui va ministrando i varj materiali per murare.

büffët (s. m.). manticello, arnese con cui si spinge l’aria sul fuoco per ravvivarlo.

bugè 1 (v. tr.). bucare, forare. # bugè ‘na múraja = bucare un muro.

bugè 2 (v. tr.[dal franc. bouger]). muovere, muoversi. # bugè la tóula = muovere il tavolo; bugè ‘l cú = muovere il sedere, darsi da fare; bugia! = muoviti. Bugia nent = Questa espressione viene anche usata da chi, per denigrare i piemontesi in generale, sostiene la tesi della flemmaticità insita nel carattere nostro.

bugnón (s. m). fignolo, foruncolo, piccolo tumore appuntato, rosso e dolorosissimo.

bujàca (s. f.[l’etim. è da bùji = bollire]). grossa pentola in cui far bollire minestra od altro simile.

bujàda (s. f.[l’etim.è da boja]). birbonata; enorme sciocchezza. # is libi l’è ‘na gran bujada = quel libro è una gran fregatura.

bùji (v. tr. e intr.). bollire, lessare. # trà zú e fà bùji = butta giù [in pentola] e fai bollire.

bujì (part. pass. del prec. usato come s. m.). bollito, lesso, carne cotta nell’acqua. # bujì grass e magher = bollito misto.

bulëtta (s. f.). bolletta, nella duplice accezione che in italiano. # éssi (andè) ‘n bullëtta = essere, divenir povero.

búli (s. f.) – búll ‘d ciculata. Pani di cioccolata, sono pezzi della stessa figura che la forma, nelle quali è stata messa la cioccolata mentre era calda e molle. Il Redi li chiama anche bogli.

búli-bìlu (s. m.). bravo, che sa far bene l’opera sua. Ma anche bullo.

bunùra (avv.). a buonora, per tempo, di buon mattino. # a la bunùra = era ora!.

bumpàtt (agg.) economico, buon prezzo.

bùnamón (s.m.) mancia, regalia.

bunasìra (formula di saluto) buonasera # anche s.f.; dare la buonasera.

bunbìgia (s.f.) tubetto per bere (dalla bombigia argentina per il Matè).

bundiola (s.f.) salame coppa.

bunasìra (s.f.) buonasera * Fig. agg. – persona accomodante.

bunëtt 1 (s.m.) dolce tipico piemontese

bunëtt 2 (s.m.) berretto

buratén (s. m.). burattino.

burcè-burcén (s. m.). burchiello, piccola barca per portar passeggeri sui fiumi. Barca a fondo piatto adatta ai nostri fiumi, in molti tratti bassi al punto che il fondo della barca raschia il fondo.

burdè (v. tr.). bordare. * Fig. Il part. pass. burdè assume anche il significato di attento, controllato. # stè burdà = star sull’avviso.

burdëza (s. f.). bordatrice, colei che riborda e cuce le tomaie. # passè ‘l cmèri a ra burdëza = passare le tomaie alla ribordatrice.

burén (s.m.) capezzolo.

bùrg (agg.) campagnolo, bifolco.

burgunzola (s.f.) gorgonzola

burìc (s. m.). asino, ciuco.

bùrla (s. f.). bica, massa di covoni.

búrla (s. f.). burla.

Bùrmia (nome prorio, f). Bormida (fiume).

buròt (s.m.) bastone usato per tenere fermo il carro durante la sosta.

bùrsa (s. f.). borsa, portaoggetti di stoffa o altro materiale. # bursa d’ ra spéisa = borsa della spesa * (eccl.). borsa, è quel sacchetto di cotone rivestito di drappo, in cui si pone il corporale.

Bursalén (n. pr.). Borsalino, notissima fabbrica di cappelli, era situata nel concentrico cittadino, dove ora ha sede l’Università. * Per estens. I bursalén = gli operai della fabbrica omonima.

buròt (s.m.) bastone ferma carro.

bùru (s. m. indecl.). errore, fallo. # u diz ammà di bùru = dice solo fesserie, sciocchezze.

burzuà (agg. anche sost. [dal franc. bourgeois ]). borghese. # avstì da burzuà = vestir bene, con proprietà, non da popolano.

búsca (s. f.). fuscello. # ar porta ‘r búschi = frequenta persona che intende sposare.

buschëtt (s. m. dim.). boschetto, piccolo bosco.

busëtta (s. f.). pustola, bollicina, piccola vescichetta che si forma sulla pelle.

busillis s. m. [dal lat. (in die)bus illis ]. difficoltà, dubbio amletico # l’è ist ar busillis = qui sta la difficoltà.

businà-buzinà (s. f.). satira, soliliquio, monologo, rivolto però ad un pubblico più o meno numeroso, e nel quale si commentano in modo satirico eventi verificatisi in Provincia -ma anche altrove- fatti di costume e di malcostume, narrati sempre con ironia e sarcasmo, in dialetto alessandrino.

bùsra (s. f.). corbelleria.

bùssa (s. f.). pampanata, stufa, specie di suffumigio che si fa con roba bollente alle botti che san di muffa, per liberarle dal malo odore. La prima delle due denominazioni viene dai pàmpani che a tal uopo qualche volta s’adoprano, la seconda dal tener poscia il vaso stufato, cioé ben chiuso.

bussrén (s. m.). l’azzeruolo (crataegus azarolus), sorta di frutto agro-dolce, grosso un po’ più d’una ciliegia.

bút (s. m.). germe, germoglio, gemma.

bùta (s. f.). bottiglia.

butàla (s.f.) botte

bütè (v. tr.). mettere, sbocciare, germogliare. # bütè ben = essere ben avviato; bütè la mufa = invecchiare ammuffire; bütè a man = manimettere, metter mano a una cosa, incominciare a servirsene prendendone quache porzione come da una botte, bottiglia o altro.

bütér (s. m.). burro.

butiglia (s. f.). bottiglia. * dim. butigliëta = bottiglietta; accr. butigliòn = bottiglione, grossa bottiglia generalmente usata per il vino da consumarsi quasi quotidianamente. #ui è sciupà ‘l butigliòn = è successo il finimondo.

butjèbuttiè (s. m.). pizzicagnolo, salsamentario, chi vende salumi, cacio ecc.

butàla (s.f.) botte

butòn (s.m.) bottone

buttiòt (s. m. dim.). botteghino.

bùtt (s. m.). botticino. # bùtt. ‘d ‘l óri = ampolla dell’olio.

butunè (v. tr.). abbottonare. * Il part. pass. butunà, oltre che normalmente abbottonato, vale gergalm. silenzioso, sulle sue # stè butunà = non lasciarsi sfuggire un segreto, una notizia o un’indiscrezione.

butunéra (s. f.). abbottonatura, fila di bottoni. # l’ha sbaglià ‘l prim butòn e ‘csei l’ha sbaglià tüt la butunéra = dicesi di chi inizia sbagliando un lavoro qualsiasi e sbaglia fino al termine del lavoro stesso senza essersene accorto.

büza (s.f.) sterco bovino o equino

buzard (agg). bugiardo.

buzardèn (s.f.) prezzo in codice.

büza (s. f.). sterco, se di bue, dicesi bovina, se di cavallo, cavallina ecc.

büsëca (s.f.) trippa

buzéja (s. f.). bugia, menzogna: chiamasi pure bugia un arnese che serve per candeliere

C

(s. f.). casa, abitazione. # a vagg a cà = vado a casa. * Fig. cà ‘d Laurén = cimitero della città, così denominato perchè, molti anni fa, il nome di battesimo del custode del cimitero era appunto Laurén, in dialetto alesssandrino. * Fig. cà russa = casa rossa. In questo colore era dipinta la allora casa di tolleranza, e con questo nome era abitualmente designata.

càbana (s. f.). capanna. # ‘na càbana riva Tani = una capanna sulle sponde del Tanaro..

cabarëtt (s. m. [dal franc. cabaret ?]). vassoio, guantiera, piatto di varie forme e materie, su cui pongonsi chicchere, bicchieri ecc.

cacàm (s. m.). maggiorente, faccendiere, chi Ë fra i principali d’una brigata. Persona importante per autorità e prestigio.

cacarè (v. intr.). chiocciare, garrire (della gallina). * Fig. chiacchierare insistentemente e noiosamente.

cacè (v. tr.). cacciare. * Fig.sorprendere.

caciadúr (s.m.) cacciatore, colui che caccia * anche tipo di salame.

caciadùra (s. f.). carniere.

caciavì (s.m.) cacciavite

cadénna – cadén-na (s. f.). catena, legame d’anelli connessi l’uno nell’altro.

cadëtt (s. m. [dal franc. cadet ]). cadetto, fratello minore.

cadnàss (s. m.). catenaccio, chiavistello, sorta di serrame che consiste in un pezzo d’asta cilindrica di ferro, la quale, mediante una maniglia ferma, si tira, cioè colla mano si fa scorrere dentro parecchi anelli conficcati nelle due imposste d’uscio o finestra, sì che esso ne attraversi la commessura.

cadò (s. m. [dal franc. cadeau ]). regalo, dono.

cadréga (s. f.). seggiola, che anche dicesi sedia, arnese su quattro gambe o piedi, con spalliera, e senza bracciuoli, che nelle case serve all’ordinario uso di sedervi sopra.

cadrighén (s. m. dim del prec.). seggiolino, piccola seggiola. * Fig. come nell’it. cadreghino (posto importante, per qualità o autorità).

cadrigón (s. m.). seggiola a bracciuoli, o seggiolone, quello che ha appoggiatoj per le braccia.

cafè (s. m.). caffè, si intende anche come bar.

cagadübi (agg.) dubbioso, che non sa decidere, eternamente indeciso.

cagamarët (agg.) persona che ostenta raffinatezza.

cagaró (s. m.). cacatoio.

caghè (v. tr. e intr.). cacare. # caghèss adòss =sconciarsi. *Fig. non aver coraggio. Fig. caga amarëtt = persona che ostenta raffinatezza.

caghëtta (s. f.). dissenteria. * Fig. paura.

cagna > sarsän- sarzän

càgnara (s.f.) rumoreggiare nel discutere.

cagnèra (s. f.). inezia, cosa da nulla. # er var ‘na cagnèra = non vale nulla.

cagnòt (s. m.). cagnotto, esca da pescatore.

cainì (s. m.). seccostile, bastone che attraversa la gola del camino a cui s’appendono le catene.

calà (s. f.). pesta, traccia nella neve. # Fè ra calà = far la pesta nella neve, aprirvisi un varco quando è molto alta.

calastrén (s. m. pl.). zeppe, pezzetti di legno, tagliati in forma di prisma triangolare, che pongonsi sui sedili contro ciascun lato della botte per impedire ad essa di rotolare.

calàstri (s. m. pl.). sedili, vocabolo che non s’adopera se non al plurale, quando indica quel doppio sotegno sul quale son coricate le botti nelle cantine. Per lo più son due travi orizzontali parallele. Talora i sedili son fatti di mattoni, e chiamansi sedili murati.

calissuàr (s. m. [da una ipot. des. franc .-oir a seguito di un (c)aleser?]). alesatore.

calòta (s.f.) cappello.

calùr (s. m.). calore, caldo. # che calùr ch’el fa ancò = che caldo fa oggi.

camàl (s. m. [dal dial. genov.]). facchino, chi porta pesi per prezzo.

camén (s. m.). camino, canna fumaria..

cameré (s. m.). cameriere. # ciama er cameré = chiama il cameriere.

camiza (s. f.). camicia. # ‘na camiza ‘d seida = una camicia di seta.

campanè (v. tr.). scampanare. * Fig. cogliere in flagranza, sorvegliare, vedere senza farsi notare. # at campanà?= hai visto?

campanén1 (s. m.). campanile. # el campanén del Dòm = il campanile del Duomo.

campanén2 (s. m.). campanello. # el campanén ‘dra cà = il campanello di casa.

campànna – campòn-na (s. f.). campana, è un vaso cupo di metallo sonoro, che serve a dare i segnali per le funzioni. # Fig. a campòn-ni duppi = a tutta lena. # uj dava zù a campòn-ni dupji = batteva a gran forza.

campurèla (s. f.) non ha significato proprio; si usa nell’espressione andè ‘n campurela = andar nei prati a far l’amore.

càmura- camula (s. f.). tarlo, camola, vermiciattolo roditore che prende vario nome, secondo la materia che rode, e così dicesi tignuola o tarma quella della lana; tarlo quello del legno; baco quello della frutta; tonchio quello dei legumi, e parlandosi dei denti dicesi carie.

càmus (s. m.). càmice, veste lunga di panno lino bianco, adoperata dai sacerdoti nella celebrazione delle ecclesiali funzioni.

càna (s. f.). mazza, così chiamano i Toscani quella bacchetta di legno o di giunco indiano, grossa circa un dito, or più or meno, che suol portarsi fuori di casa per appoggio, od anche per vezzo, cioè per aver qualche cosa in mano. * Fig. bati ra cana = esser neghittoso, non far o aver voglia di far niente.

canà (s.f.) pluviale

canàpia (s. f.). nasone.

canaróla – canaróra (s.f.) canaletto, rio, piccolo canale in cui scorre l’acqua. Canaróla è il nome dato ad una serie di cortili che collegano tutt’ora Corso 100 cannoni a via XXIV Maggio. Infatti, in passato, quei cortili erano attraversati in tutta la loro lunghezza, da un canaletto..

cän-cän (s. m. [def. di can can]). rumore, confusione. #u j è ün grän cän-cän = c’è gran confusione.

cancaròn (s. m.). vinaccio, vino ordinario, cancarone.

cancèll (s. m.). cancello. * Fig. > biciclëta.

candlàr (s. m.). candelliere, arnese da piantarvi la candela.

candlòtt (s. m. pl.). ghiacciuoli, stalattiti di ghiaccio, acqua che s’agghiaccia nel grondare.

canè (v. tr.). estrometter dal gioco, battere; bocciare (a scuola); prendere un abbaglio.

canìsu-canìzu (s. f.). fuliggine.

canón (s. m.) grossa canna; nelle varie accezioni canón (assol.) = cannone; canón [‘d mélia] = pannocchia, spiga del formentone; canón [d’ra stiva] = tubo da stufa.

canssón (s. f.). canzone. # a l’è ra nostra canssón = è la nostra canzone.

cantàr (s.m.) misuratore di peso, bilancia.

cantarà (s. m.). canterano, o cassettone, grosso mobile di legno su quattro piedi, lungo ed alto circa due braccia, largo un po’ meno, nel quale sono collocate le une sopra le altre tre o quattro cassetta lunghe che si tiran fuori per dinanzi. Esso sta sempre contro un muro e le sole parti visibili sogliono essere impiallicciate (placaji ) ed anche ornate d’intarsiature.

cantarän-na (s. f.). raganella, strumento di legno usato in sostituzione delle campane la Settimana Santa, e spesso come giacattolo dai fanciulli.

cantè (v. tr. e intr.). cantare. # a j’ho voja ‘d cantë = ho voglia di cantare.

canten-na>cónva (s. f.). cantina, luogo, per lo più sotterra, dove si ripone il vino..

cantón (s. m.). angolo; contrada, quartiere. # cantón di Russ = quartiere dei Rossi (vecchia contrada della città).

cantunà (s. f.). abbaglio, errore provocato da un vistoso equivoco.

canunsén (s. m. pl.). cialdoni, sottilissime faldelle di pasta, cotte come le ostie in forno appropriato e rattorte a guisa di barba o di cartoccio.

canúsu-canìzu (s. f.). fuliggine, quella materia nera, polverosa, o anche soda, che il fumo lascia su per la gola del camino e della quale sono interamente incrostate le pareti del medesimo. La fuliggine viene tolta di quando in quando dagli spazzacamini.

cànva (s. f.). canapa, pianta della famiglia delle urticacee, della cui scorza si fa tela, e de’ cui semi si fa olio da ardere.

capa (s. f.)[del camÈn]. cappa. chiamasi pure la gola, cioè quel canale verticale entro il muro, e che dal focolare mena il fumo sino alla torretta.

capèla (s.f.). cappella, piccola chiesa * costruzione eretta all’interno del cimitero per ospitare i morti di una singola famiglia. * Fig. volgarmente significa anche cazzata, in quanto per cappella s’intende il prepuzio. # a jó facc ‘na capèla = ho fatto una stupidaggine.

capì (v. tr. e intr.). capire. # capì ciò per bròca = capire una cosa per un’altra.; capì uari = capire poco, non afferrare bene il concetto del discorso # at capì? = hai capito? (spesso usato come interiettivo).

caplavù (s. m.). capolavoro, opera d’arte. Ma anche -nel linguaggio degli operai finiti- l’opera dimostrativa che si presentava al datore di lavoro per provare la propria abilità. # at finì ‘s caplavù? = hai finito quell’opera d’arte? (spesso ironicamente).

caplè1 (s. m.). cappellaio, professione molto diffusa nell’alessandrino, ancor prima che iniziasse la lavorazione industriale della Borsalino (per cui -anzi- gli artigiani hanno costituito la prima base della maestranza).

caplè2 (v. tr. e -assol.- intr.). prendere un abbaglio, sbagliare marchianamente qualcosa.

caplén-na (s. f. dim di capè). cappellino, cappello di paglia, paglietta.

capméister (s. m.). capomastro, che anche dicesi capomaestro, colui che a pattovito prezzo prende a costruire fabbriche o altri muramenti, provvedendo i muratori, e ogni altro lavoratore, e talora anche i materiali.

capón (s. m.). cappone. * Fig. frinzello, segno troppo visibile di rimendatura o per esser stata mal fatta, o per l’impossibilità di farla meglio.

capsturn (s. m.[dal franc. tourner?]). capogiro, vertigine.

capunè (v. tr.). castrare.

capunèra (s. f.). stia, gabbia per polli e capponi. * Fig. carcere.

cappunëtt (s.m.) involtini di verza.

car (s. m.). carro.

caragnè (v. intr.). piagnucolare, piangere sommessamente e nojosamente.

caramèla (s.f.) monòcolo, caramella.

carämba (s. m. scherz. [con gioco di assonanza fra lo spagn. caramba e l’it.). carabiniere.

caràssa (s. f.). pertica, palo di sostegno per le viti o i pomidoro.

carassè (s. f.). legnata, bastonatura.

caraté (s. m.). carrettiere. * Fig. forse per allusione ai modi non sempre petrarcheschi della categoria – zotico, maleducato.

caratonè (s. m.). carrettiere, chi guida il carrettone

carbón (s. m.). carbone.

carbunén (s. m.). carbonaio.

carbunèra (s. f.). carbonaia. * Fig. prigione.

cardansón (s. m.). credenzone, guardaroba.

carëssa (s. f.). carezza # a jo dacc dù carëssi =gli ho fatto due carezze. * Fig. carëssa a man saraja = pugno.

carestiùz (agg.). careggiante, chi tiene alto il prezzo della merce che vuol vendere.

carëtt (s. m.). carretto. * carëtt ans’er moli = carretto montato sulle molle, o balestre, onde rendere più confortevole il viaggiare.

cariè (v. tr.). caricare. * Fig. cariè ‘[d ligna verda] = dare un fracco di legnate.

cargnàss > crèpa

carimà (s. m.). calamajo, vasetto, di varie forme e materie, con entro inchiostro, in cui s’intinge la penna per scrivere.

carmàssa (s. f.). donna sciata e cattiva.

carmassà (s. f.). > crèp

carnaró (s. m.). carniera, tasca dei cacciatori per riporvi la preda.

carnón (s. m.). uomo alto e aitante, fusto.

carómba(s.f.) carabiniere

caròssa (s. f.). carrozza.

carossén- carussén (s. m. dim del prec.). carrozzino. * Fig. scrocco, scrocchio, che consiste nel dare o prendere cose a sconvenevole prezzo con iscapito notevole di chi la riceve o la vende.

carossèra-carùssèra (s. f.). rimessa per riporvi la carrozza.

caròtula (s. f.). carota, pianta che ha radice giallo-rossiccia, di buon gusto, e che si mangia cotta. * Fig. fiaba, bubbola (e si dice piantacaròtuli chi suole dirne).

carsént (s. m.). lievito, piccola dose di pasta, la quale, tenuta in serbo a un certo grado di calore, s’inacidisce ed acquista la proprietà di comunicare all’intera massa della pasta, con cui s’intride, la necessaria fermentazione.

carsón (s. m.). crescione, erba che nasce in riva ai fossi, buona da mangiare.

carsular (s. m.) calzolaio, artiere che fa calzari di pelle, di cuoio o d’altro.

carta (s. f.). carta. # carti [a] quarantótt = in malora, a catafascio #i me prugètt, i son finì a carti quarantótt = i miei progetti sono miseramente sfumati nel nulla.*1 col significato di documenti. # Fè ‘r carti = approntare i documenti necessari. *2 (pl.) col significato di carte da gioco, spesso anche usate per divinare il futuro. # Fè ‘r carti = leggere il futuro nelle carte. *3 carta süpa = carta assorbente. Carta sugante, dicesi quella che, per essere sottile e senza colla, non è atta allo scrivere, ma, distesa sulla scrittura, suzza alquanto l’inchiostro. Adoprasi specialmente su fogli cuciti in quaderni, registri, e simili, dove occorra un frequente interpolato scrivervi ora in un luogo, ora in un altro, dello stesso quaderno; nei quali casi l’uso della polvere riesce incomodo e lento.

cartiglòria (s. f. pl.). Charta gloria. Cartegloria, carte che si tengono sulla mensa dell’Altare, contenenti il Gloria, il Credo, ed altre preci a comodo del Sacerdote.

cartlón (s. m.). cartellone, portante avviso, iscrizione ecc.

carusseréja (s.f.) carrozzeria, officina per riparare le carrozzerrie delle automobili.

carùss (s. m.). carro funebre, furgone adibito al trasporto dei morti.

caruvòn-na (s. f.). carovana. * Fig. lunga tribolazione.

carvè (s. m.). carnevale, tempo destinato ai divertimenti. che dura dall’Epifania alle Ceneri.

carzà (s. f.). carreggiata. (anche Fig.)

cazàca (s. f.). casacca. * Fig. [votè – vutè] casàca, voltar gabbana.

cazàsa (s. f.). cimitero, camera all’interno del Cimitero, dove sostano i morti in attesa della sepoltura.

caschè (v. intr.). cadere. * Fig. calzare (degli abiti o sim.). # ‘sta giàca la càsca ben = questa giacca mi calza bene.

casaróla – .casaróra (s. f.). casseruola, vaso non molto cupo: fondo uguale alla bocca: questa senz’orlo, manico laterale, fermo diritto, lunghetto. Ponesi sul fornello per cuocervi vivande.

casén-na (s. f.). cascina; spesso anche fienile . # bìtè ‘l fén ans ‘la casén-na = metter fieno in cascina, (fig.) risparmiare per il futuro.

casinòt (s. m. dim. del prec.). Piccola cascina. # Fig. mangèss el casinòt = impegnarsi in un’ impresa troppo al di sopra delle proprie possibilità in modo da rovinarsi finanziariamente.

cassóra (s. f.). cazzuola, arnese con cui il muratore va pigliando successivamente dalla nettatoja, o dalla sparviere, e anche dal giornello, la calcina nell’opera del murare, dell’intonacare ecc. » una lamina di ferro, piana, triangolare, col còdolo due volte ripiegato a squadra, e corto manico di legno.

cassú (s. m.). mestolo. * Fig. [fè] cassú = far groppo, dicesi di certo contorcimento di labbra che fanno i bambini quando vogliono incominciare a piangere.

cassülèra (s. f.). mèstola, arnese che ha qualche somiglianza al ramaiuolo, ma è pochissimo concavo, bucherato, a uso specialmente di schiumare la carne che si fa lessare, o di trarre checchesia dalla pentola, lasciatane scolare la parte liquida.

castagna (s. f.). castagna. # castagni bujiji = sùcciole, ballotte.

castér (s.m.) carcere, penitenziario.

castrè (v. tr.). castrare, privare dei genitali, evirare.

castrén (s.m.) castratore, colui che castra gli animali.

castròt (s.m.) carcerato, colui che deve scontare una pena per aver commesso un reato.

catagoné (s. m.). colchico autunnale, pianta velenosa di color violaceo chiaro, contrazione di cat-ti ‘na gonéla [perchè il verno s’avvicina].

catalògna1 (s. f.). catalogna, varietà d’insalata.

catalògna2 (s. f.). coperta di lana.

catanài (s. m.). individuo confuso e pasticcione, anche cianfrusaglie o cose di poco prezzo e di scarsa utilità.

catén (s. m.). catinella, bacile, vaso di majolica, di forma quasi emisferica, a uso specialmente di lavarsi le mani. Altrimenti bacino, bacile, vaso di terra, o di metallo, poco cupo, di forma rotonda o ovale, con un incavo e seno nel lembo, per accomodarlo al collo, onde insaponare la barba colla mano quando ciò non fassi col pennello.

catërli (s. f. pl.). zacchere, pillàcchere, schizzi di mota, (sbréns ‘d fònga), che altri, in andando, si getta di dietro, sulle calze, o di cui s’imbratta il lembo del vestito. Con quel nome vengono pure dal nostra volgo figurativamente chiamate talune donne, forse perchè talora di vita non senza macchie, alle quali di soverchio talenta l’andare a zonzo senza che né da intemperia, né da sera anche avanzata ne vengano menomamente trattenute. S’ode perciò tratto ripetere: che catërli ‘d doni! Basta chi vagu a raclè (giranzare) i n’ hon abastansa.

catèrva (s.f.) catasta, molto, assai.

catìv (agg.). cattivo.

caudéra (s. f.). caldaja, vaso (di rame) grande e cupo, di fondo più stretto che la bocca; iniun manico; al più due maniglie, o ferme o pendenti, per sollevarla e collocarla sul fornello, o su altro simile muricciolo, fatto a posta.

caudrén (s. m.). pajuolo, a pareti perpendicolari al fondo; e perciò questo di uguale grandezza che la bocca; orlo tondo internamente rafforzato con un’anima di ferro; manico arcato girevole; coperchio piano che cuopre senza agguantare.

caulifiùr (s. m.). cavolfiore. Cavolo fiore, sorta di cavolo i cui numerosi e fitti fiorellini formano una bianca nappa tondeggiante, o palla, la quale cotta mangiasi in insalata, o in salsa, o altrimenti.

causén-na (s. f.). calce, particolar terra che si cava dalla pietra calcarea, separatone per cottura in fornace l’acido carbonico e l’acqua di cristallizzazione. La calce serve a far calcina per murare.

causëtt (s. m.). calza, ed al plurale calze e calzette, vestimento delle gambe fatto a maglia. # causëtt facc au tlar = calze tessute e diconsi quelle che furono fatte al telaio dal calzettaio, e sono cucite didietro in tutta la loro lunghezza. causëtt a l’agúgia = calze coi ferri, e sono quelle così fatte a mano dalle donne e senza cucitura. causëtt a zur (dal franc. à jour) = calze traforate quelle, cui per ornamento si lasciano trafori, specialmente sul collo del piede, siano esse fatte al telaio, oppure coi ferri. causëtt a la scagàssa = calze a cacajuola, dicesi di quelle, che non legate, ricadono verso il collo del piede, o mal legate s’allentano e s’increspano lungo la gamba. Ciò si impedisce mediante l’uso delle legacce.

causinàss (s. m.). calcinaccio. * Fig. causinàss [di denc] = roccia, tartaro, gromma che imbratta i denti.

causinèra (s. f.). calcinaia, fossa da calcina. * Fig. calcinaia, malattia del pollame.

caussàn-na (s. f.). collo della camicia, colletto.

cavà (s. m.). cavallo. # a cavà = a cavallo, sul dorso di qualunque animale # a cavà ‘d l’asu. = a cavallo dell’asino

cavagiòli (espr. idiom.). cavacecio.

cavàgna (s. f.). paniere, cavagno; Dim; cavagnén = piccolo paniere.

cavagnè (s. m.). cestaio, chi fabbrica e vende ceste. Impagliatore di damigiane.

cavagnó (s. m.). paniere, vaso intessuto di vinchi, poco cupo, con due ferme maniglie in arco. Nel paniere il manovale porta al muratore pietre e mattoni.

cavàla (s. f.) [per bati ‘r gr‰n]. coreggiato, arnese fatto di due bastoni, cioè del manfanile, che è più grosso e come il manico, della vetta che è più sottile, e della gambina che è una striscia di cuoio che tiene uniti i due bastoni.

cavalët (s. m.). cavalletto. * Fig. incapace, specie a cimenti sportivi.

cavéster (s.m.) piccolo pezzo di corda.

cavì (s. m.). capello, ogni pelo del capo umano.

cavìcc (s. m.). cavicchio, legnetto dall’una parte appuntato a guisa di chiodo, che si pianta nel muro e negli armadj per attaccarvi qualche cosa.

cavièra (s. f.). capigliatura, l’insieme dei capelli.

cavìgia (s. f.). caviglia, noce del piede. * cavicchio di legno, soprattutto il piantatoio dell’ortolano.

cavión (s. m.). bandolo, il capo esteriore del filo della matassa.

cavulfiù > caulifiùr

cazén (s. m.). casino, casa di tolleranza, postribolo. Oggi è parola molto usata per significare confusione.

cazòtt (s. m.). casotto, capannuccia; per eufem. in sostit. di cazén, onde anche confusione.

cédél (s.m.) rumore

cëpp (agg. e avv.). tiepido, tra caldo e freddo.

cèssu. (s. m.). cesso, servizio igienico. (Fig. volg.) = luogo brutto e inospitale, ma anche -addirittura- persona orribile # ‘sa dona l’è’n cesu.

céza (s. f.). chiesa. # céza d’j Abré = sinagoga.

ch’… (cong. euf. simile al cinquecentesco che, da premettere a pron. pers. in forma implicita) # ch’al era = era; ch’us figüa = si figuri ecc.

chënt (s. m.). conto.

chën-na (s. f.). culla, letticciolo per bambini lattanti, fatto d’assicelle e sorretto su due arcioni (pé ‘dra chën-na>). Dicesi zana la culla intessuta di vetrici come una paniera.

chën-ni (s. m.). cuneo, bietta. * anche conio, quaderletto, specie di gheroncino tra le due staffe a ciascun lato della calza, ed è lavorato tutto di un pezzo con essa. Città di Cuneo.

chetè (v. tr.). quietare.

chi (p. interr.). chi?

chic (agg. indef. [pron. m. chic-a-d’eun; n. chic-còs]. qualche.

chichè (v.tr.) prendere, afferrare

chinchè (s. m.[dal franc. quinquet ]). lumiera, lampadario.

chìpju (s.m.) omosessuale.

chiqué (s. m. [der. prob. da chi ch’u j’è] vedetta, luogo alto costruito in mezzo alle vigne, dove si colloca chi fa la guardia all’uva.

chiri (s. m.). mantello con maniche.

chirla (s.f.) trottola.

chitàra (s. f.). chitarra. Volg., anche gaba.

chmè>cmè

ciabòt (s. m.). baracca, casa modesta.

ciaciarè (v. intr.). chiacchierare.

ciaàciari (s.f.) chiacchiere, discutere su argomenti futili, di poca o nessuna importanza, pettegolezzi.

ciammarlè > ciaramlè

ciambra (s. f.). fischiata, derisione strepitosa fatta contro altri con fischij o grida.

ciambrän-na (s. f.[dal franc. chambranle]). intelaiatura di uscio o finestra.

ciamè (v. tr.) chiamare; chiedere.

ciapa1 (s. f.). toppa, pezzo di panno lino, lana, o altro che si cuce in sulla rottura di vestimenta, o di che sia d’altro di simile stoffa. # ciapa da strugè u rasù = barbetto o barbino, pezzo di pannolino, su cui si va nettando il rasoio nel far la barba.* Fig: pezza, riparo eseguito alla bell’e meglio. # Bütej ‘na ciapa = aggiustarla alla meglio.

ciapa2 (s. f.).chiappa, natica > .

ciapacän (s. m.). accalappiacani.

ciapaciapa (s.f.) molletta, pinzetta ferma biancheria, anche gran confusione.

ciapamùschi (s. m.). carta moschicida, striscia di carta collosa che intrappola le mosche che vi si posino sopra, e serviva di solito per proteggere vivande o la stessa tavola.

ciapaquaji (agg. e s. m.). ingenuo, che si lascia facilmente abbindolare.

ciapè (v. tr.). prendere, raggiungere; nel primo caso dicesi ciapa succhÏ = prendi questo; nel secondo: cur, t’al ciapi ancura = corri, che lo raggiungi ancora.

ciapèla (s. f.). mezzana; essa è simile al mattone, ma di minore grossezza. Se ne sogliono ammattonare i pavimenti delle stanze.

ciapén (agg.). furbo, astuto. * Per ant. il Diavolo. #savéini pù che Ciapén = esser più furbo del Diavolo.

ciapiléra (s.f.) tagliere, tavola di legno duro su cui si trita con la mezzaluna

ciapòt – ciapùt (s. m.). pasticcio, pottiniccio, qualsiasi lavoro donnesco mal fatto, sie esso di calza o di ricamo o d’altro simile. * per estens. pasticcio, lavoro eseguito confusamente e affrettatamente.

ciapotè (v. intr.) . cincischiare, far male alcuna cosa, guastarla per mancanza di abilità o pratica.

ciapp (s. m. pl.). uova sode, che, divise in due, mangiansi in insalata. * cocci, pezzi di vasi di terra cotta o maiolica rotti; s’usa dire perciò ad un saccente romp nénta i ciapp = non rompere le scatole. * Fig. volg natiche.

ciappacän > ciapacän.

ciappè > ciapè.

ciapùlla (s. f.). pesca o mela spaccata per metà e disseccata. Plur. ciapùli.

ciapülè (v. tr.). tritare con la mezzaluna.

ciapülóura (s. f.). Mezzaluna, specie di coltella curva, tagliente dal lato convesso, e i cui due capi, che finiscono in còdolo, sono ficcati e ribaditi in due impugnature o manichetti di legno verticali. Essa si adopra dimenandola sul tagliere con ambe le mani a modo d’altalena.

ciarabatlè > ciaramlè.

ciaràfi – ciarafuli (s. f. pl.). bazzecole, piccole masserizie.

ciaramlè (v. intr.). trattamellare, perdersi in ciance.

ciarlatón (s.m.) ciarlatano, persona di poca credibilità.

ciarluchè (v.tr.) agitare

ciav1 (s. f.). chiave, che serve per aprire la serratura della porta.

ciav2 (s. f.). catena. Così per similitudine dell’effetto prodotto, dalle vere catene, chiamasi una spranga di ferro che unisce due muraglie e le tiene salde, mediante un lungo paletto (punsón) conficcato e imbiettato in ciascuno dei due occhi o maglie, con che termina ciascuna estremità della catena. Le catene sono incastrate particolarmente nelle fiancate degli archi e delle volte.

ciavè (v. tr. volg.). avere rapporti sessuali (ma l’espressione ha sempre un sottotesto spregiativo).

cìbàto (agg.) ottimo, situazione ottimale. Fig. l’è ‘n cibato = è una pacchia.

cicatriz (s. f.). cicatrice.

cicc-lachè (v. tr.). agitare, pastrocchiare.

cicién (s. m. scherz). carne bollita.

ciciénbujÏ (agg. [da cicién bujÏ = carne bollita]). dicesi di uomo gracile, mancante di robustezza.

cicinén (s. m.). piccola quantità. # in cicinén ‘d pän = un minuzzolo di pane.

cición (s.m.) succhiotto.

ciciuì (agg.). smilzo, ossuto, mingherlino. * Per ant. il fante di picche nel gioco omonimo, che consiste appunto nel distribuire ai giocatori tutte le carte del mazzo meno i tre fanti di cuori, quadri e fiori, in modo che i giocatori accoppino e scartino via via tutte le carte, meno quell’ultima: chi se la trova in mano a gioco esaurito paga pegno.

cichè1 (v. intr.). tabaccare, fiutare o masticare tabacco.

cichè2 (v. tr.). ciccare, sbagliare grossolanamente un bersaglio (reale o metaforico).

cichè3 (v. intr.). perdere la pazienza, indispettirsi.

cichëtt (s. m.). bicchierino. * Fig. rimbrotto.

Cichén (n.pr.m.) Francesco

Cichìna (n, pr, f.) Francesca

cichìna (s. f.). figura barbina.

ciculatè (s. m.). cioccolataio. # l’è ra figüra du ciculatè = far figura barbina (pare allusione alla figura fatta da Vittorio Emanuele II al suo rientro a Torino, quando dovette farsi prestar la carrozza di gala -appunto- da un noto fabbricante di cioccolata).

ciflada (s. f.). fischiata. * Fig. Pubblica presa in giro, di solito eseguita inseguendo il malcapitato per la strada e fischiandogli dietro.

ciflè (v. tr. e intr.). fisciare; fischiettare.

cÏmbali [éssi an] (espr. idiom [dal lat. eccl. in cymbalis ]). essere alticcio, brillo per troppo vino bevuto.

cimè (v. intr.). gemere, trasudare, dicesi di recipiente da cui stilla il liquido che contiene.

cimentè (v. tr.). provocare, stuzzicare.

cimpè (v. tr. e intr.). sbevazzare.

cinclén (s.m.) piccolo uccello

ciò (s. m.). chiodo.

ciòca – ciùca (s. f.). ebbrezza, ubriacatura. # piè ‘na ciùca = ubriacarsi.

ciòma (s. f.). chioma.

cionción (s. m.). pungolo.

cioncionè – ciunciunè (v. tr.). stimolare violentemente colla mano chiusa o con bastone appuntato per far camminare.

ciónta (agg. indecl. anche sost.). stupendo,centrato, giusto in senso figurato. # che ciónta! = che meraviglia!.

ciòrnia (s. f. volg.). vulva, organo sessuale femminile. * Fig. prostituta.

ciòsp (agg.). cieco, miope.

ciòspa (s. f.). sigaretta.

cìpja (s.m.) pesce, scherzosamente cipij per indicare piedi particolarmente abbondanti.

ciréza>sirésa (s.f.) ciliegia

ciribicòcula (s. f. scherz.). testa. # ui gira ra ciribicúcula = gli gira la testa.

cirigà (s. f.). chierica, tonsura, tosatura circolare dei capelli che si fa sulla sommità del capo ai chierici, ai preti ed ai frati.

cirighén (s. m.dim.). chierichetto. * Fig. Uova in padella, dette anche uova affrittellate, chiamansi quelle che son fatte cuocere in padella con olio, burro o strutto, con andar ragunando, ripiegando e a dir cosÏ rimboccando la chiara sopra il tuorlo, sÏ che questo ne rimanga interamente coperto, e l’uovo intero ridotto a forma di frittella.

cirimèla (s. f.). lippa, gioco da ragazzi che consiste nell’alzar da terra -con un colpo di bastone- un altro pezzo di bastone preventivamente affusolato sulla punta, e colpirlo prima che ricada. Anche donna di facili costumi.

cirlén (s. di solito femm.). cara, carina (come vezzeggiativo).

cirùla (agg. spesso sost.). scemo.

cit (agg.). piccolo. # a l’è tontu cit = Ë cosÏ piccolo. Spesso, in ling. fam., il vezzegg. citén # l’è propi citén = Ë proprio piccolino.

cÏtu (avv. [dal franc. chut]). zitto!. Onde # stè cÏtu = tacere.

ciüccè (v. tr.). succhiare. * Fig. spesso assolutamente: bere.

ciùc (agg.). ubriaco. # ciùc ‘me ‘na rata = ubriaco fradicio (lett. come un topo).

ciùca (s. f.). ubriacatura.

ciucalén (s. m.). campanello.

ciucarlón (s. m.) ubriacone.

ciuchè (v. intr.). ribellarsi, arrabbiarsi. Far valere le proprie ragioni ad alta voce, con veemenza.

ciüciòira (s.f.) caramella

ciùciu (s. m.). mazzocchio, formato coll’avvolgere assieme i capelli della parte posteriore del capo delle donne, che costituiscono il tignone.

ciùdén (s.m.) chiodino.

ciuénda (s. f.). siepe; steccato, recinto di legno o canne relativamente solido.

ciüflón (s. m.). rigatone, tipo di pasta.

ciùla (agg. e sost).membro virile. * Fig. sciocco. * Anche l’accr. ciulón o il deriv. ciulandàri.

ciularò (s. m.). zimbello, specchietto delle allodole; fregatura.

ciulè (v. tr.). abbindolare, ingannare. * volg. fottere.

ciunciunè > cioncionè

ciurén (s. m.). fiocco, nodo fra i capelli * Fig. ragazzetta, che porta le treccine. Parlando del manzo si intende la parte finale del muscolo e l’inizio del tendine.

cizi (s.m.) cece; # pasta e cizi = pasta e ceci.

clàc (s.m.) soprascarpe di gomma.

cliént (s. m.). cliente, avventore.

c’luch (s. m.). gufo, uccello notturno.

c’luchè (v. tr e intr.), agitare; tentennare; ciurlare nel manico.

clumbèn (s.m.) fungo prataiolo.

cmarè (v. intr.). ciarlare, perdere il tempo chiaccherando colle donne vicine o colle amiche lontane.

cmari (s. f.). comare; *Fig. donna ciarliera e pettegole.

cmè-chmè (avv. modale o interr.). come; come? # cmè c’ut smeja = come ti pare; cmè ‘t disi? =come dici?

cmensipiè (v. tr.). iiniziare, incominciare.

cmesisséia (avv. [cmé si seja= come che sia]. comunque, in qualunque modo, alla bell’e meglio.

cmònd (s. m.). ordine; comando.

cmònda (s. f.). ordinazione.

cmondè (v. tr.). comandare; (in loc. pubbl.) ordinare # at zà cmandà? =hai già ordinato?

