ANTICA CATTEDRALE DI ALESSANDRIA – PIAZZA DELLA LIBERTA’ – 1170

Nella foto: una ricostruzione digitale di come poteva essere l’antica Cattedrale fatta abbattere da Napoleone.

L’antica Cattedrale, ovvero quando Napoleone ordinò di abbatterla.

Della vecchia Alessandria si potrebbe dire, a ragione, che può vantare più demolizioni che recuperi o restauri. Infatti, un’altra illustre perdita, questa volta dovuta a Napoleone Bonaparte, è stata senz’altro la demolizione della vecchia Cattedrale dedicata a San Pietro.

Tutto ebbe inizio il 27 Brumaio – anno XI (18 Novembre 1802) allorché Napoleone sottoscrisse un Decreto di demolizione dell’antica Cattedrale, composto da due soli articoli piuttosto sbrigativi:
“Art. 1, La Cathédrale de la Ville d’Aléxandrie qui encombre la place d’Armes séra démolie. Les materiaux seront emplojés aux fortifications.
Art. 2, Les Ministres de l’Interiéur, des Finances, et de la Guerre sont chargés de l’éxécution du présent Arreté.”
E com’era esattamente fino al giugno 1803 (altre fonti indicano il 31 gennaio 1803) , prima che le tre mine collocate sotto la parete di fondo della cappella San Giuseppe iniziassero ad eseguire il loro lavoro di demolizione, lo racconta bene Francesco Gasparolo, in una pubblicazione del 1928, custodita presso l’Archivio di Stato, dal titolo “Le vie di Alessandria con le rispettive case” e riportata dall’Architetto Gianni Cellè in una sua recente e documentata pubblicazione dal titolo “Piazzetta del grano…e l’osteria delle tre lepri”.

“Il giorno 6 giugno 1803, giovedì, il Vescovo Vincenzo M. Mossi, con pontificale alla mattina, vespro e benedizione alla sera, chiudeva le funzioni, e al giorno seguente si chiusero le porte della Cattedrale. Alli 8 si trasportò a mezzanotte la Madonna della Salve alla chiesa dell’Annunziata con accompagnamento di guardie e infinito popolo”. Successivamente, la Madonna della Salve venne spostata presso la Chiesa dei Barnabiti (oggi SS. Alessandro e Carlo) attigua all’Annunziata (attualmente magazzino dei generi di Monopolio), come riporta il Gasparolo, a sua volta citando il manoscritto di Lorenzo Bordes a proposito del quale dichiara: “Ignoriamo se l’originale, da cui il Bordes estrasse copia, proseguisse ad elencare le case delle altre vie di Alessandria”.

Possiamo dedurne quindi che quanto riportato da Gasparolo è stato ricavato da un manoscritto del Bordes il quale, a sua volta, ha attinto da un’altra fonte rimasta ignota.
Infine, il fatto che Gasparolo riporti esattamente quanto lasciato da Bordes spiega anche il perché del linguaggio usato, decisamente più consono al 1800 che al 1928.

Antica cattedrale veduta posteriore.

 

 

 

 

Tornando all’Antica Cattedrale, dedicata a San Pietro, essa sorgeva sull’attuale piazza della Libertà, dove fu edificata nel 1170 per diventare Cattedrale nel 1178, in un fondo che apparteneva ai Marchesi Del Bosco.
Secondo il Ghilini venne riedificata nel 1280 e portata a termine nel 1292.

Per la sua edificazione fu imposto dal Comune un balzello ad ogni alessandrino – “chi aveva mille lire di registro (l’equivalente dell’attuale Agenzia delle Entrate – N.d.r.) pagava soldi sei tortonesi, e così diminuendo proporzionalmente. Chi non aveva registro pagava denari sei”.
Aveva la facciata rivolta verso ponente, e – rileva Gasparolo – in linea parallela alla via del Palazzo della Città (ora via Verdi).
Sempre il Gasparolo prosegue nell’illustrare minuziosamente i particolari esterni alla Chiesa, ossia, il nome delle piazze circostanti la Cattedrale ma che, ovviamente, cessarono d’essere tali dopo la sua demolizione.

