Cittadella di Alessandria – il secondo dopoguerra

IL SECONDO DOPOGUERRA
Il maresciallo Giannotti, in servizio dal 1958 al 1962, assegnato al 52° Artiglieria Pesante, racconta la vita e le difficoltà in quel tempo. Era il periodo della GUERRA FREDDA, i reparti erano ben strutturati; fino al 1962 c’erano tutti i 4 gruppi che formavano il Reggimento, poi il 2° e il 3° gruppo furono trasferiti a Brescia: Il 1° e il 4° rimasero in Cittadella. In ogni caserma vivevano 250-300 uomini, completamente autonomi, ad esclusione di cucine e refettorio. La Cittadella era in condizioni pietose e dovette essere restaurata per abitarci e il Genio Militare aveva proprio questo compito. C’era tanta vernice rossa, quindi tutto fu pitturato di rosso e le tracce si notano ancora oggi. Non si guardavano le belle Arti, a uomini che avevano vissuto gli orrori della guerra non si poteva parlare di arte e poi non era questa la priorità. Gradatamente di modernizzò tutto: si portò l’acqua potabile dove serviva e nei bagni, ogni caserma aveva i bagni alla turca per 400 persone con apertura sotto la porta per controllare ed erano puliti regolarmente; si portò l’illuminazione nelle strade. Era vita di caserma, con addestramento post-bellico molto attivo, i reparti erano pronti a partire verso la Jugoslavia di Tito. I soldati volontari provenivano da tutta Italia, erano figli della guerra, analfabeti, violenti, con difficoltà di comprensione della lingua; i soldati di leva sapevano convivere. La convivenza era tenuta da una disciplina ferrea e le prigioni erano piene di soldati che dormivano su tavolacci di legno con una coperta.
Il Sottotenente Dompè Gianlorenzo, vice comandante del Reggimento Artiglieria nel 1964, ricorda il ponte dormiente non asfaltato ma acciottolato, come quasi tutte le strade, le due garitte invece degli scalini, gli ingranaggi del ponte levatoio e le catene ancora originali, anche se inutilizzati; non c’era la discesa sotto la porta: avrebbe costituito una stonatura perché le autorità di passaggio avrebbero dovuto guardare in alto per vedere la guardia schierata (la ristrutturazione risale alla fine degli anni ’70, n.d.r.).

Il Generale Davite Mario fu l’ultimo comandante del 4° gruppo del 52° Reggimento dell’Artiglieria Pesante, dal settembre 1968 fino al settembre 1969, quando la Cittadella fu trasformata in Commissariato. Il Generale ricorda che i militari di leva arrivavano spaventati perché la credevano una caserma inospitale, dove si applicava una disciplina molto rigida. In poco tempo si ricredevano e non volevano essere trasferiti. Forse era il clima umano che si instaurava, si stava bene, non mancava nulla. Ad esempio, le esercitazioni erano necessarie anche durante le nevicate, gli ufficiali escogitarono un sistema piacevole: sfide a palle di neve o gare a chi riusciva a fare la palla/valanga più grossa. Le squadre iniziavano da una pallina e la facevano rotolare fino a diventare alta anche 2 o 3 metri: le piazze e le strade rimanevano sgombre, i ragazzi si divertivano e svolgevano attività fisiche.

Tra 1977 e 1l 1988, il colonnello Genio, disubbidendo agli ordini ricevuti, non abbattè i forni ma li restaurò. Al primo piano, ricuperò spazi per l’ufficio del Comandante, per il circolo Ufficiali e per gli uffici; spese solo per l’acquisto di parte dei materiali, (molti regalati), senza alcun costo per la manodopera. Il lampadario grande, in ferro battuto, fu copiato da un dipinto del 1700 e forgiato per pochi soldi da un fabbro di Asti, padre di un soldato. La chiesetta del Beato Amedeo era tutta intonacata, così, lentamente, i soldati ripulirono gli stucchi e gli angioletti. Anche la Porta Reale fu ripulita, sabbiata, eliminando tanti strati di calce.

Tomaghelli Giampietro ricorda l’impatto positivo con La Cittadella e gli Ufficiali, negli anni 1980/81 e ne è ancora affascinato. Visitando la fortezza entrò nell’officina meccanica, la definì un vero gioiello del tipo “inizio 900”. Ne ricevette le chiavi e si offrì di realizzare 4 finestre in ferro del magazzino, sfruttando la sua competenza di operaio metalmeccanico. Un commilitone lo aiutò e insieme riuscirono a fissarle in loco e addirittura installare i vetri, scaldando il mastice con le candele. La soddisfazione è venire in Cittadella e vedere ancora le sue finestre.
Sacchi Mario conobbe la Cittadella, pur essendo dipendente civile presso la Caserma “Artale” perché andava spesso con i camion a caricare le casse contenenti circa 5000 fucili della Prima Guerra Mondiale, ormai demilitarizzati, cioè dismessi dall’Esercito. In sede venivano registrati per matricola e poi tagliati, il ferro rottamato e il legno bruciato. Ciò avveniva tra il 1973 e 1975.

Pics by Roman Robroek

L'immagine può contenere: spazio all'aperto

L'immagine può contenere: pianta, albero, cielo, erba, spazio all'aperto e natura

L'immagine può contenere: cielo e spazio all'aperto

L'immagine può contenere: cielo, ponte, spazio all'aperto e natura

L'immagine può contenere: cielo, albero, erba, pianta, spazio all'aperto e natura