(s. f.). cote.

cócc (part. pass. di cósi). cotto.

cócia (s. f.). cottura, disponibilità ad esser cotto. # essi d’ bonna cócia = esser cottojo; dicesi di legume che cuoce facilmente.

còmp (s. m.). campo. # còmp ‘d meira = campo di granoturco; còmp ‘d tumatichi = piantagione di pomodori.

còmud (s. m.). comodo,comodità. # con tò comud = con tuo comodo. Anche gabinetto.

còn (s.m.) cane; femm. cagna. Fig. cagna magra = persona con scarse disponibilità.

continenza (s. f.). c. umerale Ë quella lunga striscia di drappo, larga circa mezzo metro, che i sacerdoti portano sulle spalle e che pende loro davanti,con cui tengono involto il piede dell’ostensorio quando danno la benedizione col Santissimo Sacramento e portano il Viatico agli ammalati.

contraltar (s. m.). paliotto, Ë un telajo di broccato a ricami o di stoffa di seta, o altro, che si mette dinanzi l’Altare per coprire o per ornamento.

cònva (s.f.) cantina.

cór (s. m.). cuore.

cordón-curdón (s. m.). cordone; cingolo. » quella cordicella con due nappe alla estremità, con cui il Sacerdote cÏngesi i fianchi mettendolo sopra il camice.

córn (s. m.; pl.: córni). corno. * Fig. calzante. Calzatoja, striscia di pelle, oppure pezzo di corno concavo e ricurvo, con che si ajutano a calzare le scarpe coloro i quali, con men buono consiglio, le voglion strette.

corporàl (s. m.). corporale, Ë quel panno lino insaldato che il Sacerdote stende sopra la tovaglia dell’Altare, dinanzi al Tabernacolo, e su cui si pone il Calice e l’Ostia allorquando si dice la Messa.

corté – curté (s. m.). coltello. * Trincetto, strumento che serve al calzolaio di coltello, per tagliare il suolo e il cuoio. » una lama d’acciaio non manicata, larga presso due dita, lunga però più d’un palmo, alquanto curva in ambedue i versi, tagliente da una sola banda, prsso una delle estremità.

cóssa (s. f.). coscia. # ‘na cóssa ‘d pulaster = una coscia di pollo.

còsti (s. f. pl.). bietole, principale nervatura di certe foglie che si mangiano cotte.

còtta (s. f.). cotta. » una veste simile al roncetto, ma meno lunga, e con maniche larghe che scendono fino al gomito e vestesi dai preti semplici e dai chierici.

cóua (s. f.). coda.

cóud (agg.). caldo. # bagna cóuda = sugo caldo. Piatto tipico piemontese.

cóuza (s. f.). causa, nel signif. proprio del termine.# a cóuza mea = a causa mia; e nel signif. giuridico = lite, citazione. # at fass cóuza = ti faccio causa, ti cito.

cóuss (s. m.). calcio, colpo dato col piede.

cracchéra (espr. idiom.). sfoggiarla, vale vestire pomposamente e con lusso. Dicesi anche del molto spendere in altre cose di grande appariscenza.

cràcia (s. f.). lerciume, morchia, feccia. # cràcia ‘d l’óri = morchia dell’olio

cràva1 (s. f.).capra.

cràva2 (s. f.). pietica, cavalletto per tenervi ferma la legna che si vuole segare.

creada (s. f. [dallo spagn. criada ]). cameriera che serve la padrona e l’assiste.

crëdi (v. tr.). credere, ritener vero. # crëdji nénta = non crederci.

créja (s. f.). grida, bando. # fè la créja = pubblicare una notizia.

crén1 (s. m.). crine.

crén2 (s. m.). maiale.

crën-na (s. f.). cruna.

crèpa (s. f.). screpolatura

crèp (s. m.) – stramazzata, violenta caduta in terra.

crepè (v. tr.). crepare, screpolare. # a crèpa ponsa = a crepa pancia, in modo esagerato. *Volg. per morire, schiattare.

cretén (agg.). cretino.

crétòn (s.m.) tipo di tessuto pesante

cribiè (v. tr.). setacciare, passare al crivello, setacciare

crica (s. f.). cricca, combriccola, adunanza di gente che si propone di far cose non lecite.

crich (s. m.). martinello, piccola macchina colla quale, si rimuovono grandi resistenze per un piccolo spazio. » un pezzo di travicello lungo circa un braccio avente longitudinalmente un’interna vite, terminata esteriormente in una specie di gruccia che si sottomette al peso, la quale nel farsi girare a forza di leve, messe in certi anelli, fa uscir fuori la vite, e sollevare di altrettanto il sovrapposto gravissimo peso.

criè (v. intr. e tr.). gridare (intr.). # criè ‘cme ‘n matt = urlare come un pazzo. * sgridare (tr. ). # u m’ha crià = mi ha sgridato.

crignolén (s. m.). crinolino, che E’ evidentemente composto dalle voce crine e lino, chiamano un particolare tessuto, il cui ordito è di lino e più comunemente di filo di cotone, e il ripieno è di crino bianco, ad uso di farne un corto sottanello, il quale, perchè soffice ed elastico, impedisce che il sovrapposto vestito non istia mucido e cascante, ma gonfio e rilevato. Chiamano anche crinolino la sottana stessa, fatta di quel tessuto.

cristè (v. intr.). imprecare, bastemmiare. # famm nénta cristè! = non farmi imprecare!

crivéla (s. f.). gheppio, uccello che cova sulle torri. * Fig. penuria, povertà. # fè ‘d ra crivéla = far la fame.

crivlè (v. tr.). sforacchiare, vagliare, crivellare. * Anche fig., crivellare. # crivlè ‘d feridi = crivellare di ferite, pugnalare ripetutamente.

crovè (v. intr.). cadere, dicesi delle foglie e dei frutti che naturalmente si staccano dai rami. * Fig. aver gran voglia, perdersi dietro qualcosa. # crovè ‘n s ra roba = struggersi dietro la ricchezza che non si ha.

cròza (s. f.). crociera, incrocio di strade. *Ad Alessandria -per antonomasia- la Cròsa è via Ferrara.

crú (agg.). crudo.

cruàta (s. f.). cravatta; sciarpa (l’aless. non fa distinzione tra la cravatta vera e propria -che per altro il popolano non usa- e qualsiasi cosa che venga avvolta al collo, onde proprio la sciarpa).

crución (s. m.[dal franc. croùton?]) [‘d pan]. tozzo, orliccio [di pane]. Con lo stesso nome sono conosciute le fette biscottate.

cruè (v. intr.). cadere, scrostarsi. # ùi cróua tïcc i cavì = gli cadono tutti i capelli. * Per estensione il verbo prende il signif. di agognare, desiderare ardentemente. # ùi cróua adréra, a sa cà = la desidera fortemente, quella casa.

crujè (v. tr.). e (rifl.) crujess. coricare, coricarsi. Spesso con signif. eufemistico per ammalarsi . # crujà ”nt u lecc = allettato.

crúss (s. f.). fiasco di terra per contenervi birra.

crussén (s. m.[dal franc. crochet]). uncinetto.

crússi (s. m. pl). corrucci, tristezze.

crustén (s. m.). crostino, pezzo di pan secco.

crutón (s. m. [prob. accr. dal piem. cròta = cantina]. carcere di soldati.

crùz (s. f.). croce. * Fig. affanno, preoccupazione # t’ ei ‘na crùz = sei una croce, una preoccupazione.

cruzéra (s. f.). quadrivio, luogo dove rispondono quattro strade, ovvero, dove due strade, coll’incrociarsi, ne formano quattro.

csichÏ (avv.). qui.

(s. f.). cote, pietra per affilar ferri.

(s. m.). culo, natiche, parti carnose e prominenti del deretano, chiappe. # ciapa dar cú = natica. * Fig. # cú ‘d sac = angiporto, via stretta senza uscita. * Volg. cú rutt = fortunato.

cuatè (v. tr.). coprire, riparare. * Dicesi anche dell’accoppiamento tra animali. # fè cuartè ra gata = far accoppiare la gatta.

cùbia (s. f.). coppia, pajo. # cùbia ‘d cavà = pariglia.

cubiè (v. tr.). accoppiare.

cúca (s. f.). chicca. * Nel ling. corrente ogni cosa che faccia piacere. # l’è’na cúca = è una cosa splendida

cucalén (s. m. pl.). bozzoli del baco da seta.

cuccàla (s. f.). gallozza, escrescenza di alcuni alberi da ghiande in forma di pallottola.* Globetto che fa la piova cadendo nell’acqua.

cüchè (v. tr.). sorprendere; far fesso.

cùccu (s. m.). veggio, caldanino, vaso di terra cotta con manico pure di terra, curvo, elevato fermo ai due punti opposti della bocca. Tiensi fra le mani per iscaldarsele.

cucón-na (s.f.) fungo ovulo reale

cùcu (s.m.) cucùlo, uccello dal cui verso ha preso il nome Fig. credulone.

cücúmer (s. m.). cetriuolo, piccolo cucurbitaceo, bislungo, a buccia sparsa di cossi o bernoccoli. Mangiasi sottilmente affettato e crudo, in insalata.

cùdga (s. f.). cotenna. # cùdga du lard = cotenna del lardo, è la cute del maiale, dalla quale il lardo è ricoperto. * Fig. sciavero, la prima e l’ultima asse o pancone, che la sega recide da un toppo, o anche da una trave non direttamente squadrata. Gli sciaveri sono necessariamente imperfetti nella loro lunghezza e grossezza: una sola delle due facce Ë piana, perchè la sola formata dalla sega.

cudghén (s. m. dim. del prec.). cotechino. Salsicciotto, sorta di grossa salsiccia serbevole divisa in rocchi con legatura di spago, e fatta in gran parte con scelta cotenna sminuzzata, condita talora con molto aglio.

cùdia (s. f.). cotica. * Per anton. la coramella per affilare il rasoio.

c’uén (agg. [prob. da ch’el ven]). prossimo. # ani c’uen = anno prossimo; meis c’uen = mese prossimo.

cuerpié (s. m.). coltroncino, trapunta, copripiedi. > traponta – trapuntén.

cuèrta (s. f.). coperta.

cügiàr (s. m.). cucchiaio, strumento di figura ovale e concava per lo più di metallo, e tutto d’un pezzo col manico; serve a mangiar la minestra e alcuni altri alimenti o liquidi o di poca consistenza. * Dim. cügiarén = cucchiaino. * Accr. cügiarón = cucchiajone, È un cucchiaio più grande che quello da posata, e che serve a prendere dal piatto e porre sul tondino la desiderata porzione di pietanza o di minestra asciutta.

cugnòsi > cunòsi.

cujón (s. m.). testicolo. * Per estens. imbecille.

cujunè (v. tr.). abbindolare, prendere in giro.

cùl (pron e agg. dim.). quello.

cülatén (s. m.). culatello del salame. * Fig. pederasta.

culén-na (s. f.). collina. > bric2.

culònder (s. m.). confetto.

cùlp (s. m.). colpo, esplosione. # l’ha facc cùlp = ha fatto colpo, ha ottenuto lo scopo. * Fig. eufem. colpo apoplettico, o comunque accidente # uj ha pià ‘n cùlp = ha avuto un colpo.

culùr (s. m.). colore. # culùr der pomruzià = colore della mela macchiata, cioè ruggine.

cumèrcc (s. m.). commercio. * Fig. e più frequentem. traffico, viavai. # uj è ‘n gran cumèrcc = c’è gran traffico.

cumudè1 (v. intr.). accomodare.

cumudè2 (v. intr.). cucinare in umido. Onde cumudè vale per qulsiasi piatto del tipo stufato, brasato ecc.

cuncèrt (s. m.). concerto. # ün cuncèrt ‘d campänni = un concerto di campane

cunchëtt (s.m.) abbeveratoio, vaschetta in cemento per abbeverare le galline

cunfessión (s.m.) confezione.

cunfissión (s. f.). confessione.

cunfüsión (s. m.).confusione.

cunì (s. m.). coniglio, mammifero dell’ordine dei rosicchianti simile alla lepre.

cunòsi – cugnòsi (v. tr.). conoscere.

cùnsèrva (s.f.) conserva, passato cotto di pomodoro.

cunservassión (s. f.). conservazione.

cüntè (v. tr.). contare; # cüntè di sold = contare dei soldi; raccontare # cüntè ‘na bèla storia = raccontare una bella storia.

cuntént (agg.). contento.

cuntentè (v. tr.). accontentare.

cuntër (s. m.). contatore (dell’elettricità, del gas, dell’acqua ecc.).

cuntrà (s. f.). strada, contrada. * Per anton. ad Alessandria la Cuntrà Larga era l’attuale via dei Martiri

cuntrulè (v. tr.). controllare.

cunussénsa (s. f.). conoscenza,

cunvéni. (v. intr.). convenire, far comodo.

cunveniént (part. pres del prec. usato come agg.). conveniente.

cùp (s. m. spesso usato al pl.). tegola, tegolo, lavoro curvo di terra cotta, lungo due o tre spanne, arcato per lo lungo. I tegoli servono a coprire il tetto.

cùpa (s. f.). cùppa; còppa. Il dial aless. non fa distinzione nella identificazione dei due termini, che invece l’it. distingue attraverso l’accento. Avremo quindi: ‘na fëta ‘d cùpa = una fetta di còppa, come a juma guadagnà la cùpa = abbiamo vinto la còppa.

cupé (v. tr.). uccidere, accoppare. * Il rifless. cupèss = suicidarsi. # cùpti! = va’ in malora!

cupëtt (s. m.). nuca, occipizio, parte posteriore del collo.

cùpi (s. f. pl.). coppe, il seme dei tarocchi. E, per consuetudine di quel gioco # piè u doi da cupi = andarsene, partire.

curadéla (s.f.) coratella, ovvero cuore, polmoni e milza di piccoli animali da cortile.

curagi (s. m.). coraggio. # curagi, fiói, scapuma! (detto proverbiale a indicare in colui di cui si parla -appunto- assai scarso coraggio) =coraggio, ragazzi, scappiamo!

curàm (s. m.). cuoio.

curéja (s. f.). cinghia, correggia di cuoio.

curénta (s. f.). corrente, correntone, ballo di origine contadina, poi passato alla musica dòtta, ma che in Piemonte è rimasto nella tradizione popolare. Onde spesso vale danza tuot court.

curëza (s. f.). scorreggia, peto, flatulenza di corpo.

cùrgnò (s.m.) prominenza, corgnolo.

cùri (v. intr.). correre.

curidùr1 (s. m.). corridoio.

curidùr2 (s. m.). corridore.

curidùra (s. f.). passatoia. Per il plur. > curidùri seg.

cüriosè (v. intr.). curiosare, spiare, guardare attorno.

cürléira. (s. f.). smagliatura, serie di maglie scappate.

curmaró – culmaró (s. m.). colmo del tetto.

curnàcc (s. m.). cornacchia, uccello abbastanza comune di colore generalmente nero a riflessi cangianti. # nejer ‘me ‘n curnàcc = nero come un corvo. * Fig. anche nel sign. di colui che porta male o sim. (il corvaccio manzoniano). * Da ultimo, e come una specie di eufemismo, sostituisce a volte il seguente curnón.

curidùri (s. f. pl.). guide, che anche chiamano canali, son due regoli di legno sodo, con solco longitudinale a guisa di canale a fondo piano, sul quale scorre ciascun paio delle ruote semplici del letto. Le guide son poste sul pavimento trasversalmente, l’una da capo, l’altra da pié del letto. Ciascuna guida è divisa in due pezzi: uno è stabile, ed è lungo quanto è lungo il letto; l’altro è mobile per maschiettatura laterale, da poterlo disporre in linea retta col primo, quando il letto s’ha a far iscorrere, ovvero, da ripiegarlo parallelamente sÏ che stia sotto il letto, affinchè non facia ingombro o inciampo.

curnëtti (s. f. pl:). fagiolini, fagiuoli in erba, fagiuoli verdi, chiamansi i baccelli stessi ancora teneri da potersi mangiare insieme con gli interni fagiuoli non perfettamente maturi.

curnón (s. m.). cornuto.

cùrs (s. m.). corso. * Per antonomasia Corso Roma, la via più importante della città; in questo senso anche vasca, e fè la vasca = percorrere il Corso Roma più volte, soffermandosi a osservare le vetrine o a chiaccherare con gli amici che si incontrano.

cùrt (s. f.). cortile, corte nel sign. archit. del termine. # Luisén a l’è’nt la cùrt = Luigino è in cortile.

curté (s. m.). coltello.

curtlà (s. f.). coltellata.

cüssén (s. m.).cuscino, guanciale, specie di tasca, per lo più quadrata, ripiena di lana, di crino o d’altro, cucita dai quattro lati. Nel letto il guanciale ponesi sul capezzale, per adagiarvi la guancia, e tenere il capo più rialzato.Tiene anche sotto il sedere, sotto le ginocchia, sotto i piedi, contro le reni ecc. E per estensione chiamasi guancialino, cuscino, cuscinetto, ogni arnese che abbia la forma del guanciale, benchè serva ad altri usi diversi: guancialino da spilli, d’erbe odorose ecc.

cussiénsa (s. f.). coscienza. # l’è sensa cussiénsa = Ë di animo cattivo, crudele.

cùst (s.m.) costo, prezzo

custümè (v. serv.). solere.

custüpà (p. pass. usato come agg.). costipato, infreddato.

custüpassión (s. f.).costipazione, rafffreddore, influenza.

custüm (s. m.). usanza, pratica. # a l’è custüm… = si usa…

cutlà > curtlà.

cutlëtta (s. f.). cotoletta, bistecca. Costoletta, pezzo piano di carne, aderente ad una parte della costola dell’animale, e arrostito sulla gratella o in padella. Talora la costoletta si fa arrostire involtata in un pezzo di foglio oliato e chiamanla francesemente in papigliotta.

cütùlla (s. f.). fandonia, fiaba.

cüzén (s. m.). cugino.

cüzén-na1 (s. f.). cucina.

cüzén-na2 (s. f.). cugina.

cúzi (v. tr.). cucire. # a dev cúzi is braji = devo cucire quei pantaloni; cúzi ‘d surman = cucire a sopraggitto.

D

da (prep.). da. * Va poi segnalato che il dialetto alessandrino compone con la preposizione “da” tutta una serie di avv. e di prep. (e di loc. idiom.) che abbiamo elencato qui sotto:

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da bërla (loc. idiom.) .per celia.

dabón (avv). sul serio.

dadfóra (avv.). di fuori.

dadlà (avv.). di là . Anche eufem. # éssi pú dadlà che dadsà = essere in pericolo di vita.

dadnän (avv. di luogo). davanti; (di tempo). prima.

dadréra (avv.di luogo). dietro; (di tempo). dopo.

dadrìcc (avv. [ma anche espr, idiom. da dricc > dricc]. molto, in quantità, molto bene.

dadssà (avv.). di qua

dadssùra (avv.). sopra.

dagatgnón (avv.). carponi, gattoni, colle mani a terra.

dallindricc – daulindricc (avv. [ma anche espr, idiom. da u l’indricc > dricc]). per diritto.

damblé (avv.). di primo acchito.

damigiònna (s. fem.) – damigiana

dandrénta (avv. [ma anche espr, idiom. da drenta > drenta]). di dentro.

dansètt an quater (espr. idiom.). di quando in quando.

dansüma (avv.) – di sopra

dascundón (avv. [ma anche espr. idiom. da scundón > scundón]). di nascosto.

davsén (avv.). vicino.

dasùtta (avv. [ma anche espr. idiom. da sùtta > sùtta]). di sotto.

daulinvèrss (avv. [ma anche espr, idiom. da u l’invèrss > invèrss]). al rovescio.

dauséndavsén (avv.). vicino.

dabotanblàn (avv. [prob. dall’it. di botto e dal franc. en blanc ]). sconsideratamente.

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(s. m.). dado, pezzetto d’osso liscio, di sei facce quadre, in ciascuna delle quali è segnato un certo numero di punti per giocare.

dagnè-danié (v. intr.). gemere, è quel leggero e sottile stillare di un liquido dalle commessure delle doghe della botte e della bigoncia in cui fu versato, che pur dicesi nèzi. Ciò si impedisce facendo rinvenire il recipiente col metterlo prima a gonfiare nell’acqua.

damerén (s. m.). damerino, zerbinotto.

danà (part. pass. usato come agg.). dannato. # travaiè cme ‘n danà = lavorare come un dannato, senza risparmiarsi.

darmagi (s. m. ma anche escl. [dal franc. dommage ]). peccato!.

davantén (s.m.) davantino, capo di abbigliamento costituito dalla sola parte anteriore della camicia o camicietta.

(v. tr.). dare. Da notarsi i comp. idiom. di questo v. del tipo dè fora = schiudersi (di vegetali), dare in escandescenze (di uomini); dè temp = dar tempo ecc. per i quali rimandiamo alle voci. # dè man au trabúcch = vendere per necessità qualche tratto di campo; dè di mòl = lasciare, troncare un rapporto di amicizia o sentimentale; dè zú = dimagrire(di uomini # iss om u dà zú = quell’uomo dimagrisce); abbassarsi (di fiumi # Tani u dà zú = Tanaro decresce) Dèira dùssa = lusingare, dar buone parole.

debà (s. m. [dal franc. débat]). processo.

decócc (s. m.). decotto.

decótt (agg.). decotto (nel sign. giuridico del termine: fallito).

decrotër (s. m. [dal franc. décrotteur ]). lustrascarpe; chi fa il mestiere di lustrare altrui le scarpe o gli stivali.

degurdì (agg. [dal franc. dègourdi ]). stare accorto, furbo; che non si può facilmente ingannare.

delabrà (ag. [dal franc. délabré ]). rovinato; mal andato.

delicatëssa (s. f.). delicatezza.

demòrdi (v. intr.). demordere, cedere.

déncc (s. m.). dente, osso fisso nelle mascelle, ed in parte circondato dalle gengive, col quale l’animale afferra, o lacera, il cibo. * massllè = dente mascellare, o molare, che trita il cibo a guisa di mola. * Il volgo usa dire avocatt dai déncc longh quello che si fa pagar molto. Parlè fora di déncc =dir le cose spiattellatamente. Ris ch’u dà au déncc = riso non perfettamente cotto. Déncc ligà = denti allegati.

dèrbia (s. f.). volatica, specie d’erpete della faccia.

dés (agg. num.). dieci

desdótt (agg. num.). diciotto.

desnóv (agg. num.). diciannove.

dèsù (s. m. [da dè + sù ]. superbia.

1 (s. m.). dito, nome di ciascuno dei cinque prolungamenti, che formano l’estremità della mano o del piede. mamlén = dito mignolo; * mamlón – * pòri = dito pollice # in travers ‘d dì = lunghezza uguale alla lunghezza di un dito.

2 (v. tr.). dire, manifestare il proprio pensiero con parole; parlare.

di 3 (s. m.[dal lat. dies ]). giorno. # us fa dì = si fa giorno; admón l’è in ater dì = domani è un altro giorno.

dialëtt (s. m.). dialetto, linguaggio usato fra gli abitanti di una determinata regione e comunque limitato ad una piccola porzione di territorio, di conseguenza non elevabile al rango di lingua ufficiale. » comunque usato molto localmente in particolare fra i più anziani e nei piccoli centri, meno nelle città dove i giovani sono poco abituati ad usarlo.

diàu-diauv (s. m.). diavolo. * Anche con significato di commiserazione # pòver diàu = povero diavolo.

dichiarassión (s. f.). dichiarazione.

didàl (s. m.). ditale, piccolo arnese metallico, butterato esternamente, nel quale si fa entrare la prima falange del dito medio per ispingere l’ago nel cucire. * Il dim didalén indica un tipo di pasta -spesso usata con verdura- a forma appunto di piccolo ditale.

didalén (s.m.) masturbazione femminile

diferénsa (s. f.). differenza.

dificultà (s. f.). difficoltà.

difissiùs (agg.). schivo, di difficile contentatura.

digurdì (agg.). robusto, ben messo.

diplumassìa (s. f.). diplomazia; di colui che si comporta con tatto ed estrema cautela nei confronti del prossimo misurando accuratamente atti e parole.

diresión (s. f.). direzione.

diretùr (s. m.). direttore, colui che dirige un gruppo di persone, o un’azienda.

disabilié (agg. sost. [ dal franc. déshabillé ]). abito da camera; abbigliamento non acconcio.

disciulèss (v. rifl.). farsi furbo, svegliarsi, mettersi in condizione di afferrare il concetto delle cose.

disgrassià (agg.). disgraziato. * Qualche volta in sign. insultante, a indicare poco di buono.

dispunibil (agg.). disponibile.

dissètt (agg. num.). diciassette.

distrighès (v, rifl.). sbrigarsela, districarsi.

diznè 1 (v. intr.[dal franc. déjeuner]). desinare.

diznè 2 (s. m.). pranzo.

dòba (s. f.). gelatina. # capón a ra dòba = cappone in gelatina.

dobiapàrt (escl.). finalmente!

docè (v. tr.). adocchiare, tener d’occhio, guardar fisso attendendo.

dói (agg. num.; femm. du). due. # doi bòtt = le due, due tocchi di orologio.

dòm (s. m.). duomo, cattedrale, chiesa principale della città, dove risiede il Vescovo.

dòna (s. f.). donna. * Nel linguaggio comune ad indicar la moglie # ra mé dòna = mia moglie.

dónca (cong.). dunque.

donè (agg. e s. m.). donnajolo, chi volentieri pratica con donne.

dopdisnà (s. m. [da dop + disnè]). dopopranzo.

drapó (s. m. [dal franc. drapeau ]). bandiera. * Ma anche ogni cosa che pende: p. es. le decorazioni alle finestre e ai balconi in occasione di processioni ecc.

drar (avv. [più esattamente ‘d rar]). di rado, raramente, poche volte.

dréra (avv.). dietro. * Sost. i dréra = i quartieri, le parti laterali e posteriori del tomajo.

dricc (agg. e avv.). diritto. # dricc per la só strà = diritto per la sua strada. * Fig. dicesi anche di persona furba, scaltra, che sa come emergere in ogni situazione.

dróbi – drubì (v. tr.). aprire, fare che ciò che era chiuso non lo sia più.

 

dròl (agg. [dal franc. dróle ]). gioviale, faceto, strambo.

dròmidrumì (v. intr.). dormire, pigliar sonno ed esser immerso nel sonno.

dròmia (s. f.). sonnifero, medicamento che concilia il sonno.

drú (agg.).fertile, parlandosi di terreno, che cioò frutta in abbondanza: parlandosi di uomo, buontempone, cui piace darsi all’ozio, ai piaceri.

drubè (v. tr.). adoperare, usare, mettere in opera.

drubì (v. tr.). aprire.

drugà (part. pass. usato come agg.). drogato.

drumì > dròmi

drumiada (s. f.). dormita, voce usitatissima nello stile famigliare, e che accenna alla durata del dormire tutto d’un pezzo. Fare una buona dormita.

dsén-na (s. f.). diecina.

dùbi (agg.). doppio

dúbi (s. m.). dubbio.

dubià (v. tr.). piegare.

dubión (s. m.). originar. doblone, moneta spagnola, poi via via ad indicare moneta di valore, o addirittura dischetto di metallo od altro delle dimensioni -spesso mitizzate- di un doblone.

dubiëta (s.f.) doppietta, fucile da caccia.

ducè > docè.

dùdes (agg. num.). dodici.

duéj (v. serv.). dovere. # um dispiàz duéj andè = mi dispiace dover andare.

duèrt-druèrt (agg.). aperto. * Fig.sparo, sparato, così chiamansi quei tagli o aperture che sono nella camicia da uomo. # duèrt du stòmi =sparato del petto, taglio nella parte anteriore e superiore della camicia, per cui fa passare il capo colui che la veste; duèrt dar mannji = sparati delle maniche, aperture laterali nelle estremità delle maniche, per passarci comodamente la mano, e che poi si sogliono abbottonare; duèrt an fond = sparati di fondo, le due aperture laterali inferiori della camicia.

dùja (s.f.) piccola botticella portatile

dulùr (s. m.). dolore.

dumìnica (s. f.). domenica, settimo giorno della settimana.

dunëta (s. f. dim.). donnetta.

dunëti (s.f.) fiore della pianta del papavero

dunzén-na (s. f.). dozzina.

dúr (agg.). duro.

durén (s. m. pl.). vezzi, pallottoline d’oro o d’oricalco. # gir d’urén = giro di vezzi, di granate ecc.

dürón (s. m.). callosità.

dusëtt (s. m.). dolcetto, vino tipico piemontese.

dùss (agg.). dolce # duss cme l’amé = dolce come il miele.

dutùr (s. m.). dottore; abitualmente medico.

dvìs (s. m. [prob. ‘d’avìs]). parere. # u m’è dvìs ch’ra seja acséi =mi pare che sia così.

dzén-na (s. f.). diecina.

dzùri (s. f. pl.). cesoie, strumento da tagliare, composto di due lame d’acciaio, incrociate ed imperniate nel mezzo, e che si riscontrano col taglio. Chiamansi anche forbici, ma queste son tutte d’un pezzo, fatte di una lama di ferro, ripiegata trasversalmente per metà, dove fa l’ufficio di molla; le due estremità della lama son fatte a coltelli che si riscontrano col taglio, e recidono filo, panno od altro simile che si frapponga fra i due tagli, quando nel tempo stesso le due branche delle forbici si stringono con la mano.

E

edcan (s. m. [prob. dal franc de camp ]. aiutante di campo, ufficiale di esercito, che porta gli ordini dei generali.

elegònt (agg.). elegante.

elemént (s. m.). elemento, soggetto. * Fig. si dice anche di tipo eccentrico. # che elemént! = che tipo!

èmauss (espr. idiom. [evid. dalla citaz. biblica]. rovina o sim. # andè an èmauss = andare in rovina.

emussiòn (s. f.). emozione.

énss (agg.). manomesso, dicesi di cosa di cui già si è incominciato a servirsi, che poi intieramente si consuma, come di un pane, di una botte, o bottiglia, ecc. Adoprasi per guasto parlando di malato, cui il lungo decubito abbia posteriormente danneggiata la pelle.

èra (s. f.). aia, spazio di terra accomodato per battervi al grano.

èrpi (s. m.). erpice, strumento con denti di legno o di ferro per appianare e tritare la terra arata.

èrpiè (v. tr.). erpicare, spianare o tritare coll’erpice la terra dei campi seminati.

èrzu (s. m.). argine, ostacolo messo appositamente per contrastare l’erosione o lo straripamento del fiume. Molti anni addietro il Tanaro era uscito dall’argine nei pressi del rione Orti allagandolo completamente. Appunto in quell’occasione sorse una polemica con l’amministrazione locale per la fragilità di quell’argine definito èrsu ‘d cani (ovvero di canne) invece che èrsu ‘d Tani (di Tanaro).

èssi (v. ausil.). essere.

F

fabiòc (agg. anche sost.). babbeo, sciocco.

fàcc (s.m.) fatto, bidonato # u m’hà facc = mi ha fregato.

fachinada (s. f.). sfacchinata, facchineria, fatica da facchino.

fàcia 1 (s. f.[part. pass. femm. di ]). compito, determinata quantità di lavoro assegnata a chi frequenta la scuola, da farsi in un dato tempo.

fàcia 2 (s. f). faccia, volto. # fàcia pitucaia = faccia butterata, quella che porta i segni del sofferto vajolo. Contro questo sconcio fa riparo la vaccinazione.

fagnòn (agg. e sost. [dal franc. fainéant ]). infingardo, pigro per malavolontà.

fagòtt (s.m.) fagotto, oggetti di vario genere avvolti in un panno. Fig. fè fagòt = andar via.

fal (s. m.). fallo, errore. # piè an fal = prendere uno per altro, sbagliare.

falabràch (agg). scioccherello, persona dappoco.

fafiochè (agg. anche sost. [evident. da fa fiochè = fa nevicare]). gocciolone, semplicione.

fala (s. f.). falla, trapassetto, difetto nella tessitura del panno per mancanza di filo nell’ordito.

faldén (s. f. [pl. pistagne]). falda della giubba.

fam (s. f.). appetito, fame, desiderio struggente di cibo.

famìjia (s. f.). famiglia.

fanatic (agg.). fanatico, esageratamente appassionato per qualcuno o per qualcosa. # fanatic del balón = appassionatissimo per il gioco del calcio.

fanciòtt (s. m.). ragazzo, fanciullo. Dim. fanciutén

fang (s. m. pl.). fanghi, nel signif. termale. # piè i fang = fare i fanghi, far i bagni a loto.

fanguzi (s.m.) fangose, scarpacce.

farabalà (s. m. pl.). falpalà, balzana, guernizione della stessa o di diversa roba, che si pone esteriormente verso il lembo del vestito della donna, cucita per lo più a crespo, a festoni ecc.

farció (s. m.). galletti, tortelli, frittura in pezzi fatti di altrettante cucchiaiate di pasta non soda, mista con latte e uova la quale friggendo ricresce, si fa rilevata, rigonfia e gratamente scrosciante. Frittelle di S. Giuseppe. * Fig. dicesi anche di cappello schiacciato o di cose male in arnese.

farfuión (s. m.). che parla sommessamente, che non si sa spiegare bene.

fargnòch (s. m.). rinvolto, volume.

farlëcca (s. f.). ferita, taglio; sberleffo.

farlúch (s. m. pl.). denari.

farluchè (v. intr.). straparlare, non connettere.

fasagna (s. f.). mescolamento doloso delle carte.

fasén-na (s. f.). fascina, fascetto di legna minuta.

fassión (s. f.). sentinella. # [éssi] an fassión = essere di sentinella.

fat (agg.[dal franc. fade]). scipito, mancante di sale.

fatùr (s.m.) fattore.

faudàl (s.m.) soprabito.

fausòn (s.m.) falcetto senza punta.

favulùz (agg.). favoloso. * Fig. bellissimo # a l’è ‘n spetacul favulùz = è un bellissimo spettacolo.

fazó (s. m.). fagiuolo, legumi bislunghi, rinchiusi in certo numero nel baccello, gli uni accanto agli altri nel verso della lunghezza, a buccia di vario colore. * Accr.fazulónfazurón = semplicione.

fazòn (s. m.). fagiano, uccello molto pregiato.

(s. f.). fiele.

(v. tr.). fare, operare. * Numerose le frasi idiomatiche (fare, anche in it., è un verbo dal significato genericissimo), che come al solito mettiamo in finestra.

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fà che ‘t n’abi = pensa a te stesso, non ridurti al verde, senza sostanze, non fare troppo affidamento sugli altri: potresti rimanere deluso.

fam nént réji = non farmi ridere.

fè del bén = far del bene.

fè del gròn = arricchirsi.

fè fagòtt = andar via.

fè i còrni = fare gli scongiuri.

fè ‘l fil = fare la corte.

fè ra fùrca = sparlare di….

fè ra nana = dormire, persona poco sveglia

fè ra róva – fè ra sciùra = far la ruota, dicesi del tacchino e del pavone quando col rialzare le penne rettrici della coda fanno pure rialzare le penne copritrici di essa, e tengonle allargate in forma di ventaglio verticale.

fè ra vasca = passeggiare in corso Roma.

fè ra vègia = far l’occhibaglio, solino, abbagliamento d’occhi, che si produce col farvi riflettere il sole per mezzo di uno specchio.

fè ra vita = battere il marciapiede.

fè ‘r cassú = fare il broncio.

fè ‘r ciàpi = rifare i pezzi, dicesi del recidersi colle forbici la parte troppo rotta di una calza, e da non potersi pi? rimendare, e quindi rifarla coi ferri.

fè ‘r fùrchi = tradire.

fè ‘r spóri = russare, far le fusa, dicesi quel mandar fuori che fa il gatto, certa voce sommessa e gorgogliante, quell’alitare con ronzo, a bocca chiusa, quando gli si liscia il capo eil corpo per fargli carezze.

fè saca = far saccaja, far marcia di dentro, dicesi di piaghe non guarite che siansi rimarginate di fuori.

fè vnì ra pel d’òca = far venire i brividi, dicesi d’un tremito cagionato da freddo o da febbre, e che talora si prova anche al solo racconto di fatto spaventoso.

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fén 1 (s. m.). fieno # trë ‘r fèn an sra casén-na = risparmiare, mettere da parte soldi per il futuro.

fén 2 (agg.). fine, raffinato.

fénzi (v. tr. e intr.). fingere, simulare, mostrare il contrario di ciò che si ha nell’animo.

fèr (s. m.). ferro. # fèr da frisè = calamistro, strumento per arricciare i capelli; fèr da stir = ferro da stiro; fèr der papiòti = schiacce, arnese a foggia di tenaglia, a bocche corte, e piatte, tra le quali, sufficientemente riscaldate, si stringono le ciambelle; fèr da sciè = falce da fieno..

fëta (s. f.). fetta.

fi (s. m.). filo, sottili peluzzi o filamenti di lino o altro, riuniti insieme col pollice e coll’indice, gli uni di seguito agli altri, attorti su d’un fuso girante e ridotti ad una lunghezza indeterminata.

fià (s. m.). respiro, fiato, esalazione che esce dalla bocca degli animali. * Fig. inezia, poco o nulla.

fiac (agg.). fiacco, spossato. # fiacc ‘me na müdònda = assolutamente non in grado di reggersi in piedi.

fiaca (s. f.). svogliatezza. # bati ra fiaca (ma anche bati ra cana) = essere neghittoso.

fiaiè (v. intr.). respirare, mandar fuori il fiato. * Fig. rilassarsi . # lassmi fiaiè = lasciami tirare il fiato.

fiàma (s. f.). fiamma.

fiamarà (s. f.). fiammata, fiamma vivace e passeggera, che producono cose lievi, bruciando, come paglia, stipa, carta.

fiàster (s. m.). figliastro, figlio di altro marito della moglie o di altra moglie del marito.

ficc (s. m.). fitto, prezzo annuo che si paga per godimento di campi o poderi.. # ficc ‘d cà = pigione.

fìdic (s. m.). fegato, organo del corpo animale dove si separa la bile, ed alberga il fiele.

fidlén (s. m. pl.). capelli d’angelo, capellini, sorta di paste sottilissime.

figàssa (s. f.). focaccia. * Dim. figassèn-ni = pane azzimo, senza lievito, di cui si cibano gl’Israeliti nel tempo della loro Pasqua.

figúra (s. f.). figura, immagine.

filända (s. f.). filatoio, filanda.

filarén (s. m.). affettuosa simpatia, amorino, infatuazione.

filè (v. tr.). filare delle fibre, correre. * Fig. flirtare # a jó filà

Maria, ma adèss tútt l’è finì = ho flirtato con Maria, ma adesso tutto è finito # fàl filè = fallo correre; fallo andar via.

filétta (s. f.).gatticcio, sorta di piccolo saracco a lama pochissimo lunga, a manico tondo nella direzione stessa della lama.

filibèrta (s. f. volg.). vulva, organo sessuale femminile.

filón (agg. spesso sost.). furbacchione, scaltro, truffatore.

filòss (s. m.). reticella fatta col mòdano.

filsëtta (s. f.). punto semplice, punto molle.

filúra (s. f.). fessura.

finamài (avv.). sovrabbondantemente.

finì (v. tr.). finire, terminare.

fiò (s. m. [femm. fìa]). figlio.

fiòca (s. f.). neve.

firàgn (s. m.). filare di viti, poste in ordine. # éssi sempre ant ar firàgn degl’ úvi biänchi = non progredire in una ricerca, non venire a capo di una cosa.

firéra (s. f.). tojaja, donna che va a lavorare in filatojo per trarne la seta.

fiù (s. m.). fiore. # fiù ‘d livión = tasso barbasso, i cui fiori gialli servono per the.

fiuchè (v. imp.). nevicare.

fiurëtt (s. m.). filaticcio, filato di seta stracciata.

fiurëtta (s. f.). fioretta, fiore, panno velo che si forma sul vino.

fiurì (v. intr.). fiorire.

flambó (s. m. [dal franc. flambeau ]). candela corta, candelotto.

flan (s. m. [dal franc. flan ]). sformato, pietanza fatta con uova, verdure o pomi diterra, ed anche carne minutissima, passata allo staccio.

flanèla (s. f.). flanella, tipo di tessuto. * Fig. fannullaggine, svogliatezza. # fè flanèla = esser pigro.

fléce (s. f. [dal franc, flèche]). fionda, giocattolo costituito da due elastici adatti a lanciar sassi o quant’altro a notevole distanza con minimo sforzo.

flìsi (s.m.) involtini di maiale avvolti nella pleure.

flòmbi (s.m.) casino.

fnùgg (s. m.). finocchio.

1 (s. m.). fuoco, combustibile attualmente infiammato, o solamente acceso.

fó 2 (s. m.). faggio.

fódra (s. f.). fodera.

fój (s. m.). foglio. # fój ‘d carta = foglio di carta.

fója (s. f.). foglia. # fóji ‘d ra mélia = cartocci, foglie secche del formentone, spicciolate; fóji d’vì = pampini, così propriamente chiamansi la foglie della vite.

fóns-fónz (s. m.). funghi, denominazione generale di una semplicissima classe di piante Crittògame, (cioè a generazione nascosta) basse, senza foglie e senza fiori, di polpa carnosa, più o meno soda. La più parte dei funghi, propriamente detti e mangerecci, hanno un gambo sormontato dal cappello, nella cui parte inferiore sono gli organi della riproduzione, rappresentati da numerosi pori o forellini, che sono le estremità di altrettanti tubetti. I funghi nascono da sé, cioè senza essere seminati, ne’ luoghi ombrosi. Sonne di varie specie. I funghi giovani e non giovani, si mangiano o freschi, per lo più fritti, o tenuti sott’olio, o acconci con sale, cioè in salamoia; ovvero secchi, e messi in filza, cioè infilzati in rete o spago, e questi poi prima di cuocerli si mettono in molle affinchè rinvengano e invincidiscano. # fóns rùss = uovolo, specie di Agàrico, il cui cappello è rosso ranciato al di sopra, e di un bel giallo al di sotto. Nella prima età è tutto coperto dalla volva che lo fa somigliare a un uovo.

fóraforavéa (avv.). fuori. # dè fóra = dare in escandescenze (di uomini); schiudersi (di vegetali); éssi fóra = non starci con la testa.

fòrgia (s. f.). fucina, muro sodo, sul cui piano orizzontale che dà alla cintola del magnano, questi arroventa sul fuoco il ferro che poi lavora sull’incudine, a colpi di martello per dargli le volute forme. Alla fucina sovrasta una ampia cappa, per la cui gola ascende e va via il fumo incomodo e la nociva esalazione del carbone.

fòrsa (s. f.). forza.

fòrt (agg.). forte, robusto. # fòrt cmé ‘n tòr = forte come un toro.

fóuda (s. f.). gonna, sottana, quella parte del vestito donnesco che è cucita alla vita o tutta d’un pezzo con essa e che, dalla cintura in giù, strigne, senza stringere, tutta la persona. Sottana dicesi pure la veste lunga o talare dei preti.

fóuss (agg.). fasullo, falso; finto, non sincero.

frà 1 (s. m.). frate, monaco.

frà 2 (s. f.). inferriata, unione di più spranghe di ferro che chiamansi bastoni, intraversati e ingessati od impiombati contro una finestra per impedire che altri vi passi. Gli spazi tra i bastoni intraversati chiamanzi ´i vani dell’inferriataª. Anche quando le spranghe sono di legno la loro unione fatta nel suddetto modo ed a medesimo scopo chiamasi frà coll’aggiunta della parola ‘d ligna, cioè di legno.

fràc (s. m.). grande quantità.

fradé (s. m.). fratello # fradé ‘d lacc = collattaneo.

fradlàster (s. m.). fratello uterino.

frambjén (s. m. pl). strambelli, parti spiccate pendenti per lo più da vesti lacere.

framboëisa (s. f. [dal franc. framboise ]). lampone, frutto grosso come il polpastrello d’ un dito, composto di più chicchi rotondi, disposti in forma emisferica. » simile alle more di macchia, ma di colore più rosso, e più fragrante. Il Rovo che produce i lamponi è coltivato in luoghi ombrosi; cresce anche spontaneamente in alcuni luoghi.

frandà (avv.). precipitosamente, in un colpo solo.

franséiza (s.f.) secondo vino.