Vale la pena raccogliere però la descrizione dell’uso della Torre Civica, avente anche funzione di Campanile, infatti, oltre al castello delle campane “racchiudeva gli archivi comunali e notarili, e nel “codex statutorum” se ne fa frequente memoria. Verso l’anno 1650 essendosi introdotto nelle sale del campanile l’abuso del gioco dei dadi, per il quale molte persone e famiglie ebbero danni nella fortuna (leggi “patrimonio”), il vescovo Scaglia volle togliere quell’inconveniente col proibire quel giuoco in quel luogo di sua giurisdizione come appartenente ed inerente alla chiesa.
Quindi – sottolinea il Gasparolo – ne nacque opposizione per parte del Comune che adduceva essere quella sala da tempo immemoriale ocupata per l’archivio e per commettervi atti giuridici. Dopo varie contestazioni la questione fu transatta, dividendo il campanile dalla metà in giù profano, e dalla metà in sù sacro e cioè appartenente alla chiesa.
Secondo il medesimo “Codex Statutorum” era proibito sulla piazza e nelle case pure di essa alle donne di malavita di stanziare o dimorare, sotto pena della frusta”.

Sale d’Arte (via Machiavelli 13)

Il Gasparolo prosegue nella descrizione di come il Governo Francese si preoccupò di erigere un edificio “per rettangolare la piazza e gettare le fondamenta onde innalzare un monumento che doveva simmetrizzare col palazzo in allora Ghilini”.
Possiamo quindi dedurre che l’edificio in questione, fu quello edificato a suo tempo sul sedime attualmente sede della Banca d’Italia.
Ed ora veniamo alla descrizione della facciata della Cattedrale. “Era orizzontalmente rigata a striscie rosse e bianche, le quali si alternavano. Sulla facciata del campanile vi erano tutti i quadranti orali, che ora sono posti sul palazzo civico.
Sulla porta del medesimo eravi il monumento che la tradizione vuole fosse eretto a Gagliaudo e, esso, atterrandosi il Duomo, fu conservato in un magazzino, e nel 1814 posto sull’angolo della cattedrale attuale.
Sulle due guglie laterali della chiesa eransi collocati il gallo e l’angelo, trasportati da Casale nell’occasione del sacco dato a quella città nel 1215”.
A proposito degli orologi posti sul campanile (o Torre Civica), questi, “erano opera di un certo Caldani di Acqui, nel 1790, e alla notte dopo le 10 ore, batteva 300 colpi a tre per volta in segno di ritirata”.

Riguardo gli orologi posti sul campanile della Cattedrale (addirittura cinque e non tre come comunemente noto) rimandiamo ad una prossima edizione nel tentativo di fare maggior chiarezza sulla loro effettiva (o probabile) destinazione finale, tutt’ora controversa.
Il Gasparolo riporta pure notizia di un paio di incidenti accaduti nel corso dell’abbattimento dell’antico Duomo. Il primo riguarda un fatto accaduto nel corso dell’abbattimento della Torre Civica (secondo le note del Gasparolo ancora in piedi nel 1804 “per conservare l’orologio finché fosse pronto altro luogo pel medesimo”, ma altre fonti indicano nel 3 marzo 1803 la conclusione del suo abbattimento), poiché nello scoppio delle mine alcuni macigni volarono lontano, ed uno di essi, entrato dalla finestra di una delle case prossime alla chiesa, “andò ad ammazzare nel proprio letto, ove giaceva ammalato, un tal…. conosciuto pel suo cinismo, e fratello serviente nella allora fresca fondazione “Loggia dei liberi muratori”.
Le persone superstiziose attribuirono il fatto a castigo del cielo.

