ANCORA UN VECCHIO BAR

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Tramite il tamtam del Libro delle facce, chi ti trovo? L’ottantaquattrenne (spero non me ne voglia) Gino detto Baleta, l’unica istituzione alessandrina più importante di Umberto Eco. Mi spiace che chi non è della città, non abbia la possibilità di apprezzare completamente questo post, ma per tutti i ragazzi come me che all’inizio dei ’60 varcarono le soglie del Bar/Tempio, scuola di vita e di alessandrinità, tutto questo non potrà che dare un sottile brivido di soddisfazione. Gino, ormai un’icona per chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, è stato illustrato in tutte le sue sfaccettature e non voglio quindi aggiungere altro, con il mio solito stile sbrodolatorio, che tanto mi viene imputato, se non che (vi pareva…), per rimanere in tema con quanto da me trattato varie volte, sono poche le persone che, come lui, incarnano inconsapevolmente le vesti del vero maestro del Tao. Da dietro il bancone, autentico motore immobile (si fa per dire) di una bella fetta di vita cittadina (maschile naturalmente), sotto il suo occhio meditativo, accadeva ogni cosa, passava la vita che, con sguardo sereno, lasciava scorrere con il distacco del monaco, senza chiedere le cose, girando le sedie sui tavoli e scopandoti i piedi (la tipica scopa del monaco zen)senza dire -Fanciòt, i son trei bòt, a l’è ura d’andé cà.

Un blog, questo, intriso di quella forte alessandrinità che è difficile se non inutile, spiegare a parole.
Enrico Bo