La battaglia di Marengo fu combattuta il 14 giugno 1800 nel corso della seconda campagna d’Italia, durante la guerra della seconda coalizione, tra le truppe francesi dell’Armata di riserva, guidate dal Primo console Napoleone Bonaparte e l’esercito austriaco comandato dal generale Michael von Melas.
La seconda campagna d’Italia era ormai iniziata e le truppe dell’allora Primo console Napoleone Bonaparte sembravano inarrestabili. Lo sarebbero state anche quel giorno quando nella giornata di sabato di 216 anni fa, nel corso della seconda campagna d’Italia, avrebbero sfidato l’esercito austriaco comandato dal generale Michael von Melas. Una battaglia epica, ricordata da tutti come la Battaglia di Marengo. Uno scontro epico che servì anche a far crescere il mito di Napoleone sempre più visto come generale invincibile. Ecco la storia dello scontro:
La battaglia fu combattuta a est del fiume Bormida nei pressi dell’attuale Spinetta Marengo, nel territorio della Fraschetta. Lo scontro iniziò il primo mattino con l’attacco a sorpresa degli austriaci che mise in grave difficoltà Bonaparte; le truppe francesi dopo una strenua resistenza sembrarono condannate alla disfatta; quando la sconfitta appariva inevitabile l’arrivo nel pomeriggio dei reparti di rinforzo guidati dal generale Louis Desaix permise a Bonaparte di contrattaccare e sbaragliare il nemico.
Alla fine della giornata il Primo console aveva concluso la battaglia con una grande vittoria e l’esercito austriaco era in rotta a ovest della Bormida; il giorno seguente il generale von Melas chiese un armistizio. Nella fase culminante della battaglia il generale Desaix era stato mortalmente ferito.
La battaglia divenne subito uno degli eventi più importanti della leggenda napoleonica ed ebbe un’influenza decisiva dal punto di vista militare, ripristinando il predominio francese in Italia, e dal punto di vista politico, consolidando definitivamente il prestigio e il potere del Primo console Bonaparte in Francia.
SECONDA CAMPAGNA D’ITALIA
Dopo l’assunzione del potere in Francia con il colpo di Stato del 18 brumaio il generale Napoleone Bonaparte, prestigioso condottiero vittorioso in Italia e protagonista della campagna d’Egitto, aveva rapidamente riorganizzato e rafforzato la struttura politica e amministrativa della Repubblica in attesa di riprendere la guerra contro le potenze della seconda coalizione ancora in campo.
A causa della decisione dello zar Paolo I di richiamare i suoi eserciti dopo la disfatta di Zurigo e abbandonare di fatto la coalizione, sul continente l’Impero austriaco era rimasto solo a fronteggiare le armate francesi che dopo le sconfitte dell’estate 1799 avevano ripiegato in Liguria e dietro il Reno. Prima della ripresa delle ostilità si sviluppò una fase di negoziati conclusasi con un fallimento. Bonaparte sembrò disposto a trattare ma in realtà non era intenzionato a rinunciare al Regno d’Olanda, alla Svizzera e al Piemonte. Il Primo console intendeva mantenere il predominio francese nei Paesi Bassi e in Svizzera, e soprattutto riteneva fondamentale riprendere il predominio sull’Italia, sua prima conquista, mentre il cancelliere austriaco Johann von Thugut al contrario contava di consolidare il predominio raggiunto nella penisola, togliere Nizza e Savoia alla Francia per assegnarli al re di Sardegna, reinsediare i re di antico regime. In Gran Bretagna, il primo ministro William Pitt espresse apertamente l’intenzione britannica di restaurare la monarchia in Francia e mostrò totale sfiducia in Bonaparte.
L’armata di riserva dell’esercito francese forte di circa 30.000 uomini, valicò nel maggio il passo del Gran San Bernardo ed entrò in Italia. Napoleone puntò su Milano, allo scopo prima di tagliare la via della ritirata al generale austriaco Melas, impegnato ad assediare con l’aiuto della flotta inglese, Genova, in mano ai francesi del generale Masséna. La conquista di Milano permise a Napoleone di rifocillare le sue truppe attingendo agli enormi depositi di viveri e munizioni abbandonati in Lombardia dagli austriaci e poi anche per i vantaggi politici che l’entrata in Milano gli avrebbe garantito.