L’altro episodio mortale riguarda invece un tal “Muthis (o Mathis?) parrucchiere, il quale stava tra la folla all’inizio della Contrada Larga (oggi via dei Martiri) sbeffeggiando Cristo e la Religione”.
Quando le mine scoppiarono rimase ferito mortalmente alla fronte “ed essendo il detto ferito, morto impenitente e portato alla chiesa contro il divieto ecclesiastico da 4 facchini e 4 ordinanze di polizia e alcuni poveri di dietro con candelette, ed ivi sotterrato dai medesimi facchini, perciò la chiesa venne sospesa, e il di seguente di nuovo benedetta, e il cadavere di notte tempo fu fatto trasportare dietro il Cimitero della Città”.

Fra le numerose curiosità che il Gasparolo fa rilevare spunta anche quella secondo la quale, “lo zoccolo del Duomo era in massi di pietra di Carenzano, squadrati grossolanamente”.
Un altro aspetto di non poco conto riguarda invece lo sgombero delle macerie provocate dall’abbattimento del Duomo che rappresentarono certamente un problema di non poco conto stante l’imponenza delle stesse. Infatti, registra Gasparolo “gran parte del materiale di demolizione venne trasportato con gran numero di carri presi a giornata, ed obbligati quelli che venivano in città a non uscire senza essere carichi di rottame che trasportavano fuori o sugli stradali. Parte fu messa sulla contrada maestra per rialzarla, ed altrove. Parte dei mattoni servì per ripari alla nuova Cittadella, e parte per fornaci. I marmi e le pietre servirono o per i pavimenti dei quartieri, per le muraglie del nuovo ponte Bormida, in piazza d’armi, parte pel pavimento del magazzino detto di Santa Teresa”.

Dopo aver ripulito e squadrata l’area su cui sorgeva la Cattedrale, nel 1805, vennero piantati alberi di robinie ma, poichè quella pianta all’epoca era poco nota in Italia “vi si portava antipatia, chiamandola “mal seme”, portato d’oltre monte, cosicché i nostri baroncelli stimolati da un lato da quella ingordigia di tutto rompere che hanno, e dall’altro lato contro i dominatori, le piante minavano, e le scavezzavano da soppiatto.
Ma emanaronsi severi ordini, affissi ai quattro lati contro chi le avesse danneggiate, e furono poste quattro sentinelle per difenderle. Nel 1807poiché avevan preso radice, e nella stagione che vanno in fiore, un giovanotto dei Zani (soprannominato in seguito “Zani dlà sciuptà”) distacconne un ramo, e la sentinella, dopo averlo avvertito di arrendersi, vedutolo fuggire per la via larga (oggi via dei Martiri), gli scaricò dietro il fucile; colpillo alla spalla sinistra, gliela ruppe e ne rimase storpio. Questo grave fatto accaduto all’imbrunire del giorno, ed in luogo cotanto frequentato in quell’ora, e col rischio d’essere colpito uno innocente, destò gran mormorio e malcontento, ma da allora più niuno osò toccare quegli alberi”.

Questo, ed altro ancora, è quanto raccogliamo dal Gasparolo (naturalmente grazie alle memorie lasciate da Lorenzo Bordes) anche se sono qui riportati soltanto i passaggi più curiosi e significativi.
Altre notizie raccolte recentemente riguardano invece altri appunti riguardanti l’antico campanile nel corso del XV secolo che proporremo quanto prima.
La stampa fotografata risale al 1877 ed è pubblicata grazie alla cortesia della Società di Storia Arte e Archeologia delle province di Alessandria. e Asti che ne detiene la proprietà.
Ignota invece la proprietà dei due disegni che riguardano la vista anteriore e posteriore della vecchia Cattedrale postati e raccolti su Internet.

L’antica cattedrale, costruita quasi contemporaneamente alla fondazione della città e demolita nel 1803.