Fraschëta (s.f.) Fraschetta, zona dell’alessandrino fra Lobbi e San Giuliano.

frascadi (s. f. pl.). encenìa, festa degli azzimi annuale ebraica.

frassu (s. m.). frassino, grosso albero di montagna.

fratàss (s. m.). pialletto, assicina quadrata d’una spanna di lato, o poco meno, attraversata nel mezzo di una delle due facce, da un righello di legno, ad uso di presa. Il pialletto, menato circolarmente sull’intonico, serve a spianarlo e lisciarlo; e ciò dicesi piallettare o, più frequentemente : fratassè.

fratén [dra polénta] (s. m. pl.). bozzoli, quei grummoletti di farina cruda che trovansi nella polenta per non essere stata ben rimestata.

frè (s. m.). fabbro ferraio, artefice che lavora grossi ferramenti come cerchioni, sale ecc.

freghè (v. tr.). imbrogliare, raggirare.

frésa (s. f.). gorgiera, guernizione da collo, di panno lino od altro, increspata a cannoncini e fortemente insaldata, sì che stia ritta intorno al collo.

frësc (s. m.). fresco.

frëscùm (s. m.). odore di muffa, di rancido.

frëscúra (s. f.). fresco.

frév (s. f.).febbre.

fricassà (s. f.[dal franc. fricasée]). fritto, soffritto, frittura.

friccfrigg (s. m., ma anche agg.). freddo, sensazione contraria a quella del calore, e prendesi pure la febbre terzana.

fricchèra (v. tr.). accoccarla ad alcuno, facendo ciò che non voleva, od almeno non si aspettava.

friè (v. tr.). fregare, leggermente stropicciare.

frità (s. f.). frittata, vivanda d’uova dibattute e fritta nella padella. * Fig. fè’na frità = riuscir male, abortire.

frìza 1 (s. f.). nastro, più largo della spighetta.

frìza 2 (s. f.) piccola quantità, minuzzolo.

frizè (v. tr.) [i cavì], arricciare i capelli, il che si fa con una sorta di tanaglia a bocche lunghe, coniche e dritte una delle quali entra nella cavità dell’altra. Fra esse riscaldate si stringe la punta dei capelli, i quali strettamente si avvolgono intorno ad ambedue le bocche pel pronto inanellamento di esso. Tale tenaglia dicesi calamistro.

frizëta (s. f.). saetta, fulmine.

frìzi (v. tr.). friggere, cuocere in padella; per quel rumore che fa ciò che si frigge: sfrigolare. Dare alla carne, pesce o altro una rapida cottura, senz’acqua, in padella, con burro, olio o strutto, messovi tutto in una volta o in maggior quantità che non nell’arrostire. La roba che si frigge suol esser di piccola mole di un sol pezzo, ma per lo più è in più pezzi distinti.

fròl (agg.). frollo, tenero.

frónna (s. f.). frana, smottamento di terra o neve. * Fig. t’éi ‘na frón-na = sei un pasticcione.

frontàl (s. m.). cércine, specie di guancialetto e di fascia imbottita e trapuntata, con cui si cinge il capo del bambino, ovvero specie di berrettino, guarnito intorno intorno di stecchine di balena curvate in arco, per impedire che i cimbottoli non producano corno o pèsca sul capo del bambino.

frònza (s. f.). frangia.

frònzi (v. tr.). increspare, ridurre a crespe, a pieghe.

frùcc > furùcc (> anche cadnàs)

frucè (v. tr.). fregare con forza.

frulè(v. intr.). frollare.

früstè 1 (v. tr.). logorare, consumare per troppo frequente uso, o per lunghezza di tempo.

früstè 2 (v. tr.). frustare.

frúta (s. f.). frutta.

fucòl (s.m.) colletto della camicia distaccato e inamidato.

fudrén-na (s. f.). assicella da muratore, che serve come limite per tirar dritto il muro. * foderina da falegname, che serve per impliallicciare.

fudrëtta (s. f.). fòdera, quella sopraccoperta più fine e più bella, per lo più bianca, con cui si riveste il guscio del guanciale.

fuén (s. m.). furetto. * Anche Fig. persona ratta e decisa.

fuët ( s.m.) frusta per cavalli.

fùffa (s. f.). fifa, battisoffia (>anche tafa).

fügàssa (s. f.). > figàssa

fugëtta (s. m.).ficcanaso, entrante che volentieri s’introduce presso chicchessia, e riesce talora in cose difficili.

fugnè (v. intr.). rovistare, frugare, cercare. # fugnè ‘n sacòcia = frugare in tasca.

fugnén (agg.). furbo, ingegnoso, che sa frugare per ogni dove.

fuinèra (s.f.) trappola per faine.

fuiòt (s.m.) pentolino in terracotta per bagna cauda.

fujachén (s. m.). cartocci del granoturco, spesso utilizzati per riempir materassi.

fuladúr (agg. ma spesso sost.). rubacuori, che ha notevole successo con le donne. # l’è ‘n fuladúr = è un dongiovanni.

fulè (v. tr.) volg. fottere.

fulón (s. m.). spintone.

fúm (s. f.). fumo. # fúm ‘d ras = negrofumo, fuliggine tratta dai legni resinosi arsi.

fùmarò (s. m.). fumajuolo, torretta, rocca, fumaiolo del camino, quella più alta parte della gola, che s’innalza al di sopra del tetto, e dalla quale per uno o più buchi esce il fumo che spandesi nell’aria. Chiamasi pure con tal nome quel legnuzzo, che per non essere totalmente affocato manda fumo.

fümè (v. tr.) .fumare * Fig. star lungamente aspettando.

fùméira (s.f.) fumo, nuvola di fumo.

fümèla (agg. a volte sost.). femmina, effemminato.

fúmént (s.m.) suffumigi.

fundèll (s. m.). fondello, parte che serve da fondo a qualcosa. Dicesi “prendere per i fondelli” per indicare “prendere in giro”.

fundén-na (s. f.). scodella, piatto fondo, fondina.

fundón>sfundón

füneràl (s. m.). funerale.

funtòn-na (s. f.). fontana.

funùcc >fnùgg. (s. m.). finocchio, pianta la cui radice aromatica è mangereccia.

fúrb (agg. spesso sost.). furbo.

furbìssia (s. f.). furbizia, furberia.

fùrca (s. f.). forca. # va ‘ns ra fùrca = vai al diavolo.

furchén – furchëtt (s. f. (agg. spesso sost.). furbo.

furchëtti (s. f. pl.). forcine, specie di spilli neri doppi, cioè formati d’un pezzo di fil di ferro appuntato alle due estremità, ripiegato nel mezzo a foggia di mollette. Le forcine s’appuntano ai capelli in alcune acconciature.

furesté (agg. spesso sost.). straniero.

furgén (s. m.). paletto, specie di chiavistello, formato di una spranghetta schiacciata, quadrangolare, scorrevole entro due staffette ripiegate in quadro e fermate sur una piastra di ferro.

furiè (s. m.). focolare, quell’apertura del camino, o anche il piano della medesima a livello del pavimento dove si pongono le legne da ardere.

furlàn (agg. anche sost. [qualche riferimento a furlano come friulano?]). furbo, accorto.

furlén (s. m.). ferlino, specie di moneta equivalente alla quarta parte d’un denajo.

furmagg (s. m.). formaggio.

furméja (s. f.). formica, insetto che vive il verno sottoterra.

furmiè (s. m.). formicaio (anche Fig.).

furnàz (s. f.). fornace, forno per cuocervi mattoni.

furnè (s. m.). fornaio, colui che tiene il forno e cuoce il pane.

furnëtt (s. m.). (anche furnèl) fornello, quel muricciuolo massiccio, costruito nella cucina,all’altezza della cintura, e sul cui piano sono parecchie buche quadre o tonde, di varia grandezza, con gratelle in fondo, su cui mettesi bragia per far cuocere vivande.

fursè (v. tr.). forzare.

furslén-na (s. f.). forchetta, arnese da tavola per lo più di metallo, a due, a tre, a quattro punte, col quale, tenuto in mano pel manico, s’infilza il boccone di vivanda solida per portarlo alla bocca. Nelle posate da frutta la forchetta suole avere meno punte, anche due sole.

furtinà (agg.). fortunato.

furvàja (s. f.). briciola; piccola quantità .# ‘na furvàja ‘d furtën-na = un pizzico di fortuna

furùcc (s. m.). catenaccio, chiavistello, sorta di serrame che consiste in un pezzo d’asta cilindrica di ferro, la quale, mediante una maniglia ferma, si tira, cioè colla mano si fa scorrere dentro parecchi anelli conficcati nelle due imposte d’uscio o finestra sì che essa ne attraversi la commessura.

füsètta – früsëta(s. f.). razzo, fuoco artificiale che scorre per l’aria.

füstiòrb (agg spesso sost. [da una sorta di escl. fusti orb! = diventassi cieco!]. tipo poco raccomandabile, con implicaz. di rabbia ma anche un po’ di ammirazione. * Così dicasi per l’escl. füstiòrb! = vai al diavolo!.

G

gaba (s. f.). pioppo selvatico, salicone, specie di salcio che fa rami molto alti per pertiche. # gnurónt ‘cme ‘na gaba = stupido, che non afferra nessun concetto, neppure il più elementare. * Per estens. chitarra (perchè fabbricata all’origine con quel legno?)

gabaró (s.m.) fungo del pioppo.

gabbiàs (s. m.). giornello, specie di vassoio a tre basse sponde, che sta presso il muratore. Sul giornello il manovale pone la calcina trasportata sul vassoio, o colla secchia, il muratore la va ponendo a mestolate sullo sparviere o sulla nettatoia.

gabèla (s. f.). gabella, tassa. > taja

gabiëta (s. f.). gabbietta, cassetta per la frutta o la verdura.

gadòn (agg. e s. m.). baggiano, uomo sciocco. * sbruffone, termine paragonabile al gagà napoletano. Uomo che rincorre il successo con le donne ma invariabilmente non conclude.

gaja > berta

gàidi (s. f. pl.). gheroni, due lunghe giunte triangolari colla base all’ingiù cucite una per ciascun lato della camicia per dare ad essa maggior ampiezza in fondo.

gajòfa (s. f.). saccoccia, tasca del vestito.

gajòff (s. m.). gaglioffo.

Gajöud (n. pr. m.). Gagliaudo, maschera o personaggio popolare alessandrino. La leggenda vuole che abbia salvato la città, assediata dal Barbarossa, con una strattagemma: far credere agli imperiali che, malgrado il lungo perdurare dell’assedio, la città era ancora fornitissima di viveri, al punto da far mangiare il grano alle mucche.

gal (s. m.). gallo. * Fig. bullo, spaccamonti.

galavèrna (s. f.). brinata, rugiada congelata sulle piante, sulla terra ecc.

galén-na (s. f.). gallina.

galeréja (s.f.) galleria, balcone interno, nelle vecchie case di ringhiera indicava il balcone che si affacciava sul cortile e sul quale si affacciavano le unità immobiliari (>alògg = alloggio).

galëtta (s. f.). biscotto, tondo e schiacciato. * (pl.) galëtti = bozzoli del filugello (baco da seta).

galinèra (s. f.). tasca in petto, quella che apresi sotto i petti del vestito, e discende tra essi e ha il soprannome di ladra.

galiòt (s.m.) galeotto, ergastolano.

gamalè (v.tr.) camminare velocemente, anche portare #fàm el piazì, gamala! = fammi il piacere, cammina! * gamala! Va véja = cammina! Va via! * am sòn gamalà….= mi sono portato…..

gämba1 (s. f.). gamba

gämba2 (s. f.). picciolo, quella parte assottigliata, or legnosa, or erbacea, per cui le frutta stanno appiccate ai rami della pianta.

gambada (s. f.). lungo tratto di strada a piedi # fèss ‘na gambada = far lungo tratto di strada.

gämbasëca (s. f.). gambasecca, tipo di fungo.

Gambarén-na (s.f.) Gambarina, ex caserma di cavalleria situata in via Mazzini angolo via Brescia ed entrata carraia su via Canefri. Dopo essere stata in parte abbattuta, al suo posto è sorta una piazza dalla quale ha preso il nome.

gamèla (s.f.) grosso piatto, gran quantità, molto

gambòtt (s. m. pl.).quarti, quei legni in arco circolare, i quali, per lo più in numero di quattro, formano l’intera circonferenza della ruota ed hanno in sè fitti i capi dei raggi.

ganarés – ganaréz (s. m.). esofago. * Fig. ghiottone.

ganàsa (s.f.) mandibola.

gäncc (s. m.). gancio, granchio, piastrella di ferro forcuta o dentata, con còdolo ripiegato a squadra, il quale sta fermamente piantato verso una delle testate del banco, sì che dal piano di esso sporgano pochissimo i denti, e contro questi si piantano i legnami che si voglion piallare sulla loro lunghezza. Il legno quando è molto lungo, meglio si pialla fra i due cani.

gandéji (s. f. pl.). scrofole, che vengono in quelle parti del collo che si trovano sotto le orecchie ed ai confini delle mascelle.

gandión (s. m. pl.). fenghe, cicatrici che lasciano le gavine quando vengono a suppurazione.

Garabùja (s. m.). Garabuja, personaggio locale poco accorto infatti, si dice che nascondesse i suoi denari nei pantaloni altrui, “fúrb ‘mé Garabuja” =furbo come Grabuja, ma anche, tafferuglio, tumulto.

gardì (v.tr.) afferrare al volo

gardión (s. m.). pomo d’Adamo.

garëtt (s. m.). garretto, parte che trovasi a più della gamba, vicino al calcagno.

gargagnòn (s. m.). protettore, pappone.

gargamèla (s. f.). gorgozzùle, esofago, trachea.

garòcc (s.m.) contenitore in legno per trasportare il vino.

garòfu (s. m.). garofano, garofani, bocce o bottoni di fiori d’un albero delle Molucche. I garofani hanno in certo modo la figura d’una bulletta e il loro odore somiglia a quello di certe viole che perciò diconsi viole garofanate.

garón (s. m.). calcagno.

garottè (v. tr. [dal franc. garrotter]). arrestare, legare.

garsón (s. m. [dal franc. garçon]). garzone, apprendista di un mestiere o un’arte. # garsón da panaté = garzone di panettiere; garsón da tulè = garzone da lattoniere o calderaio.

garùla (s.f.) persona alta di statura

garunëtt (s. m. pl.). tipo di pasta la cui forma ricorda, appunto, il calgagno, fatta gon sfoglia arrotolata e tagliata a zig zag. # garunëtt e fasó = pasta e fagioli.

gasch (agg.). stopposo, passo, dicesi di ramolaccio o di rapa, che ha perduto la sua freschezza.

gassa1 (s. f.). occhiello, piccol ferro o taglio nell’abito per farvi passare il bottone. * cappio, particolare annodamento che differisce dal nodo propriamente detto, in ciò che uno dei capi entra, non scempio, ma addoppiato nel nodo, ed esce così ripiegato in forma di maglia.

gassa2 (s. f.). galano, è come un fiocco di nastro di seta, ma a quattro e più stelle (gassi) che si mette per ornamento sul pettto o altrove sul vestito.

gàssi (s.m.pl.) chiacchiere, dolce di San Giuseppe.

gàta 1(s.f.) baco, verme, in generale il verme che si annida nella frutta e nelle verdure da cui trae alimento. Vedi anche bigàt.

gàta 2 (s.f.) gatta, felino domestico di sesso femminile # masch. gàt.

gatarién (s. m. pl.)[dra pulenta]. bozzoli.

gatéi (s. m.). solletico, prurito che può essere naturale o prodotto da leggero fregamento.

gatén (s.m.) gattini, micini. Fig. l’ha facc i gatén = ha vomitato.

gatgnén (s. m.). solletico. # um fa gnònc gatgnén = non mi interessa per niente.

gatón (avv.). carponi, gattoni.

gatt (s. m.). gatto.

gattiè (v. tr.). titillare, eccitare leggera commozione in parte nervosa del corpo animale.

gavardón-na – gaverdón-na (s. f.). prigione, luogo di pena.

gavàss>gavón

gavè (v.tr.) togliere

gavón (s. m.). gozzo, enfiamento della gola.

gaz (s. m.). gas.

gazìja (s. f.). acacia, gaggia. pianta nota.

gazës (s. f.). gazzosa, bibita gassata. * Fig. = persona altezzosa.

gazista (s. m.). gasista.

geladéina > dòba.

gelatè (s. m.). gelataio.

gelùz (agg.). geloso.

geluzéja1 (s. f.) gelosia, sentimento del geloso.

geluzéja2 (s. f.) gelosia, persiana di finestra.

gembì (v. tr.). inclinare.

géna (s. f. [dal franc. gêne]). incomodo, disagio, soggezione.

genè (v. tr [dal franc. gêner]). incomodare, tenere a disagio, dar soggezione.

generala (agg. sempre sostantivato[dal franc générale]). raccolta. # bati la genarala = suonare a raccolta coi tamburi per chiamare i soldati. * Ma anche Fig.

genória (s. f.). ciurmaglia, gentame, gente vile.

gént (s. f. coll.). gente. # la gent chl’a chënta = gente importante.

gèra (s. f.). ghiaia, arena grossa, mista a sassolini.

gèrla (s.f.) gerla, cesta di vimini a forma di cono rovesciato, da portare a tracolla.

gérón (s.m. pietraia, ghiaione.

gézia (s. f.). chiesa, edificio destinato per culto della religione cattolica. (Accreditato anche céza >).

ghëddu (s. m.). modo, garbo, disinvoltura.

ghému (agg. anche sost.). scimunito, sciocco.

ghén (s. m.). maiale.

gherbén (s. m.). cestino.

ghéti (s. f. pl.). uose, ghette, calzamento delle gambe fatto di panno, abbottonato lungo la parte laterale esteriore, e tenuto fermo da una staffa di pelle che passa sotto la pianta della scarpa presso il tacco. Si portano per lo più sopra le calze.

ghicc (s. m.). camerino, buco appena abitabile, angusto.

ghicciu (s. m.). dispetto. # per fèi ghicciu = per cagionargli malumore.

ghigna (s. f.). faccia spiacevole . # fat vìghi ‘nt la ghigna = fati vedere in faccia.

ghigniu (s.m.) pene

ghignè (v. intr.). ridere maliziosamente, ghignare.-

ghignón (s. m.). avversione. # avéi an ghignón = avere in uggia.

ghirba (s.f.) pelle # a j’ò sarvà ra ghirba = ho salvato la pelle.

ghirindón (s. m.). tavolino da notte, è appunto un piccolo tavolino che pareggia il letto in altezza, e tiensi accanto ad esso, per tenervi l’orinale. Il piano di codesto tavolino è quadrato o tondo, di legno o di marmo, e sotto di esso piano è una larga fascia la quale, con un fondo orizzontale, forma come una cassetta in cui è l’orinale.

giabòt (s. m. [dal franc. sabot]). zoccola.

giak (s. m.) da nócc. camicciuolo da notte, e più comunemente corsetto, specie di farsettino larghetto, accollato con maniche lunghe, e che non arriva oltre i lombi. Le donne in letto usano vestirne la vita sopra la camicia, specialmente nell’inverno.

giajëtt (s. m.). conteria, specie di vetri a diversi colori ad uso di collane, corone ecc.

giambón (s. m.[dal franc jambon]). prosciutto, coscia o spalla di maiale o di cignale salata e secca.

giaminè (v. intr.). affaticarsi, darsi da fare.

gianchëtt (s. m. pl.). uguanotti, avanotti, nome collettivo di ogni sorta di pesci d’acqua dolce, d’unguanno, che vuol dir di quest’anno, cioè nati di fresco.

gianén (s.m.). baco, bruco, che trovasi talvolta nel formaggio, nei frutti.

gianfùter (s. m.[dal franc. Jean-foutre]). maleducato, cattivo.

giapunéis-giapunéiz (agg.). giapponese. * Per ant. giapunéiza (s. f.). nocciolina americana.

giardinéra1 (s.f.) giardiniera, barroccio in vimini

giardinéra2 (s.f.) giardiniera, verdure sott’aceto.

giarëtt (s.m.) nervetti, tendini del femore del bue.

giargiànéiz (agg.) persona di cui si ha poca stima, disistimato.

giargiàtula (s. f.). arsella, specie di conchiglia bivalve col guscio di fuori ruvido e nell’interno lucido e leggiero. * Fig. al plur. giargiàtuli = cianfrusaglie, carabattole.

già’s (s. m.). impatto, lettiera, sterno o letto che si fa alle bestie nella stalla.

giàs (s. m.) – giassa (s. f.). ghiaccio.

giassaró (s. m.). ghiacciolo, candelotto di ghiaccio.

giassèra (s. f.). ghiacciaia.

giassëtta (s. f.). solerema, indurimento del tessuto cellulare dei neonati.

giassón (s. m.). lastra di ghiaccio. * Per anton. ad Alessandria l’ex Cinema Dante, ora Cinema Corso, ma all’epoca locale di infimo ordine, la cui caratteristica era di non essere evidentemente ben riscaldato.

giavarén (s.m.) goffo esibizionista.

gich (s. m.). germoglio della pianta. *radicchio, così pure chiamasi la fronda stessa della cicoria, e mangiasi cruda anche in insalata.

gichè (v. intr.). germogliare.

gigëtt (s. m.). zurlo, zuzzo, gran voglia di scherzare.

gìgu (s. m.). mozzicone di sigaretta.

giladén-na (s. f.). gelatina, pietanza fatta con brodo rappreso, nel quale siano state cotte carni viscose e infusovi entro aceto e vino, e poscia congelata.

gilè (s. m.dal franc.[gilet]). panciotto, corpetto, piccolo vestimento senza falde, e per lo più senza maniche, che cuopre l’imbusto e portasi immediatamente sotto il vestito esteriore.

gió (s. m.). giuoco, qualunque esercizio fatto per ricreazione, sia col corpo, sia con carte od altro e secondo certe regole.

giòmba (s. f.). fidanzata.

giónta (s. f.). giunta.

gipón (s. m. [dal franc. jupon]). giaccone, maglione.

gir1 (s. m.). giro.

gir2 (s. m.) [dra saradüra]. mandata, tutto quello spazio che il volger della chiave fa percorrere in una volta alla stanghetta, e perciò si dice ‘na saradüra a dòi gir quando occorre di volger la chiave per due giri affinchè la stanghetta percorra l’intero spazio, sia nel serrare, sia nell’aprire.

girundlè (v. intr.). gironzolare.

girundlón (agg.). gironzolone.

giuanén > gianén.

giùch (s. m.). mutilo, legno pel riposo delle galline.

giüdé (agg. e s. m.). giudìo, ebréo. * Fig. e con facile -quanto autorizzata dalla tradizione- assimilazione con i perfidi Judaei biblici = traditore.

giüdichè (v. tr.). giudicare.

giugasstrón (agg.). giocherellone.

giujéra (s. f.). bacheca, cassetta con vetri, entro cui gli orefici pongono in mostra gioie ecc.; vetrina.

giuntè (v. tr.). giuntare. * Al rifl. giuntèji = rimetterci.

giurnà (s. f.). giornata.

giurnalié (s.m.) lavoratore a giornata.

giüss (s. m. [dal franc. jus o dal lat. jus?]). sugo, umore spremuto da frutti od altro; orina di animale, bue, cavallo ecc.

giúst (agg.). giusto.

giùta (s. f.). coccola, bacca.

giutì (agg.). pieno. # giutì cmé in ov = pieno come un uovo.

giuventú(s. f.). gioventù

giùvu (agg.). giovane.

giuvnótt (s.m.) giovanotto.

gnacapiógg (agg. [da gnach6 = schiacciare + piógg = pidocchio]). noioso, dispettoso.

gnachè (v. tr.). premere, far forza sopra un oggetto perchè occupi minor spazio, o renderlo più compatto. * Fig. # gnachè ‘d bòti = picchiare violentemente.

gnacón (s. m.). percossa data colla mano per ischiacciare, infrangere, se si parla di gusci.

gnaghè (v. intr.). piagnucolare, lamentarsi.

gnàgna (s. f.). zia, sorella del padre o della madre, o moglie dello zio.

gnàgnera (s. f.). malessere, noia, svogliatezza, malinconia.

gnänca (avv.). > gnònca .

gnaurè-gnaulè (v. intr.). miagolare, gnaulare, verbo onomatopeico, cioè di suono imitativo, per esprimere quel mandar fuori che fa il gatto la naturale sua voce.

gnëcc (agg.). duro, rigido; testardo.

gnèru (s. m.). cazzatello, uomo piccolo, mal fatto.

gnòca (s. f.). mucchio. # ‘na bèla gnòca ‘d dnè = un bel gruzzolo. * Fig. dicesi di uomo cocciuto, che dimostra caparbietà. * Per ant. ra gnòca = la testa (dispr.).

gnòcc (s. m.). gnocco, tipo di pasta

gnògna (s. f.). carezza, moina.

gnòla (s.f.) penichella, sonnellino, riposino.

gnóla-gnóra (s. f.). registro, arnese del muratore consistente in un cordino che -teso tra due pioli a registro- consente di costruire secondo una linea retta.

gnònca (avv.) neppure, nemmeno. # l’ha gnònca ‘na lira = non ha una lira.

gnùca (s. f.) nuca, capo, occipite. > gnòca per la mutazione -avvenuta nel tempo- di u in o.

gnüch (agg.) duro * Fig. duro di comprendonio.

gnüfè (v.tr.) annusare.

gnüflén (s.m. vezz.) nasino, naso rivolto all’insù.

gnurònt (agg). ignorante, insipiente; poco dotto (ma anche duro di cervice, non essendo presente al nostro volgo la differenza tra cultura e intelligenza; sì che gnurònt è spesso contrario di ‘nteligént).

gnùta (s. f.). ceffo, faccia poco raccomandabile. * Spesso scherz. anche solo per viso. # uomo allegro il ciel l’aiuta / ‘l casca ‘n tèra e us ròmp ra gnùta (parodia di noto prov.).

gnùtón (agg.) taciturno, persona poco socievole.

gób (agg.). gobbo. * Fig. debiti. # fè di gób = far debiti.

gòdi (v. tr.). godere.

gòga e magòga [fè] (espr. idiom.). divertirsi, godersela, scialare.

góji (v. tr.). raccogliere.

gòmba (s. f.). gamba. * Fig. éssi ‘n gòmba = essere in gamba.

gòrbina (s. f.). prigione.

gòmbisëchi (s.f.) funghi prataioli.

grafi (s. m.). graffio, arnese di ferro a più branche variamente uncinate, col quale legato a una fune poter ricercare, afferrare e cavar fuori dal pozzo la secchia che vi sia rimasta, scioltasi dalla molletta.

grafión (s. m.). ciliegia duracina, lustrina.

gram (agg.). cattivo. * A volte invece per commiserare: gram diau = povero diavolo.

gränd (agg.). grande. Ma molto spesso col sign. di alto, cresciuto, non più bambino.

grandurión (s. m.). spilungone.

granén (s. m.). granello. * Fig. al plur. testicoli. * Con deriv. da grän-na = fastidio: piantagrane, fastidioso.

grän-na1 (s. f.). grano, piccola parte. * Per anton. acino d’uva.

grän-na2 (s. f.). fastidio, situazione pasticciata.

cranùz (agg.) ricco

grass (agg.). grasso.

gràssia (s. f.). grazia.

grata (s. m. da gratè nel sign. di rubare.). ladro.

gratè (v. tr.). grattare; grattuggiare. * Fig. rubare.

gratacú (s. m.). ballerini, i frutti della rosa.

gratarén-na (s. f.). grattugia, arnese fatto di lamiera o di latta bucherata, che il riccio dei buchi, chiamati occhi, rende ronchiosa da una banda, e su questa si gratta, cioè si stropiccia e frega cacio, pane o altro che si voglia ridurre in bricioli.

gratéira (s. f.). inezia, sciocchezza.

grénta (s. f.). faccia antipatica, che mette paura, che dispiace.

grév (agg.). pesante.

grìa (s. f.). rete, lavoro di fili metallici, per lo più di ferro, intrecciati e ritorti alternativamente in modo da formare vari buchi che si chiamano maglie, di uguale grandezza e da potervisi appena introdurre la punta di un dito. Questo reticolato formato su un telaio di ferro ponesi a certe finestre od altre aperture, alle quali fa una chiusura men forte ma più fitta che non quella d’un’inferriata. * Anche parafuoco, arnese di rete metallica o anche di tela metallica, intelaiata di ferro, a tre spicchi, come un scurino, e si tien ritto avanti al camino, a sicuro riparo contro gli scoppi.

gridséla (s. f.). strigolo, rete; in termini di cucina è quello che gli Anatomici chiamano omento, cioè quel pannicolo o membrana che involve tutti i visceri dell’addome o basso ventre.

grifàld (agg.) brutto, dicesi di persona o cosa non gradevole all’aspetto

grifàlda>grimàlda

grìl1 (s. m.). grillo, insetto che stride.

gril2 (s. m.) [‘d ra ciàv]. ingegno

gril3 (s. m.) [‘d nus]. gheriglio, è il seme della noce, quando è intero, ossia la mandorla quadrilobata, e coperta della sua cica o pelliccia. I gherigli si mangiano, o si spremono collo strettoio per cavarne l’olio, sia per condimento, specialmente per friggere, sia per ardere. Il gheriglio si spacca agevolmente in due mezzi gherigli e ciascuno di questi in due spicchi.

grilëtt (s. m.). vassoio, fiamminga, piatto di forma tonda od ovale per servire in tavola le vivande. Anche grilletto del fucile, piatto di portata in cui si serve la minestra in tavola

grimàlda (agg.) donna d’eta vogliosa.

grippia – grëppia (s. f.). greppia, mangiatoia (spesso anche in senso morale e figurato).

grippión (agg.[da grippia = greppia, onde grippión =animale?). rozzo, senza garbo, sgarbato.

grissa (s. f.) [‘d pòn]. pagnotta.

griuéra (s. f.). gruviera, tipo di formaggio. Ma va detto che spesso si confondono sotto questo nome formaggi diversissimi, l’Emmenthal, lo Sbrinz ecc., che tutti la gente chiama griuéra.

griz (agg.). grigio. * Fig. e al femm griza = brutta figura. # a jò facc ‘na griza = ho fatto una figuraccia

grizulè (agg.). screziato. # fasó grizulà = fagioli screziati.

griva (s. f.). tordo, uccello noto, gustoso, di grossezza tra il piccione e l’allodola.

grivè (agg.). furbacchione, malizioso.

gròn (s. m.). grano, frumento. * Fig. denaro. # a l’ha facc el gròn = ha fatto i soldi.

grònd (agg.). grande; alto di statura; cresciuto (di bambini) # grònd e ciùla = alto e stupido.

gròn-na (s. f.). grana, inconveniente.

grügén (s. m. pl.). gangherini, denominazione che comprende ambedue le parti di una sorta di affibbiatoio, le quali sono il gangherello (ar mascc), ed è una specie di gancetto di sottil filo metallico addoppiato coi due capi ripiegati in fuori a foggia di magliettine. Cucito ad alcune parti del vestito, soprattutto da donna, serve insieme colla gangherella (ra fümèla) ad affibbiarle, invece di bottone od altro. Questa però, che è una maglietta dello stesso filo metallico, non è addoppiata, ma è similmente ripiegata ai due capi per poterla cucire al panno, in corrispondenza del gangherello, il cui gancetto s’introduce nella maglia della medesima per affibbiare.

gruginè (v. tr.). aggangherare, vale affibbiare, fermare con gangherini.

grumëtta (s. f.). soggolo, nastro od anche strisciolina di pelle che all’uopo si fa passare sotto la gola perchè il caschetto stia più fermo in capo. Talora ponesi anche al cappello.

grùp (s. m.). nodo, speciale allacciamento che si fa con filo, nastro o simile ad uso di stringere. Il nodo propriamente non ha fermezza se non quando è fatto su di sè, cioè senza interposizione di altro corpo; tale si è per esempio il nodo che si fa in fondo all’agugliata (agügià ) affinchè non si perda il punto nel cucire. In ogni altro caso il nodo si rafferma o col doppio nodo, ovvero con cappio. * grup dar pianti. noccio, gonfiamento parziale e duro del fusto degli alberi nel luogo ove spuntano i rami.

grupëtt (s. m. dim del prec.). rovescino, costumino, è una maglia rovescia la quale nella parte posteriore della calza abbraccia due giri. Dall’unione di tutti i costumini è formata la costura.

grupì (v. tr.). annodare, avviticchiare assieme. # i dój murùs j’éru grupì ‘nsema = i due fidanzati erano abbracciati strettamente.

grú-ùéra (s.f.) groviera

guadén-na (s. f.). guaina, certa addoppiatura nei panni, cucita in modo da formare come un budellino, entro cui col’infilacappio si fa passare un nastro, o altro simile per istringere mediante l’increspamento di essa.

guadagnè (v. tr. e intr.). guadagnare. * Nel ling. sportivo anche vincere # l’ha guadagnà la partéja = l’ha vinta.

guardaròba (s. m. o f.). armadio, mobile in legno, ora affisso, ora semplicemente addossato al muro, e chiudesi sul davanti con uno o due sportelli o imposte. Serve a conservare vestiti appesi a grucce (omëtt) perchè non prendano il grinzo, ovvero a riporre biancheria od altro; ed in questo caso l’armadio è diviso orizzontalmente da palchetti o piani, e talvolta suole anche avere una o due cassette, una accanto all’altra, nella stessa linea orizzontale.

guarnissión (s. m.). guarnizione.

gublòt (s.m.) gamella, bicchiere da osteria.

guduciu (agg.) godereccio

gügiaró (s. m.). agorajo, è un astuccino da tenervi dentro aghi ed alche spilli. Esso è fatto di due bocciuoli tondi o stiacciati di metallo, d’avorio, di legno od altro, i quali per un certo tratto entrano o l’uno nell’altro, con battente, o sono pareggiati al di fuori.

gundón (s. m. [deformaz. di condom]). preservativo.

gurgùta>gùrgu

gùma (s. f.). gomma.

gümè (agg.) lavorare alacremente

gundón (s.m.) preservativo

gùra (s. f.). gola (anche Fig.).

gurba (s.f.) operazione di lavaggio delle botti con acqua bollente e foglie aromatiche prima della vinificazione.

gurdión (s. m.). pappagorgia.

gurén (s. f.). vimini. Al plur. vermene di vinco, con cui si fanno ceste ecc.

gùrgu (s.f.) gorgonzola.

gurìgn (agg.). tiglioso, duro, dicesi di carne, di pane ecc. * Ma anche -per estens.- di uomo robusto e poco cedevole.

gùssi (s. f.pl.). gocciole; ciondoli d’orecchino.

gùta (s. f.). goccia.

I

i (art.). I, art, pl., si premette nel dialetto a tutti i nomi maschili incomincianti per consonante, ma si cangia in j’ dinannzi a quelli incomincianti per vocale. # i libi = i libri; j’omi =gli uomini.

illuminassión (s. f.). luminaja, grande e straordinaria copia di lumi, in chiesa o in casa, o fuori alle finestre, in segno di speciali onoranze, o di pubblica esultazione religiosa o civile.

imbecìl > ambecìl.

impàc (s. m.). impacco.

impedì (agg.). impedito, non libero. * Femm. impedìa = incinta, gravida.

impiàster (s. m.). impiastro, cataplasma. * Fig. persona seccante.

impléta (s. f. [dal lat. impletus -a -um ?]). incetta, compera di mercanzie per rivenderle.

impruvìz > ampruvìz

in (agg. num.; femm. na). uno.

incàv (s. m.). fiosso, chiamano i calzolai la parte laterale e più stretta, sì del suolo della scarpa presso il tacco, sì della pianta del piede presso al calcagno, specialmetne dal lato interno, dove quella incavatura è maggiore.

infernòt (s. m.). luogo sotterraneo per riporvi le bottiglie.

iòna (s. f.). sbaglio, balordaggine.

inquìsu- inquìzu (s. f.). incudine, grosso arnese di ferro o d’acciaio sul quale col martello si batte il ferro, od altro metallo per lavorarlo.* Fig. duro di comprendonio.

ìss (agg. e pron. dim.). quello # ìss om = quell’uomo. * Al plur. oltre ìssi s’usa dire anche soltanto ‘si: #’sì omi= quegli uomini

ist (pron. dim.). questo. * istchichì = questo che è qui; istatrachì = quest’altra quì. * S’usa anche dire ‘st’ann = quest’anno; ‘sta sira = questa sera.

istà(s. f.). estate.

iütè (v. tr.). aiutare

K

klak (s. m. [dal franc. claque ]). caloscia, specie di soprascarpa o calzatura che va sopra le scarpe per conservarle asciutte e nette dal fango. Ne è varia la forma e tiene del sandalo e dello zoccolo. Questa parola sarebbe una storpiatura del francese claque.

L

la – ra (art. femm. sing.). la. A seconda del rione, è possibile trovare la differenza tra i due lemmi. Genericamente potremmo identificare la forma ra per chi proviene dal Rione Orti, la per chi proviene dal Centro o dal Cristo.

lacabón (s. m.). dolciume a forma di bastoncino, composto da miele e chiare d’uovo, venduto tradizionalmente in occasione della festa di S. Lucia.

làcc (s. m.). latte, quel liquore bianco ed opaco, che si forma nelle mammelle delle femmine dei mammiferi, primo alimento dei loro parti. # fè ‘mnì u làcc ai snùgg = annoiare.

laccëtt (s. m..). animella, una delle parti del corpo dell’animale, bianca e di sostanza molle e spugnosa.

laccià (s. f.). siero di latte.

lacciuëtta (s. f.). lattuga, ortaggio a foglie sottili, morbide, liscie o a piccolissime crespe, ora schiette, cioè erette e distese, ora curve e serrate in palla. Mangiasi cruda in insalata.

lacè (v. tr.). mungere.

ladén (agg.[latinus = facilis?]). scorrevole, sciolto. # ladén ‘d män = manesco.

làder (agg. e s. m.). ladro.

lam (agg.). rilassato, rallentato, non stringente.

lambìc (s. m.). sputo, sputacchio.

lambrìs (s. m.). lombrico, verme rossigno che nasce dalla terra.

lamissé (s. m.). gomitolo, filo ravvolto su di sè in forma di palla a maggior comodo di servirsene per far la calza e cucire.

lampré (s. m.). lampreda, pesce di mare.

landò (s.m.) carrozza coperta a quattro ruote.

lanssó (s. m.). lenzuolo, que’ due ampi panni lini fra i quali si giace nel letto.

lantèrna (s. f.). lanterna. * Dim. lanternén = lanterna cieca.

lantìgia (s. f.). lenticchia, legume minuto, liscio, di forma circolare, schiacciata, leggermente convessa nelle due facce. * Il plur. lantìgi indica norm. le efelidi.

lapabró (agg spesso sost.). leccapiatti, uomo dappoco. Fig. manrovescio.

lapè (v. tr.). leccare.

lapén (s. m. [dal franc. lapin]). coniglio selvatico (mentre cunì è quello domestico). * Per ant. lapén è il collo di pelliccia di poco valore (di coniglio, appunto, nobilitato nel nome) che le donne del popolo portavano, quando vestivano elegante, allacciato sul davanti del cappotto con le due zampine incrociate.

làpis (s. m. [ovviam. dal lat. lapis]). matita, corpo naturale o artificiale di color vario, per lo più piombino, incassato ordinariamente in cilindretti di legno, a uso di tirar linee sulla carta, orizzontali, per andar dritto nello scrivere, ovvero verticali, per segnare limiti di margini, divisioni di colonne e simili.

lapón (agg. spesso sost.). leccata. Fig. ghiottone, che appalesa bramosia grandissima nel mangiar buoni bocconi, desideroso soltanto di soddisfare al vizio della gola.

lardaróra-lardaróla (s. f.). tagliere, pezzo d’asse grossa, spianata e liscia su cui il cuoco trita o taglia carne, erbe od altro.

lasàgna-lazàgna (s. f.). lasagna, tipo di pasta. * Accr. pegg. lasagnón = scimunito, sciocco; persona che si lamenta continuamente * lazagni dar gób = agnolotti.

làss (s. m.). laccio, cappio che scorrendo lega.

lassarén (s. m.). acciarino, pezzo d’acciaio, con cui percuotendo la pietra focaia, si producono scintille che appiccano il fuoco all’esca posta sopra la pietra, alla quale accostando un zolfanello, si desta la fiamma.

lassè (v. tr.). lasciare.

lastrighè (v. tr.). acciottolare, selciare, pavimentare con ciottoli, coprire il piano della strada, dei cortili, delle stalle e simili pavimentandolo di ciottoli; il che si fa allogandoli e picchiandoli sur un letto di rena, colla quale anche sono riempiti gl’intervalli fra ciottolo e ciottolo.

lastrighén (s. m.). lastricatore, colui che fa mestiere di lastricare le pubbliche vie.

latén (agg.). latino. * A volte -alla moda del Renzo manzoniano- ad indicare qualcosa di oscuro e pericoloso. # a j’ho capì u latén = mi sono accorto dell’inghippo.

l’atreri.(avv.). l’altro ieri.

làuer (s. m.). lauro, pianta sempreverde.

laurè (v.intr.) lavorare.

lavandén – lavè (s. m.). acquaio; è una pietra piana, larghetta, con quattro basse sponde fermata sur un muricciuolo; serve a lavarvi i piatti.

lavandéra (s. f.). lavandaia.

lavè (v. tr.). lavare.

làver (s. m.). – làvra (s. f.; ma al plur. sempre làvri femm.). labbro, ciascuna delle due parti che unitamente circoscrivono la bocca.

lavertìs (s.m.) bruscanzoli.

lazarón (agg. spesso sost.). lazzarone, colui che ha poca voglia di impegnarsi nel lavoro, nello studio ecc.

(pron. pers. di 2a pers. femm. sing.). lei.

lechè (v. tr.). leccare * Fig. adulare.

lécc (s. m.). letto. # lécc da dù piassi = letto a due, denominazione ellittica di letto a due posti, cioè che ha larghezza sufficiente a due persone.

léja (s. f. [dal franc. allée]). viale, o stradone, strada grande, per lo più non molto lunga, ma diritta, ombreggiata da begli alberi piantati in fila, che serve di comodo e grato passeggio, o conduce a nobile edificio sacro, ovvero a villa signorile.

léisa-léiza (s. f.). lesina,. ferro sottile, appuntatissimo, con piccol manico tornito. Le lesine son o ritte, o curve, o tonde, o a spigoli.

lémber (agg.). ghiotto, avido di cibi delicati.

lembreréja (s. f.). ghiottoneria.

lemòsna- lemòzna (s. f.). elemosina.

léndi (s. m.). endice, uovo stantio, o anche artefatto, che si lascia nel nido per segno e quasi par invito che le galline là devono far l’uovo. # sciupè ‘me ‘n léndi = fisicamente scoppiato.

léngua (s. f.). lingua.

lésa-léza1 (s. f.). fetta esageratamente grossa, grande porzione.

lésa-leza2 (s. f.). treggia, sorta di veicolo senza ruote che viene trascinato dai buoi.

lésna-lézna (s. f.). lesina, arnese del calzolaio.

lëtra (s. f.). lettera.

letéra (s. f.). lettiera, intelaiatura di bel legname, o anche di ferro gentilmente lavorato, entro la quale son collocati per traverso gli asserelli, e sopra questi è posato il saccone. La lettiera ora è stabilmente ferma sui suoi quattro piedi, quando il letto non s’ha a rimuovere, ora essa è movibile su quattro ruote, quando il letto, di giorno, si tiene nel verso della sua lunghezza contro il muro, e si vuole poi allontanarvelo alquanto la mattina per rifarlo, o la sera per farvi il vicoletto, nel coricarsi.

léndés-léndéz (s. m.). lunedì.

levafià (agg.). noioso, seccante.

léver (s. f.). lepre.

lézi (v. tr.). leggere.

lìbi (s. m.). libro.

lichëtt (s. m.). saliscendi, semplicissimo serrame senza chiave, e consiste in una spranghetta orizzontale, la quale -imperniata all’un dei capi dell’uscio, presso il battente- muove angolarmente dall’alto in basso entro la staffa, attraversa la commessura dell’uscio, e dall’altro capo accavalcia il dente del nasello conficcato nello stipite della porta, o nell’altra imposta dell’uscio, se ve ne son due.

lifròch (agg.). scimunito.

ligàssa (s. f.: pl. ligàss). legaccia; legacce, che anche furon dette cintolini, son due nastri, o due strisce di maglia colle quali, avvolte a più giri sopra e anche sotto il ginocchio, si legano le calze, affinchè sian tese lungo la gamba. Alle legacce molti sostituiscono ora laccetti elastici.

lighè (v. tr.). legare. * Al rifl. lighèss [ansèma] = condensarsi, coagularsi.

lìgna (s. f.). legna.

ligusén (s. m.) aguzzino, chi custodisce i carcerati. * Fig. uomo manesco, soprattutto nei confronti della famiglia.

ligusón (agg.). scioccarello.

limón (s. m.). limone.

limunàda (s. f.). limonata, spremuta di limone. * Fig. e scherz. = l’azione del limunè seg.

limucè (v. intr.). lesinare, far lo spilorcio in un contratto.

limunè (v. intr.). appartarsi afffettuosamente fra innamorati.

lindmón (avv.). l’indomani.

lingér (agg.). leggero; di poco prezzo.

lingéra (s. indecl.). capo scarico, uomo di cui non ci si può fidare, inaffidabile.

lingòt (s. m.). lingotto.

linùsa (agg.). di lino. Usata nell’espr. farén-na ‘d linùsa = linseme, farina di lino per empiastri.

lión (s. m.). leone. # fòrt cmé ‘n lión.

lìri (s. m. [dal franc. lys]). giglio, bianco fiore odoroso.

lisändrén (agg e s. m.). nativo di Alessandria.