Un primo scontro ebbe luogo a Montebello, in data 9 giugno 1800, precisamente fra le città di Montebello, Casteggio e le colline circostanti e fu vinto anche se con numerose perdite umane dai francesi, che costrinsero gli austriaci ad asserragliarsi in Alessandria.
LA BATTAGLIA
GLI INIZI
Alle otto in punto di sabato 14 giugno 1800 le truppe austriache uscirono su tre colonne dalla città di Alessandria attaccando di sorpresa le truppe francesi del generale Gardanne che avevano trascorso la notte nell’abitato di Marengo nella zona della Cascina Pederbona. Non piove più ma le eccezionali precipitazioni che si son susseguite nei giorni precedenti hanno trasformato la pianura piemontese in un vero e proprio acquitrino con problemi di trasporto di fanteria, cavalleria e artiglieria di ambo gli schieramenti. Gli austriaci attraversata la testa di ponte sulla Bormida attaccarono le truppe francesi attestate al di là del fiume. Si trattava però solo di una piccola parte dell’esercito francese in quanto, quella stessa mattina, Napoleone aveva ordinato ad una parte delle forze in campo di dirigersi a nord ed a sud, temendo un tentativo austriaco di aggiramento.
Il consiglio di guerra francese aveva deciso che era fondamentale conquistare la frazione di Marengo poiché essa era la zona di intreccio di più strade che portavano direttamente alla testa di ponte austriaca posizionata ai limiti della città di Alessandria, oltre il fiume Bormida. I generali francesi decisero che tre divisioni di fanteria avrebbero partecipato all’azione principale, sostenuti dai cavalleggeri di Duvigneau in appoggio. Ora il piano era che Chamberlhac e Waltrin muovano le loro truppe verso sud a Spinetta e che Gardanne attacchi più a nord conquistando la frazione Marengo. I primi veri scontri cominciarono soltanto a metà mattinata, quando gli austriaci della fanteria leggera e della cavalleria del conte O’Reilly, comandante della retroguardia austriaca, usciti dalla città di Alessandria, sostenuti sul fianco sinistro dai 600 cavalieri del generale Kellerman si scontrarono sia con i francesi del generale Victor sul fossato del Fontanone, che era un grosso e profondo canale di irrigazione largo circa quattro metri, che con le avanguardie francesi del generale Gardanne posizionate già dalla notte alla Cascina Pederbona.
L’avanguardia francese, comandata dal generale Gardanne, disponeva di circa 3.000 uomini composti dalle brigate 101 sulla sinistra e la 44 sulla destra della Cascina Pederbona che certo non avrebbero potuto fermare l’avanzata austriaca da soli. Gli ordini erano di tenere la Cascina Pederbona più a lungo possibile per rallentare gli austriaci e poi ripiegare su Marengo dove nel frattempo una divisione di Dampierre era già in arrivo da sud, dalla Cascina Stortigliona, a poco meno di un chilometro di distanza, per posizionarsi a Marengo assieme alla divisione Chamberlhac posizionata in attesa del nemico austriaco ai bordi del canale del Fontanone a Marengo.
La battaglia si fece presto confusa, ma gli sforzi degli austriaci di O’Reilly, coadiuvato da Kaim e Haddik, non ottenevano il risultato sperato anche per via del terreno paludoso poiché il giorno prima aveva piovuto parecchio per quasi tutto il giorno e per il fatto che i suoi soldati erano stanchi a causa delle azioni di guerriglia svolte nei giorni precedenti fuggendo da Piacenza rincorsi dalle truppe francesi di Gioacchino Murat che non dava loro tregua e anche dalla forzata ritirata da Montebello. Napoleone da Torre Garofoli considerava la battaglia un diversivo nemico ed in soccorso di Victor giunse solo il generale Jean Lannes che, di propria iniziativa, mosse le truppe del generale Watrin e la cavalleria di Champeaux. Nel frattempo i generali austriaci Ott ed Elsnitz, superata la testa di ponte, puntarono ad aggirare il fianco nord di Lannes dirigendosi verso Castelceriolo. Resosi conto di aver di fronte l’intero esercito austriaco, Napoleone richiamò le truppe più distanti ma il messaggio raggiunse soltanto la divisione di fanteria del generale Boudet in quanto le altre forze si trovavano a ore di distanza dal luogo degli scontri.
Attraverso una serie di attacchi successivi gli austriaci cominciarono ad avanzare costringendo i francesi a ritirarsi verso San Giuliano Vecchio. Per proteggere la ritirata si dovette fare ricorso alla stessa Guardia Consolare, che nello sforzo di copertura subì ingenti perdite. Grazie al suo intervento il generale Victor riuscì a ripiegare verso Castelceriolo intorno alle 15. Ormai sembrava che per i francesi tutto fosse perduto e lo stesso anziano generale austriaco von Melas, ormai convinto di aver vinto, inviò a Vienna un dispaccio con la notizia della vittoria.
Nel frattempo il generale Desaix, che ricevette in ritardo la richiesta di intervento da parte di Napoleone (la leggenda dice che si mosse indirizzandosi nella direzione in cui sentiva i colpi di cannone), riuscì ad intervenire sorprendendo le ormai stanche truppe austriache con le sue truppe fresche. Il ritorno di Desaix coincise con un rinnovato vigore dei francesi che investirono con i pochi pezzi di artiglieria di cui disponevano e con la cavalleria le truppe austriache scompigliandole. Nel giro di breve tempo, le sorti della battaglia furono completamente rovesciate, anche grazie un successivo e decisivo intervento della cavalleria di Kellerman, e quella che sembrava una vittoria già conseguita si tramutò per gli austriaci in una disastrosa rotta verso la vicinissima Alessandria.
Il generale Desaix, principale artefice della vittoria francese, non poté godere dei suoi meriti, in quanto perì nello scontro. La morte giunse a causa di un colpo di moschetto al cuore. Napoleone dispose l’imbalsamazione del corpo di Desaix e durante l’estrazione del cuore venne notato che esso era gravemente lesionato da una pallottola penetrata dalla schiena, probabilmente Desaix fu colpito mentre girandosi incitava i suoi soldati alla battaglia. Napoleone decise di tumulare la salma del suo apprezzato generale al passo del Gran San Bernardo, un luogo che pensò degno di rappresentare per sempre la grandezza di Desaix scomparso prematuramente a Marengo. A tutt’oggi è possibile infatti visitare la tomba del grande generale Desaix, che è stata costruita appunto nel 1806 presso la Chiesa del Passo del Gran San Bernardo.
CONSEGUENZE
Con la battaglia di Marengo i francesi tornarono padroni di gran parte dell’Italia settentrionale, ottenendo un armistizio di sei mesi. L’indomani della battaglia infatti, il generale francese Berthier incontrò il generale austriaco von Melas per accordarsi sulle condizioni piuttosto pesanti della resa austriaca. Di conseguenza viene deciso che gli austriaci perdano gran parte dei territori del nord Italia e che si ritirino oltre il fiume Mincio attestandosi fra Mantova e Peschiera del Garda, conservando solo il controllo della Toscana, delle città di Ferrara e di Ancona. L’esercito napoleonico invece, è libero in base all’accordo, di conquistare la Lombardia, il Piemonte e la Liguria nonché tutte le piazzeforti austriache presenti in queste regioni fra cui: Torino, Alessandria, Milano, Pizzighettone, Piacenza, Cuneo, Vercelli, Arona e Genova. Alle truppe austriache vengono concessi gli onori delle armi e dieci giorni per lasciare il campo.
L’accordo prevede altresì che tutti i magazzini di viveri e vestiario vengano consegnati ai francesi, e che tutta l’artiglieria venga anch’essa consegnata interamente ai francesi (moschetti e cannoni), fatta eccezione per i pezzi di fabbricazione austriaca che rimangono ai legittimi proprietari. Per finire viene ordinato agli austriaci di liberare tutti i prigionieri politici in loro possesso. Successivamente a questi eventi, con la vittoria di Moreau a Hohenlinden (13 dicembre 1800), i francesi invasero definitivamente la Lombardia e il Veneto e imposero agli austriaci l’armistizio di Treviso (15 gennaio 1801) e il Trattato di Lunéville (9 febbraio 1801).