Lisändria (n. pr. f.). Alessandria.

lìsca1 (s. f.).sala, erba che, seccata, serve ad impagliare le seggiole.

lìsca2 (s. f.). lisca di pesce.

liscacadréghi (s. m.). impagliasedia, colui che per professione impaglia le seggiole.

listé (s. m.). regolo, panconcello, asse sottile e stretta di legno, lunga, riquadrata, diritta e di sufficiente grossezza perchÈ si mantenga inflessibile; con esse il muratore regola ogni suo lavoro retilineo.

listén (s. m.). cuoricino, pezzuolo di tela tagliato per lo più a foggia di cuore e cucito per fortezza internamente all’angolo dello sparato del petto. Negli sparati di fondo, al cuoricino usasi sostituire un gheroncino, ossia un quaderlettino ripiegato diagonalmente in forma di triangolo, che allora vien chiamato gaidén.

lìvid (agg.). livido.

livión (s. m.). tasso barbasso.

liz (agg.). liso, stato d’un tessuto che mostra una difettosa trasparenza prodotta da logoramento, quasi fosse una ragnatela. Dicesi perciò che quel tessuto ragna.

(s. m.). luogo. * Dim. logòt.

lòbia (s. f.). loggia, balcone. * accr. lobiòn (s. m.). piccionaia, loggione, ultimo piano sopra i palchetti in teatro.

[piè an su] lobiòt (espr. idiom.). cogliere sul fatto, in flagrante.

lòfa (s. f.). licopedio, detto volgarmente vescia, e per letterale traduzione vescia o loffa di lupo; è una crittogama fatta a palla, di polpa bianca, compatta, omogenea, che nella maturità si converte in polviglio bruno. Immaturo è mangiato da alcuni. * volg. anche di fiato rumoroso che esce dalle parti di sotto.

lòfi (agg.). moscio. * Fig. di persona senza scatto né personalità.

lògia1 (s.f.) scrofa.

lògia2 (s.f.) contrabbasso, ma anche mèzavàca = mezzavacca a causa del profilo dello strumento.

lóng (agg.). lungo.

lòn-na (s. f.). lana. * Fig. bóna lòn-na = buonalana,uomo di poca moralità.

lorgnè (v. tr. e intr.[dal franc. lorgner, o forse più prob. dal sost. lorgnette]). sbirciare, guardar con l’occhialino.

lorgnétti (s. f. pl.[dal franc. lorgnette]). occhialino.

lósna-lózna (s. f.). lampo, baleno, quel momentaneo apparire della luce prodotta dal fluido elettrico.

lotón – lutón (s. m.). ottone.

lotonè (s. m.). ottonaio, colui che lavora in ottone.

(pron. pers. di 2a pers. masch. sing.). egli, lui.

lùa (s. f.). fogna, chiavica, condotto sotterraneo murato, solito farsi sotto il pavimento delle corti e delle principali via della città, per menar fuori le acque piovane in gora aperta, o in un vicino fiume.

lùc (agg.[dallo spagn. loco]).sbalordito, stupido; matto. # fè da lùc = far lo gnorri; fè u lùc = fare il matto.

lucàl (agg. e s.m.). locale.

lucandén-na (s.f.) locandina, manifesto con programma di spettacoli.

luchéira (s. f.). mattana, pazzia. # l’età d’rà luchéira = l’adoloscenza, come poco capace di autocontrollo.

lúdria (s. f.). lontra, animale mammifero, carnivoro, più grosso d’un gatto, che vive di pesci. * Fig. lercio. # spòrc cmé ‘na lúdria.

ludsän (agg. poi sost.). lodigiano, e definisce un tipo di cacio.

lughè (v. tr.). allogare, dar luogo; mettere al riparo. * Trasl. ricoverare all’ospedale psichiatrico.

lúm (s. m.). lume. # lúm a óri, a petròliu, a ‘cetiléne ecc = lucerna a olio, a petrolio, a acetilene ecc.* Il dim lümén = pupilla, il nero dell’occhio.

lümè (v. tr.). adocchiare.

luntòn (agg. e avv.). lontano.

lùrda (s. f. [dal franc. lourd = pesante?]). schiaffone.

lurgnón (agg. spesso sost. [da lorgnè prec.]). sornione.

lüsaró (s. f.). abbaino, apertura a modo di finestra, sopra il tetto, per passare su di esso e per dar qualche lume al soppalco.

lüsént-lüzént (p. pres di lüsi [lüzi] usato come agg.). lucente, luccicante

lùzèrna (s.f.) lucerna

lüsi-lüzi (v. intr.). luccicare.

lúss (s. m.). luccio, pesce fluviale fornito di denti. * Dim. lüssòt = piccolo luccio.

lúster1 (agg.). lucido.

lúster2 (s. m.). vernice da lustrare scarpe e stivali.

lúster3 (s. m.[dal franc. lustre]). lumiera a più lumi.

lustrassóri (s. m.). mazza da lisciare, bastone cilindrico di bossolo, di corno o anche di ferro, lungo circa due palmi, e serve a lisciare la superficie del cuoio delle scarpe, col fregarlo fortemente facendo forza con ambedue le mani applicate alle due estremità della mazza.

lústrè (v. tr.). lucidare.

lùv (s. m.). lupo. # scùr cmé ‘n bùca au lùv = scuro e spaventoso.

lüzèrta (s. f.). lucertola.

 

M

ma (s. m.). male. # ma cadú = epilessia; bìtè ma = seminar discordia; fèssra mal = essere in cattive acque.

màca [a]. (s.f.) scroccare, senza pagare.

macàcu (s. m.). caramoggio, brutto muso.

macarón (s. m.). maccheroni, tipo di pasta. * Fig. uomo di scarse capacità.

machè (v. tr.). ammaccare.

machignòn (s. m.). cozzone, sensale di cavalli.

màcia (s. f.). macchia. * Fig. macchietta, tipo ameno.

maciavélica (s. f.). astuzia, inghippo.

maciurlè (v. tr.). macchiare, imbrattare.

macóla [fè] (espr. idiom.). mariolare, far magagna nel gioco; barare.

macramé (s. m.). tovaglietta, pannolino che fascia il collo per davanti e pende sul petto, nell’operazione della barba, e che dopo serve per asciugarsi il viso e le mani.

madama (s. f. [dal franc. madame]). signora, donna dall’aspetto imponente; in genere viene usato in senso poco lusinghiero. * L’uso abituale è quello di madamén = giovane signora.

madòna (s. f.) madonna, sia nel significato proprio religioso (Madonna), sia nel significato trecentesco [dal prov. ma dòmpna]: in quest’ultima accezione anche come appellativo di cortesia per indicare la suocera.

magàra (avv.). magari, così fosse.

maggiùstra – magiùstra (s. f.). fragola, piccolo frutto rosso, odoroso, per lo più conico, tenerissimo, a superficie umidetta, il quale nasce sur una pianticella erbacea, spontanea nei boschi, e coltivata nei giardini. * dim. maggiustrén-na = paglietta, cappello di paglia.

maghér (agg.). magro, ossuto.

magiurònsa (s. f.). maggioranza.

magnòn (s. m.). calderaio, stagnaro, artefice che fa utensili di rame, come paioli, padelle ecc., o che al ferro dà forme svariatissime, come serrami, toppe, chiavi.

magnùzu [fè] (espr. idiom. tipica della scuola). bigiare, marinare, saltare un giorno di scuola.

magòga [fè gòga e] > gòga

magón (s. m.). disgusto; crepacuore, dicesi di dolore morale.

magùt (s. m.). brutta faccia.

maja (s. f.). maglia. # scapè per ‘na maja rutta = uscire per il rotto della cuffia.

majèra (s. f.). magliaia.

màl1(prof.). prefisso negativo, di solito preposto ad un aggettivo per invertirne il signif.

màl2 (s.m.) male, # mal dèl grùpp = difterite.

malandàcc (agg.). malandato, ridotto in cattivo stato di salute.

maledisiòn (s. f.). maledizione.

mal del grup (s.m.) difterite

malfidà (agg.). diffidente, sospettoso.

malforgià (agg.). malconcio; malfatto.

malgrassiùz (agg.). sgarbato, burbero.

malintéiz (s. f.). equivoco, sbaglio.

malòch (s. m.). cumulo, mucchio.

malparàja (s. f.). malparata. # viggsi a la malparàja = vedersi ridotto a mal termine.

malrangià (agg. [dal pref. mal- e da rangè]. mal in arnese.

mama (s. f.). mamma.

mamalüc (s.m.) mammalucco

manàn (agg.). sgarbato, chi facilmente batte.

mancipèssi (v. rifl. [evidentem. per aferesi dell’ e da emanciparsi]). prendersi troppa libertà.

manëtta (s. f.). manuale, striscia di pelle che fascia la palma e il dorso della mano, a riparo di essa nello stringer fortemente i punti fatti collo spago. * Più recent. (e soprattutto nel plur manëtti) = manette.

mangè(v. tr. e intr.). mangiare. # bûn da mangè= mangereccio.

màniga (s. f.). manica, branco, truppa di persone cattive. # ‘na màniga ‘ d lader; ‘na maniga ‘d birichén.

manìggia (s. f.; spesso al plur. manìggi). maniglia, maniglie, due manichetti di ferro, uno per parte della caldaia, talora pendenti e girevoli in due occhi, come nei bauli, talora fermi orizzontalmente.

manimän1 (avv.). man mano.

manimän2 (avv. usato come espr. idiom.). potrebbe accadere che, per poco non ci scappa che… # manimän u scapa = è da temere che fugga, potrebbe fuggire.

manìpul (s. m.). manipolo, è una strisica di drappo che si pone a legarsi sul braccio sinistro, quando il sacerdote vuol dire la Messa.

manìssa (s. f.). manicotto, specie di sacchetto lungo circa due palmi, coperto esteriormente per lo più di pelliccie, aperto ai due capi, ad uso d’introdurvi le mani quando si esce di casa, per ripararle dal freddo.

manissén (s. m. pl.). polsini, solini, due liste di tela che fanno finimento a ciascuna manica della camicia e si abbottonano ai polsi.

männu – män-nu (s. m.). manico. # avéi ar corté pr’ar man-nu = avere il sopravvento, essere in condizione migliore.

manòt (s. m. pl.). denaro.

manpàra (s. f.). scena, che in alcuni luoghi fuor di Toscana chiamasi paravento, arnese movibile, da porsi ritto qua e là sul pavimento delle stanze, per riparo dell’aria, o presso a un letto non cortinato, per togliere, insieme coll’aria la vista. Quest’arnese è composto di quattro o più spicchi, cioè telaj di legno, larghi ciascuno circa un braccio, alti più che uomo, sui quali è tesa stoffa, o carta tinta, mastiettati per lo lungo, da potersi ripiegare interamente uno sull’altro, quando si vuole riporre, e da potersi aprire angolarmente in linea serpeggiante perchè stia in piedi da sè quando è allargato.

manté – mantèl (s. m). mantello.

màntes – mäntis (s. m.). mantice, arnese composto di legno e di pelle, col quale si spinge il vento, ossia una rapida corrente d’aria sul fuoco per avviarlo o ravvivarlo.

mantlén (s. m. dim.) [di prèvi]. faccinola, quella parte del vestiario dei preti, che consiste in una larga striscia di seta o lana fermata intorno al collo con due nastri e giunge sino ai calcagni.

mantlénna – mantlén- na (s. f.). accappatojo, specie di ampio e corto mantellino di tela, che involge tutta la persona, cui si fa la barba o si tagliano i capelli.

maquè. (s. m.). malanno. # éssi pén ‘d maquè = esser pieno di malanni.

maràvi (agg.). ammalato, infermo.

marchè (v. tr.). notare, segnare; screpolarsi.

marciapé. (s. m.). marciapiede.

marè > büza

marèla (s. f.). matassa, filo avvolto in più giri uguali, gli uni sopra gli altri, coll’aspo. # marèla angavgniaja = arruffata, qualla le cui fila sono disordinate che non se ne trova il bandolo (cavión), o questo non corre lungamente nel dipanarla sull’arcolajo.

maresiàl (s. m.). maresciallo.

màri (s. f.).madre . * Fig. màri1 [dar cafè] = posatura, quel sedimento, o residenza della polvere del caffè, la quale pel cessato bollimento, o pel riposo, cade in fondo della caffettiera. màri2 [‘d l’azì] = parte acidificante -per la presenza del midoderma- che si deposita sul fondo della damigiana in cui si fa acidificare il vino, e che continuamente riproduce aceto dal vino che vi viene aggiunto.

marì (s. m.). marito, consorte.

mariè (v. tr.). maritare, sposare. Ovvio anche il rifl. marièssi = sposarsi.

marinzónna – marinzón-na (s. f.). melanzana, frutto della pianta omonima, di coloro violetto o bianco, che mangiasi fritta.

marionëtta (s. f.). marionetta, fantoccio che si fa gesticolare per mezzo di suste. * Anche Fig. si dice di persona priva di propria autonoma discrezionalità.

màrm (agg.). scemo, non colmo.

marmè (v. tr.). diminuire, ridurre a meno (specie di liquidi). # marmè la damigión-na .

marmòta (s. f.). marmotta, animale da pelliccia. * Fig. dicesi anche di persona non dinamica, indolente.

marmurén (s. m.). marmista, per anton. quello che scolpisce le lapidi del cimitero.

maròca (s. f.). marame, rifiuto di mercanzia, di poco pregio.

marògna (s. f.). residuo della combustione del carbone.

marossè (s. m.). sensale, colui che va a fare i contratti.

mars1 (s. m.). marzo, terzo mese dell’anno.

mars2 (agg.). marcio. # pèrdi parteja marsa = perder partita doppia.

màrsa (s. f.).marcia, sanie. # pén ‘d màrsa = pieno di marcia, sanioso.

marssè (v. tr. e intr.). (tr.) ammollare, infradiciare; (intr., ma allora anche marsì) marcire, diventar marcio.

marsüpi (s. m. [fig. dal marsupio del canguro]). peculio.

marté1 (s. m.). martello, arnese di ferro, con manico per lo più di legno, e serve a picchiare che che sia, conficcar chiodi ecc.

marté2 (s. m.). [pianta búss], bosso, bossolo, genere di pianta che é sempre verde.

martlén (s.m.) calabrone che nidifica in terra, anche piccolo martello.

martlén-na (s.f.) incudine di piccole dimensioni, portatile, per martellare attrezzi da taglio

martúf (s. m.).> macàcu.

marzòc (s. m.). oggetto informe, fagotto.

màssa (s.f.) mazza, grosso martello usato per lo più per conficcare pali nel terreno.

mascarpón (s. m.). cacio fresco, fatto con fior di latte.

mascarúss (s. m.). scovatto, cuoio.

mascc (s.m.) maschio

maschëtta (s. f.). guancia di vitello, cotenna della testa del bue.

mascògn (s. m.). raggiro, frode, truffa.

massè (s.m.) massaro, mezzadro.

masëta (s.m.) mazzetta

masnà -maznà 1(s. m. [prob. dal lat. mox natus]), bambino.

masnè-maznè (v. tr.). macinare, ridurre in farina il grano, o biada, o altro, colla macina.

masnén-maznén (s.m.) macinino per caffè

masnùi-maznùi (s. m.). ragazzaccio

masnuiàda – maznajàda (s. f.). ragazzata.

massaghén (s. m. [ovvia la formaz., da massè e ghén = maiale]). norcino, ammazzaporci.

massc (agg. a volte sost.). maschio

massè (v. tr.). ammazzare, uccidere. * Fig. massa sèt, strupéja quatòrdes (espr. idiom.; anche massni dùdes e strupéini quatòrdes) = smargiasso, spaccamonti

masslè > dencc.

massó (s. m.). mazzuolo, specie di martello tutto di legno, e consiste in un pezzo di ceppo, grossetto, duro, anzi per lo più nocchiuto, in cui è piantato un corto manico.

màstich (s. m.). mastice, materia che serve ad attaccare*Fig. l’è ‘n màstich = è un fatto poco chiaro.

mastiè (v. tr.). masticare, è il tritare o altrimenti assottigliare il cibo co’ denti, specialmente mascellari, prima d’inghiottirlo.

màstra (s. f.). madia, forte cassa di legno, su quattro robusti piedi, nella quale s’intride la farina, e si fa e si rimena la pasta per farne pane.

mastrujà (v. tr. e intr.). biascicare, quel lento e stentato masticare che fanno i vecchi che hanno pochi o punti denti.

màta (s. f.). fanciulla, figlia (anche il dim. matëtta).

matén (s. m.) – matén-na (s. f.).mattino. # matén bunùra = mattino presto.

matrimòni (s. m.). matrimonio.

matrisè-matrizè(v. intr.). madreggiare, somigliare alla madre nel viso, o nei costumi.

matutogno (s.m.) fantoccio di neve. Anche babaciu

mazlè (s. m.). macellaio.

maznè (v. tr.). macinare.

maznén (s. m.). macinacaffè.

méder (s. m.). modello.

medézim (agg.). medesimo.

medigón (s. m. dispr.). empirico, chi cura ammalati per pura pratica, senza aver studiato.

medzén-na – midzén-na (s. f.). medicina.

méi1 (agg. comp. di bón). migliore.

méi2 (avv. comp. di bén). meglio

méi3 (pron. pers. di 1a pers.). io.

méja (avv.[dal lat. mica]). mica, punto, nulla.

méji (v. tr.) mietere.

méina (s.f.) misura per granaglia

méisa (s.f.) madia

méistdecà (s. m.). maggiordomo.

méister1 (s. m.). maestro.

méister2 (agg.). maestro, principale. # mùr méister = muro maestro.

méiz (s. m.). mese.

mélia (s. f.). granoturco, formentone.

meliàssi (s. f. pl.). sanali, sagginali, gambi secchi del granturco e della saggina.

menàda (s. f.). menata. * Fig. cosa noiosa, ripetitiva

menàgi (s. m. [dal franc. ménage]). regime di una famiglia.

mensiunè (v. tr.). menzionare.

mént (s. f.). mente.

mercà (s. m.). mercato.

mèrcu (s. m.). mercoledì, terzo giorno della settimana.

merdón (s. m.). merdone; ragazzaccio.

merlàn (s. m.). nasello, sorta di pesce di mare.

merlòt (s. m. volg.). escremento.

mëscc [vén] (s. m.). – mësscia (s. f.). vino misto con acqua. Anche mèz vén, mezzo vino, ottenuto dalla torchiatura delle vinacce dopo aver tirato il vino di prima canna.

Mëssa (s. m.). Messa, funzione religiosa.

mëss-cè (v. tr.). mescolare.

mësscia (s. f.). vinello, acquarello, specie di mezzo vino, fatto con acqua lasciata stare qualche tempo nelle vinacce, sottrattone prima il vino.

mèz (agg.). mezzo, metà

mezacassóra (s. f.). apprendista muratore (mezza cazzuola, in quanto non ancora operaio finito).

mezanócc (s. f.). mezzanotte.

mèzavàca > lògia

mezbòt (s. m.). le ore dodici e trenta.

mezcaussët (espr. idiom). mezze calze, quelle che arrivano soltanto a mezza gamba. Portanle alcuni sotto i pantaloni, stretti alla gamba o sotto gli stivali. Il nostro volgo chiama figurativamente con tal nome certi giovanotti i quali per ismodata vaghezza di fare i bellimbusti e di vestire per ciò signorilmente, mentre loro mancano i mezzi, s’appigliano a cotal foggia d’abbigliamento che anche allo sguardo di non severo censore, mostra chiaramente in loro personificato il volere e non potere.

mezdabòsch (s. m.[prob. dal franc. maître de bois]). legnajuolo, artefice che fa con legname ordinario lavori immediatamente acconci a vari usi, per lo più per lavori domestici, come soffitti, tramezzi, imposte, madie, casse, panche, tavoli, armadi e mille altri.

mezdì (s. m.[del lat. media dies]). mezzogiorno.

mèzvén>mëscia

(s. m.). miglio, minuto seme di pianta graminacea; mangime per uccelli.

mìa (s. m.). miglio, misura stradale di m. 2.500 piemontesi circa.

mica (s. f.) [‘d pan]. pagnotta, pane di forma tonda, e per lo più di peso determinato, e perciò da potersi vendere anche a numero.

mich-mach (espr. idiom). garbuglio, pasticcio.

midzinè (v. tr.). medicare.

mignén (s. m.) .micino, piccolo gatto. * Fig. in qualche caso ad indicare la lanuggine di sporcizia che si deposita sotto i mobili. Anche a indicare un tipo di biscotti di poco prezzo.

mign-mign (espr. idiom. onomatopeica). paura.

mimén (s. m.). capezzolo, parte mediana, più o meno sporgente, della mammella.

mìnca (prep. con sign. distributivo). ogni. # minca doi dì = ogni due giorni; mincantónt = ogni tanto.

minciunaréja – minússia (s. f.). bazzecola, piccolezza.

minút (s. m.). minuto.

mistà (s. f.). santino, immaginetta di santo stampata in foglio, per lo più a vari colori, che regalasi ai fanciulli. * Fig.1 brutto ceffo. * Fig.2 per estensione dal significato originario, e con funzione un po’ sfottente, il cartoncino di propaganda elettorale dei singoli candidati, spesso corredato di foto.

mitonè (v. tr.). cuocere a rilento

mitón-miténa (espr. idiom.). così così, né bene né male.

moarè (agg.[dal franc. moiré]) . marezzato, screziato.

mòca (s. f.). smorfia. # fè ra mòca = mostrar schifo.

mój (s. m.). ammollo. # bìtè a mój = ammollare. * Fig.1 búttra a mój = smettila. * Fig.2 trè a mój = metter nei pasticci.

mojén (s. m. [dal franc. moyen ]). mezzuccio, espediente.

mojëtta (s. f.). denaro, detto scherzevolmente.

mòis (agg.). matto, strambo.

mòl (agg.). molle.

mòla (s. f.). mollìca, midolla, tutta la parte del pane che è sotto la crosta.

molu (s. m.). troncare, l’azione del mollare. # dè di molu = lasciare, troncare un’amicizia o un rapporto sentimentale.

món (s. f.). mano. * Fig. turno di gioco # passè ra món = cedere il turno.

mòn (s. m.). mattone, parallelepipedo di terra cotta fatto per murare # mòn sfuriarô = rovinacci

mònd (s. m.). mondo. * Fig. una gran quantità. # in mònd ad gent = una gran folla.

mondbén (avv.[non si ritrovano etimi altri, se non il piem. tor. mutubìn]) assai, molto.

mongè (v. tr.). mangiare.

mónia (s. f.). manica. # éssi ‘n tra mónia = esser raccomandato.* Fig. branco, banda . # ‘na mónia ‘d bandì = una banda.

mònia (s. f.). suora, monaca.

mòniaquàcia (s. f.[da mónia prec. + quacc = cheto]). falsa, ipocrita, gattamorta, dicesi chi, essendo furbo, scaltrito, finge d’essere ingenuo, semplicione.

montè (v. tr.). montare, nei diversi significati che ha in italiano, p. es salire, avere rapporti sessuali, ecc. In più # montè ra mustra = caricare e regolare l’orologio (soprattutto ove trattisi di sveglia: fissare l’ora della suoneria).

mónzi (v. tr.). mungere, spremere le poppe agli animali per trarne il latte.

móra (s. f.). macina, ciascuno dei due grossi e larghi dischi di pietra, uno contrapposto all’altro, l’inferiore fermo, il superiore girevole, e frammezzo ad essi vien macinato il grano od altra biada. La pietra delle macine suol essere una breccia, od altro simile, che sia aspra, e mediocremente dura.

mòrdi (v. tr.). mordere, addentare. *Fig. abboccare ad un tranello.

mòrss 1 (s.m.). morsa, grosso arnese di ferro per stringere i lavori che il magnano od altro artefice abbia a picchiare, limare, trapanare, segare ecc., stabilmente fermato al banco.

mòrss 2 (s.m.). morso , parte dei finimenti del cavallo.

mortampé (s. m. [ovvia la etimol.]). morticino, dicesi d’albero che si secca da sè sul terreno. *Fig. (anche come agg.) poco sveglio, imbambolato.

mortè (s. m.). mortaio, vaso cupo di pietra, o di bronzo, o anche di legno, di grosse pareti a uso di ammaccare, infrangere o polverizzare che che sia col pestello.

(s. m.). mulo, animale nato da asino e da cavalla, che non genera.

mùch (agg.). mortificato.

muchè (v. tr. e intr.[dal franc. moucher = smoccolare la candela, presente anche in veneto]). finirla, smetterla. # mùcra! = smettila!.

muchëtt (s. m. [dal franc. moucher prec.]). moccolo, candela della quale sia arsa la maggior parte. Anche mucciòtt mozzicone di sigaretta, cicca.

mucción > müchëtt

mucciòtt > muchëtt.

muchëtti (s. f. pl.). smoccolatoje, sorta di cesoie per ismoccolare; una delle branche delle smoccolatoje, termina in punta pel caso di dover raddrizzare o ripiegare la moccolaja (ar mucción): alla base di essa punta è la cassettina: all’estremità dell’altra branca è la piastretta; queste due parti si riscontrano, entrano l’una nell’altra, rinchiudono la smoccolatura. Talora il pernio delle due branche delle smoccolatoje è grossetto, a foggia di tamburo, con entro una molla spirale, per tener ben unite l’una contro l’altra, la piastrella e la cassettina, e meglio ritenere le successive smoccolature.

müdòndi (s. f. pl.). mutande, indumento intimo sia maschile che femminile.

mùfa (s. f.). muffa.

mufì (v. intr.). ammuffire. * Fig. soprattutto nel part. pass. mufì, ad indicare persona gracile di costituzione o inattiva sul piano della volontà.

múgg (s. m.). mucchio.

mujé (s. f.). moglie.

mujè (v. tr.). ammollare nell’acqua, nel vino, nell’aceto o comunque in un liquido. # pavrón mujà = peperoni marinati.

mujëta (s.f.) bindella in lamiera sottile

mulè 1 (v tr. e intr.). mollare, abbandonare; smettere. # mòl-la = smettila!; mulè ‘n si ass = lasciare una persona senza una spiegazione, troncare una relazione o una discussione senza un motivo plausibile (prob. deriva dalla macabra e poco cristiana abitudine di lasciare il morto sull’asse, senza suffragio).

mulè 2 – murè (v. tr.), arrotare, dare o ridonare colla rota il taglio alla lama del temperino, o d’altro ferro.

mulén (s. m.). mulino, edifizio in cui le biade sono ridotte in farina, mediante una o più macine, e con ruote mosse per lo più dall’acqua corrente.

mulëtta (s. f.). molletta, pinzetta usata per fermare i panni stesi ad asciugare. Anche forcina da capelli.

mulìta (s. m.). arrotino, colui che affila coltelli, forbici ecc.

mulsén (agg. vezz. di mòl). molliccio; tenero.

mumént (s. m.). momento, attimo, breve lasso di tempo.

munà (s. f.). mattonata, colpo inferto lanciando un mattone. * Fig. discorso, spettacolo o altro lento e noioso

mùncia (s. f.). tregua; con questa parola i fanciulli, quando giuocano a sbarra o altro, chiedono sospensione, dell’esecuzioone delle regole del giuoco, per fare qualche osservazione.

munéida (s. f.). moneta, denaro.

munssú (s. m. [dal franc. monsieur]). signore.

muntagnén (s. m.). montanaro. * Fig. (forse per allusione ai montanari che scendevano -in prossimità delle feste di Natale- a suonare con la piva le loro lente nenie): ui vén i muntagnén = prende sonno.

montrúcch (s. m.) – muntrúca (s. f.). mucchio.

mùr (s. m.). muso. * Fig. e in senso dispregiat. faccia, ceffo. # mùr long e lavri súcci = condizione di chi rimane con un pugno di mosche.

müraia (s.f.) muro

müradur (s.m.) muratore

murén > mulén.

murén 1(agg. e vezz.) visetto grazioso.

murèn 2 (s.m.) musetto del maiale. anche tranón.

murëtta (s. f.). cunetta, anche moretta e scherz. bottiglia di vino rosso.

murgnatón (s. m.). uomo sempre imbronciato, di cattivo umore.

murlàch (agg. [forse identificando morlacco con esotico e quindi selvaggio). babbeo, stolto.

murnè (s. m.) mugnajo, colui che nel mulino macina grano, o altre biade, per farne farina.

murón (s. m. [dal franc. múrier]). gelso, pianta le cui foglie si danno per cibo ai bachi da seta.

murtadéla (s. f.). mortadella.

murtè (s. m.). mortaio.

murùz (s. m.). innamorato.

mùsca (s. f.). mosca. * Fig. pizzo, mucchietto isolato di peli lasciato crescere sul mento.

muscaróra-muscaróla (s. f.). moscajola, # muscaróra da toura = moscajola da mensa, specie di coperchio emisferico od ovale, fatto di rete metallica, o di tela metallica, il quale sovrapponesi a ciascun piatto di vivanda servita in tavola per ripararla dalle mosche.

muscatén (s. m.). moscato, vino dolce.

musclén (s.m.) bastone per girare la polenta

müsicìsta (s. m.). musicista, suonatore.

mùsscra (s. f.). matterello, spianatojo cilindrico di legno, lungo un braccio, e poco meno grosso quanto può aggavignare la mano, e col quale si spiana e si assottiglia in fogli la pasta, distendendola o sopra un’ asse a ciò destinata, o su una delle facce del tagliere, o sul copercio rivoltato della madia.

mussé (v. intr.[dal sost. franc. muosse]). spumare del vino.

mussnè (v. intr.). spigolare.

mùstra 1 >arlóri > anche montè

mústra 2 (s. f.). fiera, mostra, esposizione di merci. # mustra ‘d quàder.

mustrè (v. tr.[dal franc. montrer]). insegnare, spiegare, mostrare.

mustrén (s. m.) [dar vén]. saggiuolo, boccetta, ampollina o altro simile vasetto, in cui si mette vino o anche olio per saggio che se ne dà al compratore.

mutìv (s. m.). motivo.

mútt (agg.). muto. * per estens. ottuso, spuntato. # póncia mútta = punta smussata.

mútta (s. f.). moneta che si spendeva molti anni oro sono per 40 cent.

mutùr (s. m.). motore, anche per indicare qualsiasi macchina a motore a scoppio o a combustione interna (dal trattore alla motoretta).

muturén (s. m.). motociclo di piccola cilindrata.

múzi (v. intr.). muggire

N

na (pron. indef.). ne. # ‘na voti? = ne vuoi tu? an na voi meja = non ne voglio.

naccarón (s. m.). moccio, escremento che esce dal naso.

Nadàl (s. m.). Natale.

napulitòn (agg.). napoletano. * Per anton. meridionale. * napulintòn-na, anche qui per anton., è la caffettiera.

nargiàsa (s. f. spreg. di nariz). brutta faccia o sim.

nargión (s. m.). moccolo, muco nasale. * Fig. individuo di poco valore (volg.).

narìz (s. f.). narice.

narizè (v. tr.). annusare. * Fig. curiosare.

narizón (s. m.). ficcanaso.

nascondión (s. m.). azione fatta di nascosto. # fè da nascondión = operare di nascosto. Qualche volta anche usato come avv. # fè ‘d nascondión = operare nascostamente.

nàssi (v. intr) . nascere.

nàta (s. f.). sughero, albero ghiandifero che ha scorza leggera ed elastica, buona per turaccioli.

natúra (s. f.). natura.

navà (s. f.). navata., lo spazio di una chiesa tra il muro e un ordine di colonne o pilastri e tra un ordine e l’altro. Quindi si hanno chiese di tre, di cinque navate e cinque ne ha il Duomo di Milano.

navàssa (s. f.). bigoncia per l’uva.

naz (s. m.). naso. # naz gniff = naso camuso, cioè corto e schiacciato.

nàza (s. f.). omosessuale (termine fortem. dispregiativo).

nazà(s. f.). nasata, urto dato col naso. * Spesso Fig. # bàti ‘na nazà = incappare in un intoppo imprevisto.

nazacurëzi (s.m..) colui che si pasce nell’ascoltare pettegolezzi .

nazè (v. tr.). fiutare, odorare (anche fig.).

nazòn 1 (s. m.). nasello, monachetto, entro cui va la stanghetta del saliscendi.

nazòn 2 (s. m. accr.). grosso naso. * Fig. persona che si segnala per avere il naso spropositato.

nèbia (s. f.). nebbia. * Fig. niente, nulla, cosa nella quale non ci si ritrova. #essi ‘n t la nèbia = non capirci nulla.

Nebiò (s. m.). Nebbiolo, vitigno pregiato e vino di costo.

necéssari (agg.) necessario

néch (agg.). mortificato, disgustato.

negòssi (s. m.). negozio, bottega. * Fig. affare, commercio # ün negòssi pòch ciar , pòch pulìd = un affare poco chiaro, poco pulito.

neh (escl. o interr.[tipica di tutto il Piemonte]). nevvero?, non è vero?

néier (agg). nero. * Fig. arrabbiato. # néier’cmé ‘n capè da prèvi = arrabbiatissimo.

nént (avv. neg. [corrispondente al franc pas]). per niente, niente affatto. # nént du tútt = niente del tutto, niente affatto [cfr. il franc. rien du tout]).

nézi (v. intr.). gemere, parlandosi di botte, di bigoncia, è quel leggero e sottile stillare del liquido dalle commessure delle doghe. Ciè si impedisce col far rinvenire il recipiente, tenendovi entro acqua, o mettendolo in mollo in acqua per qualche tempo.

ni (s. m.).nido, picciol covo fatto dagli uccelli per covarvi dentro le loro uova.

nià (s. f.). nidiata .

nìcia (s. f.). nicchia, vuoto o incavo fatto nel muro per mettervi statua o vaso.

niè (v. intr.). annegare. (P. pass. niè con lo stesso suono di nià = nidiata).

nina (s. f.). oltre che come dim di Giuanina, ha il sign. scherzoso -e per il quale si segnala- di ubriacatura.

ninè (v. tr. e intr). nionnare, cullare.

nióla>gnôla

niss (agg.). ammaccato. Parlandosi di frutto soverchiamente maturo dicesi mézzo # péi niss = pera mézza. Parlandosi di pelle per percossa ricevuta, dicesi livida, cioè di colore tra il nero e il rosso.

nissón (s. m.). ematoma, ammaccatura, effetto di contusione.

nissóranissóla (s. f.). nocciuola, avellana, frutto del nocciuolo. La nocciuola è come una piccola noce, ma col guscio tutto di un pezzo, globoso e liscio, contenente una mandorla rotonda che si lascia dividere in due parti uguali, coperta d’una roccia, da non potersi agevolmente levare, se non a pezzi.

nìta (s. f.). fango, mota. #ési ant la nìta = essere nei pasticci

nìulanìura > nivura.

nivu (agg. a volte sost.). nuvolo, nuvoloso.

nìvura (s.f.). nuvola.

nócc (s. f.). notte.

nòlu (s. f.). incombenza fastidiosa (l’etimo è evident. quello di nolo).

nòna 1 (s. f.). nonna.

nòna 2 (s. f.). sonnolenza, svogliatezza.

nònca (avv.). neanche, nemmeno.

nóra (s. f.). nuora.

nóv 1 (agg.). nuovo

nóv 2 (agg: num.). nove.

nóva 1 (s. f.). nuoto, azione del nuotare. # fè la nóva =nuotare.

nóva 2 (agg, femm. sost.). novità. # Oh, ‘na nóva! = oh, bella novità!. (iron.)

novè – nuè (v. intr.). nuotare.

(s.m.)[di dì]. nocca, giuntura delle falangi delle dita. * Anche nocchio dei rami degli alberi.

nuänssa (s. f. [dal franc. nuance]). gradazione di colore, sfumatura.

nuasètt-nuazètt (agg.[dal franc. noisette]). color nocciola.

nuè > novè.

nuiùz (agg.). noioso.

núsch (s. m.). muschio, sostanza odorosissima.

nuvén-na (s. f.). novena.

nùz (s. f.). noce, frutto del noce, del quale non è che il seme, o mandorla, rinchiusa nel guscio, e questo ricoperto dal mallo. # nus seccarèla = noce prémice, una noce a guscio fragile che si schiaccia con la sola compressione delle mani. nus starcèra = maléscia, quella in cui la due valve del guscio sono fortemente attaccate l’una all’altra, e ciascuna, o anche una sola di esse, in luogo equidistante dalle due suture, ha una specie di spigolo che dalla punta della noce, va a perdersi verso la metà del guscio; questo è durissimo, da non potersi acciaccare se non col martello, e ciascun pezzo del guscio infranto ritiene fortemente incastrata la corrispondente porzione del gheriglio. Fig.-noioso

O

óggócc (s. m.). occhio. * ógg ad bò = lanterna cieca, che nasconde chi la porta. Così chiamasi scherzevolmente anche uno scudo da cinque lire * ógg pulén = calletto.

ognidën (pron. indef.). ognuno.

òmi (s. m.). uomo. * Nell’acc. colloquiale anche marito # ‘l mé òmi = mio marito.

ònca – òncasséi (avv.). anche.

óncc 1 (agg.). unto.

óncc 2 (s. m.). untume, grasso. # óncc del rovi del carët = ingrassaggio delle ruote del carretto (Fig. anche mancia o bustarella per ottenere un favore).

onciarlón (agg. pegg.). sporco e trasandato.

òndi (s. m.). mossa. # dè l’òndi = avviare, mettere in moto.

óngel (s. m.). angelo.

óngia (s. f.). unghia.. ugna, sostanza cornea che trovasi alla estremità delle dita, ed dei piedi di molti animali.

ongià (s. f.). unghiata.

ónzi (v. tr.). ungere. (Anche fig. per corrompere). # ónzi e pónzi = sfottere e irritare senza darne l’aria.

opúraopúramént (avv.). oppure.

òr (s.m.) oro, metallo nobile

òrb (agg.). orbo, cieco da un occhio. * Spesso in senso accrescitivo senz’altro. # ‘na fam òrba = una gran fame.

orbèra (s. f.). abbagliamento prodotto da troppa luce o da contrazione nervosa.

òrbis (escl. [prob. dall’espr. lat. Urbi et Orbi, ovviamente travisata]). càpperi, corbezzoli, o altra espressione di meraviglia.

òrcu (escl.). perbacco o sim.

òrdi (s. m.). òrzo, sorta di biada nota.

ordì (v. tr.). ordire, distendere le fila per tessere la tela.

óri (s. m.). olio,       

òss 1 (s. m.). osso.

òss 2 (s. m.). [dar brìgni, dar cirézi]. nòcciolo, visto che il dial. non distingue tra l’osso animale e quello vegetale.

oussè (v.tr.). alzare. * Fig. # oussè da tèra = sgridare violentemente.

óut (agg.). alto.

óv (s. m.). uovo, parto incompiuto della gallina, dal quale, se fu gallato e sia covato, nasce il pulcino.