CONSIDERAZIONI
« Bene, che ne pensi? (Bonaparte)…Questa è una battaglia completamente perduta, ma sono soltanto le due e vi è il tempo per vincerne un’altra (Desaix) »
(Colloquio tra Bonaparte e Desaix dopo l’arrivo di quest’ultimo sul campo di battaglia)
La battaglia di Marengo come disse più volte lo stesso Napoleone fu una battaglia fortunata per i francesi. La sconfitta austriaca, quasi imprevedibile dopo la sorpresa tattica e le prime fasi vittoriose, dipese soprattutto da una serie di circostanze negative accentuate da alcuni errori del comando austriaco. Inoltre le avverse condizioni ambientali non permisero agli austriaci di sfruttare al meglio la loro superiorità in cavalleria e artiglieria.
Il generale von Melas, forte della sua superiorità tecnica e numerica, decise di attaccare di sorpresa i francesi a Marengo anche per via dello smacco subito pochi giorni prima, il 9 giugno 1800 nella battaglia di Montebello e Casteggio per farla finita così una volta per tutte con i francesi. Infatti, il 9 giugno 1800 durante la battaglia di Montebello, i francesi costrinsero alla fuga dopo aspri scontri casa per casa da Montebello della Battaglia e Casteggio gli austriaci. Nella battaglia I francesi persero circa 500 uomini mentre gli austriaci pagarono cara la battaglia di Montebello della Battaglia e Casteggio con circa 2000 morti: anche per questo motivo il comando austriaco decise un’azione improvvisa a Marengo il 14 giugno 1800.
Nei giorni precedenti la battaglia, infatti, vi furono una serie di violenti rovesci di pioggia piuttosto insoliti per la stagione che impedirono ad entrambi gli schieramenti di sfruttare l’artiglieria e la cavalleria che erano proprio il punto forte degli austriaci che così non poterono far valere la loro superiorità militare. Oltre a ciò il famigerato fossato del Fontanone impedì sia agli austriaci che ai francesi di affrontarsi secondo le regole della guerra classica dell’epoca, rallentando ancor più l’azione austriaca cosa che portò col passare delle ore ad essere un enorme vantaggio per i francesi. Secondo la maggior parte dei resoconti dell’epoca poi, Napoleone Bonaparte non si aspettava certo un attacco il 14 giugno viste le condizioni proibitive del campo di battaglia e anche il fatto che pochi giorni prima, il 9 giugno, si era combattuto casa per casa durante la dura e logorante per entrambi gli schieramenti battaglia di Montebello che aveva causato ad austriaci e francesi numerose perdite umane.
Anche per questo motivo le truppe francesi erano disperse senza temere nessun attacco nemico in attesa di ulteriori ordini sulla vasta pianura piemontese e avrebbero potuto essere facilmente soverchiate dalla potenza e perfetta organizzazione di un attacco a sorpresa austriaco, come fu, ma che non sorti’ l’effetto desiderato anzi divenne un vantaggio dei francesi. Il generale austriaco von Melas invece, valutò male il momento dell’attacco in quanto il terreno era in pessimo stato e nel fango si faceva fatica a muoversi. Inoltre il comando austriaco perse molto tempo a fare transitare migliaia di soldati attraverso un’unica strada dalla testa di ponte di Alessandria verso Marengo: cosa che creò un grosso ingorgo, rallentando ancor di più l’azione austriaca e permettendo quindi ai francesi di prepararsi all’attacco. Per paura poi di un improbabile attacco di Masséna alle spalle, il comando austriaco commise il grave errore di spedire verso Acqui Terme, lungo la stessa strada per la quale già transitavano le sue truppe ma in senso contrario, i 2300 uomini della migliore divisione di cavalleria di cui disponeva, cioè la Nimbsch, togliendola di fatto dal campo di battaglia, garantendo così ai francesi il vantaggio di non dover affrontare questo corpo di cavalleria forte e specializzato.
Si può ben dire che se il comando austriaco avesse agito senza la fretta di sconfiggere Napoleone proprio nella pianura di Marengo, ma avesse aspettato che il terreno fosse propizio, cioè asciutto, o avesse attaccato l’esercito francese in un’altra zona favorevole all’uso delle sue cavallerie e delle sue artiglierie a pieni ranghi, gli esiti sarebbero stati forse diversi.
ORDINE DI BATTAGLIA
Nella battaglia di Marengo si affrontarono circa 45.000 uomini, di cui una revisione storica ragionata attribuisce il numero totale dei sopravvissuti a 30.000 uomini poiché a dispetto dei dati “ufficiali” i morti furono circa 15.000 in totale. Infatti documenti originali attestano che anche dopo diversi anni i contadini della zona trovavano arando i campi ancora numerosi resti di cadaveri umani e cavalli la qual cosa è compatibile solo con un numero di vittime ben più elevato di quelle citate dalle fonti ufficiali dell’epoca. L’Armata di riserva pose il proprio quartier generale a Torre Garofoli, località tra Tortona e Alessandria. Era sotto il diretto comando del generale Napoleone, Primo Console. Berthier era stato nominato Comandante in Capo; mentre Dupont era il Capo di Stato Maggiore. L’armata all’inizio della battaglia era così composta:
Luogotenente generale Victor
Divisione Gardanne
Brigata Dumoulin
44º Demi-brigade de Bataille (1500 uomini)
101º Demi-Brigade de Bataille (1800 uomini)
Divisione Damperre
44° (250 uomini)
101° (100 uomini)
24° leggera (un plotone)
Divisione Chambarlhac
Brigata Herbin
24º Demi-Brigade Lègère (1800 uomini)
Brigata O. Rivaud
43º Demi-Brigade de Bataille (1900 uomini)
96º Demi-Brigade de Batialle (1600 uomini)
Artiglieria a piedi del corpo 10 pz.
generale di divisione Lannes
Divisione Watrin
Brigata Gency (1100 uomini)
Brigata Malher (3000 uomini)
Brigata Mainoni (1000 uomini)
Luogotenente generale Desaix
Divisione Monnier
Brigata Schilt (900 uomini)
70º Demi-Brigade de Bataille (1450 uomini)
72º Demi-Brigade de Bataille (1250 uomini)
Divisione Boudet
Brigata Musnier
9º Demi-Brigade Lègère (2000 uomini)
Brigata Guénand
30º Demi-Brigade de Bataille (1450 uomini)
59º Demi-Brigade de Bataille (1900 uomini)
1º Ussari (150 uomini) e 3º Cavalleria (150 uomini)
Luogotenente generale Murat
Brigata Kellerman
2º Reggimento Cavalleria (150 uomini 3 squadroni)
20º Reggimento Cavalleria (300 uomini 3 squadroni)
21º Reggimento Cavalleria (50 uomini 1 squadrone)
Brigata Champeaux
1º Reggimento Dragoni (450 uomini 4 squadroni)
8º Reggimento Dragoni (350 uomini 4 squadroni)
9º Reggimento Dragoni (200 uomini 3 squadroni)
Brigata Duvigneau
6º Reggimento Dragoni (350 uomini 4 squadroni)
12º Reggimento Cacciatori a cavallo (350 uomini 4squadroni)
11º Reggimento Ussari (200 uomini 2 squadroni)
Brigata J. Rivaud
21º Reggimento Cacciatori a cavallo (350 uomini 4 squadroni) 12º Reggimento Ussari (400 uomini 4 squadroni) 1º Reggimento Ussari Cisalpini (150 uomini 1 squadrone) 3º Reggimento Cavalleria (150 uomini 2 squadroni)
Guardia consolare [Granatieri a piedi (800 uomini) e Granatieri e Cacciatori a cavallo (350 uomini)]
L’esercito austriaco era comandato dal generale di cavalleria von Melas, con Capo di Stato Maggiore il generale maggiore Zach. Acquartierato nella città di Alessandria, l’esercito, durante la prima fase della battaglia, uscì dalla città fortificata in tre colonne.