P

pa (s. m.). palo. # pa dra luce = palo che regge i fili elettrici. Vèst in pa, u sméja ‘n abà = anche un palo, ben vestito, fa la sua figura.

pacè (v. intr.). abbuffare, mangiare a crepapelle.

pachëtt (s. m.). pacchetto. * Fig. la vita dell’uomo. # l’ha risigà ‘l pachëtt = corse il rischio di morire.# Fig. bidone, truffa, fregatura.

paciàda (s. f.). abbuffata.

pacialón (agg. spesso sost.). pacioccone, bonaccione.#pacialén diminutivo di pacialón

pación (agg. spesso sost.). mangione.

paciàra (s. f.). patto.

paciarén-na (s. f.). fanghiglia, fango quasi liquido.

paciòch (s. m.). belletta, fanghiglia. * Fig. pasticcio. Paciòch di spissiè = medicamenti.

paciochè (v. intr.). intorbidare. * Fig. pasticciare.

paciucón (agg.). pasticcione. * Come sost. bimbo paffutello.

padän (agg.) padano * Colui che vive e risiede nella valle del Pò. * Recentemente è in atto il tentativo, da parte di un movimento indipendendentista, di accreditare alle regioni che compongono la pianura padana il sostantivo di “Padania”, nella speranza di creare uno Stato indipendente.

padéla (s.f.) padella

padrón (s. m.). padrone, proprietario.

pagaró (s. m. [dall’intest. della cambiale: pagherò]). cambiale. * Per assimilazione polizza del gioco del lotto.

paghè (v. tr. e intr.). pagare. # paghè e murì, u j’è semper témp (proverbio).

pàja (s. f.). paglia, fusto secco del grano e di altre biade.

pajarén (agg.). giallo, color paglia.

pajàss 1 (s. m.) – paiàsa (s. f.) materasso, saccone, pagliericcio, è una specie di tasca di tela, lunga e larga quanto il letto, la quale, ripiena di paglia, o di foglie secche di faggio, ma più comunemente di quelle del formentone, sta sugli assicelli del letto, sotto la materassa.

pajàss 2 (s. m.). pagliaccio.

pajè (s. m.). pagliajo, massa grande di paglia nel cui mezzo è piantato lo stollo, grosso palo d’appoggio. Ammontata a guisa di tetto a padiglione, ovvero di cupola, in luogo aperto, nelle case rustiche. In città la necessaria paglia d’ordinario si tiene, o sotto una tettoja, o si ripone in stanza a terreno.

painàch (agg. spesso sost.). dappoco, zoticone, di cervello grossolano; contadino (con allusione alla pretesa poca vivacità intellettuale di questi).

paìz (s. m.). paese. * dim. paizòt = paesello.

paizän (agg. spesso sost.). contadino. * Fig. al pegg. paizanàss = villanzone; paizanòta = villanella, forosetta

pajón (s. m.). paglione. # brìsè ‘r pajón (espr. idiom.) = fuggire all’improvviso dai creditori.

pajorà (s. f.). puerpera, donna fresca di parto.

pàla (s.f.) badile in legno.

palc (s. m.). palco.

palchëtt (s. m. dim.). palchetto.

palandròn-na (s.f.) palandrana, giacca lunga, abito largo e lungo.

pàlassi (s.m.) palazzo * diminutivo – palassiòt = palazzotto

palòt (s.m.) piccola pala.

paltò (s. m. [dal franc. paletot]). cappotto.

pampalüga (agg.) stupidotto

pän (s. m.). pane. # pän pòss = pane raffermo, quello che non è più fresco, e non è ancora stantìo.* Per assimilaz. qualsiasi agglomerato di forma rettangolare # pän ‘d bütér = panetto di burro.

panàda (s. f.). pancotto, pane cotto nel brodo, simile alla ribollita toscana..

panadùra (s. f.). impanatura.

panarìs (s. m.). patereccio, malore che viene all’estremità delle dita.

panaté (s. m.). panettiere.

panbiänc (agg. spesso sost.). perdigiorno, disutile.# Nell’immediato dopoguerra stava ad indicare il pane di farina bianca, ricavata dal grano, per distinguerlo da quello ottenuto dalla cottura di farine varie (segala, mais, e Dio solo sa cos’altro) propinato durante il periodo bellico.

pandän (agg. sost. [dal franc. pendant]). riscontro, simmetria.

pandlén (s.m.) orecchini pendenti.

pandlòta (s.f.) paramantura.

panduajón (agg. sost.). perdigiorno.

panè (v. tr.). appannare.

panetónpanatón (s. m.). panettone.

panëtt (s. m. dim.). moccichino, fazzoletto.

pänssa (s. f.). pancia. # curi a pänssa tèra = correre a gran carriera.

pänssà (s. f.). panciata, satolla, scorpacciata. # am son facc ‘na pänssà ‘d gnòch = mi son fatto una scorpacciata di gnocchi.

pänti (s. f. pl.). drappelloni, pezzi di drappo che si appiccano pendenti sopra le tende o dal cielo di baldacchini, e di cui si apparano le chiese.

pantón (s.m.) fagotto, grosso fazzoletto che, annodato, contiene la spesa.

pantùfla (s. f.). pantofola, pianella, calzamento sottile da tener per casa. Le pianelle sogliono essere di pelle tinta, o anche di stoffa operata o ricamata. Sono senza laccetti e senza tacco rilevato.

pantuflè (s. m.). pantofolaio, chi fabbrica o vende pantofole.

papardèla (s. f.). pappardella, manifesto, scritturaccia.

papé (s. m. [dal franc. papier]). carta, composto per lo più di cenci, lini macerati e ridotti in sottilisssimo foglio per uso di scrivervi, stamparvi od altro. * Fig. documenti. * il dim. paplén = bigliettino o scartoccetto.

papén-na (s. f.). empiastro, cataplasma.

papiòta (s. f.). ciambella; ciocchetta di capelli , inanellata a mano, e rivoltata in un pezzetto di foglio, la quale poi si stringe fra le schiaccie.

papón (s.m.) doppio litro in vetro

papotè (v. tr.[in qualche modo dal franc. papoter = parlottare?). vezzeggiare, careggiare.

papùcia (s. f. [dal franc. babouche]). pantofola, calzatura di piedi che si tien per casa l’inverno, ed è fatta di striscioline di panno lano intessute su una forma. Nella pantofola si appuntano i bioccoli di lana perchè tengano caldo il piede, e la pianta di esse si rafforza con sottile suola.

para (s. m.). paio, coppia.

paracamén (s. m.). paravento, quella specie di quadro con cui chiudesi stabilmente l’intera apertura del caminetto, in quelle stagioni che non si accende il fuoco; e ciò fassi sì per parare l’aria che dalla canna del caminetto verebbe nella stanza, sì per togliere dalla vista la bruttura del focolare.

paracqua (s. m.). ombrello.

parafó (s. m.). parafuoco fisso, parafuoco a telaietto, é un panno, per lo più serico, teso sur un telaietto di legno, che s’incastra in un piede a due staggi, fra i quali scorre verticalmente a canale, e può fermarsi alla desiderata altezza, e parare dal fuoco quasi intera la persona. Questo parafuoco tiensi ritto sui suoi piedini, trasportasi dove più occorre, presso il caminetto.

parafúlmin (s.m.) parafulmine * Asta metallica posta sul tetto più alto delle case che si vogliono proteggere da questo evento naturale (solitamente i campanili delle chiese), al fine di catturarlo e farlo scaricare a terra per mezzo di un grosso filo conduttore.

parapëtt (s. m.). davanzale, parapetto.

paraquè (s.m.) ombrellaio, colui che ripara o vende ombrelli

parasù (s.m.) parasole

parëtta- palëtta (s. f.). paletta. * Con lo stesso nome (al plur.) sono conosciute le stecche che compongono la persiana, soprattutto le tre o quattro centrali, mobili per regolar la luce o guardare al di fuori.

pargnëtt (s. m.). ragazzo; così pure s’usa chiamare chi, sebbene adulto, ma piccolo di statura, si creda alto. * Dim. pargnutén = frugoletto.

pàri (s. m.). padre, babbo.

parìcc (avv. [dal franc. pareil]). così.

parlè (v. intr.). parlare. * Per trasl. parlè a… = essere fidanzato con…

parmzän (agg.)[furmagg]. cacio parmigiano.

parpéira (s. f.). palpebra, ciascuna delle due parti mobili che scendono a coprire esteriormente l’occhio. * Anche parpéiri (pl.) = ciglia.

parplè (v. intr.). sbatter le palpebre.

partéja 1 (s. f.). partita.

partéja 2 (s. f.). gruppo. # ‘na partéja ‘d gént = una gruppo di persone, una brigata.

partì 1(v. intr.). partire. * Fig. non capire più nulla, esser fuori di sè .

partì 2 (s.m.) partito, gruppo di persone che perseguono un ideale politico.

partigión (agg. solo sost.). partigiano.

pasónt (s. m.). passante.

Pasquëtta (s. f.). Epifania, festa dei Re Magi.

pas (s. m.). passo.

pass (agg.). appassito, divenuto vizzo, e dicesi dei fiori, delle erbe, e della frutta non più fresca.

pasì (v.tr.) appassire

assarëtta (agg. spesso sost.). [uva] passerina.

ppassarèla (s. f.). ritrosa, gabbia per prender uccelli di passo.

passè (v. intr.). passare. * Fig. passè a póncc = fare sballo, come avviene, per es., nel giuoco della bazzica, eccedendo il numero dei punti.

passiénsa (s. f.). pazienza.

passuàr (s. m. [dal franc. passoire ]). colino.

pastén (s.m.) ambiente della panetteria in cui si faceva lievitare il pane.

pastinè (s. m.). panettiere, chi vende pane.

pastissón (agg. spesso sost.). pasticciano, uomo buono, serviziato. * Nell’acc. corrente in epoca contemporanea = pasticcione, inetto, buono a nulla.

pastrón (s.m.) zappotto.

pastürè (v.tr.) pomiciare.

pàta (s.f) copritasca, linguetta copritasca.

patàfia (s. f.). madonna, baderla.

patän (agg.). nudo, senza vesti di sorta.

patandón (s. m.).* amnè ar patandón = andar via.

patanflän-na (s.f.). sproposito.

patanú (agg., [dal prec. patän + nú, che entramnbi voglion dire la stessa cosa]. nudo.

patatùc (s. m.). badalone, uomo sciocco.

patèla (s. f.). bussa, palmata. * Fig. grande quantità # l’ha ‘na patèla ‘d masnà = ha molti figli.

paténa (s. f.). patena, piattello metallico con cui si copre il calice nalla funzione della Messa.

patén-na (s. f.). piattina, piastrina.

patèrla (s. f.). ciabatta.

patì (v. tr.). patire, soffrire; deperire; essere fortemente attratto da una persona.

patinabò (s. m.[forma storpiata dal franc. topinambour). topinambour, tubero spontaneo mangereccio.

patiréti (agg. più spesso sost.). spiantato, meschino; mingherlino.

patòn (agg.). completamente nudo. > patän

patón (s. m.). tappone, dioconsi più pezzi di panno lino, sovrapposti l’uno all’altro,cuciti insieme ed impuntati. Esso mettesi sotto ai bambini, e talora anche agli adulti, per far ritegno delle orine, a preservazione del letto.

patràca (s. f.). patacca, moneta vile di rame. # ar var ‘na patràca = non vale nulla. * Fig. dicesi pure di una macchina logora, guasta, per es. un orologio che funziona male.

patrisè- patrizè (v. intr.). patrizzare, essere simile al padre o nel viso, o nei costumi.

paturè (v. tr.). battere, percuotere.

pavajón (s. m. [dal franc. pavillon ]). padiglione.# volta a pavajón = soffitto a padiglione.

pavé (s. m. [dal franc. pavé]). lastrico, soprattutto la lastricatura eseguita con cubetti di porfido. # restè ans ar pavé = rimaner sul lastrico.

pavón (s. m.). pavone.

pavòn-na (s. f.). pavana, danza cerimoniale, di origine padovana -d’onde il nome- poi passata anche alla tradiz. popolare. * Con questo nome, volgarmente, viene indicato anche l’atto di emetter flatulenze, o la flatulenza stessa. * In alcuni casi = paura.

pavrónpaurón (s. m.). peperone, frutto d’ortaggio omonimo, è come una bacca o còccola conica, appuntata, coriacea, d’un bel rosso, o anche giallo nella maturità, di colore verde lucido quando è immaturo, di sapore piccante quasi come pepe. I peperoni mangiansi verdi e crudi, intinti in olio; ma per lo più si conservano in aceto, e chiamansi peperoni acconciati o conci (pavrón mujà).

pavrunà-pauvrunà (s.f.) peperonata.

paz (s. f.). pace, stato di quiete, di tranquillità.

pàzi (agg.). mansueto, mite, dicesi di animale addomesticato.

paziè (v. tr.). acquetare, placare.

pcà (s. m.). peccato.

pcinè (v. tr.). pettinare, propriamente è distendere i capelli col pettine, e ripulire il capo dalla forfora. Pettinare anche s’intende dell’acconciare la capigliatura, riducendola in trecce, ricci, staffe ecc. secondo l’uso del luogo e la moda del tempo.

pcìt (agg.[dal franc. petit]). piccolo.

pcón (s. m.) boccone, tanta quantità di cibo sodo, quanta in una sola volta si mette in bocca. # l’ha ciapà ‘r pcón dice il volgo di chi si lasciò corrompere da donativi.

(s. m.). piede. # piè pé = prendere ardire; pé ‘d cà = spese della casa, governo di essa; ans i dói pé = subito; pé ‘d fèr = treppiede del calzolaio.

péciu (s. m.). pettine, lamina per lo più di corno, a più punti e denti ad uso di pettinare.

pécc (s.f.) mammella di animale..

pedòca (s. f.). ranuncolo. * col nome di Pedòca è conosciuta, nella leggenda alessandrina, pure una regina Pedòca, che anch’essa -come Barbarossa- avrebbe posto l’assedio alla città; anzi, avrebbe fatto piantar -tutto intorno alle mura- delle vigne, promettendo di non togliere l’assedio prima di averne bevuto il vino. Ma non le sarebbe riuscito, malgrado il primo vino fosse stato ottenuto dopo sette anni. Allora, nel partirsene, avrebbe fatto versare il tanto prezioso liquido sul terrreno. Onde il proverbio (per antitesi) # fúrb ‘cmé Pedòca.

péi 1 (s. m.). pelo, filamento più o meno sottile che cresce sulle superficie della pelle e su la scorza di alcuni vegetali. # péi ratén = lanugine.

pèi 2 (s. m.). pera, frutto del pero. La pera è per lo più di figura bislunga, che va diminuendo verso il picciuòlo; polpa generalmente tenera, sovente acquidosa; picciuòlo, proporzionalmente lunghetto, rigido, fermamente impiantato nella polpa; questa non avvallata in vera pozzetta conica per l’inserzione del picciuòlo stesso; cellule del torsolo tenere, membranose. * péi gnòc = pera bugiarda.

péivi (s. m.). pepe, frutto di un albero scandente. Il pepe è un seme piccolo, rotondo, nericcio per di fuori, bianchiccio internamente, di sapore il più pizzicante, e quasi bruciante.

péiz 1 (s.m.). peso, proprietà che hanno i corpi di tendere al centro.

péiz 2 (s. f.). pece, materia resinosa nera che, per mezzo del fuoco si cava dalla ragia degli abeti od altri alberi resinosi.

peizè (v. tr.). pesare.

pèll (s. f.). pelle, membrana che copre esternamente tutte le parti del corpo animale; quella delle pere, delle castagne ecc. dicesi buccia.

pén 1 (agg.). pieno.

pén 2 (s. m. [deriv. dal prec.]). ripieno, mescolanza di vari ingredienti minutamente tritati con cui si fanno pasticci.

pén 3 (s. m.). pino, albero delle conifere (per vero il dial. aless. chiama così anche abeti, larici ecc., non conoscendone la differenza).

pendìsi (s. m.). pendenza.

penduaja (s.f.) bighellone, vagabondare senza concludere nulla.

peniténssa (s. f.). penitenza.

pën-na (s. f.). penna; piuma. # u j’ha lassà ra pën-na méistra = vi perdè la vita.

pensè (v. tr. e intr.). pensare.

pensiunà (agg. spesso sost.). pensionato.

pénssi (s. f.pl.). pinze, tenaglie da tirare, chiamano quelle, le cui bocche, grosse e internamente solcate in tralice, servono a stringere, tirare, allungare, e così accostare fra loro certi pezzi di pelle, o di cuoio, che s’abbiano a unire con cucitura.

pentìss (v. rifl.). pentirsi.

péntu>péciu

perdabàli (agg.) persona con scarsa credibilità.

pèrdi (v. tr.). perdere.

perdissión (s. f.). perdizione.

perdunè (v. tr.). perdonare

perpetua (s.f.) governante del parroco

pèrss (p. pass. di perdi). perso, perduto (oltre al sign.. del part. pass. anche quello di incapace di controllarsi). # éssi perss per ‘na përsón-na = essersene innamorato.

pèrsu (s. m.). pésca, frutto. Fig. si dice di persona credulona, allocco.

pertén-na (s. f.). saracco a costola, è simile al saràch, ma con lama assai sottile, e col lato opposto alla dentatura rafforzato con una costola, cioè una lista di ferro o di ottone fermatavi con viti.

pèrtia (s. f.). pertica, sia nel sign., generico di palo che in quello di unità di misura.

përz (s. f.). pulce.

perzuné (agg. sost.). prigioniero.

pés-péz (comp. di mal). peggio. * A volte usato anche in funz. di agg.

pëschè-pschè (s. f.). péscare.# andé a pschè= recarsi a pescare

pëss (s. m.). pesce, nome collettivo di animali invertebrati a sangue rosso e freddo, che nascono e vivono nell’acqua, vi respirano per mezzo di branchie, e vi si muovono col mezzo delle pinne. # pëss an carpión = pesce in carpione, conservato sotto aceto; pëss an scabécc = pesce marinato, per lo più di mare, cotto, messo in barili, asperso di sale, e infusovi aceto.

petnè (v. tr.). pettinare.

petnéra (s. f.). pettinatrice, colei che per professione pettina e acconcia i capelli.

petnëz (s. f.). psiche, mobile con specchiera usato dalle donne per acconciarsi ed imbellettarsi.

péüra (s. f.). pecora (qualche volta per il più comune bëcia).

pgnó (s. m.). pinolo, pinocchio, seme del pino che è chiuso nella pigna.

piänca (s. f.). palancola, è un tavolone o pancone, o anche una trave spianata di sopra, posta a traverso di una gora o altro simile canale d’acqua, per passarvi i pedoni. Talora dall’un dei lati vi s’aggiunge una pertica orizzontale, che serve come di spalletta, per sicurezza di chi vi passa.

piän-na (s. f.). pialla, strumento che menato in piano sui legni, recidendoli li spiana e li assottiglia

piciòca (s.f.) fanghiglia.

piónsi-piónzi (v. intr.). piangere

piäntè (v. tr.). piantare.

piàssa (s. f.). piazza.

piassàda (s. f.). piazzata, balordaggine, azione pubblica censurabile.

piassëta (s. f. dim. di piàssa). piazzetta (per antonomasia, in Alessandria, la P.zza della Lega, sede di convegno e di passeggio serale).

piàt (s. m.). piatto. # piàtt d’ra bända = cennamelle, catube, ora piatti, sono due dischi di ottone o di bronzo, che picchiati l’uno contro l’altro a colpi striscianti alternativamente all’insù e all’ingiù mandano nelle musiche militari uno stridulo e forte tintinno.

piàtula(s. f.). piattola, insetto. * Fig. persona seccante e molesta.

piatulón (s. m.). seccatore, molesto.

piazéi (v. intr.). piacere.

piazì (s. m.). piacere.

pìciupiciùrla (s. m.). membro virile (volg.). * Fig. pìciu rùss=imbecille.

picùla (s. f.). picciolo della frutta

Pidrén (n.pr.m.) Pietro

pìdria (s. f.). pévera, grosso imbottatojo a bocca bislunga, fatto di legno, tutto d’un pezzo, fuorchè il becco che è di metallo.

pjè (v. tr.). prendere. * Molte le locuz. idiom. rette da questo verbo, per le quali rimandiamo all’apposito riquadro delle espress. idiom.

pigrìssia (s. f.). pigrizia.

pìgn (s. m.). pegno. # portè an pìgn = portare al Monte di pietà.

pignata (s. f.). pentola, pignatta, vaso cupo, grandicello, di terra, per lessarvi carne e cuocervi minestra o altro. La pentola ha rigonfio il ventre, di poco più stretta la bocca, due manichetti pure di terra, a guisa d’orecchia, e tutti d’un pezzo col vaso. * Dim. pignatén.

pignatè (v. intr.). spignattare, darsi un gran daffare tra le pentole.

pìla (s. f.). catasta, gran quantità di cose, Fig. denaro.

piligrén (s. m.). pellegrino. * Fig., e per trasl. derivato dalla miseria dei romei o altri, che mendicavano: poveraccio.

piógg (s. m.). pidocchio, insetto schifoso, che nasce addosso agli animali, e specialmente in capo ai fanciulli ed alle persone sudicie. * Fig. tirchio (allusione forse all’avarizia spinta a tal punto che, la fa gavè la pèll ai piógg!) * Spreg. piuggión = pidocchioso (con sign. anche morale).

piòla (s.f.) bettola, osteria

piómba (s. f.). sbornia.

piòn (s. m.). piano. # piòn tèra (spesso unito: piontèra) = pianterreno; piòn dupi= parte del manzo, l’apice del costato..

piònsi- piònzi (v, intr.) e a volte tr.). piangere.

piòta (s. f.). zampa.

pióva (s. f.). pioggia.

piovëtta (s. f. dim. di pióva) . acquerugiola, pioggia minuta.

pióvi (v. impers.). piovere. # ar bompàt e ‘r pióvi piòn, a minción-na ‘r paisón (prov. aless.)

pirlonada (s. f.[dal lomb. pirla ?]). cicalata, discorso inutile.

pirulén-na (s. f.). vino di uva fragola, quello che si ottiene dalla fermentazione dell’uva americana.

pissàda (s. f.). pisciata, atto o effetto dell’orinare. * Fig. pappolata, discorso lungo e inutile.

pissatòri (s. m.). orinatoio pubblico.

pissè (v, intr.). orinare.

pìsside (s. f.). pisside, specie di coppa d’argento, o d’altro metallo, nella quale si tengono le ostie consacrate.

pista (s. f.) tiritera, beffa. # dè la pista = dar la quadra.

pistè (v. tr.). pestare. # pistè l’acqua ant ar mortè = affaticarsi indarno; pista pàuta = geometra

pistón (s. m.). pestello, che anche fu detto pestatoio, corto cilindro di metallo o di legno, che serve d’impugnatura, ingrossato e tondeggiante all’un de’ capi o ad ambedue, a uso di pestare la roba nel mortaio.

pisurgnè- pizurgnè (v. intr.). appisolarsi, addormentarsi leggermente e dolcemente.

pìta (s. f.). chioccia, gallina che ha covato, e che chiocciando, chiama e guida i pulcini a pascere.

pitòch (agg.). tirchio, ingeneroso.

pìtu (s. m. pl.). soldi, denaro.

pituccà (agg.). butterato, dicesi di chi ha sulla pelle picoli cavi o fossette lasciativi dopo il vaiolo.

pituchéiri (s. f. pl.). butterature del vaiolo.

piùgión (agg.) tirchio, avaro.

piúma 1 (s. f.). piuma, degli uccelli.

piúma 2 (s. f.). penna, per scrivere.

piutén (s. m. dim. di piòta).zampino, peduccio, la parte dal ginocchio in giù del maiale, spiccata, mondata e cotta arrosto, o in umido, o altrimenti.

pivèl (s.m.) sbarbatello

pivèla (s. f.). ragazzina.

pivión (s. m.). piccione

piviùnèra (s.f.) piccionaia

pivó (s. m. [dal franc. pivot.]. perno, bilico.

placca (s. f.). véntola, quadretto, talvolta con specchi e con viticci per sostener candele.

placcardè (v. intr.[dal franc. placerder]). affiggere un avviso, un manifesto.

placet (s. m. [dal lat. placet]). assenso, permesso dell’autorità.

plachè (v. tr. [dal franc. plaquer]), impiallicciare. Per estensione anche placcare, bloccare.

plafón (s. m. [dal franc. plafond]). soffitto. Soffitto a stuoia, detto anche semplicemente stuoia, quello che è fatto appunto di una stuoia, cioè canne rifesse, schiacciate e grossamente intessute. La stuoia è conficcata con bullette nel palco, poscia rivestita d’intonaco, il quale poi vien lisciato, tinto, o anche dipinto. Il soffitto a stuoia ora è piano, ora centinato, cioè curvo a foggia di volta.

plafonè-plafunè (v. tr.). fare un soffitto, plafonare.

pláncia (s. f.). stampa, figura stampata.

pländra (s. f. [dal gr. poliandró]. donna di cattiva condotta. * Anche -per uomo e per donna- nel sign. di pelandrone.

plàndrución (agg. e sost.). pelandrone #plàndrüssi = gruppo di femmine perdigiorno.

platà (agg.) pelato, senza capelli.

plè (v. tr.). pelare (anche in danari).

plëtta (s. f. dim di pèll). pellicola, sottilissima pelle.

plìssa (s. f.). pelliccia.

plissetè (v. tr.). pieghettare un abito nel confezionarlo.

plissón (s. m. pl). pulce, pollicini, minutissimi insetti parassiti, esapodi, cioè a sei piedi, che vivono sul corpo dei polli. Anche chiamansi pollini altre speci congeneri, che vivono sugli altri uccelli.

plòta (s. f.[dal franc. pélote]). puntaspilli, tassello, piccolo guancialino o sacchetto di stoffa, ripieno di crino ed anche di crusca, ad uso di tenervi piantati spilli ed aghi per averlio prontamente a mano.

plúch (s. m.). peluzzo, bruscolo.

plüchè (v. tr.). piluccare. * Fig. prendere altrui i denari.

plución (s. m.). pelone, panno ordinario con pelo lungo, anche attrezzo usato in oreficeria dalla pulitrice per spazzolare e rendere brillante l’oro.

plúfer (s. m.scherz.). tedesco, uno dei tanti soprannomi con cui venivano conosciuti tutti coloro che parlavan tedesco -austriaci, svizzeri o altro che fossero- di tanto più odiati in quanto conosciuti solo come occupanti militari.

pnàss (s.m.dispr di pnél) pennellaccio

pnél (s. m.). pennello.

pnelè (s. f.). pennellata.

(avv.). poi, dopo.

pòch (agg e avv.). poco.

pociacra > puciàca (s. f.). guazzo, fanghiglia.

polàster – pulàster (s. m.). pollo, denominazione che dassi indistintamente a ciascun individuo, d’ogni età e d’ogni sesso, appartenente a quella specie di volatili domestici il cui maschio adulto chiamasi gallo e la femmina gallina.

polastrén – pulastrén (s. m. dim. del prec.). pulcino, piccolo pollo, nato di poco, e il cui corpicino è tuttora ricoperto di calugine. Dicesi anche di altri uccelli.

polè -pulè (s. m.). pollaio.

polé (s. m.). puledro.

pòli (s. m.). nome comune a due arnesi di ferro, cioè il ganghero che regge l’imposta, e il cardine su cui si volge.

pómpa (s. f.). pompa, tromba da pozzo, ordigno metallico, immurato in vicinanza del pozzo, per attingervi acqua, mediante il moto alternato d’uno stantuffo.

póncc (s. m.). punto. # póncc angassén = asola, così chiamano quell’orlo di cucitura di ciascun lembo dell’occhiello, fatta con particolar punto, detto punto a occhiello.

pónsa [préia] (s. f.). pomice, pietra pomice, pietra vulcanica, spugnosa, e per ciò leggerissima tuttavia dura, e atta a dare l’ultimo pulimento a certi più squisiti lavori, del legnaiuolo, togliendo con essa i graffi lasciati sul legno dalla pelle di pesce.

pònssa (s. f.). pancia.

pónzi (v. tr.). pungere.

pòrr (s. m.). porro, pianta nota. * Fig. piantè ‘n pòrr = fare un debito.

pòrta (s. f.). porta, uscio.

portabunër (s. m. [dal franc. porte-bonheur]). portafortuna.

portacatén (s. m.). lavamani, arnese di legno o di ferro, composto essenzialmente di tre aste o spranghette verticali, o variamente ricurve, ritto su tre piedi, terminato in alto da un cerchio da posarvi la catinella, per lavarsi le mani.

portacóua (s. m.). codione, estremità delle reni degli uccelli, che alcuni chiamano ar pcón dar prèvi.

portafój (s. m.). portafoglio.

portamàntèl (s.m.) appendiabiti

portamunéidi (s. m.). portamonete.

portè – purtè (v. tr.). portare. # portè a cavagiòli = portare a cavalluccio, dicesi del portare alcuno accavalciato sulla schiena, sorreggendogli con ciascuna mano le cosce o le gambe, mentre il portato gli avvicina le mani al collo, o con esse s’attiene ad ambe le spalle.

portén-na (s. f. dim. di pòrta). mezzule, apertura quadrilatera, larghetta, fatta in uno dei fondi della botte per poterla meglio ripulire. Serrasi con lo sportello a battente, fermatovi con una staffa o spranga di ferro, che l’attraversa, e colla chiave, che è una bietta di legno cacciata a forza tra la staffa e lo sportello.

portugàl – purtigàl (s. m.). melarancia, o più comunemente arancia, frutto dell’arancio, del melarancio. Agrume di forma tonda, di grato odore. Buccia grossa estremamente papillosa, di colore giallo-dorato; polpa vascolare succosissima, di sapore agro dolce talvolta forte e acetoso, divisibile in più spicchi: arancia dolce, arancia forte.

posà (p. pass. di posè usato come agg.). quieto, sodo, grave.

posatéssa (s. f.). posatezza.

pòst (s. m.). posto.

póura (s. f.). paura.

pòver (agg.; femm. pòvra). povero.

pra (s. m.). prato, campo non lavorato che serve per produrre erba da pascolo, o da far fieno. * dim. prajénprajòt

pré (s. m.). ventriglio, durello, vetricolo carnoso degli uccelli. * Fig. (e corrispondente all’it. fegato) = coraggio. # l’ha ‘n bel pré = ha un gran coraggio.

preja 1(s. f.). pietra, concrezione e indurimento di materia terrestre, sasso. * Accr. priàsspriassón = pietrone, macigno * préja dar mulén (cfr. anche móra). macina, ciascuno dei due grossi e larghi dischi di pietra, uno contrapposto all’altro, l’inferiore fermo, il superiore girevole, e frammezzo ad essi vien macinato il grano od altra biada. La pietra delle macine suol essere una breccia, od altro simile, che sia aspra, e mediocremente dura.

Préja 2 (s.f.) Pietramarazzi.

presbitéri (s. m.). presbiterio, o Sancta Sanctorum, è il sito tra l’altare e la balaustrata destinata per i soli sacerdoti.

prèssia (s. f.). fretta, premura.

prëstu (avv.). presto.

prëtt (s. m.). soldo, paga dei soldati. * Fig. ramanzina, sgridata.

prèvi (s. m.). prete. * Fig. prèvi [da bìtè ‘nt u lécc]. scaldaletto, trabiccolo da letto, arnese fatto acconcio ad essere tenuto qualche tempo nel letto per iscaldarlo con brace contenuta in un caldanino.

prevòst (s. m.). parroco.

priàss (s. m. accr. di préja). macigno, grosso sasso.

prìvu – péricùl (s. m.). pericolo. # u j’è ‘ntzeun prìvu = non c’è pericolo.

pròpi (avv.). proprio, appunto.

próza (s.f.) piccola quantità # na proza ‘d tèra = piccolo appezzamento di terra; na próza ‘d fén = un pò di fieno.

prù (s. m. [dal lat. pro qui sost.]. giovamento, pro.

prúca (s. f.). parrucca . * Fig. sgridata, rimprovero.

prüchè (s. m.). parrucchiere, colui che fa parrucche, giretti e simili. E anche pettina e acconcia sul capo i capelli.

pruèpruvè (v. tr.). provare.

prufessùr (s. m.). professore.

prumëti (v. tr). promettere.

pschè (v. tr.). pescare. # pschè ra sìgia = ripescare la secchia, vale cavarla dal fondo del pozzo, ricercatala ed afferratala col graffio.

pssentà (ipot. p. pass. usato come agg. [dal lat. med. absentatus?]. scomparso. # pssentèss = assentarsi

(avv.). più. # ui n’è pú = non ce n’è più.

puàssi (s. f. pl.). sarmenti, rami secchi (potati) della vite.

pùcia (s. f.). intingolo, sugo, da raccogliersi col pane nel piatto (puciè, appunto)

puciàca (s. f.). poltiglia, mota, fanghiglia.

puciè (v. tr.). immergere; tuffare; intingere.

pudéi (v. serv.). potere; avere la capacità. * da notare l’interr. póssiu = posso?

pudéma (avv.). forse. # pudéma u ra guadagna = forse la vince.

puè (v. tr..). potare, tagliare alle viti od agli altri alberi fruttiferi i rami inutili e dannosi.

puéja (s. f.). pipita, filamento di cute che si stacca da quella che contorna le unghie delle dita delle mani. * trasl. malore che viene ai polli sulla punta della lingua, e che loro impedisce di bere, di mangiare e di cantare. Curasi con istrappargliela.

pùff (s. m. scherz.). debito, già fatto con l’intenzione di non pagare # piantè di pùff = lasciar debito in giro.

pugiò (s. m.). terrazzino, poggiolo, è un piano orizzontale, per lo più di pietra, il quale fa aggetto nella parete esteriore della casa, davanti a una finestra che non abbia parapetto, ed è recinto da una ringhiera di balaustri. Il piano del terrazzino suol essere a livello con quello della stanza. Ci si sta a sollazzo, e per meglio vedere ciò che si passa al di fuori.

púgn (s. m.). pugno.

pügnatón (s. m. accr. del prec.). punzone, forte colpo di pugno.

puizìa (s. f.). poesia.

pùla (s. f.dal franc. poule]). bazziga, gioco di biliardo.Fig. polizia.

pulàc (agg. e sost.). polacco. * Il dim. pulachén indica un tipo di scarpa alto e stretto alla caviglia.

pulajè (s. m.). pollivendolo.

pulàster, pulastrén, pulè > pol

pulegè (v.intr.) dormire.

pùll (s. m.). pollo d’India, volgarmente tacchino, grosso volatile domestico, screziato di bianco e nero, talora di fulvo; testa coperta non di penne, ma di una caruncola; nel maschi adulto un pennello di setole al petto, e coda roteante. Originario dell’America settentrionale.

pùm (s. m.). mela. # pùm rüsnént = mela ruggine, o roggia, il che dicesi pure di simile qualità di pere, aventi il color della ruggine.

pùmgranén (s. m.). melagrana, frutto del melagrano. Buccia o scorza soda quasi legnosa, gialliccio-rossigna di fuori, giallissima di dentro, piena di chicchi o granelli rossi, acidetti, disposti a strati, ciascun strato separato da una pellicina detta cica.

pumpié (s. m.). pompiere.

punciarlà (s. f.). calcio dato con la punta del piede.

puntàl (s. m.). puntale. * Trasl. e scherz. appuntamento.

puntì (s. m.). ballatoio, lunghissimo terrazzino che riesce sopra il cortile o sopra la strada per dare più spedito e più libero accesso a varie stanze, e serve anche agli stessi usi del terrazzo. Alcuni chiamanlo ringhiera, presa la parte per il tutto.

pupón (s. m. [dal franc. poupon]). bebè, bambino (spesso come vezz.)

pupù (s. m.). ciuffo, mucchietto di capelli che sovrastanno alla fronte e che sono più lunghi degli altri. Dicesi pure delle altre sul capo di certi uccelli.

puréapuré (s. f. dal franc. purée]). macco, specie di poltiglia fatta di patate, di legumi, o d’altre simili cose, lessate, pestate e passate col colino o colabrodo, per disfarle e levarne la buccia; ridotte così in pasta tenera, più o meno liquida, si fa cuocere in brodo per minestra, o assodare nel piatto a modo di tortino per pietanza.

purén 1(s. m.). verruca, porro, escrescenza carnosa, piccola, rotonda, dura, indolente, che viene alla cute, e specialmente a quella delle mani.

purén 2 (s.m.) falcetto

pürga (s.f.) purga

Pürgatòri (s. m.). Purgatorio.

pürghè (v. tr.). purgare.

purificatùr (s. m.). purificatojo, è un panno lino con cui il sacerdote pulisce il calice e la paténa, e si asciuga la mani.

purlón-na (s. f. dim di purò). roncola, falcetto.

purlón (agg.). villano, grossolano nei modi.

puró (s. m.). potatojo, strumento arcuato di ferro ad uso di potare.

pursé (s. m.). porcello, maiale (anche Fig.)

purtantén (s.m.) portantino, colui che è addetto al trasporto dei pazienti dell’ospedale.

purtantén-na (s.f.) barella, portantina dell’ospedale.

purtè (v. tr.). portare.

purtigàl (s.m.) arancia

purtón (s. m.). portone.

pùss 1 (s. m.). pozzo. # puss ‘d San Patrizi = dimenticatojo.

pùss 2 (s.m.) siero,infezione # iss tàj el fa púss – quel taglio fa infezione.

pussè (v. tr.[dal franc. puosser]). spingere.

pussonè (v. tr.). spintonare, urtare.

pussuàr (s. m. dal franc. poussoir]). bottone automatico.

pùt (s. f.). polentina molle, intriso di farina di formentone in acqua o brodo bollente.

pütàna (s. f.). meretrice.

putagè (s.m.) lavatoio

pütanè (s.m.). puttanaio; puttaniere.

putèrna (s.f.) àndito ricavato scavando i bastioni che circondavano la città.

pütòst (avv.) – pütòst che (cong.). piuttosto.

pùvi (s. f.). polvere

puzè (v. tr.). posare.

puzissión (s. f.). posizione

 

 

Q

quà (s. f.). covata.

quàcc (agg.). quatto. * [an] quacción = accovacciato.

quacèss (v. rifl.). accovacciarsi. * Però di solito il part. é quaccià.

quajà (s. f.). giuncata, cagliata, latte rappreso ad arte.

quaja (s.f.) quaglia

quajarò (s. m.). quagliere, strumento con il quale s’ imita il canto delle quaglie. * Trasl. inganno, inghippo.

quajàster (s. m.). cavedano, pesce che abbocca con molta facilità, sciocco. Fig. t’éi stacc in quajastér = ti sei fatto fregare.

quajo (s. m.). portafoglio.

quatacór (s. m.). pesarolo, incubo, oppressione che talora si sente al petto da chi dorme supino.

quatè (v. tr.). coprire, porre una cosa sopra un’altra che la nasconda e difenda. * Anche in senso sessuale.

quàter (agg. num.) quattro.

quatòrdez (agg. num.). quattordici.

Quatòrdi (s.m.) Quattordio

quattrógg (agg. spesso sost.). occhialuto, quindi debole di vista.

què (v. tr. e intr.). covare, lo star della gallina sulle uova diuturnamente, per riscaldarle, sì che in tre settimane circa ne nascono i pulcini.

quèfa (s. f. [dal franc. coiffe]). velo bianco o nero di stoffa leggerissima che serve a coprire il capo e il collo delle donne, e scende lungo il petto sino sotto le ginocchia.

quéndez (agg. num.). quindici.

quèrcc (s. m.). coperchio, ciò con cui si copre un vaso o simili.

quèrta (s. f.). coperta, parlando di letto, è un ampio pezzo di stoffa di varia materia, il quale si soprappone alle lenzuola, e le ricopre largamente.

quertón (s. m. accr. del proc.). copertone.

quistión (s. f.). questione.

quistionè (v. intr.). litigare.

quòndi (cong.). quando.

 

 

 

R

ra (art. femm.). la , davanti a cons.; davanti a vocali si cambia in l’. Si dice perciò: ra dòna = la donna, l’änma = l’anima. * (part. pleon. di valore pronominale). Si premette alla terza persona singolare dei verbi; perciò si dice lé ra parla = ella parla.

rabàt (s. m.). rullo, grosso cilindro ad uso di spinare i viali o rompere le zolle.

rabatabastión (s.f.) prostituta, meretrice. Evidentemente questa definizione è tramontata con l’abbattimento dell’ultimo bastione che cingeva la città.

rabatabúsi (s. m. [dall’unione di rabatè = rotolare e búsa = escremento). scarafaggio, insetto nero che. deposte le uova nello sterco di cavallo o di vacca, le involge con esso in forma di pallottoline.

rabatè (v. tr. e intr.). ruzzolare, scendere precipitando. # rabatè ra scara= ruzzolare la scala, vale cadere da essa rovinosamente, come addiviene talora a chi smuccia il piede nel salire e specialmetne nello scendere una scala stabile.

rabatén (s. m.). rullo, cilindro che si mette sotto pesi per ispingerli innanzi più facilmente. Rulli, cilindri di legno duro fatti passare sotto grossi lastroni di pietra, o sotto pesanti travi, e che si fanno rotolare spingendo o trascinando il carico, anzi che portarlo di peso. * Fig. in funz. vezzeggiativa per definire un bambinetto ruzzante.

rabatón (s. m.). caduta rovinosa. * Prende questo nome (evidentemente dall’atto del rabatè che si compie nel confezionarla) anche una specie di minestra costituita dall’ impasto di erbe, farina e pangrattato, con cui si confezionano piccoli globi che vengono cotti in brodo. # Il tempo ha cambiato anche questa ricetta, infatti ora, per rabatón si intende un involto di verdure ripiene di ricotta e cotta al forno.

rabatóra-rabatóla (s. f.). atto del ruzzolare. # fè la rabatóra = giocare a ruzzolarsi.

rabél (s. m.). rumore, chiasso.

rablè (v. tr.). strascinare. * Fig. mandare in lungo.

rablón (espr. idiom.) zonzo, diporto. #andè a rablón = gironzolare.

ràcc – raccià (agg.). raggricciato, dicesi di colui che sta ristretto in se stesso colle membra raccolte insieme per freddo.

raclè (v.. intr.). girovagare.

radìz (s. f.). radice. * radìz ‘d sicòria = radicchio, varietà di cicoria, le cui grosse e lunghe raidci, cotte, e private dell’interna anima, che è legnosetta, si mangiano in insalata. * Fig. fè radìz = durare # un vó nént fèj radìz = non durerà molto.

rafatàja (s. f. coll.). ragazzaglia.

ragù (s. m. [dal franc ragoùt]). cibréo, detto anche creste e fegatini, è un manicaretto composto di coratello o fegatini, colli, ali e creste di pollo.

rairì (v. tr.). diradare, anche e soprattutto nel ling. agricolo, ad indicare l’operazione di diradare -appunto- gli ortaggi che si sian seminati troppo stretti tra loro.

ramà (s. f.). accadimento di breve intervallo, che passa immediatamente o quasi. # ‘na ramàà ‘d pióva = una spruzzata di pioggia; ‘na ramà ‘d sògn = un colpo di sonno.

ramadän (s. m. [dall’arabo]). strepito, baccano, tafferuglio. Anche goffo, male in arnese.

ramarén-na (s. f.). calderotto, minore della caldaia ma con manico arcuato, girevole nelle orecchie; fondo più largo della bocca, questa senz’orlo e da potersi chiudere con coperchio che calza.

rämba (s. f.) [‘dra scala]. corrimano, maniglia, bracciuolo, denominazione generica di ogni appoggiatoio lungo il muro delle scale, ad uso di tenervisi colla mano, per aiuto di salire e per sicurezzza nello scendere. Talora le maniglie sono due, una per parte, talora da una delle parti tien luogo di maniglia la stessa ringhiera.

raminà (s. f.). recinzione, solitamente di rete metallica, ma originariamente di rami, onde il nome.

ramnà (p. pass. aggett.). stazzonato, sgualcito.

ramnè (v. tr.). rimescolare, agitare.

ramognèramugnè (v. intr.). brontolare, borbottare per dar segno di malcontento.

rampén (s.m.) rampino, ferro a cui è stata data la forma di gancio; rampén dra stìva = grattacenere; rampén dra porta = braccio di ferro che blocca la porta dall’interno.

rampugnè (v.tr.) borbottare, quel mormorio sommesso che fa chi, scontento, non vuol farsi sentire chiaramente.

rampgnèssi (v. rifl.). arrampicarsi.

rän (s. m. [dal franc. rang]). fila, serie di oggetti in ordine.

räncaciò (s. m.). avaraccio.

rancén (agg.). tirchio, avaro.

ränchè (v. tr.). strappare, svellere, estirpare.

rändevù (s. m. [dal franc. rendez-vous]). . appuntamento. # dè rändevù = dar la posta per un ritrovo.

ränf (s. m. [corruz. del franc. crampe?]. granchio, dolorosa contrazione, ossia ritiramento di tendini e di muscoli, specialmente nel polpaccio delle gambe. Quando se n’è minacciati giova il distender subito la gamba, pontando con forza il calcagno.

rängè (v. tr.). aggiustare; rassettare. # rängèè bén la cà = rassettare la casa.

rangurà (agg.). rauco, infreddato.

ränpa (s. f.). rampa.

ransnì (agg.). rattrappito, raggomitolato su sè stesso per freddo o altro. * Usato assol. per malandato, malaticcio.

räntia (s. f.). raucedine.

räntià (agg.). rauco.

ranvnì (v. intr.). rinvenire, riaversi. * Per est. dei fiori, delle erbe -insalate od altro- o anche degli ortaggi appassiti che, rimessi in acqua, rinvengono.

ràpa (s. f.). graspa, vinaccia

ràpp (s. m.). grappolo, racimolo, è un ramicello del tralcio, diviso in altri e poi in altri, successivamente minori, in cima a ciascuno dei quali è un acino d’uva.

rapucì (agg.). raggrinzato, avvizzito

rapurè-rapulè (v. tr. e intr.). raspollare, raccogliere i grappoli lasciati dai vendemmiatori.

ràr – rèr (agg.). raro, poco usuale.

ras’cè (v. tr.). raschiare.

ras’cétt (s. m.). raschietto, rasiera, corta e lunga lama tagliente colla quale si ripulisce il lavoro, togliendone le scabrisità lasciatevi dalla raspa, così pure spianando le coste e i balzi, cioè quelle ondate e inegualità che suol lasciarvi la pialla.

ras’cétta (s. f.). parola (in senso sfottitorio o dispregiativo). # la vó sémper dì la só ras’cétta, la tàs gnónca…..! = vuol sempre dir la sua, non tace mai!.

rasè – razè (v. tr. [dal franc. raser]). radere. # rasè i cavì = rapare i capelli, tagliarli alla cotenna.

rasëtta – razëtta (s. f.). acido del vino, che viene a galla (a raz, appunto) nel collo della damigiana.

rasnì>ransnì

rasparè (s. m.). rasperella, erba dura e aspra che difficilmente infradicia; ripiegata in forma di ciambella, s’adopera a fregare e nettare stoviglie invece del cencio.

raspè (v. intr.). raspare; razzolare delle galline, raspare dei cavalli. * Fig. (e allora anche tr.). rubare, portar via.

raspón (s. m., in defin accr. di raspa). masturbazione maschile.

raspúcc (s. m.). limbello, raschiatura di pelle nuova. Anche limbellucci, per cancellare i segni della matita.

ràssa (s. f.). razza; gruppo etnico.