Avanguardia – Generale Quosdanovich
Battaglione Fanteria leggera Bach (300 uomini)
Battaglione Fanteria leggera Am Ende (250 uomini)
Jager Mariassy (200 uomini)
Kaiser Dragoner (300 uomini – 3 squadroni)
Reggimento a cavallo Bussy (200 uomini – 2 squadroni)
Una compagnia Pionieri
Artiglieria a cavallo: una batteria
Colonna di destra – Generale O’Reilly
Generale Rousseau
Jager Mariassay (150 uomini)
Reggimento Maundorf Hussaren (500 uomini – 4 squadroni)
8º Reggimento ussari Nauendorf (230 uomini – 2 squadroni)
Ussari (250 uomini)
4º Reggimento Grenzer Banat (530 uomini)
1º Reggimento Grenzer Warasdiner (760 uomini)
Reggimento Grenzer Ougliner (600 uomini)
Reggimento Grenzer Ottochaner (300 uomini)
Wurttemberg Dragoner (110 uomini)
Artiglieria a cavallo: una batteria
Colonna centrale – Generale Melas
Divisione Gen. Haddick (5000 uomini)
Brigata Gen. Franz Pilati von Tassul o Pellati
Kaiser Dragoner (300 uomini – 4 squadroni)
Karaczy Dragoner (1100 uomini)
Brigata Gen. Bellegarde
Reggimento fanteria Jellacic (600 uomini)
Reggimento fanteria Arciduca Franz Anton (860 uomini)
Brigata generale Saint Julien/Wallis (2200 uomini)
Divisione Gen. Kaim
Brigata Gen. de Briey
Reggimento fanteria Kinsky (1600 uomini)
Brigata Gen. Knesevich
Reggimento fanteria Granduca di Toscana
Brigata Gen. Lamarseille
Reggimento fanteria Arciduca Giuseppe (1100 uomini)
Gen. Lattermann (2150 uomini)
Battaglione Granatieri Paar 350 uomini
Battaglione Granatieri Weber 400 uomini
Battaglione Granatieri Saint Julien 600 uomini
Battaglione Granatieri Schiaffinati 400 uomini
Battaglione Granatieri Kleinmayer 400 uomini
Gen. Weidenfeld (2300 uomini)
Battaglione Granatieri Pieret 250 uomini
Battaglione Granatieri Pertusi 550 uomini
Battaglione Granatieri Perss 300 uomini
Battaglione Granatieri Gorschen 300 uomini
Battaglione Granatieri Weissenwolf 500 uomini
Battaglione Granatieri Kevenhüller 400 uomini
Divisione Gen. Elsnitz (cavalleria)
Brigata Gen. Nobili
Battaglione dragonidell’Arciduca Johan (860 uomini)
Reggimento Liechtenstein dragoner (1100 uomini)
Brigata Gen. Nimsch
Ussari (1350 uomini)
Ussari Erdoedy (1000 uomini sei squadroni)
Riserva di artiglieria 46 pezzi di cui 14 rimasti a difesa della testa di ponte
Colonna di sinistra – Generale Ott
Divisione generale Gottensheim
Jager Mariassy (40 uomini)
Lobkowitz Dragoner (250 uomini – 2 squadroni)
Reggimento fanteria Frolich (500 uomini)
Artiglieria a cavallo: una batteria
Divisione Gen. Schellenberg
Brigata Gen. Retz
28º Reggimento fanteria Frolich (1050 uomini)
40º Reggimento fanteria Mittrowsky (850 uomini)
Brigata Gen. Sticher
Lobkowitz Dragoner (500 uomini – 4 squadroni)
Reggimento fanteria Spleny (700 uomini)
Reggimento fanteria Colloredo (1300 uomini)
Divisione Gen. Vogelsang
Brigata Gen. Ulm
Reggimento fanteria Stuart (1300 uomini)
Reggimento fanteria Hohenlohe (900 uomini)
LUOGHI DELLA BATTAGLIA
Il Quartier Generale di Napoleone
Nel comune di Tortona, presso la frazione di Torre Garofoli, in Strada Comunale Cerca, è situato il quartier generale di Napoleone, un edificio di generose dimensioni costruito a mattoni pieni con torretta ben conservato fino ai giorni nostri. GPS: 44°53’37.01″N e 8°48’14.12 E. Questa costruzione è stata al centro di un fitto andirivieni di ufficiali dal campo di battaglia e ritorno per informare appunto il primo console Napoleone dello svolgersi della battaglia per tutto il 14 giugno 1800. La mattina del 15 giugno inoltre gli ufficiali austriaci si recarono al quartier generale di Napoleone a Torre Garofoli per trattare una prima bozza di armistizio con le vincenti truppe francesi e passarono diverse ore di trattative quindi con i generali francesi e Napoleone.
Il platano di Napoleone
A Spinetta Marengo in via Marengo circa 900 m direzione ovest partendo dal museo di Marengo si trova un platano che la tradizione vuole sia stato piantato nel 1800 da Napoleone per onorare i circa 2.000 soldati morti il giorno della battaglia e i 10.000 feriti di entrambi gli schieramenti di cui 7000 morirono successivamente a causa delle gravi ferite e infezioni che la medicina del tempo non poté curare. Coordinate del platano: +44° 54′ 28.17″, +8° 38′ 23.70″. Una targa vicino a questo platano ne attesta la storicità. Esso ha oltre 200 anni è alto circa 40 metri e le sue fronde coprono un’area di circa 400 m² quando è primavera/estate. L’albero è proprietà del Comune di Alessandria e protetto dalla Sopraintendenza locale.
Questo nome riecheggia spesso riguardo alle imprese svoltesi durante la Battaglia di Marengo ma che cosa era? Quello che è sicuro è che fu la bestia nera sia degli austriaci che dei francesi. Un semplice canale in piena ha causato molti grattacapi ad entrambe le fazioni poiché ha rallentato tutte le manovre della battaglia.
Il Fontanone era una canale di irrigazione largo circa 4 metri con argini spioventi profondo circa 2 metri. Esso attraversava la pianura della zona della battaglia pressappoco da nord a sud quindi all’incirca a sud da Frugarolo e a nord da Lobbi passando per Marengo. I resti del Fontanone originario sono visibili oggigiorno solo in due punti: il primo è presso Marengo, l’alveo in secca del Fontanone originario si può vedere proprio all’esterno del museo della Battaglia di Marengo di fronte all’entrata principale, ma un poco a destra uscendo dal museo, che si presenta come un avvallamento largo 4 metri e lungo circa 12 metri che è appunto quel che rimane dell’ampio Fontanone prima dei lavori di sistemazione eseguiti agli inizi del secolo 20°.
Il secondo punto degno di interesse storico è nei pressi del paese di Lobbi in Via Enrico Franchini 15 (coordinate GPS: N 44°56’20.00 E 8°42’20.00). Qui infatti si può ancora vedere una costruzione ad archi parzialmente interrata a causa del passare degli anni che era appunto una costruzione attigua al Fontanone di Lobbi, forse un lavatoio, con annesse parte delle sue rogge ancora oggi visibili. Comunque alcune fonti asseriscono che il canale del Fontanone seppur ridimensionato nella portata d’acqua e in zona Castelceriolo anche nel percorso, è a tutt’oggi semplicemente il canale di irrigazione attiguo al villaggio di Marengo e che prosegue fino oltre Casteceriolo, Lobbi e si getta poi, dopo alcuni chilometri, nel fiume Bormida: e infatti non potrebbe essere diversamente perché questo canale riflette quasi esattamente ad un moderno confronto topografico, la dislocazione del Fontanone originario.
MEMORIA STORICA DELLA BATTAGLIA
Il Marengo Museum, museo della battaglia
A Spinetta Marengo, frazione di Alessandria, sorge il Marengo Museum, situato all’interno di Villa Delavo. Il Museo della battaglia di Marengo è il più antico museo napoleonico al mondo, nato nel 1847 all’interno di Villa Delavo a Spinetta Marengo; racconta la preparazione politica e mitilitare all’evento del 14 giugno 1800, e analizza le cause e gli effetti della battaglia, sia per l’Italia pre-unificazione sia per l’Europa intera. Ogni anno viene organizzata una rievocazione storica della battaglia di Marengo costituita da movimenti di truppe in costume, con la partecipazione dei club napoleonici italiani e francesi. Il museo possiede un parco recintato con al suo interno una cappella del milite ignoto contenente alcuni resti dei 2.000 soldati morti solo nella giornata del 14 giugno 1800 nella battaglia. Nel parco vi è anche una colonna alta 4 metri con in cima un’aquila napoleonica dell’epoca della battaglia. Essa è stata prima rimossa sotto la dominazione austriaca e poi ritrovata da Gabriele D’Annunzio non si sa come nella città di Fiume e riposizionata nel 1922 nel parco del museo di Marengo durante il Regno d’Italia.
Importanza di Marengo nella leggenda napoleonica
Napoleone rimase sempre legato al ricordo di Marengo, a cui fece spesso riferimento nel corso di altre battaglie come nello scontro di Friedland combattuto nel 1807, sempre il 14 giugno. Il 5 maggio 1821, a Sant’Elena il corpo dell’imperatore venne avvolto dall’aiutante Marchand nel mantello azzurro che egli aveva indossato a Marengo. In punto di morte, nel delirio, Napoleone avrebbe pronunciato sia il nome di Marengo che quello di Desaix e sembrò rivivere la battaglia.