rastlè (v. tr.). strascicare, strisciare. # rastlè i pé = strisciar i piedi, dei vecchi o delle persone spossate.

rastlón (agg.). girondolone, perditempo; anche prostituta da quattro soldi.

rat (s. m.[dal franc. rat]). topo. * Da notare l’accr. ratón e il pegg. ratàssa. * Fig. capricci. # l’ha di rat per la tèsta = ha dei grilli per il capo.

rataró > rataróla

rataróla (s. f.). trappola per topi, ordigno da prendere insidiosamente animali; e dicesi più comunemente di quella da prender i topi.

rataróura (s. f.). pipistrello, volatile notturno che partecipa dell’uccello e del topo.

ratatùja (s. f. [dal franc. ratatouille]). carabazzata, pietanza fatta di tante cose. * Fig. carabattole, mucchio di cose rotte e inutili.

ratè (v. tr.). rosicchiare, rodere.

ratéla (s. f.). cavillo. # l’ha ‘nmà che del ratéli = non ha che pretesti, è litigioso.

ratèra (s. f.). topaia.

rava (s. f.). rapa, pianta che si coltiva negli orti e nei campi, e la cui radice grossa, tonda, schiacciata, tenera e bianchissima, che pur si chiama rapa, mangiasi affettata in minestra, o fritta o altrimenti.

ravanén (s. m.). ravanello, ramolaccino.

ravëza (s. f.). secca, tratto del fiume in cui l’acqua è molto bassa e i sassi del fondo affiorano in superficie.

ravissón (s. m.). ravizzone, barbabietola.

ravón (s. m.). barbabietola.

ràza (s.f.) freno del carro

razón (s. f.). ragione.

razù (s. m.). rasoio, sorta di coltello senza punta, taglientissimo, di fine acciaio, ad uso di rader la barba. # razù elétric = rasoio elettrico.

rëdna (s. f.). redina. * Fig. controllo. # stè an rëdna = star attenti.

redó (s.m.) tendina per finestra

regénna (s.f.) regina, sovrana.

réi (s. f.). rete. # réi da pschè = rete da pesca.

réid (agg.[dal lat. rigidus]). irrigidito, intirizzito.

réji (v. intr.). ridere. # pisses adoss dau réji = scompisciarsi dalle risate.

réisireizi > rézig (s. m.). rischio. * Usato soprattutto nell’espress. a réisi = appena appena. # l’éra a réisi rivà = era appena arrivato.

réla (s. f. arc.). grande imbrattamento di mota nel lembo posteriori di vestito lungo, come ad esempio, quello delle donne. * Fig. réli ‘d doni =sequela di donne.

rén-ni (s. f. pl.). originariamente sono le reni, poi estensivamente per schiena. # mà ‘d rén-ni = mal di schiena. * Fig. avéj ant el rén-ni = aver nelle costole, dover sopportare.

rèsca (s. f.). lisca del pesce.

résig (s. m.). rischio.

réssia (s. f.). sega, nome generico di strumento per dividere in due un legno, o altro corpo sodo, facendo penetrare in esso, con moto d’andirivieni, una lama dentata d’acciaio.

ressiè (v. tr.). segare.

réssiòt (s.m.) seghetto

ressiùra (s. f.). segatura, denominazione di quei minuzzoli che la sega va separando dal corpo che si sega, e dicesi per lo più del legno.

rèst (s. m.). residuo. * Fig. l’ha ciapà u sò rèst = si è preso il suo conto.

rèsta (s. f.). filza di bulbi, venduti di solito infilati in un tratto di spago. # ‘na rèsta d’aj = una filza d’aglio.

rézi (v. tr.). reggere; sopportare. * Fig. = dar corda, lasciar parlare o fare. # lé la parlava, e lù u l’arzìva = lei parlava, e lui le dava corda.

rezighè (v. intr.). rischiare, andar lì lì per… # a j’ hó rezigà ‘d caschè = ho rischiato di cadere; a j’hó rezigà ‘d dìj cul cuj andava = son stato lì lì per dirgli quel che meritava.

ribatén (s. m.). ribattino.

ribòta (s. f.). gozzoviglia.

rich (agg.). ricco. # rich ‘cmé ‘l mar = ricco in modo esagerato.

ricord (s. m.). ricordo.

rìcura (s. f.). rucola, ruchetta, pianta eerbacea di sapore acuto che mangiasi in insalata.

ricurdèss (v. intr.). ricordarsi.

ridò – redò (s. m. [dal franc. rideau]). tenda, ampio pannolino, bambagino o serico, talora diviso per lo lungo in due,, appeso alla finestra dalla banda interna, per parare il sole, l’aria, la vista, ed anche per ornamento. * Fig. persomna male in arnese, o vestita in modo ridicolo. # a vigti nént che redò! = non vedi che tipo!.

riflèss (s. m.). riflesso. * Anche p. pass. del v. riflëtti.

riflessión (s. f.). riflessione.

riflëtti (v. intr.). riflettere, nei due significati di rispecchiare e di ponderare. # a t’ho vist riflèss ant u spégg = ti ho visto riflesso nello specchio; riflëttji ‘nsúma = pensaci su

riga (s. f.). riga. # riga di cavì = scriminatura, divisa, quello spartimento di capelli in contraria direzione, il quale fa apparire sul cranio una specie di solco.

rigàgi (s. m.). lineazione, disposizione di linee.

rigaró (s. m.). graffietto, arnese per segnare sul legno una linea parallela al margine di esso, a una determinata distanza dal medesimo.

rigretè (v. tr. [del franc. regretter]). rimpiangere, dolersi di persona o cosa perduta. # a j’ho nént regrettà i sòld spendì = ho speso bene i miei soldi.

rigudón (s. m. dal franc rigaudon]. riddone, sorta di ballo. # fè balè u rigudón = mandar via in malo modo.

rigulìssia (s. f.). liquirizia.

rimòrdi (v. intr.). rimordere. # um rimòrd la cussienza = mi rimorde la coscienza.

rimòrss (s. m.). rimorso.

rimpiassè (v. tr.). surrogare, sostituire.

rincrëssi (v. intr.). rincrescere. # um rincrëss che ‘t vaghi véja = mi dispiace che te ne vada.

ringrassiè (v. tr.) .ringraziare.

ripiän (s. m.). ripiano, piano d’appoggio.

rispetè (v. tr.). rispettare.

riss 1 (agg:). riccio. Vezz. rissulén.

riss 2 (s. m.). ricciolo. # riss di cavì = riccioli della capigliatura; riss di mesdabùsch = trucioli, lunghe e sottili falde, a modo di nastri, che si traggono dal lengo ad ogni colpo di pialla.

riss 3 (s. m.). riccio della castagna.

rissadúra (s. f.). arricciatura. * Fig. arriccio, intonaco rustico del muro.

rissulè (v. tr.). arricciare (di capelli). # l’ha i cavì túcc rissulà = ha i capelli tutti ricci.

rìsta ( s. f.) [‘d lén] . pennecchio, quella quantità di roba da filare, che si suol mettere in una volta sulla rocca; dicesi anche lucignolo.

ristén (s. m.). mazzetto di lino o di canapa scapecchiata.

risturónt (s. m. [dal franc. restaurant]). ristorante.

rivè (v. intr.). arrivare, sopraggiungere.

rizervatëssa (s. f.). riservatezza.

(s. m.). cerchio, alone, circolo luminoso che scorgesi talora intorno agli astri, e specialmente alla Luna. Il volgo suol dire: ra Lën-na r’ha u ró, o vént o bró = quando la Luna è alonata, avrassi vento o pioggia.

ròch (s. m.). rupe. * Fig. tirè u roch = tentare, arrischiare una domanda, o chiedere denari in prestito.

roëtt (s. m.). torcitoio, ordigno per torcere filo o seta o lana.

rogè (v. intr e tr.). ruttare.

rògg (s. m.). rutto,verso che fanno i lattanti dopo la poppata per espellere l’aria che hanno succhiato col latte. Viene provocato dando dei leggerissimi colpetti sulla schiena al poppante.

rognónrugnón (s. m.). rognone, parte carnosa dei reni. * Fig. # l’ha i rognón dúr = è ben piazzato, è molto ricco.

rognós – rugnúz (agg.). rognoso, tignoso..

ròla (s. f.). mallo, scorza verde, erbacea, di sapore astringente ed ostichissimo, la quale da prima è molto aderente al guscio, da cui nella maturità si stacca, e si apre da sè in tre o quattro parti simmetriche, e la noce cade in terra quando non sia abbacchiata dall’agricoltore. Anche chiamasi mallo l’invoglio o scorza verde del frutto del mandorlo. * ròla ‘d nùz = mordente, tinta che si ottiene dalla macerazione del mallo delle noci, usata per dare la tinta del noce al legno che altrimenti risulterebbe troppo bianco.

rolèrulè (v. tr.). avvolgere in giro. * Fig. girare, aggirarsi.

rolénrulén > rabatén.

rompabàli (agg. spesso sost.). rompiscatole, disturbatore.

rompaciàpp (agg. spesso sost.). rompiscatole, disturbatore.

rómpi (v. tr.). rompere.

róncadéncc (agg.) persona che tratta sul prezzo fino allo spasimo.

ronfè – runfè (v. intr.). russare.

róss (s. m.) [d’ú-ua]. penzolo, più grappoli d’uva insieme, o d’altra frutta, pendenti da qualche luogo.

rotén-na – rutén-na (s. f. [dal franc routine]). uso, pratica, abitudine.

róva (s. f.). ruota. # róva ‘dra tajora = girella della carrucola, specie di ruota o disco di legno duro, del diametro di uno o due palmi, il cui asse è imperniato nella cassa della carrucola e sulla cui grossezza intorno intorno è incavata la gola o canale da allogarvi la corda o fune, per attinger l’acqua colla secchia

rozà -ruzà (s. f.). rugiada, guazza. * ruzà ‘d San Péder = vecchia usanza di recarsi a celebrare la festività di San Pietro (il 29 giugno) di buon mattino, quando cioè la rugiada della notte ancora bagna i prati.

(s. f.). rovere, quercia, albero noto il cui frutto dicesi ghianda. * Fig. (al pari del robur latino) durezza, forza. # tèsta ‘d rù = testa dura.

rubarìssi (s.m.) furtarello, frodare sul peso delle merci.

rubìglia (s.f.) robinia pseudo-acacia

ruchëtt (s. m.). rocchetto, sia nel signific. di spola per il filo, sia in quello di rocchetto, veste di tela bianca con maniche sino al nodo della mano, con guernitura di tulle al lembo, che si usa dai canonici, e scende sino alla metà della persona.

rúd (s. m.). spazzatura, immondizia.

rüdèra (s. f.). immomdezzaio.

rufiòn (s.m.) ruffiano, delatore.

rúffa (s. f.). lattime, o crosta lettea, eruzione crostosa che viene sul capo di alcuni bambini lattanti.

rùgna (s. f.). rogna; grattacapo.

rugnè (v. intr.). b rontolare, mugugnare, trovar da ridire.

rugnén (agg. spesso sost.). attaccabrighe.

rugnón > rognón (s. m.[dal franc. rognon]). rognone, arnione, lombo.

ruiè (v. tr.). rimestare, rigirare. * Fig. seccare, dar fastidio.

ruménta >arménta

rundanénna (s. f.).rondine.

rundón (s. m.). rondone.

rüpia (s. f.). ruga, grinza, è una brutta piega nelle vestimenta e in altri panni. Dicesi pure per ruga, cioè increspatura o ripiegatura della pelle, specialmente della faccia.

rüpì (agg.). grinzoso. #mustacc rüpì, fàcia rupìa = faccia grinzosa.

rüsch (s. m.). lavoraccio sconciante.

rüschè (v. intr.). lavorare.

rùss (agg.). rosso. # rùss ‘d l’óv = tuorlo. * Fig. éssi ant u rùss ‘dl’óv = vivere nell’agiatezza.

russàsu – rassazu (s. m.). rosolia, morbillo, malattia cutanea, contagiosa consistente in macchie rosse, simili alle morsicature delle pulci, che per lo più dopo sette giorni scompaiono disquamandosi.

rustì (v. tr. e intr.). arrostire. * Fig. turlupinare. # a son bel e rustì = sono finito. # castagni rustji = caldarroste.

rustidùr (s. m.). truffatore.

rutónd (agg.). rotondo. # l’ha i pé rutónd = è ubriaco da non reggersi in piedi.

rútt (p. pass. di rómpi e agg.). rotto.

rúza (s. f.). roggia.

ruzàri (s. m.).rosario, poi per anton. coroncina del Rosario. * Fig. piattola, individuo appiccicoso (ma anche non per colpa sua, per es. un malato).

ruzén (s. m.). rigagnolo, acqua piovana che scorre nella parte più bassa delle strade.

rüzia (s. f.). litigio.

ruziè (v. tr.). rodere, rosicare. #l’ha rusià ‘l ben ‘d sett cézi = ha dilapidato un patrimonio.

rüziè (v. intr.). litigare, rissare, altercare, anche con accompagnamento di atti di mano.

ruzión (agg.) osso spolpato,torsolo.

rüznént (agg.). arrugginito.

rüznì (v. intr.). arrugginire. * Ma nel dial. quasi non si usa, preferndosi ‘ventè rüznént, mentre usato è il part. pass. rüznì.

rüzu (s. f.). ruggine. * Fig. sporcizia. # gàvti ‘sa rüsu d’an s’el col = lavati il collo.

 

 

 

 

S

sa1 (agg. dim. femm.). quella. # sa dòna = quella donna. Innanzi a nome cominciante per vocale, si sopprìme l’a e si dice: s’änma danàja = quell’anima dannata.

sa2 (avv.). qua. # fat an sa = fatti in qua.

3 (s. m.). sale, detto assolutamente, e, parlando di condimenti, intendesi quel corpo bianchiccio, solubile, e molto sapido, che separasi artificialmente e per evaporazione dalle acque del mare e chiamasi sal marino o sale di cucina, ovvero scavasi fossile in alcune miniere e dicesi salgemma, e serve ai medesimi usi, cioè di condire gli alimenti e di conservarli molto tempo senza che si guastino. * Da notare l’anfibologia (soprattutto fonica) tra i tre lemmi sopra enumerati, per cui, per dire qua quel sale si dice sa sa sà.

sabionén (s. m.). polverino, vasetto a coperchio sforacchiato, per uso di spandere la polvere sulla scrittura fatta di fresco, per rasciugarla più presto.

sàbel (s. m [dal franc sabre]). sciabola, spada, grossa ed alquanto ricurva dalla parte del taglio.

sàbet (s. m.). sabato.

sablà (s. f.). sciabolata.

saburì>savurì

sàca (s. f.). sacca, in sign. proprio e trasl. # fè sàca = far saccaja, far marcia di dentro, e dicesi di piaghe non guarite che si siano rimarginate di fuori.

sacagnè (v. tr.). rovinar di botte.# sacagnà = bastonata, botta secca

saccòcia -sacòcia (s. f.). tasca. * Dim. saccucén = taschino, le piccole tasche che si fanno talora in ciascuna parte laterale dei calzoni: » anche quella che si fa nella serra verso il davanti, ad uso di tenervi l’oriuolo, quando questo non si porta appeso al collo e riposto in uno dei taschini del panciotto.

sacherlòt (escl.). perbacco, capperi.

sacmanè (v. tr.). strapazzare, anche fisicamente.

sacranón (escl. [dal franc. Sacré Nom]). accidenti!

sacrìsta (s. m.). sacrestano. * Fig. uomo grigio e poco appariscente.

sacucià (s. f.). tascata.

sadnò (avv.). altrimenti.

safròn (s. m. [dal franc. safran]. zafferano.

sagrén1 (s. m. [dal franc. chagrin]). dispiacere, disgusto.

sagrén2 (s. m. [dal franc. chagrin?]). pelle di pesce.

sagrinè (v. intr.). arrabbiare, far rabbia. # um fà sagrinè = mi fa arrabbiare. * Usatissimo il rifl. sagrinèss.

salàm (s. m.). salame. * Dim. salamén =salamino; cotechino. # salamén ‘d vàca = salamini di carne bovina tipici del luogo, spesso definiti anche del Mandrògn (di Mandrogne).

saldè (v. tr.). saldare.

saldër (s. m.). 1 saldatore, inteso come arnese per saldare a caldo due pezzi separati. 2 saldatore, inteso come mestiere: colui che salda.

salén (s. m.). saliera, vasetto poco cupo, a larga bocca, tonda od ovale, da tenervi sal trito sottilmente, ad uso della mensa.

salütè (v. tr.). salutare.

sambajón (s. m. [dal franc sabayon]), zabaglione, sorta di bevanda semiliquida, fatta con tuorli d’uovo rimestati con zucchero, aggiuntovi vino bianco, e anche un po’ di rosolio, quindi si cuoce sul fornello, rimenando continuamente con mestolo di legno. Si serve nel piatto o in tazze.

sampòrgna (s. f.). Zampogna, ma anche scacciapensieri, strumento di ferro che, applicato fra le labbra e percossa nella linguetta rende un suono come di strumento a corde.

sancrà (agg.). incavato (di abito).

sancrón (s. m. dal ted. Sauerkraut]). cavolo salato, o piuttosto un’accompagnatura di vivande, che vivanda vera, fatta di cavoli affettati in striscioline, leggermente fermentarti, conci con aceto e sale.

säng (s. m.). sangue.

sangëtt (s. m.). singhiozzo, moto espulsivo del ventricolo, che spinge rapidamente l’aria fuor della trachea, spesso con suono quasi di acuto sospiro.

sangëttè (v. intr.) singhiozzare.

sanguëtta (s. f.). sanguisuga, mignatta, sorta di verme che dimora nelle paludi, e che applicato alla pelle di altri animali ne succhia il sangue. * Fig. = sanguisuga, levafiato, individuo molesto o addirittura pericoloso.

sänt – san (agg.). santo. Così come in ital. sänt in uso assoluto, san davanti al nome del santo. Ma sänta sempre davanti a nome femm. Diamo qui, ad es., il nome di alcune delle principali -e più antiche- Chiese di Alessandria, nella denominaz. dialettale: San Roc = san Rocco; Sänta Maria ‘d Casté = Santa Maria di Castello; Sänta Liséia = Santa Lucia; San Stévu = Santo Stefano; San Tumàz = San Tommaso; San Péder = San Pietro; San Giuàni = San Giovanni.

sansòss (s. m.). zanzara. * Fig. individuo noioso.

sansussì (s. m. [dal franc. sans-souci]). spensierato, sventato.

santé (s. m.). sentiero, strettissima via.

santiglión (s. m. pl.[dal franc. echantillon ?]). pizzi, due mucchi di barba, isolati, su ciascuna guancia, presso gli orecchi.

santùr (s. m.). sobrietà. # éssi an santùr = essere sobrio.

santúra – sentúra (s. f.). cintura. # santúra dar braji = serra, l’estrema parte superiore dei calzoni, la quale fa il giro della vita, cignendo i lombi, e si abbottona sul davanti.

sàpa (s. f.). zappa. * Fig. fè na sàpa = pigliar un granchio.

sapà (s. f.). zappata.

sapatè (v. tr.). calpestare senza criterio.

sapatón (agg. spesso sost.). grossolano, individuo privo di attenzioni.

sapè (v.tr.) zappare

sapén (s. m.). sarchiello.

sarabàn (s. m. [dal franc. char à bancs]). giardiniera, carro a quattro ruote, su cui sono collocate longitudinalmente due panche.

saràch (s. m.). salacca, pesce poco dissimile dall’aringa.

saradúra (s. f.). serratura, toppa, serrame di ferro o di altro metallo, con ingegni interni corrispondenti a quelli della chiave, che volgendosi in essi serve ad aprire e a serrare.

saràgn (s. m. pl. scherz.). sopracciglia.

sarapapié (s. m. [dal franc serre-papiers]). stipo, forziere.

sara-sara (espr. idiom.). confusione.

saràss – siràss (s. f.). ricotta.

sarassù (agg. [da sarà+ sù]). chiuso, rinchiuso.

sarè (v. tr.). chiudere. * Fig. sarè butéga = cessar l’arte.

sargentén (s. m.). ramazzo, uomo che, con altri, dirige le processioni perchè seguano con ordine.

sargnochè (v. intr.). sonnecchiare, leggermente ed interrottamente dormire.

sarón (s. m. [dal franc. charron]). carpentiere di carri agricoli, chi fa carri.

sarända – serända (s. f.). serranda, saracinesca.

sàrs – sàrz (s. m.). salice, albero che ha i rami pieghevolissimi e che cresce nei luoghi umidi e paludosi.

sarsëtt -sarzët (s. m.). valerianella, cicerbita, sonco, pianta erbacea che suol mangiarsi in insalata.

sarsì -sarzì (v. tr.). rammendare, ricucire la rottura di calze, di panno od altro che abbia buchi, ovvero che ragni, correggendone il difetto con artifizio d’ago.

sarsidúra – sarzidúra (s. f.). rammendatura, l’operazione del rammendare, ed anche la parte rammendata.

sarsän- sarzän (s. m. [dal fran. sergent]). sergente, specie di morsetto, ma con asta assai più lunga quadrangolare, e un breve bracciuolo all’un dei capi, al cui altro capo è il movevole ascialone, fra il quale è il bracciuolo; mediante una vite che gira in questo, si stringono lunghi legnami incollati.

sartù (s. m.). sarto.

sarvà> servà.

sassèn (s. m.). assassino. * Fig. anche agg. # in frìgg. sassén = un freddo assassino.

sausìssa (s. f.[dal franc. saucisse]). salsiccia, carne cruda di maiale, minutamente tagliuzzata, rimestata e insaccata umidina in piccolo e lunghissimo budello. La salsiccia riesce pieghevole in ogni verso; mangiasi fresca, lessata, e più comunemente soffritta. * Fig. sigmatismo, incapacità di pronunciare la cons. s.

sautè>soutè

savàta (s. f.). ciabatta; scarpa vecchia, sformata, o anche rotta, prima d’esser affatto logora.

savatà (s.f.) ciabattata

savatén (s. m.). ciabattino, colui che ricuce e rattaccona le scarpe rotte e racconcia le ciabatte.

savatón (agg. e s. m.). scomposto, sbadato, rozzo nei modi.

savéi1 (v. tr.). sapere.

savéi2 (v. intr.[dall’orig. lat. sapere]). aver sentore. # savéi d’arciúss = saper di lezzo; diconlo di certo, spiacente odore che mandano talora i piatti, le tazze e i bicchieri, o mal lavati, o non bene sciaguattati in acqua chiara, specialmente quando in essi vi è fatto cuocere uovo o bollir latte.

savi (s. m.). spillo, forellino che si fa in qualsiasi luogo della botte, ma specialmente nei fondi, per cavarne vino in piccolissima quantità, per assaggiarlo.

savón (s. m.). sapone.

savurì (agg.). saporito, salso.

sazlót (s.m.) cucchiaia in legno per cantina

scabécc > péss

scabiè (v.tr.) bere vino smodatamente.

scaciacän (s. f.). scacciacani, tipo di pistola a salve.

scafaròtt > scarfaròtt

scaghìcciu (s. m. volg. [ovvia l’etimol.]). paura.

scàgn (s. m.). scranno, panca. Anche l’asse, munito di due gambe di sostegno, usato dalle lavandaie per lavare i panni nelle rogge.

scagnëtt (s. m.). sgabello, arnese di varia altezza per lo più tutto in legno, senza spalliera, ad uso di sedervisi una persona sola o di appoggiarvi i piedi, o anche di salire in letto. * Fig. (rifer. al lavoro a maglia). giri rovesci o a rovescio, denominazione che si dà ad un certo numero di giri a maglie alternatamente diritte e rovescie nel lembo superiore della calza affinchè esso non s’arrovesci e non s’incartocci.

scàja (s.f.) prostituta, meretrice. Si dice però : tòc ad scàja per significare ammirazione ad una donna con un corpo provocante.

scalcagnà (agg.) malandato, male in arnese.

scalén (s. m.). scalino.

scalì (v. tr.). separare, disgiungere. # scalì dói ch’i rìsiu = mettersi fra due litiganti per farli cessare.

scalòss (s. m.). trabalzo, brusco movimento che prova chi trovasi in carrozza, percorrendo una strada sassosa od altrimenti non piana.

scalossè (v. tr.). trabalzare. * Fig. p. pass scalossà = mal messo, male in arnese. # òmi scalossà = uomo male in arnese; a són tútt scalossà = son tutto rotto, modo di dire quando ci si sentono le ossa indolenzite.

scalòt (s.m.) scaletta, piccola scala a pioli in legno

scamotè (v. tr. [dal franc. escamoter]). far sparire; frodare.

scamotër (s. m. dal franc. escamoteur]). prestigiatore.

scanà (agg. scherz.). brullo di denaro, scannato.

scanapëss (s.m.) tuffo in acqua

scànarda (agg.) donna bella e appariscente, anche tipo di susina .

scanavìcc (s. m. pl.). canipuli, fusti aridi e dipelati della canapa, materia anche questa molto accendibile. Pezzi più o meno lunghi di questi fusti si legano in fastelli, a uso di avviare il fuoco. Pezzi meno grossi, e più corti, servono anche a farne zolfanelli.

scànavrón > gravalón

scancanè (v. tr.). sgangherare, scardinare, scassinare. # scancanè ‘na saradúra = scassinare una serratura.

scandalizè (v. tr.). scandalizzare.

scansè (v. tr.). evitare, scansare, anche risparmiare.

scànséja (s. f.). scaffale, foggia di armadio aperto con palchetti per riporvi libri o carte.

scantirè (v. tr.). stiracchiare.

scantrén (s. m.).mobiletto, scansietta.

scaparón (s. m.). scampolo, ultimo pezzo d’avanzo di una pezza di panno o d’altro.

scapatón [ad] (espr. idiom.). di sfuggita.

scapé (v. intr.). fuggire, scappare.

scapén (s. m.). soletta delle calze. # an scapèn = senza scarpe.

scapinùciu (s.m.) calze vistose

scara – scala (s. f.). scala. # scara da män = scala a piuoli, portatile, di legno i cui scalini son fatti di bastone, fitti in due staggi paralleli; scara a dói [a tréi] rampän – scara a du [a trè] rómpi = scala a due o tre branche, cioè in due o tre pezzi, interrotti da pianerottoli. Le branche talora seguono una stessa direzione, ma più frequentemente prendono direzioni opposte.

scarabòcc (s. m.). sgorbio, scarabocchio, macchia d’inchiostro sulla carta, cadutavi dalla penna troppo intinta.

scaramlén (s. m.). banchetto, deschetto, piccol banco quadrato, o tavolino, presso il quale lavorano il calzolaio e il ciabattino, e su cui essi tengono i pochi arnesi del loro mestiere.

scaréri (escl.). ripugnanza, che porcheria! (espressione di schifo).

scarfaròtt (s. m. pl.). calzini, calze corte che appena giungono alla noce del piede o di poco la oltrepassano, e si portano da alcuni nell’inverno sotto le calze per tener più caldo il piede. S’usa pure metterli ai bimbi, i quali del resto si mandano sgambucciati.

scarfì (v. tr.). ammuffire, imporrare, guastarsi per umidità, parlandosi di stoffe o pannolini. * Il part. pass. scarfì = macilento, mal messo.

scarì – scalì (v. tr.). dividere.

scariurè (v.intr.[l’etimo è evident. dal mediev. carolare]). mandare liete grida, voci di gioia.

scarlasè (agg.). spettinato.

scarlatèn-na (s.f.). scarlattina.

scarmän-na (s. f.). infreddatura, influenza, malessere generale.

scarnebié (v. imp.). piovigginare, scender di pioggerella fine fine, che può assimilarsi alla nebbia.

scarpa (s. f.). scarpa. # scarpa con ra nàta = scarpa sugherata, quella in cui, a maggior preservazione dall’umidità, si aggiunge una lamina di sughero che serve di anima.; scarpa an savàta = scarpa a pianella, o a ciabatta, dicesi quella non intieramente calzata, cioè di cui non si sono tirati su i quartieri contro il calcagno. Dim. scarpëta

scarpentè (v. tr.). scarmigliare. * Fig. mettere in disordine.

scarpiàtola. (s. f.). rompiscatole, donna seccante.

scarpón (pegg. di scarpa, ma usato come agg.). disordinato, malgrazioso.

scarpón (s.m.) scarpone.

scarpìsè (v. intr. ). scalpicciare, calpestare fregando coi piedi.

scarsèla (s. f.). tasca interna della giacca.

scartà (p. pass. di scartè con sign. di agg.). isolato. # sit scartà = luogo lontano dall’abitato.

scartaccè (v. tr.). cardare, strigare la lana col cardo per renderla soffice.

scartàri (s. m.). quaderno, più fogli di carta uniti insieme, l’uno nell’altro, cioè nella ripiegatura di mezzo. Sul quaderno si scrivono minute, memorie, notizie, appunti, e altre simili cose che occorrono giornalmente prima di porle stabilmente a registro.

scartè (v. tr.), scartare, evitare.

scarùz (agg.). sporcacciòne, porco, chi fa cose sconce.

scasséja (s. f.). cispa, umore viscoso che esce dall’occhio, e si diffonde sul nepitello, ed al contatto dell’aria si secca.

scatarè (v. intr.). scatarrare, scaracchiare, espettorare.

scatión (s. m. pl.). capelli in disordine. * Anche il piumetto che rimane sul pollo dopo che lo si è spennato.

scationè – scutiunè (v. tr.). abbruciare il pollo dopo averlo spennato.

scàvia (s. f.). capigliatura, soprattutto se lunga e disordinata.

scavià (agg.). scarmigliato.

scavión (agg. spesso sost.). capellone.

scavìss (agg.). scapestrato, discolo.

scausinèra > causinèra.

s’centrà (agg.). scentrato, disassato. * Fig. fuor di senno, scimunito.

s’cëtt (agg.). schietto, puro, parlandosi di liquido, non mischiato con sostanze eterogenee. # vén s’cëtt = vino sincero; parlandosi d’uomo, intendesi sincero, leale # parlè s’cëtt = parlar sinceramente.

schén-na (s. f.). schiena.

schèrni (s. m.). scherno, versaccio. #fè schèrni = far boccacce.

schèrss (s.m.) scherzo # Fig. schèrss da prèvi = buggeratura.

schëza (s. f.). scheggia.

schidéla- schüdela (s. f.). scodella.

schinción (agg. e s.m.) sporcaccione

schinfiùz (agg.). schizzinoso.

schìss1 (s. m.). schizzo.

schìss2 (agg.[prob. da schissè ]). zitto. # schìss ‘cmé ‘n balón = zitto e prudente.

schissalimón (s. m.). strizzalimoni, arnese di legno, composto di due pezzi mastiettati insieme all’un de’ capi, con un incavo nel mezzo delle due fascie interne per locarvi il limone, e uno sfiatatoio per l’uscita dell’agro, prodotta collo stringere i due manichetti.

schissè (v. tr.). schiacciare, strizzare.

s’ciónc (s. m.). grappolino, racimoletto, ciascuna delle diramazioni del grappolo.

s’ciancasàch (s. m.). spillancola, pesciolino di fosso, che ha alcune spine sulla schiena.

s’cianchè (v. tr.). lacerare, squarciare senza servirsi d’istrumenti taglienti.

s’ciancón (s.m.) strattone

s’cianconè (v.tr.) strattonare

s’ciào (avv. e escl.). addio, pazienza, amen. * Va notato che non è questa -abitualmente- la formula di saluto confidenziale (che se mai è ciàu), mentre dell’etimo direttamente latino -e poi veneto- si è conservato questa espr. di rassegnazione. # l’è scapàja: s’ciào = è scappata; pazienza!

s’ciapà (agg.). spaccato# Fig. fortunato.

s’ciaparò (agg.). che si spacca facilmente. # s’ciaparola è la pesca spaccatella.

s’ciaparè (v. tr.). sculacciare.

s’ciapè (v. tr.). spaccare, rompere.

s’ciapén (s. m.). taglialegna, colui che taglia legna da ardere, ed anche spacca e spezza ceppi. * Fig. guastamestieri, che non è capace di far bene una cosa; (nel gergo sportivo) schiappa.

sciàra (s. f.). cicala, insetto che stride d’estate.

s’ciarì (v. intr. e impers.). schiarire.

s’ciarúr (s. m.). bagliore, improvviso splendore, che talvolta abbaglia.

sciàss (s. m.). setaccio, arnese di tela, di seta o di crine, presa nell’orlo tra due cassini (cerchi fatti di scorza d’albero), uno sopra l’altro. Serve a separare la farina più fine dalla men fine, dal tritello, crusca od altro.

sciassè (v. tr.). setacciare, adoperare lo staccio.

s’ciassi (agg.). fitto, denso, spesso.

s’ciattaróri (s. m. pl.). vajuolosi, esantema consistente in molte macchie rosse, più o meno ampie e rilevate, che di mano in mano si convertono in pustolette che terminano disquamandosi.

s’ciavandè (s. m.). bifolco, che lavora la terra.

scïè (v. tr. [dal lat. secare]). falciare. # fèr da scïè = falce.

s’ciòdi (v. intr.). schiudersi, venire alla luce, il che fassi dai pulcini, ed altri uccelli, compiuto il tempo della covatura. * Ma anche Fig: # d’an dónda c’ l’6 sciudì ? = da dove spunta?.

s’cionfè – s’ciunfè (v. intr.). scoppiare. # sciònfè dau réji = scoppiar dal ridere.

s’ciòpp (s. m.). schioppo, arma da fuoco che serve a trarre con gran forza palle, o simili. # s’ciòpp da càcia = fucile da caccia.

s’ciù (s. m.). copercio, turacciolo.

s’ciudè (v.tr.) schiodare

s’ciüma (s. f.). schiuma.

s’ciümaróra – s’ciümaróla (s. f.). schiumarola.

s’ciümàss (s. m.). bava, umor vischioso, come schiuma, che esce dalla bocca degli animali.

s’ciümè (v. tr.). schiumare.

s’ciunfè (v. intr.). far bubbone; esplodere.

s’ciunfétta-s’ciunfëtta (s. f.). caldanino, scaldavivande, vaso di terra con manico ad un lato. * Fig. e scherz. ogni strumento a vapore che faccia molto vapore -appunto- con non grande risultato: vaporiera (notevole nelle vecchia Alessandria quella del tram che congiungeva i sobborghi). * Rilevante l’escl. fortemente eufemistica: eh, ‘na s’ciunfëtta, assolutamente intraducibile, e pari allo s’ciupëtta sottoelencato.

s’ciupè (v. intr.). scoppiare, esplodere; (volg.)morire. # s’ciòpa! = crepa! * Fig. il p. pass. s’ciupà =fortunato.

s’ciupëta (escl.). perbacco o sim.

s’ciuplì (v. intr.). scoppiettare, sfavillare.

s’ciuptà (s. f.). schioppettata.

s’ciúss (s. m.). afa.

sclént (agg.). limpido.

scócc -scógg (s. m.). dado, galletto, vite femmina.

scódi1 (v. tr.). riscuotere, ricever denaro. # a j’ho da scódi di dnè = devo riscuotere.

scódi2 (v. tr.). smuovere un oggetto che, per la sua forma, riesce difficilmente asportabile dal ristretto luogo che occupa.

scóla (s. f.). scuola.

scóndi (v.tr.). nascondere.

scondiòn [da] (espr. idiom). di nascosto.

scopé-scupé (s. m.). scalpello, strumento tagliente, che è una robusta lastra d’acciaio a margini paralleli, il cui taglio in cima, sulla larghezza, ha un’anguatura o sghembo, chiamato ralla, e dall’opposta parte si prolunga in codolo, conficcato in un manico di legno, e su questo il legnaiuolo picchia col martello, ovvero col mazzuolo.

scoratlè (v. intr.). scorrazzare, correre qua e là.

scoriàss (s. m.). staffile.

scoriassè (v. tr. e intr.). chiocciare, fare strepito colla frusta, scuotendola.

scorzén – scurzén (agg.). duro, difficile a masticarsi.

scòss (s. m.). grembo, quello spazio del corpo umano dal bellico alla metà delle coscie, in quanto la persona sta seduta. # an scòss a la mama = in grembo alla mamma.

scóudalécc (s.m.) scaldino > prèvi

scràcc (s. m.). grosso sputo di catarro che, tossendo, si trae fuori dal petto.

scraccè(v. intr.). scatarrare, espettorare.

scrapè -sgrapè (v. intr.). raspare; razzolare.

scràss (s. m.). cestino. * Cestino per i pulcini; è un arnese di vimini fatto a campana, aperto anche nella parte superiore e sotto il quale si pone il becchime ai pulcini. Il cestino mediante un sasso, o un pezzo di coccio, o una sverza di mattone, si tiene soillevato da un canto, tanto che i pulcini soli, non i grossi polli, vi possano entrare. * Girello: arnese di vetrici a foggia di cono tronco, di tale altezza che arrivi al petto del bambino, che vi è posto dentro in piedi, acciò si avvezzi a reggersi e impari a camminare, ciò che egli fa spingendo col petto il cestino e anche trasportandoselo a forza di braccia. Si adopera allo stesso uso il carruccio, arnese più sodo e più pesante, perchè fatto di assicelle e di piuoli di legno disposti in forma di piramide tronca, mobile su quattro ruote matte, acciò il bambino possa col petto spingerlo in ogni direzione orizzontale. * Anche chioma dell’albero # ‘na piónta d’ar gran csràss = un albero di ricco fogliame.

scravè (v. tr.). scalvare, tagliar la cima dei rami. * Scherz. anche per taglio di capelli di barbiere non abilissimo.

scriminadúra (s. f.). scriminatura, divisa dei capelli.

scrìvi (v. tr.). scrivere.

scróbi (v. tr.). scoprire, metter in vista ciò che era occulto, nascosto.

scròssi (s. f. pl.). grucce, stampelle, bastoni di cui si servono gli storpi per camminare, appoggiando l’una o l’altra delle loro ascelle sull’estremità forcuta di essi.

scrojassà (agg.) sdraiato sconvenientemente

scrulè (v. tr.). agitare, scuotere.

scrullón (s. m.). scossa.

scrùssi (v. intr.). scricchiolare, mandare quel suono acuto che rendono certe cose dure e consistenti, quando si sforzano, e stanno per rompersi o schiantarsi. Anche scrosciare, dicesi di quel molesto cigolio che fanno fra i denti le paste, per terra o rena rimasta nel grano, ovvero per rosura delle macine passata nella farina.

scú (s. m.). originariamente scudo, ma il sign. nel dial. aless. è quello della moneta da cinque lire, che portava -appunto- sul verso uno scudo.

scùa (s. f.). scopa. * L’accr. pegg. scuàss = ramazza, scopa di ramaglie.

scùbi (agg.). dispari, dicesi di un oggetto che è solo mentre dovrebbe essere accompagnato da un altro uguale, con cui suole fare il paio, come sarebbe di un guanto, d’un orecchino ecc. * Fig. mal messo; losco. # fàcia scùbia = brutta faccia.

scuè (v. tr.). scopare.

scúfia (s. f.). cuffia.

sculapasta (s. m.). colapasta.

scumpagnà (agg.). solo, dispari, spaiato. # urcén sumpagnà = orecchino di cui si sia perso il compagno.

scundión (s. m.). nascondimento; cosa fatta di nascosto, di soppiatto. # da scundión = di nascosto.

scuntradì (v. tr.). contraddire.

scupé (s. m.). > scopé

scúr (agg.). scuro.

scuratagrìll (s.m.) geometra

scuratlè (v. intr.). scorrazzare.

scuriàss (s. m.). frusta.

scürsarò (s. m.). scorciatoia, è una via traversa che abbrevia il cammino.

scürsè (v. tr.). accorciare; scorciare.

scurzén1 (s. m. pl.). laccetti, per allacciare la scarpe, che l’alessandrino chiama anche strupài. Col primo nome però sono chiamate due strisciette di pelle, col secondo due pezzi di nastro che servono allo stesso uso. * Oggi il primo nome non si usa più: il secondo, invece, si usa per indicare lo spago; le stringhe invece si definiscono strénghi.

scurzén2 (agg.) > scorzén

scùss (agg.). scalzo, chi è privo di calzamento, chi ha i piedi nudi.

scussà (s. m.). grembiule, pezzo di panno lino, lano, serico od altro, che tengon cinto sul davanti le donne a preservazione del vestito. Usanlo anche certi artieri, rivenduglioli, bottegai e simili, ma di materia più grossa, e talora anche di pelle.

scussarà (s. f.). grambialata, tanta roba quanta ne sta nel grambiale, semplicemente rimboccato od anche sciolto, cioè non legato alla persona.

scussarón (s.m.) telo per trasportare l’erba

scutión (s. m. pl.). bordoni, bordoncini, cannoncini delle penne degli uccelli quando appena cominciano a spuntare.

scutón (s. m.). giovenco.

scòva (s. f.). scopa, granata, essa è composta di distinti mazzzetti chiamati manelle, le quali in numero di tre o quattro sono legate le une accanto alle altre in forma di ventaglio aperto, gli steli o gambi, lasciati di una sufficiente lunghezza e legati tutti insieme in tondo fortemente con vinchi, di distanza in distanza, ne formano il manico; talora gli steli sono recisi più corti e vi si pianta un bastone, che allora serve di manico.

scùz (agg.). nascosto.

scüzè (v. tr.). scusare.

sëbi (s. m.). mastello, bigoncia, vaso a doghe, per lo più tondo, cerchiato, di fondo uguale alla bocca o di poco minore. Serve a riporvi il vino, grano, civaje, ed a lavarvi dentro pannolini. In essa frequentemente tien luogo di manichi il prolungamento di due opposte doghe oltre l’orlo della bocca, ciascuna con foro circolare, da passarvi tre o quattro dita delle mani.

sebrè (s. m.). calderaio, colui che costruisce o ripara pentole, tegami, mastelli ed ogni altro oggetto o utensile in rame o lamiera zincata.

sebròt (s. m.: dim. di sëbi). bigonciuolo, piccol bigoncio a forma di secchia, per lo più cilindrico con manico formato dal prolungamento di una delle doghe. Nell’acqua del bigonciuolo il muratore tiene immerso il ramaiuolo e il pennello.

sédër (s. m.). cedro, frutto di albero omonimo, della famiglia delle esperidee, odorifero.

sëdez (agg. num.). sedici.

séi1 (s. f.). sete.

séi2 (avv.). sì.

séja (s. f.). setola. * Per il ciabattino è la setola di cignale, annessa all’un dei capi dello spago, affinchè agevolmente passi nei fori fatti colla lesina nel cuoio, o nella pelle.

séida (s. f.). seta.

séiv (s. m.). sego, grasso di bue con cui si fanno le candele.

sèler – sèller (s. m. [dal franc. céleri]). sedano, pianto ortense nota, di odore e sapore acuuto, che si mangia cotta, ed anche cruda con pinzimonio.

semnè (v. tr.). seminare.

sémo (agg.). scemo.

sémper (avv.). sempre.

séndich (s. m.). sindaco.

sëni (s. f.). cenere, quella polvere fine, bigia, incombustibile, in che si risolve il legno, o altro combustibile vegetale, che è stato arso interamente.

sén-na (s. f.). cena, il minore dei due pasti giornalieri, che si fa la sera da coloro che tengon l’uso di desinare a mezzogiorno.

senrón (s. m.). ceneracciolo, grosso panno di canapa con cui si ricopre la bocca della bigoncia, e sopra il quale si pone la cenere pel ranno; ceneraccio, cenere che già servì pel bucato.

sensàl (s.m.) mediatore, sensale.

sénssa (prep.). senza.

sént (agg. num.). cento.

sentén-na (agg. num. distr.). centinaio.

sénter1 (s. m.). centro.

sénter2 (s. m.). centina, armatura arcata di legnami, o semplici o raddoppiati, o anche rinterzati, sulla quale si costruisce un arco.

sénti (v. tr.). sentire. * Fig. il rifl. sentìss vale sentircisi (ovvero segnala la presenza di fantasmi o altro).

sentúra > santúra.

sentürón (s. m. accr. di sentúra). pendaglio da cinturone.

sépp (s. m.). ceppo, pedale.

sëppa (s. f.) ceppo per spaccarvi legna. * Fig. [éssi]’na sëppa = [essere] una testa di legno.

sércc (s. m.). cerchio.

serchè (v. tr.). cercare.

serción (s. m.). cerchione (delle ruote).

sèrni (v. tr.). scegliere. # sèrni ‘r përz = cercare il pelo nell’uovo.

serràja (s. f.). chiave di volta, serraglio, ultima pietra o mattone in forma di bietta o conio, la quale, cacciata nella sommità dell’arco, ne spinge in contrario verso, cioè a destra e a sinistra, i materiali, e questa spinta, passando dagli uni agli altri, infine è tutta sostenuta dall’impostatura, cioè dai muri, pilastri o colonne, su cui l’arco è fondato.

servà – sarvà (agg.). selvatico.

servéla (s.. f.). cervello; cervella (di bue o di altro animale, da mangiar fritta).

sësta (s. f.). cesta.

setmén (agg. spesso sost.).settimino, bambino nato il settimo mese dopo il concepimento.

séz (agg. num.). sei.

setèss (v.rifl.). sedersi.

sfàcc (agg.) disfato, sfatto.

sfàlt (s. m.). asfalto. * Per anton. in Aless. il circuito della Circonvallazione, che è stato per decenni l’unico tratto di strada asfaltata (le interne alla città essendo acciottolate, le esterne sterrate).

sfanéjia (s. f.). tafferia, piatto di legno, largo e piano, a sponde pochissimo rilevate, quasi a modo di un vassoio; serve a infarinarvi pesci o altro, che s’abbia a friggere; e anche per grattarvi cacio, pane o altro, colla grattugia.

sféra (s. f.) [dra mústra]. lancetta dell’orologio.

sfè (v. tr.). disfare. * Fig. sféss o sfèssni = alienare da sè, disfarsi.

sfiancà (agg.). sfiancato, dicesi di cavallo che abbia i fianchi cavi.

sfianchè (v. tr.). sfiancare.

sfigürè (v. tr.). sconciare in modo da rendere irriconoscibile.

sfirassèssi (v. intr.). sfilacciarsi, fare le filacce.

sfirassa (s. f.). filaccia.

sfragé (s. m.). flagello, disgrazia.

sfränza (s. f.). fionda, strumento di corda da lanciare sassi.

sfränzè (v. tr. e intr.). sfottere duramente, quasi tirar sassi con una fionda.

sfrazè (v. intr.). abortire, detto degli animali.

sfrìz (s. m.). sfrego; sfregio.

sfrizè (v. tr.). sfregiare.

sfròz (s. m.). frodo, contrabbando.

sfruzadùr (s.m.). contrabbandiere, chi fa contrabbamndo frodando la gabella.

sfruzè (v. tr.). frodare.

sfujè(s. m.). sfoglia, pasta ridotta sottilissima spianandola col mattarello.

sfàmè (v. intr.). sfumare, svanire, andar in fumo.

sfundón (s. m.). notevole avvallamente del terreno.

sfurgnaró (s. m.). crìa, nidiaceo, uccello appena nato.

sfurgnè (v. intr.). disnidarsi, dicesi degli uccelli quando incominciano ad uscir dal nido, anche scappare senza essere visti.

sfuriarò > môn (agg.) mattoni rovinacci = mattone che si sfalda facilmente

sfurvajè (v. tr.). sminuzzare, ridurre che che sia in minuzzoli, specialmente il pane. * Attestato pure sfurvajèss (rifl.), proprio riferito a vivanda secca (pane) che si sbricioli.

s’gnè (v. tr.). segnare. * Il p. pass s’gnà = segnato da Dio, secondo superstizione popolare per cui una persona con evidente difetto fisico sconterebbe in questo modo vergognosi peccati, o che comunque Dio lo segnalerebbe agli uomini con questo segno per mettere in guardia al suo passaggio.

(s. f.). scure, accetta, ferro tagliente di forma quasi triangolare, taglio or retto, or curvo; lungo manico da maneggiarsi, anzi vibrarsi con ambo le mani, a uso di atterrar alberi, acconciare e riquadrarne i toppi, spaccar ciocchi, copperelli, ecc.

siàss > scìàss

siàssè (v. tr.). setacciare.

sicòria (s. f.). cicoria, erba nota.

sicòtt (s. m.). zucchino. # sicòtt marinà = zucchine marinate, in carpione. * Fig. affettuoso per testone; così anche il pegg. sicutón.

sicúr (agg.). sicuro.

sicúra (avv.). certamente.

sidél (s. m.). secchio. * dim. sidlén.

sièlpa (s.f.) cassetta, posto a sedere del vetturino.

sigàla (s. f.). sigaro.

sigarëtta (s. f.). sigaretta. * volg. ciòspa.

sìgia (s. f.). secchia, soprattutto quella per attinger dal pozzo. * Fig. gran quantità.

sign1 (s. m.). segno.

sign2 (s. m.). sopracciglio.

Signùr (s. m.). Signore. Dio.

sigùla (s. f.). cipolla. * dim. sigulòtt. * Fig: callo del piede.

sigugnóra-sigugnola (s.f.) tubo di gomma usato per travasare il vino da un recipiente ad un’altro.

silau (s.m.) botticella per l’aceto

sìmes- siméz (s. m.). cimice, insetto noto di pessimo odore.

simitéri (s. m.). cimitero.

simzón (s. m.). cimicione. * Fig. e arc. =scioccone.

sìng (agg. num.). cinque.

sìra1 (s.f.). cera, sostanza prodotta dalle api. * Sìra ‘d Spagna = ceralacca, adoperata per sigillare.

sìra2 (s. f.). sera. # iér sìra = ieri sera.

siràss (s. m.). ricotta di pecora. # siràss, mèza spússa e mèz lacc (proverbio).

sirassè (s. m.). ricottaro, produttore di ricotta. * Fig. e scherz. mezza calzetta.

sirésa >ciréza (s. f.). ciliegia, frutto ma anche albero del ciliegio.

sìri (s. m.). cero, grossa candela.

siròtt1 (s. m.). cerotto.

siròtt2 (s. m. dim. di sú). potatoio; accetta, scure.

sissiùr (avv.). sissignore.

sità (s. f.). città.

sitadén (agg.). cittadino. # citadén-ni = carrozze di piazza.

situassión (s. f.). situazione.

siùr (s. m.). signore. * Fig. ricco. (accr. siurón; dispr. siuràss)

sivè1 (s. m.). spina, pezzo di ferro che s’infila alle due estremità dell’asse dei veicoli per impedire che la ruota esca di posto.

sivè2 (s. m.[dal franc. civet]). salmì, manicaretto di lepre.

sivéria (s. f.[dal franc. civière]). civéa , barella, arnese di vinchi con cui due persone trasportano letame o altro.

sìzi (s. m.). cece, legume noto, di cui si mangiano i semi.

sìzia (s. f.). giro di manica, la cucitura che unisce la manica all’abito. Laonde strìcc ad sìsia = stretta di giro di manica.

sizlònga (s.f.) sedia sdraio.

sménssa (s. f.). semente; semenza (piccoli chiodi senza testa, usati soprattutto dai ciabattini).

smiè1 (v. serv.). sembrare (il corrispettuivo del lat. videor). # u sméja vègg ma u l’è nénta = sembra vecchio ma non lo è.

smiè2 (v. intr.). assomigliare, aver somiglianza nei lineamenti.

smiè3 (v.tr.) minacciar di dare. # lú u m’ha smià ‘n sgiàff e méi aj l’ho dàcc a ra dritúra = ha minacciato di darmi uno schiaffo, ed io glie l’ho addirittura dato..

smòn-na (s. f.). settimana.

smón-ni (v. tr.). esibire.

snè (v.intr.) cenare

snìstér (agg. e avv.) sinistro

(agg. e pron poss.). suo.

sòcia (s.f.) convivente; sòciu (s.m.)

sòcra (s. f.). zoccola, rozzo calzamento per donna, colla pianta di legno, che ha il tomaio meno alto dello zoccolo e non ha quartiere.

sòfuch (s. m.). afa, caldo opprimente. * Fig. confusione.

sògn (s. m.). 1) sonno, involontaria e periodica sospensione dell’organo dei sensi, della locomozione e dell’intelletto. 2) sogno, complesso di pensieri più o meno sconnessi e bizzarri che si fanno durante il sonno.

sòld (s. m.). soldo, moneta da 5 cent. * Fig. e al plur soldi, denaro.

sóli – sóri (agg.). liscio. * Fig. comodo, liscio.

sòma (s. f.). cibo popolare, ottenuto coll’unger leggermente d’olio il pane (possibilmente secco), soffregandovi poi robustamente uno spicchio d’aglio.

sómber (agg. dal franc sombre]). oscuro, tetro. * Fig. mesto.

sònsa (s. f.). sugna., grasso fuso di porco.

sònta (s. f.) femm. di sänt (>)

sónza (s. f.). sugna.

sòra-sòla (s. f.). suola, fannullone

sòri > sòli.

sòrti (v. intr.). uscire.

sòrzi (v. intr.). sorgere, uscir dalla terra; dicesi dell’acqua.

sóussa (s. f.). salsa, specie di condimento semiliquido, preparato separatamente e che poi si versa caldo sopra una vivanda cotta per migliorarne o per variarne il gusto. Così la salsa non è da confondersi coll’intinto né col savore.

soutaciuénda (s. m.). lungagnone, sta ad indicare una persona con le gambe molto lunghe, appunto in grado di saltare agevolmente uno steccato (ciuénda), anche donnaiolo.

soutamartén (s. m.). misirizzi, colui che cambia idea facilmente.

soutè (v. tr.), saltare.

spa (s. m.). spada. * Fig. per indicare una qualità al superlativo. # iss per mangè l’è ‘na spa = mangia in modo spropositato.

spaghëtt (s. m.). spaghetto, tipo di pasta alimentare. * Fig. e scherz. paura.

spàla (s. f.). spalla. * Dim. spalëtta = spalletta. Fig. [fè spalëtta] = tener bordone, tener mano ad alcuno.

spampanà (agg.). sfiorito.

spamparàda (s. f.). smargiassata.

sparavé (s. m.). sparviere, asse quadrato con manico centrale per di sotto. Serve allo stesso uso della nettatoia. * Sorta di reta da pesca.

sparpàja (s. f.[corruz. del franc. papillon?). farfalla notturna

sparpajè (v.tr.) spargere.

spàrz (s. m.). asparagio, pianta di cui mangiansi i talli (bút) appena spuntati.

sparzià (agg.). discolo, biricchino, vivace.

spasigè (v. intr.). passeggiare.

spasigiàda (s. f.). passeggiata.

spassè (v. tr.). scopare.

spassétt (s. m.). granatino, non è vimine di granato, ma una semplice mannella di saggina o d’altro, a corto manico, e serve a spazzare tavole, farina, cenere e simili.

spassétta (s. f.). spazzola, setola, arnese da ripulire dalla polvere i panni -specialmente lani- i cappelli di feltro ecc. Fatta di molti pennelli di setola e anche di crine, fermati in altrettanti bucolini con spago contro una delle facce di un’assicella di legno.

spassacamén (s. m.). spazzacamino.

spatàss (s. m.). spaccone.

spatúss (s. m.). sfoggio, pompa.

spegéti (s. m. pl.). specchietti- scherz. per occhiali.

spégg (s. m.) specchio, lastra di cristallo coperta, in una delle due superfici, di foglia metallica, per cui la lastra si rende atta a riflettere la immagine dei corpi che si appresentano alla superficie opposta.

spén-na (s. f.). spina. L’uso è attesatato in molte accezioni: segnaliamo la spén-na ‘d pëss = lisca; la spén-na ‘d ra rósa = la vera spina; più recentem. la spén-na ‘d la lùce = la spina elettrica; e -sempre- la spén-na ‘d ra butàla = lo zipolo della botte.

spi1 (s. m.). spiga (del grano).

spi2 (s. m.). spicchio (dell’aglio, p. es.)

spi3 (s. m.). stinco (della gamba).

spicè (v. tr.). aspettare.

spìciula (s.f.) bicicletta

spieghè (v. tr.). spiegare.

spighétta (s. f.). nastrino, tessuto di refe, lana o simili della larghezza di due o tre centimetri.

spìla (s. f.). spilla.

spinàss (s. m.). spinacio.

spinó (s. m.). zipolo, legnetto appianato all’un dei capi -che serve di manico-, acutamente conico dall’altro -ravvolto questo in poca stoppa- col quale si tura la cannella, spingendovelo dentro con la mano spiralmente.

spionè (v. tr.). spiare, far la spia.

spiritùz (agg). spiritoso.

spissiè (s. m.). pizzicagnolo. * A volte, come agg. = schizzinoso.

spissión (s. m.). pizzico, sia nell’accez. di pizzicotto che di pizzico, quindi piccola quantità.

spiümè (v. tr.) spiumare, spennacchiare

splè (v. tr.). spelare (rif. a corpo con pelle); spennare (rif. a volatili); sbucciare (rif. a frutta). # splè ‘n pùm = sbucciar una mela;splè ‘n pulaster = spiumare un pollo.

splón (s. m.). scalfittura, lesione fatta nella pelle, penetrando leggermente nel vivo.

splúa – splú-ua (s. f.). scintilla, è una particella infocata repentina, vivacissima, e di corta durata, che si spicca con impeto e per lo più con scoppiettio dal legno che arde, dal ferro incandescente che si batte sull’incudine, dall’acciarino percosso contro la selce, e simili. * Fig. briciola, piccolissima quantità.

spongóra-spungòra (s. f.) spugnola, sorta di fungo il cui cappello or gialliccio or bruno è incurvo, prolungato in forma di clava e cavernoso a modo di spugna o di favo. Il gambo è di colore più chiaro, e sempre tubolato, fistoloso, cioè vuoto.

sporcacè (v. tr.). lordare, bruttare.

sporcación – spurcación (agg). sudicio; disonesto.

spòrsi-pòrzi1 (v. tr.). consegnare, porgere, rimettere,

spòrsi-pòrzi2 (v. intr.). sporgersi in fuori.

spréndi (v. tr.). disimparare.

sprevièssi (v.rifl.). spretarsi, depor l’abito da prete.

sprézi (s. m.). spregio, dispetto.

spreziè (v. tr.). disprezzare.

spreziùs (agg). malallevato, maligno, dispettoso.

sprón (s. m.). sperone. # a sprón batì = di gran carriera.

spruntè (v. tr.). sparecchiare, parlandosi di tavola vale levar la tovaglia e quanto vi si pone sopra nell’apparecchiarla.

spujè (v. tr.). spogliare.

spulsà (agg.). stempiato.

spuncè (v.tr.) spuntare # rompere la punta.

spundaróla (s. f.). gattuccio, specie di pialla.

spungaróra (s. m.). spugnola, fungo.

spuntè (v. intr.). spuntare, apparire.

spuntòn (s.m.) spuntone, ostacolo appuntito

spüsoira (s.f.) puzza intensa.

spuzalissi (s. m.). matrimonio.

spúz (s. m.). sposo.

spuzè (v. tr.). sposare. * Mai maritarsi o sposarsi, per cui vale solo il rifl. spuzèss).

spüssa (s. f.). puzza, odore spiacevole di cose corrotte.

spüssè (v.intr.). puzzare.

spüssù – spüssón (agg. indecl.). altezzoso. che non concede alcuna confidenza. # ‘sa spüssù a m’ha nént salutà = quella presuntuosa non mi ha salutato.

sputgnèss (v. rifl usato anche come tr.). sbrigarsela, arrangiarsi. # am na son sputgnà i pé = me ne sono liberato.

sputlè (v. intr.). piagnucolare, piangere noiosamente.

sputlì (v. tr.). schiacciare, acciaccare. * P. pass. sputlì, Fig. di cibo troppo bollito, stracotto. * Fig. a indicare oggetti pesi o acciaccati. # ógg sputlì = occhi cisposi.

spüv (s. m.). sputo.

spúvè (v.tr.) sputare

squàcèrla (agg.) molle.

squacèss (v. rifl.). accoccolarsi, accosciarsi (e vale per persone, ma anche per animali). # squacèss per nént éssi vist = acquattarsi; la galén-na a sa squàcia = la gallina si accoccola.

squacción (avv.) covaccioni.

squadrè (s.m.) squadrare, guardare con attenzione.

squàrs (s. m.). squarcio, strappo, lacerazione sùbita e violenta di una parte del vestimento o d’altro panno che si impigli in chiodo, sterpo o altro. * squàrs dra fnestra = strombatura, è quello sguancio nella grossezza del muro ai lati della finestra, per cui l’apertura di essa va allargandosi verso l’interno della stanza. Ciò fassi affinchè le imposte meglio spalancate diano meno ingombro e lascino passare più luce. La strombatura si fa talora anche alle porte.

squarssè (v. tr.). squarciare, stracciare sbranando.

squass (s. m.). scopa, specie di granata, ma più rozza, per spazzare la stalla, la corte, le vie.

squiccia (s.f.) sorta di dolce fatto con pastella di farina bianca, sale, scorza di limone grattuggiato. La pastella si versa a cucchiai nell’olio bollente e le cialde così ottenute vengono spolverato con lo zucchero.

squatargnè (v. tr.). schiacciare, sconquassare.

squatè (v. tr.). scoprire, render visibile o noto ciò che era nascosto o sconosciuto.

squattrinè (v. tr.). munger l’altrui borsello.

squén-na (s. f.). cestone, grande cesta per someggiare.

squintèrnà (agg.) dissennato, senza senso.

srén (agg.). sereno.

srén-na (s. f. sost. dal prec.). guazza, rugiada che cade verso sera.

srulè (v. tr.). srotolare. *smallare le noci.

stàbi (s. m.). stabbio, stalla per porci od ovini.

stabilì (v. tr.). stabilire. * Arricciare, dare una seconda mano di calcina al muro su cui, per pareggiarne grossamente la faccia, e riempire i vani delle commessure dei materiali, fu data la prima e ruvida crosta.

stàdéra (s.f.) bilancia, misuratore di peso

stagéra (s. f. [dal franc. stagère]). scaffale, specie d’armadio aperto con palchetti per riporvi libri ed altro.

stàgia (s. f.). staggia, palo.

stagiunà (agg.) stagionato.

stambünarò (s. m.). fignolo, foruncolo.

stämpè (v. tr.). stampare.

stänga (s. f.). stanga.

stängón (s. m.). lungagnone, uomo alto e magro.

stäntì (v. intr.). stantìo, vecchio.

starcè (agg.). avaro, spilorcio. * nùz starcèra = noce malescia, quella in cui le due valve del guscio sono fortemente attaccate l’una all’altra, e ciascuna, o anche una sola di esse, in luogo equidistante dalle due suture, ha una specie di spigolo che dalla punta della noce va a perdersi verso la metà del guscio; questo è durissimo, da non potersi acciaccare se non con martello: e ciascun pezzo del guscio infranto ritiene fortemente incastrata la corrispondente porzione del gheriglio.

stàri (s. m.). carcere.

stassìra (avv. di tempo). questa sera.

stè1 (v. intr.). stare.

stè2 (s. m.). staio, misura per cereali.

stéila (s. f.). stella. * dim. steillëtta = stella, stampa di ferro, la cui impronta a foggia di stella, e fatta con colpo di martello, orna, e anche restringe, e quasi chiude il foro lasciato nel suolo dalla bulletta, che il teneva conficcato alla forma, nel cucire la scarpa.

sténdi (v. tr.). stendere.

sternè (v. tr.). strinare, leggermente bruciare.

stèrni (s. m. [dal lat. sternere]). pavimento, lastrico. # stèrni ‘d mon = mattonato; stèrni ‘d balónz = acciottolato; stèrni ‘d lastri = lastricato.

sterplà (agg.). lacero, stracciato.

stèrss (s. m.). sterzo.

stìbi (s. m.). tramezzo. # stìbi d’àss = assito.

stibilì>stabilì

stiltà (s. f.). pugnalata (anche Fig.).

stiratrìz (s. f.). stiratrice.

stirè (v. tr.). stirare. *rifl. stirèss = allungarsi, prostendersi, è quel distender con forza le braccia e le gambe state intorpidite da lunga inazione e specialmente dal sonno.

stìss (s. m.) – stìssa (s. f.). particella, piccola quantità.

stiv (agg.). stretto, giusto.

stìva (s. f.). stufa, specie di cassa per lo più di terra cotta invetriata, talora anche di lamierone e tutta d’un pezzo, o anche costrutta sul luogo stesso con pianelle, o quadroni, o tambelloni; ha sempre strettissimo focolare, da chiudersi con sportellino di lamiera, a saliscendi. Nella stufa s’accendono legna corte, e fassene uscire il fumo da un tubo di ferro che mette nella gola di un vicino camino, o anche fuori di una finestra. In questo tubo suol esservi la piastra.

stivà (s. m.). stivale. * dim stivalén = calzarini, sono stivaletti aperti sul davanti o da lato, ed affibbiati con istringa passata in più bucolini, come nelle fascette o busti. Portanli specialmente le donne.

stòmi (s. m.). stomaco (gener.); seno (per le donne). * Fig. ardire, sfacciataggine.

stònga > stänga.

stònsia (s. f.). stanza, camera.

stóra (s. f.). stuoia, denominazione generale di una specie di tessuto di piante, come sala, giunchi e simili.

storó (s. m.). canniccio.

stòrzi (v. tr.). storcere.

strà (s. f.). strada.

strabàcula (s. f.). capriola, salto che si fa mettendo le mani dove si suol posare i piedi e mettendo questi in aria per tosto riprendere la posizione naturale.

strabüchè (v.intr.) inciampare.

stradinòm (s. m.). soprannome, appelllativo scherzoso, ironico o malevolo imposto ad una persona per certe sue caratteristiche fisiche o professionali od altro.

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stradinòm usuali o caratteristici:

barbarùssa barbarossa

inquìzu testa dura (incudine)

sebrè lattoniere, calderaio

testa ‘d vaca testone, testa grossa.

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stradvìz (agg.). strano.

strafrizi (v. tr.). friggere.

strafùgn (s. m.). batuffolo. * Fig. pasticcio.

strafugnè (v. tr.). gualcire, sgualcire, o anche spiegazzare, dicesi delle vestimenta o di altri panni quando, per disattenta portatura, s’inducono in essi di brutte grinze, e loro si toglie quella freschezza e quel buon garbo che è effetto dell’insaldatura e della stiratura.

strafurzén (s. m.). spago sottile, ma molto forte, che si preferisce per aggiungerlo alla punta dello staffile e farlo schioccare.

strafüzàri (s. m.). uomo dappoco.

stralassè (v. tr.). tralasciare, smettere.

stràlvaja (agg.) pasta troppo lievitata

strambalè (v. intr.). barcollare, quello scomposto andare e quel mal reggersi in piedi di chi è in istato di ubriachezza.

strambaléira (sa. f.). parola sciocca.

stramüvè 1 (v. intr.). sternutire.

stramüvè 2 (v. intr.). traslocare, tramutare, cambiare alloggio.

stranguladubión (agg.). avaro, spilorcio; anche strozzino, profittatore.

strangussè (v. tr.). prender per la gola, strozzare (anche Fig.).

strangussón (s. m.). stranguglione. # ‘d strangussón = con premura, affrettatamente.

stràss (s. m.). stracci, ciarpe, carabattole, nome collettivo di vestimenta logore e smesse, o di masserizie di poco pregio. Talora per un cotal vezzo di moderazione, un suo chiamare stràss le robe sue, sebbene né vili né logore. # a j’ho ciapà sú i mé stràss e a son amnì veja = ho raccolto le mie cose e me ne sono venuto via. * stràss da dè ra pùvi = spolveruccio, panno o cencio con che si leva la polvere depostasi su che che sia, specialmente sui mobili dopo spazzata la stanza.

strassè 1 (v. tr.). stracciare.

strassè 2 (s. m.). straccivendolo.

strassón (s. m. accr. di stràss). straccione. * Fig. strassón ‘d Mars = la neve a larghe falde che cade eccezionalmente a Marzo.

strassüvà (agg.). sudato, madido di sudore. *

strazùra (s. f.). ora inconsueta. * ‘d strazùra (avv.). fuor d’ora.

stravachè (v. intr.). traboccare (del latte che va per fuoco). # l’eun-na l’è pén-na e l’àtra la stravaca = non ne posso più, l’una (e s’intende che cosa) è piena e l’altra già trabocca.

stravachèss (v. rifl.). stravaccarsi, sdraiarsi. (onde il p. pass. stravacà = sdraiato scompostamente)

strè (v. tr.). seppellire, sotterrare.

stréja (s. f.). strega, donna che ignorantemente si credeva potesse operare cose meravigliose, mediante l’assitenza di demoni.

stréncc (p. pass. usato come agg.). stretto.

strénghi > scurzén

strénzi (v. tr.). stringere, comprimere con forza una cosa con un’altra, o le parti di un tutto.

strëppa (s. f.). strappata, passaggio. # dàmm ‘na strëppa = dammi un passaggio.

strìcc 1 (agg.). stretto, angusto, malagevole.

strìcc 2 (s. m.). arborella, pesce.

strìccia (s. f.). vicolo, via stretta.

strijè (v. tr.). stregare, ammaliare.

strincón (s. m.). strattone, malpiglio

strinconè (v. tr.). strattonare, malmenare.

strìsul (agg.). mingherlino.

strìva (s. f.). sferza, verga per battere.

strogè (v. tr.). strigliare, menar la stregghia sul corpo dell’animale (cavallo, mulo, o anche bue) per ripulirlo di quella polvere che gli si forma sulla pelle, e tra i peli, per l’effetto del sudore.

strojassà (agg.). sdraiato sconvenientemente.

strón (s. m.). becchino, colui che è addetto alla sepoltura dei morti.

strónz (s.m.) stronzo, escremento

stròpa (s. f.). frotta, torma, quantità di persone o d’animali.

strugè (v. tr.). strofinare, ripulire.

strugión (s. m.). strofinaccio. * Fig. di persona sporca; o -con accezione etica- di serva di casa # strugión ‘d cà.

strupài (s. m.). legaccio, pezzo di nastro od altro per legare; stringa.

strùppi (agg.). storpio.

strùppiè (v. tr.). storpiare.

strúsa (s. f.). bavella, filo che si estrae dai bozzoli nella caldaja prima di cavarne la seta. * Fig. donna di cattiva condotta.

strùss (s.m.) slitta in legno per trasportare il letame

strussè (v. tr.). strozzare.

strüziè (v. tr.). strisciare. * rifl. stüzièss = affaticarsi lavorando molto; sciuparsi.

stùbia (s. f.). stoppia, avanzo di paglia.

stúcc (s. m.). astuccio, per lo più custodia degli occhiali.

stüchè (v.tr.) bussare

stüdiè (v. tr.). studiare.

stùff (agg.). stanco, stufo.

stüfà (s.f.) stufato * stüfà per ij’anròt = stufato per gli agnolotti.

stufè (v. tr.). stancare, annoiare.

stumién (s. m.). stomachino, pezzo di tela fine addoppiato, imbottito di cotone e trapuntato, che si porta talora dagli uomini sul petto per tenerlo caldo.

stùpa (s.f.) canapa.

stupà (agg.) otturato.

stupén (s. m.). lucignolo, più fila di bianca bambagia, che stanno immerse nell’olio della lucerna, o sono nell’asse delle candele, a uso di appiccarvi la fiamma, e far lume.

stupè (v. tr.). tappare.

stupón (s. m.). tappo, turacciolo.

stùrn (s. m.). storno, uccello.

sturnigià (agg.). rintronato, imbambolato.

sturtagnè (v. tr.). storcere. * Il p. pass. sturtagnà = storcinato, storpio.

(avv). su, sopra.

(s. m.). sole.

suagnà (agg.) ben agghindato, elegante.

suagnè (v. tr.). trattar bene.

suassè (v. intr.). guadare, passare da una sponda all’altra d’un fiume a cavallo o a piedi.

súbit (avv.). subito.

subrìk (s. m.). frittella, sorta di fritto di roba battuta, per lo più erbe, miste talora con carne, incorporata con uovo sbattuto, e foggiata in pezzi piani e tondi, a modo di rotelle.

súca (s. f.). zucca, sia nel sign. di cucurbita che nel Fig. di zuccone.

súcc (agg.). asciutto. * Fig. laconico, di poche parole.

süccénna (s. f.). siccità.

súcch (s. m.). ceppo, piede d’albero, o di pianta cedua, cioè tenuta cespitosa, separato dal fusto, spaccato in pezzi, che chiamansi cepparelli o ceppatelli, a uso di ardere.

súcèss (s. m.). successo.

súcher (s. m.). zucchero.

suchì (pr. dim.). questo [qui].

suclè (s.m.) zoccolaio, venditore di zoccoli.

sücòtt (s.m.) zucchina

sücréra (s. f.). zuccheriera.

sucrón (s. m.). zoccolo, rozzo calzamento con la pianta di legno, intorno alla quale sono imbullettati i quartieri ed ed il tomaio di grossa pelle. * Fig. (agg.). grossolano, privo di grazia.

suénns (avv.). sovente.

suétta-suétra (s. f.). civetta.

súff (s. m.). fronte.

suffranén > sulfanèll.

süflè (v. tr.). zufolare.

sugnè (v. tr.). sognare.

sulàr (s.m.) solaio

sulé (pr. dim.). quello [lì]

sùlc > sùrc

sùlf (s. m.). zolfo.

sulfanèllsuffranén (s. m.). zolfanello, o fiammifero in genere. * Fig. uno che si accende per niente, dunque nervoso e sim.

súmia (s. f.). scimmia. * Fig. ebbrezza. # l’ha pià ‘na súmia = ha preso una sbronza.

sunadùr (s. m.). sonatore, generic. orchestrale. # avéi ‘n aptit da sunadùr = aver molto appetito (prob. allusione alla mangiata cui avevano diritto i suonatori dopo terminato il loro compito nelle festo di nozze o a ballo).

suncà (s.f.) cagliata.

súp (agg.). zuppo, inzuppato. # carta súpa = carta assorbente.

súpa (s. f.). zuppa.

süpè (v. tr.). inzuppare, imbeversi.

süpéra (s. f.). zuppiera, vaso molto concavo e panciuto, di forma or tonda or ovale, per lo più con piede e con coperchio. Serve a porre in tavola la zuppa, o altra minestra, che si mette nelle scodelle.

supgnè (v. intr.). zoppicare.

supurtè (v. tr.). sopportare.

sùra (avv.; prep. sura a…). sopra.

sürbì (v. tr.). sorbire.

sùrc – sùlc (s. m.). solco.

suréla (s. f.). sorella.

surìz (s. m.). sorriso.

süròtt (s.m) scure

sìròtt (s.m.) cerotto

surzì – surzìv (s. m.). sorgente.

süssèciüccè (v. tr.). succhiare, attrarre a sè colle labbra l’umore, il sugo, od altro liquido.

sùsta (s. f.).sosta. * magazzino di legname, carbone ecc. * Per estens. tettoia, riparo. # andè a sùsta = andare al riparo, andare a riposarsi.

sùta (avv.; prep. = sùta a…). sotto.

sutpänsa (s. m.). sottopancia, per cavalli e altri animali da tiro. * Fig. tirapiedi, parassita.

sutpé (s. m.). sottopiede, soletta, cuoio sottile che si sovrappone alla suola della scarpa internamente quando questa non ha anima, e che poi si ricopre ancora col soppanno.

sutùrn (agg.). imbronciato, taciturno.

sutvésta (s. f.). sottoveste.

sutvùz (avv.). sottovoce.

sü-uamón-süvamän (s. m.). aciugatoio, asciugamani.

sü-uè>süvè

süvèsü-uè (v. tr.). asciugare

suvrapú (s. m.). soprappiù, quello che cresce. # an ‘uma ‘d savrapú = ne abbiamo in abbondanza.

suvròss (s. m.). callo osseo.

 

 

 

T

t’ (part. pron.). si premette alla 2a persona sing. dei verbi, e si dice perciò téi t’parli = tu parli.

tabachè (v. intr.). tabaccare, fiutar tabacco. * Fig. andarsene via, fuggire.

tabachén (s. m.). tabaccaio.

tabachéra (s.f.) tabacchiera, astuccio per tabacco da pipa o da fiuto.

tabàr (s.m.) mantella, tabarro.

tabalóri (s. indecl.). babbeo (a).

tabarnàcul (s. m.). tabernacolo. * Fig. trabiccolo; uomo malfermo sulle gambe; uomo di scarsa personalità.

tablò (s. m. [dal franc. tableau]. quadro; manifesto murale.

tacabutón (s. m.). chiacchierone, attaccabottoni, persona inutilmente loquace.

tacàda (s. f.scherz.).mangiata.

tachè (v. tr.). attaccare. *Fig. mangiar bene. # tachè ‘r capè atach’ au ciò = approfittare delle circostanze (dicesi di sposo che va ad abitare e vivere in casa della sposa).

tachèn (s.m.) attacchino, colui che attacca manifesti sui muri.

tachìgn (agg.). attaccaticcio, che s’attacca come la pece o il vischio. * Fig. si dice di persona troppo invadente, pedante. # l’è tachìgn cmé la gramigna = è invadente come la gramigna.

tacón (s. m.). rappezzo, rattoppo.

tacugnè (v. intr.). litigare, fare a parole.

tacunë (v. tr.). rappezzare, rammendare. * Fig. rappattumare, risistemare una situazione barcollante.

tafa (s.f.) paura, terrore

tafanàri (s. m. scherz.). deretano.

tàj (s. m.). taglio. * Fig. amnì a tàj = venir opportuno. # av la dàg au tàj = ve lo do alla prova, dicesi di qualcuno tanto in buona quanto in mala parte.

tàja (s. f.). taglia; dazio. # el fà la ciùla per nént paghè la tàja = fà lo scemo per non pagare dazio.

tajà(part. pass. di tajè). * Fig. adatto, tagliato. # a l’è propi tajà per suchì = è prorio adatto alla bisogna; òm tajà a l’antica = uomo abbozzato all’antica. * Ma anche, fig. furbo, matricolato.

tajani (s. m.). garzone del beccaio.

tajarén (s. m. pl.). tagliatelle, tipo di pasta.

tajè (v. tr.). tagliare.

tajétt (s. m.) [dar trìfuli].taglieretto, sottile assicella lunga e larga circa un palmo, con manico e con un’apertura trasversale, cui è adattata una lama tagliente.

tajóra (s. f.). carrucola del pozzo, arnese composto di una girella imperniata fra le due branche della cassa o staffa di ferro, le quali in alto si riuniscono, e terminano in un uncino per appendere la carrucola ai legnami del tettuccio del pozzo, o ad altro appiccatoio che corrisponde verticalmente al centro della bocca del pozzo.

talón (s. m.). tacco, parte posteriore della suola della scarpa e che d’ordinario fa risalto su di essa. Sul tacco posa il calcagno del piede * Per anton. calcagno.

tamagnón (s.m.) grosso carro piano usato nei mulini per trasportare i sacchi di farina.

tambàs (s.m.) tamburello.

tambùr (s. m.). tamburo. * Accr. tamburnón = catuba, la grancassa delle bande musicali. Dim. tamburnén = tamburello, sia quello che serve per suonare che quello che serve per giocare, rilanciando una palla di gomma.

tanavlén (s. m.). succhiello, strumento di ferro fatto a vite dall’un dei capi per forare il legname.

tänf (s. m.). tanfo, puzzo.

Tàni (n. pr. m.). Tanaro (fiume).

tàpari (s. m. pl.). capperi, pianta i cui fiori si mangiano in aceto.

tapè (v. tr.). apprestare, sistemare, rendere elegante. * Il p. pass. tapà vale, appunto -soprattutto nel sup. logico ben tapà– elegante, ben vestito.

tapèli>tàpla

tapìss (s. m.). tappeto. * tapìss da tóura = celone, copritavolo.

tàpla (s. f.). schiappa, scheggia larga che si spicca nel tagliar la legna. * Dim. taplén. = sverza, piccola scheggia di legno. * Fig. lingua. # amnè u taplén = chiaccherare eccessivamente.

tarabàcula (s. f.). raganella, crepitaccio, battola, strumento di legno che si suona nella Settimana Santa invece delle campane. * Fig. oggetto di poco valore.

tarabùi (s. m.). uomo di poco conto.

taràgn (s. m.). ragno.

taragnà (s. f.). ragnatela.

tarangón (s. m.). tirchio, taccagno.

tardiè (v. intr.). ritardare, essere in ritardo.

tardòch (agg spesso sost.). scimunito, sempliciotto.

tardochè (v. intr.). borbottare.

tarèff (agg.). indisposto, che non si sente troppo bene in salute.

tarén (s. m.). bastone, ramo più grosso e lungo che si trova nelle fascine.

tarén-na (s. f.). zuppiera, recipiente nel quale si porta in tavola la zuppa o qualsiasi minestra.

tarinà (s. f.). bastonata, randellata.

tarlizà (agg.). screziato.

tarlúc (agg. e s. m.). baggiano, tonto, sciocco.

taròss (s. m.). [‘d l’úss]. contrappeso che chiude l’uscio autonomamente. * Fig. rozzo nei modi o nel parlare.

tartì > caghè

tartìfula (s. f.). patata, pianta la cui radice tuberosa, cotta, è un cibo eccellente.

tàsa (s. f.). tassa.

tascapón (s.m.) zaino, borsa da portare atracolla in cui è riposto il desinare.

tasèl (s. m). tassello.

tàssa (s. f.). tazza.

tassè 1 (v.tr.) tassare

tassè 2 (s. m. pl.). quaderletti. # tassèl dra camìsa = due pezzi quadrati della camicia, cuciti sotto ciascuna ascella.

tastè (v. tr. [dal franc. tâter]). assaggiare.

taulén (s. m. dim. di tóula). tavolino.

tauràss-taulàss (s. m. pegg. di tóura-tóula) [di suldà]. tavolaccio, su cui dormono i soldati, i carcerati ecc.

tàzi (v. intr.). tacere.

técc (s. m.). tetto, copertura delle fabbriche.

tëdésc- tudésc > almàn.

tédi – tédia (s. f.). ascolto, udienza. # dè tédia = dar corda.

tégna (s. f.). tenia (anche nell’accez. Fig.).

téj (pron. pers. di 2a pers. sing.). tu.

téira (s. f.). tela. # téira fàcia ‘n cà = casalinga, non acquistata; téira ansiràda = tela cerata.

telefunè (v.intr.). telefonare.

témbertìmber (s. m.). marchio, bollo.

témer (s. m.). temolo, piccolo pesce d’acqua dolce.

téncc (p. pass. di ténzi, usato come agg.). tinto. * Fig. sporco.

ténccia (s. f.). tintura.

téncción (agg.) sporco di untume o caliggine.

ténda (s. f.). tenda.

tendón (s. m.accr. del prec.). portiera, tenda che si tiene alle porte e agli usci nell’interno della casa.

tén-na (s. f.). tino verticale. * Fig. fè ‘na tén-na = perdere la partita (nel giocare).

tèni (v. tr.). tenere. # téni réid = tenete stretto; teni ‘r fià = avere le convulsioni, avere la tira, che è una sospensione spasmodica della respirazione nei bambini, seguita poi da impetuoso strido e da uno scoppio di pianto per soprabbondanza di dolore cagionato da grave percossa nel cascare. * Anche il rifl. tén-nsi = tenersi, reggersi.

ténzi (v. tr.). tingere.

tenziùr (s. m.). tintore.

terpóntarpón (s. m.). talpa, quadrupede simile al topo.

tèsta (s. f.). testa. # tèsta d’àj = spicchio d’aglio; tèsta dar róvi = mozzo, pezzo di legno nel mezzo della ruota dove sono infisse le razze (i fús).

tétta (s. f.). mammella. # dè ra tétta = allattare.

tettè (v. intr.). suggere alla mammella.

tich e tach (espr. idiom.). subito, in un momento.

tichì e tilà (avv.). guarda qui, guarda là.

tiflèssi (v. rifl.). azzimarsi, rassettarsi, raffazzonarsi, tutti più o meno significano lo stesso, cioè studiosamente abbigliarsi, abbellirsi, e dicesi per lo più delle donne.

tìgna (s. f.). scabbia.

tignón (agg.). tirchio; sordido.

tignóra (s. f.). gelone, infiammazione del tessuto sottocutaneo alle mani, ai piedi, prodotta dal freddo.

tilëtt (s. m.). bando, avviso al pubblico.

timbrè (v. tr.). timbrare.

tinunèla (s.f.) tiritéra, filastrocca – Fig. tira e molla

tirafrùcc (s. m.). carceriere, secondino.

tiràgi (s. m.). tiraggio, estrazione, soprattutto del numero dei chiamati per la leva militare.

tiränt (s. m.). cigoli, striscie, per lo più di pelle, che passano sotto le scarpe e gli stivali, per tener distesi i pantaloni.

tirapé (s. m.). pedale, striscia di pelle, cucita ai due capi, con la quale il calzolaio tien fermo sul ginocchio il lavoro, tenendola tesa col piede. Fig. tirapiedi, aiutante del boia, onde per estens. manutengolo.

tirè (v. tr. e intr.). tirare. # tirè drìcc = continuare.

tirët (s. m.). cassetto, quei recipienti quadrangolari di legno, in numero di tre o quattro, in dimensioni appropriate a quelle del cassettone, entro il quale scorrono.

tirabussón (s. m. [dal franc. tire-bouchon]). cavatappi, cavaturaccioli.

tiratardi (agg.) lento, perditempo.

titénna (s. f.). cima, pancetta ripiena, parte del vitello che si riempie di uova, erba ed altri ingredienti minutamente tritati e conditi, e che poi si cuce all’interno.

tlàr (s. m.). telaio.

tmèra (s. f.). tomaio, tutta la parte della scarpa che cuopre e cigne il piede, esclusa la suola.

tnàja (s. f.). tenaglia. * Anche Fig. = tormento, tortura.

(agg. e pron poss.). tuo.

tòc (s. m.). pezzo. # éssi a tòc = essere in malora, rovinato, ridotto al verde. Dicesi anche di indolenzimento generale dovuto a stanchezza. * Dim. tuchétt. * Fig. bel tomo; # l’è ‘n tuchétt = è un bel tipo.

tògo (agg. [prob. dalla fama del gen. nipponico Togo, vincitore della guerra russo-giapponese]). abile, bravo, formidabile.

tòla (s. f.). latta, lamiera, distesa in falde sottili e coperta di stagno.* Fig. faccia di bronzo, sfacciato. # che tòla! = che sfacciato! * Accr. tulón ad indicare, per anni, le vetture tranviarie che percorrevano le uniche due linee di cui la città era dotata, e che agli alessandrini parevano -appunto- poco più che grossi bidoni di latta.

tòmpa (s.f.) pozzo nero, cisterna ove sono raccolte le acque di scarico.

tónd (s. m.). piatto.