Durante la battaglia di Waterloo fu più volte sentito imprecare dai suoi sottoposti “oh, se avessi qui il mio generale Desaix…lui sì che saprebbe come risolvere la situazione…” poiché gran parte del merito della vittoria francese a Marengo dipese dall’arrivo delle fresche truppe di Desaix, mentre a Waterloo Napoleone attese invano l’arrivo delle forze di Grouchy (che aveva con sé un terzo dell’esercito francese. Per l’esigenza di ingrandire politicamente la sua vittoria a Marengo del 14 giugno 1800, Napoleone, tornato ad Alessandria nel 1805, fece replicare a migliaia di soldati la battaglia, curandone personalmente la regia, seduto con i vari ufficiali ancora vivi reduci della battaglia di cinque anni prima su di una tribuna con la moglie Giuseppina nei pressi del villaggio di Marengo.
Il Memoriale al generale Desaix
Nel territorio di San Giuliano Vecchio, in via Don Nicola Buscaglia, nei pressi della zona chiamata già ai tempi della battaglia “Vigna Santa”, è situato un piccolo memoriale dedicato al valoroso generale Desaix morto nella battaglia. GPS: 44°53’16.05N e 8°45’26.93E. Il Generale Louis Charles Antoine Desaix in base alle testimonianze d’epoca più attendibili, è stato ucciso da una pallottola di moschetto nella zona compresa fra Cascina Grossa, San Giuliano Vecchio e Torre Garofoli. Il povero generale è stato ritrovato verso la sera del 14 giugno 1800 vestito solo di una camicia bianca, derubato dagli altri indumenti, dal suo aiutante di campo il signor Savary e da questi trasportato avvolto in un mantello in groppa ad un cavallo fino al quartier generale di Napoleone a Torre garofoli.
La battaglia di Marengo in numismatica
Il ” Marengo d’oro” fu coniato dai francesi nel 1801 proprio per celebrare il buon esito della battaglia; si trattava di una moneta in oro del valore nominale di 20 franchi recante l’iscrizione l’Italie délivrée a Marenco.
La battaglia di Marengo in cucina
Il “pollo alla Marengo“, preparato con gamberi di fiume e funghi, fu cucinato per Napoleone che era goloso di pollo; la tradizione vuole che, a corto di rifornimenti, il cuoco delle truppe francesi Dunand avesse optato per questa strana combinazione che il generale francese trovò di suo gusto.
L’oste si narra abbia preparato anche un dolce con le poche cose a disposizione in cucina. Infatti avendo a disposizione la farina di mais elaborò un dolce che chiamò “polenta”, fatto anche con uvetta, pasta di mandorle e maraschino. Piacendo molto a Napoleone questo dolce si sviluppò in Alessandria e successivamente (nel 1900) venne chiamato “Polenta del Marengo” e definitivamente brevettato.
La battaglia di Marengo in musica
La battaglia di Marengo è anche una composizione per pianoforte o organo del compositore francese Bernard Viguerie. Essa è una musica descrittiva che narra, appunto, della Battaglia di Marengo: è divisa in vari episodi spiegati da brevi testi. È curioso notare ciò che scrive Vigurie nella seconda pagina: «Si esprimeranno li colpi di cannone stendendo il braccio destro e le due mani piatte sopra le tre ottave di basso per far suonare indistintamente tutte le note, e si sosterrà il suono fin tanto che le vibrazioni siano quasi smorzate».
La battaglia di Marengo inoltre fa da sfondo alla Tosca di Giacomo Puccini, che ne ricalca l’alternarsi dei momenti: buona parte del primo atto (a partire dall’aria del sagrestano «Tutta qui la cantoria…» e, particolarmente, il finale) ruota intorno alla preparazione e successivo svolgimento del Te Deum di ringraziamento per la presunta vittoria come annunciata dall’intempestivo dispaccio di von Melas; nel secondo atto, nel mezzo della drammatica scena della tortura di Cavaradossi, la successiva notizia della definitiva sconfitta degli austriaci, segna l’acme ed il successivo sciogliersi dell’azione scenica (aria: «Vittoria, vittoria…» di Cavaradossi).