Tòni (n, pr, m.). Antonio. * Fig. scimunito; pagliaccio.

tòni (s.m.) tuta da lavoro

tònt (agg. di quant.). tanto.

tòpia (s. f.). pergolato.

torcè (v. tr.). torchiare (assol. per torchiare le vinacce per ottenere il terzanello)

tòrcc (s.m.) torchio.

torcéira (s. f.). vino torchiato, vinello (dispr.).

torciamàrmu. (agg. spesso sost.). avaraccio (tale da torchiare il marmo per ricavarne un succo).

tòrcianàz (s.m.) pene enorme.

tòrt (s. m.). torto.

tòta (s. f. [dal torinese]). signorina, damigella.

tóulatóura (s. f.). tavolo.

trà (s. f.). spago impeciato, più fili di canapa e di lino, impegolati e riuniti in uno solo, di cui si servono per cucire i loro lavori i calzolai, i ciabattini, e altri. * Fig. dè trà = dar filo, dar corda, onde fare attenzione # dam a trà a méi = dai retta a me.

trabúc (s. m.). trabucco.

trabücà (s. f.). misura all’ingrosso, senza precisione. # per fè ‘l prési, a jùma dàcc ‘na trabücà= per definire il prezzo, abbiamo stimato all’ingrosso.

tracagnòt (agg.). tracagnotto, tronfacchiotto, persona piccola e grassa.

traghëtt (s. m.). traghetto. * Fig. pratica segreta.

träncia 1 (s. f. [dal franc. tranche]). fetta.

träncia 2 (s. f.). trancia, macchina per tranciare.

trànqùl (agg.). tranquillo.

traóndi (v. tr.). inghiottire.

trapà (s. f.). bacchettata.

trapanè (v. tr.). trapanare.

trapoléntrapulén (s. m.). tagliuola, ordigno di ferro con due morse a scatto, con cui si acchiappano per le gambe lupi, volpi e simili.

trapónta (s. f.). trapunta (solitamente quella che veniva posta sulle coperte del letto -in inverno- per aumentarne il calore; ma anche quella che intercettava il freddo che passava da porte molto usate, solitamente quelle delle chiese e sim.).

tràpura-tràpula (s. f.). botola, cateratta, è una buca pr lo più quadra che in alcune botteghe o in povere case è nel palco o soffitto a uso di dare, con scala di legno, una comunicazione diretta tra due stanze l’una sopra l’altra, e chiudesi con ribalta.

traspurtè (v. tr.). trasportare.

tratè (v. intr.). trattare.

travà (s. m.). tettoia.

travàj (s. m.). lavoro.

travajè (v. intr.). lavorare.

travazè (v. tr.). travasare; decantare, passare il liquido da un vaso in un altro, ma in modo che, con esso, non incorra il suo deposito feccioso, ed il liquido rimanga così chiarificato.

traversè (v. tr.). traversare.

traversén (s. m.). capezzale, anche detto cüssén lòng.

traversén-na (s.f.) traversina (delle rotaie)

treipé (s. m.). treppiedi, tripode. * Fig. individuo mal fermo sulle gambe.

tremè (v.tr.) tremare # tremè da ra póura = tremar di paura

tremàzu (s. m.). tremito, l’atto del tremare per febbre, paura o simili.

trén (s. m. [dal franc. train]). seguito;. # éssi an trén (il franc. ètre en train) = essere pronto. * Fig. pompa, lusso. # téni ‘n grön trén = aver molte carrozze, domestici ecc.

trénu (s. m.). treno, anche come servizio ferroviario.

trëssa (s. f.). treccia.

trì (agg.). trito, sminuzzato.

triängul (s. m.). triangolo. # triängul dra bönda = sistro, strumento musicale d’acciaio, e triangolare.

tribülè (v. intr.). tribolare, stentare.

trich tràch (s. m.). gioco, tavola reale, si fa coi dadi.

trìfula (s. f.). tartufo, specie di fungo sotterraneo tubercolato d’odore e sapore grato.

trifulè (s.m.) tartufaio, cercatore di tartufi

trincè (v. tr.). trinciare, tagliare a pezzi.

trinciänt (s. m.). arnese per tagliare le vivande.

tròn 1 (s. m.). mattone ancor crudo.

tròn 2 (s. m.). tuono.

trottapiän (s. m.). pidocchio.

truciunè (v. tr.). abbindolare, aggirare, ingannare.

trunè (v. impers.). tuonare.

trunèra (s. f.). casa con le pareti costituite di sola terra pressata.

trüschén (s. m.). truschino, arnese da falegname. * Fig. sotterfugio, piccola furberia miserabile.

trùss (s. m.). torsolo. * Fig. sciocco, babbeo.

trùssi (v. tr.). assediare uno annoiandolo.

truvè (v. tr.). trovare.

tuàja (s. f.). tovaglia. * Dim tuajëtta > macramé.

tuajén (s. m.). tovagliolo. * tuajén dar masnà = bavaglino.

tùbèla (avv.). molto, da molto tempo.

tublän (agg [dal franc tout blanc]). sciocco.

túbu (s. m.). tubo. * Fig. ròmpi i túbu = rompere le scatole.

tùc 1 (s. m.). tocco. # au tùc = a tastoni.

tùc 2 (agg.). tocco, poco presente a sè. # tùc ant u nomina Patris = tocco nel cervello.

tuchè (v. tr.). toccare. # tuchè bàra = andare in un luogo e partirne subito; tucca-tucca = affrettati (per esortare chi va lento).

tuchétttuctén > tòc

tudësc (agg. e sost.). tedesco.

tuff > tänf.

tugnén (agg. e sost. schrz.). tedesco.

tujòt (s. m. [dal franc. tuyau]). bocchino, cannello nel quale s’infila il sigaro dall’un dei capi, e dall’altro si mette in bocca aspirando il fumo del sigaro che passa per entro il foro del bocchino.

tulè (s. m.). lattoniere.

tulén (s. m. dim. di tòla). piccolo oggetto di latta. * Fig. oggetto che ha pretensioni di grande apparenza (come fosse fatto di metallo prezioso), e che invece è poco più che latta: patacca.

tulón (s. m.). Il signif. reale è quello di grosso pezzo di latta. Così -di fatto- gli alessandrini hanno battezzato, fin dall’inizio, il tramway cittadino, che appariva più rumoroso che efficiente. > tòla.

tùma (s.f.) forma di formaggio # tuma del bargé = formaggio del lattaio.

tumaséla (s. f.). fegatello. Fegatelli sono i pezzi di fegato, per lo più di porco, involti nella rete dello stesso animale, cotti per lo più in padella.

tumàtica (s. f. [dal franc. tomate]). pomodoro.

tumbarèl (s. m.). carro a due ruote, cassonato e ribaltabile, che serviva per trasportare materiali incoerenti (ghiaia e altro); a tratti serviva quasi di unità di misura degli stessi materiali: in tumbarèl ‘d gèra = una carrata di ghiaia.

tumbén (s. m.). tombino, specie delle fognature. # tràl ant u tumbén = buttalo via

tundén (s.m.) piattino, anche trafilato in ferro.

tupé (s. m. [dal franc. toupet]). ciuffo, crocchia, posticcio di capelli. * Fig. (come per il franc.) = faccia tosta.

tùrb (agg.). torbido, soprattutto di liquidi (vino ecc.).

turcëtt (s. m.). torcetto, dolce popolare a forma di ferro di cavallo.

tùrd (s. m.). tordo, uccello.

tùrdu (agg.). scemo, scarso di cervello.

turlurù (agg. spesso sost.). scioccone, babbeo.

tùrn (s. m.). tornio, strumento col quale -a pezzi di legno, metallo od altro, fatti girare su di sè dal tornitore- si dà con scalpelli ed altri ferri appropriati, una figura tonda o tondeggiante.

tùrna (avv.). di nuovo.

turnúra (s. f. [dal franc. tournure]. garbo, forma esteriore.

turón (s. m.). torrone * Dim. turunÎtt = torroncino.

tùrta (s. f.). torta.

turtàgna (s. f.). stroppa, ritorta per legar fascine. * Più recent. cosa acciambellata, spesso stropicciata.

turtaróturtró (s. m. [corr. dal franc entonnoir?]). imbuto.

turuturu (s.m.) rubinetto delle botti.

tùss (s. f.). tosse. # tùss asnën-na = pertosse.

tùssi (v. intr.). tossire.

tutén (s. m.). tutolo del mais, quei ricettacoli quasi legnosi della pannocchia, che -toltine i grani- servono per combustibile.

tútt (agg.e pron. indef.; pl masch. túcc; femm. tútti). tutto.

 

 

 

U

u (art. masch.). tien luogo di il innanzi ai nomi maschili incomincianti per c dolce, d, g dolce, l, n, r, s, t, z, e si dice perciò: u ciàr, u gilè, u naz, u zaché. Si aggiunge poi al pron di 3a pers. masch. sing. dei verbi incomincianti per le suddette consonanti, e si dice percio: lú u dròm, lú u súffla, ecc.

uacè (v.tr.) osservare senza farsi notare.

uardè (v. tr.). guardare.

uaciagàtt (s.m.) abbaino

uargnàch (s.m.) rozzo, zotico.

uaruàt (s. m.). comprendonio, intelletto, giudizio.

uatarón (s. m.). zolla, grosso pezzo di terra scavato nel lavorare i campi con l’aratro. * Fig. persona grezza, non raffinata.

ubbiadén (s. m.). ostia, sottilissima falda, fatta con pasta liquida, rossa o d’altro colore, cotta fra due forbite lastre metalliche ben riscaldate, che rappresentano come due bocche piane di una tanaglia. Tagliasi con uno stampo in pezzetti circolari, e con uno di questi, bagnato d’acqua o di saliva, si sigilla una lettera, o si uniscono fogli.

ublìu (s. m.). panna montata, quella che, dibattuta in una catinella con la frusta, o col palloncino, si rigonfia e si converte come in una densa schiuma di una certa consistenza, e suole mangiarsi coi cialdoni.

uèc (agg.). sordo

uendu>véndu (s.m.) , arcolaio, trespolo per dipanare.

uèra (s. f.). ovaia. # Fig. esclamativo – uj va zu gl’uèri = si è sforzato!

uèrs (agg.). cieco

uèrsa (s.f.) vulva, organo genitale femminile.

uféndi (v. tr.). offendere.

ufissi (s. m.). ufficio.

ugià 1 (s. m. pl.). occhiali.

ugià 2 (agg.). occhiaie, con gli occhi pesti.

ugià 3 – ugiàda (s. f.). occhiata.

ugiàja (s. f.). occhiaia.

ùi (pr. per. di 3a pers. sing o plur.) gli; loro.

uìduv (agg. e s. m.; femm. uìdua). vedovo.

umëtt (dim. di òm >). * Anche la gruccia per appendere abiti, appendiabito. * Nel gioco del biliardo= birilli. # éssi ant ‘i umëtt = esser nei pasticci, come appunto il giocatore che abbia mandato la sua biglia nei birilli).

úmid (agg.). umido.

unciarlà (p. pass. us. come agg.). sozzo di untume.

unción (agg. spesso sost.). sporcaccione, imbrattato di grasso.

ungëtta>rigaró

únic (agg.). unico.

ùra (s. f.). ora.

urcén (s. m.). orecchino.

urchèstra (s. f.). orchestra.

urdinàri (agg.). grossolano.

uréri (s.m.) orrore, Fig. téj propi in uréri = sei un orrore.

urganén (s.m.) pianola verticale

urgëtta (dim. di urìgia >). * Fig. laccetti degli stivali, due pezzi di pelle o di passamano ripiegati a foggia di cappio e fortemente cuciti in ciascuna parte interna, laterale e superiore, del gambale o tromba degli stivali; e servono a calzarli tirandoli o coll’indice di ciascuna mano infilatavi dentro e ripiegata, ovvero coi tiranti.

urgión (s. m.). asinaccio (in senso moralmente spregiativo).

urìgia (s. f.). orecchia. * Pl. becchetti, due finimenti laterali e liberi dei due quartieri della scarpa, dove sono buchi per passarvi i laccetti da allacciare. * Fig. pederasta.

urinàri (s. m.). pitale, orinale, vaso tondo, per lo più di maiolica, con una presa che fa le veci ci manico. Serve alle necessità corporali, e ordinariamente a quella sola di orinare.

urizónt (s. m.). orizzonte.

urizuntès (v. rifl.). orizzontarsi.

ùrmùlm (s. m.). olmo.

ùrss (s.m.) orso, (fig.) persona poco socievole o restia alla socializzazione.

ursgnó 1 (s. m.). usignolo, uccello di dolcissimo canto.

ursgnó 2 (s. m.). orzaiuolo, tumoretto simile ad un grano d’orzo che viene tra i nepitelli.

urtàja (s. f.). ortaglia.

urtéja (s. f.). ortica, erba nota.

urtrón (s. m.). ortolano.

urùc (s. m.). allocco.

urzàda (s. f). orzata, lattata, bevanda dolce fatta di semi di popone, o in conserva o freschi, pesti, stemperati in acqua e colati.

uzé (s.m.) uccello.

uzlón (s.m.) grosso uccello

úss (s. m.). uscio; uscio a muro chiamano quello la cui imposta è pareggiata al muro, senza risalto di telaio o di altra cosa che aggetti. Talora l’imposta di questi usci, nell’interno di stanza o camera, si tinge o si cuopre di tappezzeria come la rimanente parete, quasi per simularne la continuazione e farne così un uscio segreto. # úss cóu taròss = uscio a contrappeso, chiamasi quello che si chiude da sè per effetto di un peso legato ad una funicella, il cui altro capo è raccomandato all’architrave, dopo d’esser passato su d’una girella infissa nell’alto dell’imposta od anche semplicemente in un foro fatto in essa. > taròss. # bütè la ciàv sùt l’úss e brüzè ‘l pajón = andarsene senza aver pagato la pigione.

üssó (s. m.: dim di úss). cocchiume, foro per lo più circolare in una delle doghe e nella parte più rigonfia della botte. Pel cocchiume si versa il vino o altro nella botte.

ustensòri (s. m.). ostensorio, è un arnese d’argento o d’altro metallo in cui si pone l’Ostia Santa per la benedizione del popolo.

usteréja (s. f.). osteria.

útil (agg.). utile.

ütilizè (v. tr.). utilizzare.

ü-ua (s. f.). uva.

uzé (s. m.). uccello. * Volg. anche membro virile

 

 

 

V

vàca (s. f.). mucca. * Dim vachëtta = 1 vaccherella, piccola mucca; 2 pelle di vacca conciata, per calzature e sim. 3 * libro legato in vaccherella, quindi per anton. libro di memoria, di spese ecc.

vacinè (v. tr.). vaccinare, cioè intridere di umore nelle pustole vajolose di un bambino, o immediatamente in quelle dei capezzoli di una vacca, un ago scanalato verso la punta, o terminato a guisa di lancetta, e con esso, così intriso, fare su altro individuo alcune punture incruente, che producono in questo un vero vajuolo, ma più benigno, limitandone anche l’eruzione a poche pustole, cioè a quante sono le fatte punture, ed in luogo determinato e circoscritto, che suol essere il braccio.

val (s. m.). vaglio, arnese di vetrici e di stecche, in forma di una valva di conchiglia, con due maniglie, e serve a scuotere e far saltare in aria il grano o altro simile per separarne la polvere, la loppa, le pagliuzze ecc.

valìz (s. f.). valigia, specie di bauletto, tutto di pelle, ad uso di trasportare poca roba in viaggio.

vansè (v. tr.). avanzare, dover avere da qualcuno. # vansè di sòld da… = esser creditore di…

vansùi (s. m.). abbeveraticcio, quel che rimane nel bicchiere dopo aver bevuto.

varlétt (s. m.). barletto, arnese di ferro che ha un po’ la figura del numero 7, o più tosto della lettera r; è composto di una asta rotonda, di tre o quattro palmi di lunghezza, verso la cui cima è un bracciuolo piatto, lungo circa un terzo dell’asta, a un dipresso ad angolo retto con essa, e verso l’estremità sensibilmente ripiegato in basso.

varéi (v. intr.). valere; costare.

varnéizfarnéiz (s. m.). cattivo servizio, pessimo trattamento, azione violenta. # u m’ha fàcc in varnéis…= mi ha conciato male. Pare che originariamente significasse “culo”, pertanto, il senso della frase risultava decisamente più pesante.

varóri (s. m. pl.). vaiolo, malattia contagiosa che s’appicca più particolarmmente ai bambini per lo più una sola volta nella vita, e produce sulla loro pelle, specialmente della faccia, numerose pustole purulente delle quali talora rimangono visibili e permanenti i segni dopo la guarigione.

vasca (s. f.). vasca. * Per anton. il corso Roma, luogo della passeggiata serale, onde fè ‘na vasca = percorrere passeggiando Corso Roma.

vassé (s. m.). botte, vaso tondo di legno, fatto a doghe, cerchiato di ferro, o anche di legno, piano nelle due testate che chiamansi fondi, alquanto rigonfio nel mezzo. * Col femm. vasséla si indica di solito il tino di zinco o di lamiera per il bucato * vaslòt = piccola botte.

vaz (s. m.). vaso.

véder (s. m.). vetro. # véder panà = vetri smerigliati, che chiamano anche opachi, sono quelli cui fu tolto il lustro con la polvere di smeriglio o altra. Pongonsi talora a finestre basse o a botteghe, in cui lasciano passare una sufficiente luce diffusa, ma impediscono interamente la vista. Si smerigliano anche i globi dei lumi per non esserne abbagliati. Così pure i turacci delle bocce e boccette insieme colla corrispondente parte interna del loro collo affinchè meglio si chiudano.

vègg (agg. e sost. m.; femm. vègia). vecchio. * Dim vigéta. * Con vègia si indica anche il riflesso del sole sullo specchio o su altro corpo lucido, oppure l’effetto ottico prodotto dal calore che sale in estate dalle strade e dalle rocce: quello -per intenderci- che ispirò a Manzoni gli spiritosi versi sulla Gibigianna.

vël (s. m.). velo. * Dim. velëtta = veletta, balza, velo bianco o verde o cilestro che le signore legano con due nastrini alla fascia del cappello e che -tenuto allungato dalla tesa- ricade sul davanti e si raccoglie tutto da un lato, od anche si arrovescia sul cappello stesso.

vén (s. m.). vino * vén brulé = vino cotto con spezie.

véndu (s. m.). arcolaio.

vénër (s. m.). venerdì.

vén-na (s. f.). vena.

vént (s. m.). vento.

ventaróla (s. f.). ventolina, per attizzare il fuoco di carbone di legna.

verdúra (s. f.). verdura, ortaglie commestibili.

verdüré (s. m.). verduriere.

verdón 1 (s. m.). tramezzo, striscia di cuoio tra la suola e il tomaio della scarpa.

verdón 2 (s.m.) verdone

vérz (s. m); ma anche attestato vérza, femm.). cavolo, erbaggio tutto formato di foglie larghe, crasse, rigide, or liscie or crespe, attaccate per la costa ad un unico torsolo, serrate insieme per lo più in fondo, e formanti palla; codeste foglie sono di colore verde cupo, che poi ingialla, cominciando dall’interno crumolo o garzuolo; in esse è assai visibile la reticolazione formata dai nerbolini prominenti. Il cavolo è di più sorta, e di variatissime denominazioni, e mangiasi cotto, per lo più in minestra, o solo, o misto con altro.

véscuv (s. m.). vescovo.

vésta (s. f.). abito femminile, gonna.

vestiménta (s.f.) vestito da uomo.

vetüra (s.f.) carrozza.

vetürén s.m.) cocchiere.

vi 1 (s. f.). vite, pianta sarmentosa che produce l’uva.

vi 2 (s. f.). vite da legno.

viandón (s. m.). capogiro, perdita dell’equilibrio.

vidé (s. m.). vitello.

viderió (s. m.). vetriolo.

vigé (v. tr. e intr.). vegliare.

vìghi (v. tr.). vedere.

vìgia (s. f.). veglia.

vignulänt (s. m.). vignaiuolo.

vincéns (agg.) sempliciotto, che si lascia abbindolare con facilità.

vincénsa (s.f.) donna di facili costumi.

vinegrié (s. m. [dal franc.vinaigrier]). acetiera, portampolle, oliera, arnese di metallo, di cristallo,di maiolica, o anche di legno, da tenervi come incastrate due ampolle di cristallo, una per l’olio, l’altra per l’aceto, da porsi sulla mensa.

vinëta (s.f.) secondo vino.

vióla 1 (s. f.). ghironda, strumento che si suona girando una ruota. * In tempi più rec. anche viola (str. mus.).

vióla 2 (agg.). viola, violaceo (colore).

vìra (s. f.). giro, rotazione; giretto. # fè ‘na vìra = far quattro passi.

virabarchòn (s. m.). menarola, sorta di succhiello che si volge, non a riprese, ma in giri continuati, e così si buca più presto. La menarola è composta di un grosso manico di ferro, piegato in arco; una delle estremità di questo, la superiore, è girevolmente impegnata in una palla o mela di legno, da impugnarsi con una mano, o appoggiarsi contro il petto del succhiellante.

virè (v. tr.[dal franc. virer)). girare. # vòta e vìra = gira e rigira (espr. idiom.).

virulà (s. f.). giro, giravolta.

virulé (v. intr.). roteare.

virulón (s. m.). ruzzolone.

visavì-vizavì (avv.[dal franc. vis-à-vis]). dirimpetto.

vìssi (s. m.). vizio.

vìssura (s. f.). amarena, visciora, specie di ciliegia, acidetta.

vistì (v. tr. e intr.). vestire

viùlëtta-viùrëtta (s. f.). violetta (fiore).

viv (agg.). vivo.

vizéss (v. rifl.). ricordare.

vója (s. f.). voglia.

vóla (s. f.). trama. # vóla squèrta = trama scoperta, azione palese.

vòlta (s. f.). volta, soffitto. *Accr. vultón = androne.

vòta 1 (s. f.). volta. # i témp d’na vòta = i tempi andati.

vòta 2 (s. f.). giravolta. # dè ‘na vóta = fare un giro; dè ra vota = vacillare, non star bene in piedi; dè ra vóta au servél = impazzire.

votè – vutè (v. tr.). girare, voltare. # votè col gämbi ‘n sú = capovolgere.

votevìra (avv.). spesso, ad ogni pié sospinto.

vuiàter (pr. pers di 2° p. pl.). voi.

vujè (v. tr.). vuotare; versare.

vùl (s. m.). volo. * Trasl. caduta.

vùlp (s. f.). volpe.

vurèvulè (v. intr.). volare. * Attestato -come anche in it.- con una specie di acc. interno: vulè ra scàra = volar la scala.

vutè 1 (v. tr. e intr.). voltare.

vutè 2 (v. tr. e intr.). votare.

vùz (s. f.). voce.

Z

 

( )già # ét zà chi? = sei già quì?

zabó (s. m.[dal franc. jabot). merletto delle camicia.

zaccarià (agg.). sconsiderato, sciocco.

zacché (s. m. [dal franc. jaquette]). giacchetta, sorta di vestimento con maniche e con petti, ma senza falde. * Dim. zaclén.

zacchì (agg.). fiacco, indebolito. # stòmi zacchì = stomaco indebolito, forse pel troppo protratto digiuno.

zanàda (s. f.). gofferia.

zanzìva (s. f.). gengiva, tessuto rossigno carnoso che investe il callo dei denti.

zartiér (s. m.). laccetto elastico. Sono sorta di cintoli fatti di pelle addoppiata o d’altro con entro più fila parallele di saltaleone e servono con un solo giro, e mediante fermaglio metallico, a tener su le calze invece delle legaccie. Il saltaleone è un filo elastico di ottone ravvolto su di sè in piccoli e stretti giri spirali. Esso si pone anche alle due estremità delle stracche o bretelle per dar loro quel molleggiare che ne rende più comodo l’uso a chi se ne serve a tener su i calzoni.

zazüné (v. intr.). digiunare, astenersi da certi cibi e temperatamente cibarsi di altri permessi dalla Chiesa in certi giorni ed in certe ore.

zbagà (prob. p. pass. ora usato come agg.). socchiuso.

zbagnassè (v. tr. e intr.). spander molta acqua, bagnare abbondantemente.

zbanatè (v. intr.). dibattersi, scuotersi, agitarsi.

zbändèssi (v. rifl.). sbandarsi, sparpagliarsi.

zbänfè (v. intr.). sbuffare, ansimare, avere il fiatone.

zbarassè (sv. tr.). sbarazzare; ripulire.

zbardlè (v. tr.). spargere.

zbarlúsizbarlúzi (v. intr.). brillare, far luccichìo.

zbaruacè (v. tr.). sbrodolare. * Spesso usato nel rifl. sbaruacèssi = imbrodolarsi, lordarsi di roba liquida in più luoghi sulle vestimenta, specialmente nel mangiare e nel bere.

zbarú-uè (v. tr.). spaventare, far fuggire per la paura.

zbassè (v. tr.). abbassare. # sbassè i àri = essere più modesto, meno arrogante che in passato.

zbàti (v. tr.). sbattere. # sbàti j’óv = diguazzare le uova, è quel rimescolare la chiara e il tuorlo, dibattendoli con forchetta dentro un piatto o altro vaso; sbàti ji vestì = scamatare gli abiti, battendoli con uno scamato (bachètta) per farne uscir la polvere.

zbaucià (agg.). dissoluto.

zbénfi (agg.). dicesi di chi ha la faccia quasi gonfia e giallognola.

zbéri (s. m.). sbirro, chi fa o ritiene prigionieri gli uomini per ordine dei tribunali. * Anche in senso dispregiativo.

zbianchì (v. tr.). sbiancare. # sbianchì ra téira = curare la tela, imbianchire la tela greggia con frequenti lavature e con l’azione alternata della rugiada e del sole.

zbiàsssbiéz (s. m.). sghimbescio, sbieco..

zbìbbi (s. m.). zibibbo, uva passa bianca che ci viene di Levante e di Sicilia.

zbigè (v. intr.). franare, lo smuoversi della terra in pendio.

zbignèssrazvignèssra (v. intr.+ part. pron.). svignarsela.

zbirulà (agg.). scentrato, fuori dei birùli, cioè dei gangheri. * Fig.= eccentrico, strano, sbulinato.

zboccà-sbucà (agg.). sboccato, soverchiamente libero nel parlare.

zborgnì (v. tr.). accecare, render cieco.

zbòss (s. m.). abbozzo.

zbréns (s. m. [dal franc. branche]). ramo.

zbrànséssi (v. rifl.). sbracciarsi, vale rimboccarsi le maniche della camicia. cioè arrovesciarsele e ravvolgerle sù, che rimanga nudo il braccio o parte di esso.

zbréns (s. m.). schizzo.

zbrensón (agg.) generalmente è rivolto a persona affatto ordinata, lercione; indica anche donna che si concede facilmente: zbrénssa.

zbrenssaró (s. m.). innaffiatoio, vaso di latta, o di rame, il quale per forellini spande acqua a modo di minuta pioggia, sì che non faccia né stroscia né guazzo. Sonne di due maniere: uno è di forma conica con inferior beccuccio diritto, o inchinato, e adoprasi unicamente ad innaffiare i pavimenti delle stanze: l’altro è a foggia di vaso o secchio, non dissimile a quello che, più grande, serve ad innaffiamento di piccole piante nei vasi o nelle ajuole.

zbrenssè (v. tr.). innaffiare, parlandosi di pavimento, vale spruzzolarlo con acqua perchè non faccia polvere nello spazzarlo. Ciò fassi con l’annaffiatoio.

zbrìva (s. f.). slancio, aìre. # piè la sbrìva = prender la rincorsa.

zbróz (agg.). ruvido.

zbruffé 1 (v. intr.). sbruffare, lo spruzzare con la bocca e colle nari di certi grossi quadrupedi.

zbruffè 2 (v. intr.). sdruscirsi, così dicesi lo sfilacciarsi di stoffa nella cucitura per propèria debolezza o per quella del filo con cui fu cucita.

zbruchè (v. tr.). schiodare.

zbrujè (v. tr.). sbrigare, strigare. * ravviare i capelli è il distenderli con pettine rado. * Rifl. sbrujèss = sbrigarsi.

zbrú-ua > sbrìva.

zbuchè (v. tr.). sboccare. # sbuchè ‘l butiglión = sboccare il bottiglione, far cioè saltar via l’olio con cui si è lubrificato il tappo, e che nel tempo si è sedimentato al colmo del collo, sul vino.

zbùj (s. m. usatissimo anche il pegg. sbujàss). caldana, spavento.

zbùji (v. intr.). fermentare. * Il rifl. sbujìss (v. rifl.). spaventarsi . # am son sbujìa = mi son spaventata.

zbujentè (v. tr.). scottare, sbollentare, immergere nell’acqua bollente, o versarla addosso.

zbùra (s. f.). sperma.

zburè ( v. tr.) [‘r piänti]. sfrondare gli alberi, strisciarne i rami per far cadere le foglie.

zdè (v. intr.). dar giù, restringersi, e dicesi di cosa che erasi gonfiata, e che incomincia a rimettersi nel pristino stato.

zdencià (agg.). sdentato, chi non ha o ha perduto i denti.

zdernà (p. pass usato come agg.). direnato, guasto nelle reni. * Fig. persona malportante, che fatica a stare in piedi, o per la stanchezza o per le botte ricevute.

zdernè (v. tr.). sderenare.

zdernéira (s.f.) colpo della strega

zdrulà (s. m.).bugnato, tipo particolare di intonaco. Si effettua con una macchinetta che schizza l’intonaco sul muro da ricoprire. * Fig., e come agg., vale quanto sdernà.

zëbia (s. m.). giovedì. # la zmón-na di tréi zëbia = mai (prov.).

zëca (s. f.). zecca, insetto.

zëch (s. m.). buffetto, colpo dato con un dito facendolo scoccare da un altro dito.

zémbu (s. m. anche agg.). effetto sghembo, che si dà a un corpo -soprattutto ad una palla, nei giochi sportivi- per imprimerle l’effetto appunto.

zèni (s. m.). genero, marito della figlia.

zénna (s. f.). vibice, lesione cutanea a strisce violacee cagionata da frustate.

zér (s. m.). gelo, eccesso di freddo.

zèrb (agg.). acerbo. * Per estens. acido (anche Fig.).

zèrgh (s. m.). gergo, sorta di parlar oscuro che solo s’intende da coloro che l’inventarono.

zërda (s.f.) freddo, gelo.

zést (s. m.). scorza di arancia o di limone candita.

zgagèss (v. rifl.). sbrigarsi. # sgag-gti, ch’el vèn nócc = sbrigati, che vien tardi.

zgajentè > sbujentè

zgajùza (s. f.). gran fame.

zgalógg (agg.). losco, affetto da strabismo, vizio degli occhi, nel quale lo sguardo dell’uno non è nella stessa direzione dell’altro.

zgangherà (agg.) traballante, sgangherato

zgarablén (s. m.). sgabello.

zgarabuldén (s. m.). grimaldello, strumento di ferro, ritorto dall’un dei capi, per aprire senza chiavi.

sgaravlón (s. m.). calabrone, insetto simile alla vespa ma alquanto più grosso, che vola e ronza.

zgarè (v. tr.). sciupare, spracare.

sgarì (v. intr.). strillare, piangere fortemente.

zgarìvula (s. f.). melolonta, mosca dorata, insetto che si pasce dei bottoncini delle piante.

zgarslén (s. m.). cardelino, uccelletto canoro. * Fig. forosetta.

zgarvàssa (s. f.). screpolatura, crepaccio.

zgarzìvula (s. f.). fanciulla frizzante, allegra, piena di verve.

zgarzó (s. m.). viticcio, riccio del tralcio della vite che inanellando s’avvoltiglia intorno al sostegno.

zgatè (v. intr.). rovistare.

zgavgnè (v. tr.). ravviare, districare. # nént savéi cmé zgarvgnèla = non saper come trovare il bandolo.

zghénfi (s. m.). schifo, ribrezzo. # fè sghénfi = metter schifo.

zghiaróra (s. f.). sdrucciolo, sentiero di ghiaccio per sdrucciolarvi sopra. * Anche il gioco che vi fanno, soprattutto i ragazzi. *”La zghiaróra“- il nome che si è dato un affiatato gruppo dialettale alessandrino.

zghiè (v. intr.). scivolare.

zghignuflè (v. intr.). ghignare, ridere leggermente per ischerno o sdegno.

z’giàff (s. m.). schiaffo, colpo dato sul viso colla mano aperta. * Accr. z’giafón o z-giaflutón.

z’giàj (s. m.). schifo, ribrezzo, ripugnanza.

z’giafflè (v. tr.). schiaffeggiare.

z’gichè (v. tr.). degermogliare, togliere i germogli di troppo in una pianta, perchè i restanti rami crescano più robusti.

 

zgnachè (v. tr.). schiacciare.

zgnüfè (v.intr.) smoccolare.

zgónd (agg. num. ord.). secondo. * Il femm. zgónda = placenta, che seconda al momento del parto.

zgónfi (agg.). gonfio.

zgrafignèzgrafnè (v. tr.). graffiare, guastar la pelle colle unghie, il che fa specialmente il gatto. * Fig. rubare con destrezza (come il gatto).

zgrämbuli (s. f.pl.). trampoli, due lunghi bastoni nel mezzo de’ quali è confitto un legnetto su cui posa il piede di chi vuol servirsene per passare acque o stagni senza bagnarsi o infangarsi. * Fig. gambe di spilungone.

zgrapè (v. tr. e intr.). scavare con le unghie, soprattutto di animali.

zgrója (s. f.). guscio, scorza legnosa, dura, non liscia, formata da due valve, o coppette mezzo tonde, od ovali, combaciantesi più o men fortemente e contenenti il gheriglio della noce. * Ma anche guscio dell’uovo.

zgruginè (v. tr.). slacciare.

zgrugnón (s. m.). pugno dato piuttosto colle nocche delle dita riunite che colla parte carnosa della mano, sottostante al dito mignolo.

zgrupì (v. tr.). slegare, disfare i nodi

Dialët Lissandrén

Premessa

Cent’anni dopo il canonico Giuseppe Prelli…

 

Questo saggio non avrebbe mai visto la luce se al mio lavoro non si fosse aggiunto il determinante contributo del validissimo e rimpianto prof.

Luciano Bevilacqua,

improvvisamente scomparso nel 1998, al quale è doverosamente dedicato questo “saggio di un vocabolario alessandrino”.

L’intenzione, spero gradita, vorrebbe essere quella di aggiornare quello compilato a cura del canonico mons. Giuseppe Prelli, nato in Alessandria il 4 giugno 1822 il quale, nel 1879, fu anche il primo direttore del giornale cattolico diocesano “Verità e Fede” (oggi “Voce Alessandrina”).

 

Era intenzione del Prelli compilare un dizionario vero e proprio ma, come lui stesso lasciò scritto, l’età avanzata lo convinse ad abbandonare l’idea ed a dedicarsi, più realisticamente, alla compilazione di un saggio del nostro dialetto che fu stampato appunto nel 1902. Dunque esattamente 100 anni ci separano da quella sua prima pubblicazione.

L’intento del prof. Bevilacqua e mio non fu mai quello di compilare un dizionario vero e proprio per una tutta una serie di motivi che si scontravano sempre con quello più determinante che, manco a dirlo, era invariabilmente di carattere economico.

Fu così, che decidemmo di limitarci ad aggiornare, nel modo più diligente possibile, il saggio del Prelli. Infatti, molti dei termini tradotti sul primo saggio non potevano più essere utilizzati, per il semplice motivo che quegli oggetti, o attrezzi, di uso comune nel 1902 sono completamente spariti dalla nostra vita quotidiana, sostituiti da altri che, soprattutto negli ultimi cinquant’anni, hanno completamente cambiato la nostra vita.

Pertanto abbiamo ritenuto di mantenere intatti i vocaboli riportati dal Prelli, eventualmente aggiornandoli, qualora si fosse reso necessario, aggiungendo quelli che, nei cento anni intercorsi dalla prima pubblicazione, hanno in parte, se non modificato, certamente aggiornato il nostro dialetto.

Un altro chiarimento che decidemmo di dare fu quello di ignorare la specificazione che il Prelli poneva nella sua prefazione, ossia la differenza di pronuncia fra il rione Orti, il centro città, ed il rione Cristo per il semplice motivo che la trasmigrazione verificatesi all’interno della città nell’arco di cento anni, ha trasformato sensibilmente le caratteristiche che permettevano di distinguere se Tizio proveniva da questa o quella parte di Alessandria, pertanto, il lettore troverà abbastanza frequentemente, due o più vocaboli simili, ebbene, sono il frutto dell’indecisione che spesso ci assaliva quando ci si poneva il quesito se fosse stato più giusto il vocabolo X o quello J. Nell’indecisione li abbiamo messi entrambi, perchè effettivamente sono entrambi originari di Alessandria, sebbene provengano, originariamente, da quartieri o rioni diversi.

Un’aggiunta, che intendo proporre quanto prima e che ritengo importante, è quella dell’elenco dei vocaboli per così dire “transitati” dall’italiano al dialetto perchè rende più facilmente reperibili quei lemmi dei quali non si conosce nulla. Non intendo far concorrenza allo Zingarelli, più semplicemente, sarà la semplice indicazione del lemma corrispondente al termine dialettale che si intende ricercare.

Ad esempio volendo cercare il corrispondente dialettale del sostantivo “gonna” si troverà “fóuda” cercando il quale sul saggio sarà possibile sapere che:

fóuda (s. f.). gonna, sottana, quella parte del vestito femminile che è cucita alla vita o tutta d’un pezzo con essa e che, dalla cintura in giù, strigne, senza stringere, tutta la persona. Sottana dicesi pure la veste lunga o talare dei preti.

Piero Archenti

U ‘s fa per dì – Detti e modi di dire

a t’éi spëss ‘mé ‘l castagnass – insopportabile, pesante

ad lengua u n’à j’à tontainconcludente

adès, t’at grati andò ch’u‘t zmóngiaarrangiati ( grattati dove ti prude)

al caga d’an pé per nént quacèssavaro

al fà zgrupì i causëttsciocco

al fà u tirafrucc an piasa Goitocarceriere

tirè ui tira u trónpelandrone

al mòngia nént per nént caghèavaro

al mòrd ant in fèr da scièuno che si attacca a tutto ( fèr da sciè= falce)

l’òn tracc là cmé ‘na pèl ‘d fìc fatto e servito (usato e sfruttato)

la sméja na scua vestijamagrissima (una scopa vestita)

la sméja la regen-na Taitù ingioiellata

m’òn dìcc ch’us fà pusè ‘l carët pare che sia omosessuale

mascarón da pompatroppo e malamente imbellettata

mòndij a ciapè di ràt mandali via… a spigolare

Bestemmiè chmé ‘n catalanbestemmiare come un catalano

Curi chmé ‘n lacchécorrere come un lacché

Andè chmé ‘r ventér correre come il vento

Girè chmé ‘n véndu girare come il fuso di un arcolaio

Béivi chmé na spönga bere come una spugna

Criè chmé ‘n strassè gridare come uno straccivendolo

Piansi chmé na vìpiangere come una vite (potata)

Réji chmé ‘n mat ridere come un matto

Söutè chmé ‘n grilsaltare come un grillo

Mangè chmé ‘n luvmangiare come un lupo

Trottè chmé ‘n asu trottare come un asino

Mòrdi chmé ‘n can mordere come un cane

Rissèss chmé na bissaarrotolarsi come un serpente

Fümé chmé ‘n türch fumare come un turco

Dromi chmé ‘n ghirodormire come un ghiro

Cantè chmé ‘n gallëtt cantare come un galletto

Süflè chmé ‘n merlofischiare come un merlo

Parlè chmé ‘n libi stampà parlare come un libro stampato

Slinguè chmé ra giassa au sù sciogliere come la neve al sole

Andè zü chmé l’öri andar giù liscio come l’olio

Tajè chmé ‘ razùtagliare come un rasoio

Pönsi chmé na spen-napungere come una spina

Lüsi chmé ‘n spéggluccicare come uno specchio 

Nomi di Battesimo                                                                                                                                       Aluis – Luigi; femm. Aluisa, Luigia (oppurei: Uisén masch. Uisina, femm.)

 

Baciccia – Battista

Bastian – Bastiano

Bèrtu – Roberto

Càrlén / Carlìnén – Carlo

Cichén – Francesco; Cichina, Francesca

Facén – Bonifacio

Fredo – Alfredo

Geniu – Eugenio

Gigén femm. – Teresa

Giuanén – Giovanni

Gnassi – Ignazio

Güstén/Güstu – Agostino; Güsténna – Agostina;

Jacu – Giacomo.

Lissandrén – Alessandro (oppure: Sandrén )

Lussién – Lucia (ooppure: Lüsséia)

Marién – Maria

Marianén – Marianna

Martrén – Marta

Mica, Michina – Domenica

Mini – Domenico (oppure: Menico)

Nastazéia – Anastasia

Nina – Giovannina

Ninén – Caterina o Maddalena

Pidrén – Pietro o Piero

Pipén, Pipina – Giuseppe, Giuseppina.

Pulugnén – Apollonia

Ricu – Richeta – Enrico/a

Rusina – Maria Rosa

Sizrén – Cesarino

Stivén – Stevu –  Stefano, Stefanino

Tufén – Cristoforo

Tuignén – Antonio; Tunjina, Antonia.

Tumalén o Tumé – Bartolomeo

Vissentén – Vincenzino o Vincenzo (o: Censo masch. – Censina femm.)

Zablén / Zablìna – Isabella

Zòrs – Giorgio

Tildén o Tildón – Matilde

Tòju – Vittorio

Talén – Italo

Soprannomi

Proponiamo, per il momento, una serie di soprannomi “classici” ad Alessandria. Alcuni di loro derivano dalla professione dell’interessato, da qualche suo “difetto” o qualche passione momentanea per una squadra, una canzone o altro, scherzosamente immortalata dagli amici. Quasi nessuno, in passato – parliamo, naturalmente, del “popolo” perchè per i signori era tutt’altra musica… veniva conosciuto con il proprio nome. Era il soprannome a caratterizzare una persona, spesso, non solo per tutta la vita, ma anche per quel che riguarda i discendenti. Ci proponiamo di andare più a fondo in questo senso raccogliendo – e proponendovi – storie di “personaggi” che, attraverso il soprannome che li ha distinti, ci racconteranno qualche spigolatura del passato di Alessandria.

U Gnëc

U Geo

Nano

Cinghialén

Segantini

L’uslón

Pantera

Marconi

El Ghinaio

U Risulón

El Franséiz

Il Gazzellaccio

Udón

U Ragiunié

I Tutón

Lurensén

Pidrén

Caplón

i Venerônda

Raldo

i Saradira

Pinu Valmàca

Carvè

El Cavurnón

Biasón

Masacavà

Scaridà

Cióndra

Toju

Tinchëta

Savatinén

U Sartùr

Timba

U Nisóla

La Dada

El Bagat

U Ciciu

U Ragiunié

Fidàs

Butén

Rundón

Piulén

El Principe

Pulòmo

Shéridan

Martusél

Jmpanis

Stalón

U Sergént

Censo

Mucio

U Joe

Tarzan

Irriunén

Caribu

Bèlòm

Gatén

Carlén

U Sceriffo

Carlòn

U Gnëc

El Butjè

Spigoletti

Ziba

Rùge

Gazzellaccio

Marconi

Pantera

El Prèvi

L’Uslón

Risulón

Chattanugaciuciu

Gilli

Bucia

Mantlén

Lauretta

Nanët

Udón

L’Umón

El Méister

Pajolo

Marlicén

El Franséis

Cinghialén

Giulianelli

U Dutùr

Talén la butigliëta

Miglietto

Augh

El Brasilión

Lazzaro

Bomba

Segantini

Segovia

Vegezzi

Nano

Bongo

Garibaldi

U Sganùciu

U Strasé

l’Arbitro

U Tapisè

Biondo

Marlicén

Checco da Jesi